Bloody Sound, etichetta marchigiana attiva dal 2007 (fino al 2023 a nome “Bloody Sound Fucktory“), e che ha esordito come fanzine nel 2004 (chiamatasi semplicemente “Bloody Sound”), rappresenta una delle più importanti realtà di supporto della musica DIY nazionale e di respiro internazionale. Jonathan Iencinella, già attivo come chitarrista nei Guinea Pig e vocalist dei Butcher Mind Collapse, e Andrea Refi, creatore di grafiche nonché futuro vocalist nei Jesus Franco and the Drogas, diventano promoter e agitatori culturali in giro per il territorio de Le Marche, ovvero tra le numerose location in particolare locali e centri sociali (soprattutto nella provincia di Ancona), facendo suonare gruppi dal sound riconoscibile e ognuno con le proprie peculiarità; il roster di Bloody Sound presenta la consueta originalità della provincia, dal sound quanto più eterogeneo, dal kraut-garage multiforme dei Dadamatto (un trio da Senigallia), all’ironia naïf e provocatoria dei Lebowski, per poi passare dai collage musicali, alienati e fugali, del lodigiano Welles (Massimo Audia, già nei Satantango), fino a sonorità ogni volta caotiche e libere o altre più glaciali e cerebrali. Bloody Sound determinerà negli anni un approccio creativo che sempre più nel tempo si discosterà dal noise rock più classico anni ’90, per poi aprirsi sempre più al rumorismo sonoramente più espressionistico della Skin Graft, della scena di Providence nata a cavallo tra il II e III Millennio, ma, al contrario di altre realtà discografiche precedenti, come la Psychotica Records, legata ad una maggiore libertà creativa più policromata nonché largamente stilistica che guarda soprattutto ai generi krautrock, blues, all’elettronica (sia sperimentale che quella legata al clubbing), e soprattutto alla tradizione cinematic e library italiana degli anni ’60 e ’70.
Quest’anno, il 2024, Bloody Sound continua il suo percorso dopo venti anni di avventure sonore temerarie, in cui la direzione è passata nel corso del tempo a Daniele Nando Luconi (precedentemente nei Go Cannibal) e più recentemente a Nicola Amici (già nei Jesus Franco and the Drogas, Butcher Mind Collapse e Lebowski, e attualmente nel progetto solista tra sonorità afro e psichedelia Kaouenn). In occasione dell’anniversario è uscita Sound Bloody Sound, una compilation in cui hanno partecipato artisti in un qualche modo legati alle attività dell’etichetta; quattordici pezzi tutti diversi tra loro per suono che per intenzioni, e che rappresentano l’eterogeneità nonché lo stacanovismo di Bloody Sound.
Abbiamo intervistato, riguardo alcune direttive dell’etichetta e la sua discografia, il co-owner di Bloody Sound Nicola Amici, oltre che undici artisti legati alle produzioni di Bloody Sound, o alle serate organizzate dal collettivo (come nel caso più specifico di Loris Cericola). Gli artisti sono i seguenti: Andrea Giommi (Edible Woman), Tommaso Pela (Lush Rimbaud, Heat Fandango), Fré Zocca (Lleroy), Michele Prosperi (Jesus Franco and the Drogas), Andrea Pasqualini (Gerda, Saturday Night Dengue), Alessandro Guerri (PaperogA, Saturday Night Dengue), Marcello Bellina (Zolle), Bruno Dorella (OvO, Bachi da Pietra, Ronin), Terenzio Tacchini, Francesco Zedde (A.N.O., Tonto) e Loris Cericola (Spirale). Al termine un track-by-track (parziale) di Sound Bloody Sound con le testimonianze degli artisti.
Nicola, fin dagli inizi sei stato legato alla Bloody Sound/Bloody Sound Fucktory prima come creativo e musicista e dal 2023 come uno degli owner, insieme alla più storica figura per l’etichetta Daniele Nando Luconi. Deve essere stato un momento molto significativo per te, ma parlaci di come comincia la tua collaborazione con la storica Bloody Sound Fucktory.
Nicola Amici: “Sì, confermo. È stato davvero molto bello e, al contempo, naturale ritrovarmi a farne parte nel momento in cui Nando aveva bisogno di supporto a seguito dell’uscita di Alessandro Gentili. Nel pieno rispetto della decisione di Ale, che ha passato diciotto anni a sviluppare e gestire l’etichetta praticamente dagli esordi insieme a Jo (Jonathan Iencinella) e Refo (Andrea Refi), il mio è stato un “atto dovuto”, proprio alla vigilia del compleanno dei venti anni di questa realtà. Io sono estremamente riconoscente a Bloody Sound e alle persone che ne hanno fatto parte negli anni per tutto il fermento musicale e artistico che si è scatenato da queste parti a partire dal 2004. Mi sono da sempre riconosciuto in questa realtà e nella sua volontà di supportare l’underground, nella sua filosofia “Do It Yourself”, nella strenua resistenza alla stereotipizzazione in voga da sempre, ma oggi forse ancora più sistemica. E poi è stato a partire da qui che ho vissuto tra le esperienze più intense e formative della mia vita, soprattutto come musicista, ma anche come persona, per cui non potevo assolutamente tirarmi indietro. L’etichetta ha pubblicato quasi tutti gli album dei progetti di cui ho fatto parte negli anni, proprio a partire da “Sick Sex” dei Butcher Mind Collapse nel 2008 fino a “Mirages” dei mio attuale progetto solista Kaouenn nel 2021. Inoltre ho militato nelle band dei due fondatori, per cui da sempre ho vissuto più di altri “da dentro” certe dinamiche e certi passaggi di Bloody Sound. Per me è una famiglia, quella che mi sono scelto, e come accade in tutte le famiglie, magari ci si allontana in certi momenti, per poi ritornare e ritrovarsi, sempre guidati da un sentimento di profonda affezione. Ora sta a Nando e a me portare avanti la storia, rinnovando certe dinamiche, ma anche tracciando traiettorie più affini alle nostre attuali visioni.”
Come mai questa scelta di rinnovare l’etichetta attraverso anche l’omissione di “Fucktory” da “Bloody Sound”? Una politica mirata all’aprirsi anche ad un pubblico meno legato ad una certa estetica?
Nicola Amici: “Anche qui è stata una scelta molto naturale. Appena entrato, nella prima riunione organizzativa con Nando, ci siamo confrontati ed è stato sorprendente vedere come su diverse questioni avessimo maturato le stesse idee prima ancora di essercele dette. Gli anni passano e tutti evolviamo, così come il nostro pubblico e la musica su cui vogliamo concentrarci. Questo “fucktory/factory” per altro, stava anche ad indicare che in quegli anni BS si occupasse anche di grafiche e poster art con Refo. Fondamentalmente si sarebbe potuto estromettere già a partire dalla sua uscita dal progetto, magari inserendo “records”, connotazione decisamente più affine a quello che è realmente Bloody Sound. Ad ogni modo l’etichetta si concentra sul materiale musicale che convince entrambi, come sempre senza aprioristiche preclusioni di genere. Per quanto mi riguarda, ciò che porto oggi in Bloody Sound è una sensibilità meno strettamente legata alle sonorità estreme e dure a tutti i costi: ne ho già fatta una bella scorpacciata a suo tempo e, per il mio percorso, ora mi sembrano meno interessanti da approfondire. È anche vero che le soluzioni originali (a volte estreme in tal senso, inclassificabili, sfuggenti alle definizioni) e i progetti dalla personalità forte mi sono sempre piaciuti, per cui proseguiamo, come sempre, con una politica che mette al primo posto i progetti che fanno della propria espressione artistica una necessità fisiologica se non di sopravvivenza stessa, ben lungi da mode e motivazioni futili.”
Nella compilation Sound Bloody Sound collaborano sia artisti che sono stati scritturati dall’etichetta che personalità in un qualche modo associate. Come nasce questa scelta nel segno di una armonia tra band sodali alla scena marchigiana e non solo?
Nicola Amici: “Abbiamo passato in rassegna l’intero catalogo dell’etichetta prima di fare gli “inviti” per la raccolta. In realtà alcuni artisti, come hai sottolineato, non sono mai usciti con BS ma, o erano coinvolti in altri progetti precedentemente pubblicati (es. Saturday Night Dengue, Esseforte, Sapore, Māyā), o avevano preso parte alle serate organizzate dalla label negli anni (es. Loris Cericola con gli Spirale). Bloody Sound è stata molto attiva, soprattutto nei suoi primi dieci/quindici anni di vita, nell’organizzazione di concerti e festival, spesso invitando artisti dell’underground nazionale a cui venivano affiancati le migliori proposte locali. Ed è stato anche grazie a questo modus operandi che si è innescato un passaparola sull’etichetta fuori dalle Marche. Inoltre, chi è venuto a suonare dalle nostre parti tendenzialmente ha sempre mantenuto un ottimo rapporto con noi e la nostra scena. Tornando strettamente alla compilation, troviamo, ad esempio, Bruno Dorella che non ha mai pubblicato con noi in prima persona, anche se lo ha fatto con gli Ovo e i Bachi da Pietra nella collana “Volumorama”, ed è stato spesso a suonare qui con questi progetti.”
Edible Woman
Edible Woman, band di Fano ma a risonanza anche internazionale grazie alla promozione di Julian Cope, attraverso il suo blog headheritage.co.uk, di The Scum Album, uscito su Bloody Sound Fucktory in collaborazione con l’etichetta tarantina Psychotica Records. Edible Woman con questo disco dimostrano di proiettare il noise rock in una fase successiva, mostrando di unire impostazioni sonore tipiche dei Jesus Lizard con la vivacità creativa di Frank Zappa, facendosi influenzare anche da sonorità cinematiche degli anni ‘70. Con schemi alternative sentiamo il tempo ritmico dilatarsi, come avviene in From a Taste of Gez e To a Full of Gez, o richiami più nitidi al post-punk melodico come in Antonio Fazio’s Last Prayer But One. Andrea, parlaci di questo importante e decisivo lavoro nella vostra carriera.
Andrea Giommi: “Sono passati diversi anni, ma proverò a ricordarmi tutto. Come Edible Woman venivamo dal nostro esordio ‘Spare Me/Calf’, che ci aveva portato a suonare in tutta Italia e in Europa; per noi a poco piú di venti anni era una cosa pazzesca. A quel punto Giacomo abbandonò la band e rimanemmo quindi senza chitarra. Quello era il motivo alla base di quel cambiamento. Al tempo sembrava che la band volesse passare da un suono da trio alla Jesus Lizard a un suono più estremo e slabbrato, diciamo sulla scia dei Black Dice, ma come spesso accade quando si tratta di creare sono le circostanze a fare lo stile. L’approccio senza chitarra ci ha dato la possibilità di ampliare il ruolo del basso, l’utilizzo di synth molto aggressivi suonati da Federico e di variare le dinamiche nella scrittura.
“Era un periodo di grande libertà e incoscienza. Il disco è uno schiacciasassi che presenta però spunti di songwriting che mi sorprendono ancora, come Antonio Fazio’s Last Prayer But One, When Stars, Right-Wing e intricate composizioni ritmico-melodiche come Honeyed Words. Di Zappa non ho mai ascoltato nulla, in quel periodo credo fosse forte l’influenza di Jim O’Rourke, sia come autore (Eureka, Bad Timing), che come produttore (Electro-Shock for President dei Brainiac), di Burt Bacharach, di Neil Young e dei Laddio Bolocko. Il nostro drumming è sempre stato ispirato ai Led Zeppelin, che hanno una combinazione basso-batteria eccezionale.
“Julian Cope ci scrisse che il disco gli era piaciuto tantissimo, mi ricordo che la mail a Nicola, nostro batterista, cominciava con un ‘Fuck me, Man!’. Decise poi di distribuire diverse copie tramite il suo sito. Bel periodo, con molti tour in Francia e molti tour di supporto a diverse band che arrivavano con DNA Concerti. Nel periodo 2007 – 2012 abbiamo suonato con Marvin, Moon Duo, Jesus Lizard, Wooden Shjips, Oneida, perfino i Placebo. Gli shows che abbiamo sempre preferito sono quelli piccoli, sudati, con noi schiacciati tra tante persone.”
L’ultimo disco uscito per Bloody Sound Fucktory (nonché ultima testimonianza del progetto), ovvero Daunting, trame più lisergiche e astratte diventano protagoniste, proiettandosi verso le strutture meditate di una parte dei successivi progetti associati del progetto (Sons of Viljems e The Glass Key). Andrea, parlami di quest’ultimo lavoro prodotto da Bloody Sound Fucktory e fase per il gruppo.
Andrea Giommi: “Daunting fu il frutto di un lavoro di cesello su una registrazione notturna con una formazione unica, Nicola Romani e Cesare Petulicchio alla batteria e Lorenzo Stecconi al basso. Io alla chitarra. Non so quanto ci sia di Sons of Viljems in questo disco. Hai ragione a dire che ha meno cambi repentini ed iper-cinetici come erano le prime cose di Edible Woman. A me piace perché è tutto un disco di grooves e jam sessions su cui sono state scritte canzoni piuttosto scure e apocalittiche, ha una freschezza che mi colpisce per come è suonato, ed é un disco che anticipa un futuro tetro. Lo avevamo cominciato a suonare dal vivo con batteria elettro acustica e chitarra, ma dopo alcuni live sono subentrati troppi impegni personali per tutti e abbiamo capito che era ora di passare ad altro. Un disco da riscoprire.”
Lush Rimbaud, Heat Fandango
Lush Rimbaud, band in parte confluita negli Heat Fandango (nel 2021 per Bloody Sound esce l’esordio Reboot System) sono una band che si muove tra suoni kraut, post-punk insieme ad una proto-no-wave à la Suicide. Per Bloody Sound (all’epoca Bloody Sound Fucktory) viene pubblicato il secondo album Action From The Basement (anche per le etichette FromSCRATCH, Sweet Teddy Records), album istintivo che sembra incentrato su un suono chitarristico minimale e con riff avvincenti. Parlaci di questo lavoro e come siete stati introdotti alla famiglia di Bloody Sound Fucktory.
Tommaso Pela: “Action From the Basement è il primo album dei Lush Rimbaud, sicuramente il più istintivo. Era il 2006 quando lo abbiamo registrato, eravamo sicuramente acerbi ma avevamo energia da vendere, e Mattia Coletti ha avuto il merito di catturarla e metterla tutta su quel disco. Volevamo che fosse tagliente, tirato, senza tanti fronzoli, e oggettivamente dopo 16 anni devo dire che suona ancora molto bene.
“Relativamente all’introduzione alla famiglia Bloody Sound Fucktory: nel periodo attorno anni 2003 – 2006 ci capitava spesso di incontrare in giro Jonathan Iencinella e Andrea “Refo” Refi, entrambi musicisti (Jonathan in quel periodo suonava con i Guinea Pig, Refo con i Jesus Franco and the Drogas, di cui faceva parte Marco, il nostro bassista), dj, agitatori culturali, nonché ideatori della storica fanzine – poi diventata label – Bloody Sound. Il quartier generale era il Thermos di Ancona, punto di riferimento della musica underground della provincia, se non dell’ intera regione. Abbiamo assistito insieme a tantissimi live (nella maggior parte dei casi Refo era l’addetto alle locandine, sempre straordinariamente accattivanti, in puro stile rock’n roll), e nelle infinite chiacchierate fino a tarda notte, abbiamo capito che occorreva fare fronte comune nella ricerca di situazioni in cui esibirsi, bisognava sbattersi, supportarsi a vicenda. Questo ha dato a tutti i musicisti locali che bazzicavano i nostri ambienti la carica per darci dentro, sia a livello compositivo, sia a livello di organizzazione di eventi, e non solo al Thermos, ma anche in altre realtà affini (CSA Kontatto a Falconara, CSO TNT di Jesi, CSA Mezzacanaja a Senigallia, CSA Sisma a Macerata, oppure feste autogestite al mare o in parchi pubblici, ovunque riuscissimo ad allestire e fare un po’ di casino). C’era gran fermento nell’aria. Jonathan e Refo hanno così avuto l’idea di raccontare, con una fanzine cartacea autoprodotta, le serate, le band e gli eventi che si sarebbero tenuti di lì a poco. Tutto questo ha creato parecchia hype, anche fuori regione. Jo e Refo erano convinti della qualità delle band locali, che spesso venivano snobbate dalle indie labels più conosciute. Quindi, in coerenza con la logica del DIY, il naturale step successivo è stato quello di iniziare a produrre quelle band: Lush Rimbaud, Edible Woman, Dadamatto, Guinea Pig, Lleroy, Gerda, Jesus Franco and the Drogas. Era nata una vera e propria scena, varia nelle sonorità, ma con un comune denominatore: niente compromessi. Gran bei tempi davvero.”
Il successivo album sempre targato Bloody Sound Fucktory con il contributo alla co-produzione di FromSCRATCH, Brigadisco, Hot Viruz, Sweet Teddy Records e Narvalo Suoni, nonché capolavoro del suddetto quartetto anconetano, è The Sound Of Vanishing Era, in cui prende vita una commistione vitale tra garage australiano e sonorità kraut, in cui vi è un’esplosione punk con They make money (we make noise), oltre alla galoppata desertica che permea The Chameleon. Parlaci di questo lavoro più organico ed incisivo.
Tommaso Pela: “The Sound of the Vanishing Era è il frutto di una ricerca sonora più ampia, senza tuttavia rinunciare a quell’ istintivo approccio post punk che ha sempre caratterizzato il suono della band. Ci siamo avvicinati al kraut rock tedesco, alla psichedelia e abbiamo sperimentato con un po’ di elettronica. Lo definisco il disco della maturazione, perché le varie anime che abbiamo sempre avuto (furia garage/punk, derivazioni motorik e psichedelia) forse in questo disco si sono fuse nel migliore dei modi, grazie anche all’ aiuto di un maestro come Fabio Magistrali.”
L’ultimo L/R (non solo per Bloody Sound Fucktory ma ancora una volta per FromSCRATCH), si muove in una direzione più dilatata e sospesa, premessa di uno spostamento di intenti che confluirà nella successiva creatura Heat Fandango. Parlaci di questo cambio di politica più netto ma che guarda comunque al passato.
Tommaso Pela: “L/R è un disco di cui è difficile parlare. Per sonorità e modalità di registrazione (lo abbiamo composto, registrato e mixato nel nostro studio, insieme ai ragazzi di Hell’z Eye) sicuramente rappresenta una discontinuità nel nostro percorso. Più sintetizzatori che chitarre, suonato interamente in click, produzione non certo “rock” nei suoni, ma più vicina a certa elettronica scura e dilatata. È un disco che secondo me suona veramente bene, e la scrittura è solida, ispirata. A posteriori dico che forse è stato un salto in avanti troppo grande: non abbiamo capito che poi dal vivo rendere giustizia a un disco del genere avrebbe significato un cambio di impostazione notevole, e non eravamo pronti. Infatti di lì a poco (2017) il progetto Lush Rimbaud si è chiuso.”
Con Reboot System degli Heat Fandango, si prende una direzione verso un garage psichedelico più ortodosso. I synth trasmettono immagini più accoglienti, melodicamente più morbide, attraverso una chitarra il più delle volte dinamica con regolarità. Parlaci di questo lavoro e del suo rapporto con i Lush Rimbaud.
Tommaso Pela: “Heat Fandango è una creatura nata sicuramente dalle ceneri dei Lush Rimbaud, ma con il preciso intento di non sovrapporsi a quell’esperienza. L’idea di fondo era ripartire dalle radici del suono garage, da quel tiro, e fare qualcosa che fosse il più onesto e credibile possibile. Ci abbiamo inserito una vecchia Farfisa, perché serviva ancora più polvere, la polvere dei vecchi vinili, degli ampli valvolari, di un suono caldo e allo stesso tempo ruvido.”
Butcher Mind Collapse
Butcher Mind Collapse è uno dei progetti più influenti non solo del roster Bloody Sound, ma di tutta la scena marchigiana. Quartetto in cui sono confluiti parte dei componenti di Jesus Franco and The Drogas, il suono è sempre legato alla rivisitazione originalissima del garage blues tipica di quegli anni, con una forte componente impro in cui il suono viene caratterizzato da outlier sonori prolungati che appaiono centrali nei due album. Il primo, Sick Sex And Meat Disasters In A Wasted Psychic Land (per Bloody Sound Fucktory, Valvolare Records, Sweet Teddy Records, Dizlexiqa, Marinaio Gaio) appare più istintivo e caldo, con la tornadica Monkeys Don’t Suck e la pulsante Cunt Face, dal groove minimale e dinamico. Nicola, parlaci delle esigenze associate al progetto, il suo approccio maggiormente sperimentale rispetto gli altri progetti (Lebowski e Jesus Franco And The Drogas), e l’istintività con il primo album.
Nicola Amici: “I Butcher Mind Collapse sono nati nel 2004, quindi sono precursori dei Jesus Franco & The Drogas e sono nati dall’esigenza mia e di Riccardo Franconi, l’altra chitarra (già nei Lebowski dal 1999), di sviluppare le nostre idee in una vera band. Coinvolgemmo da subito il batterista Giampaolo Pieroni (già nei Guinea Pig dal 1998, gruppo pubblicato in quegli anni dalla label tarantina Psychotica Records) che per nostro gusto era la migliore opzione possibile nella zona e per alcuni mesi ci rinchiudemmo in sala prove a strutturare brani strumentali belli nervosi e schizofrenici, tra noise/blues/post-punk e molta weirdness. A quel punto Jonathan Iencinella, già chitarra dei Guinea Pig (nonché, come detto, fondatore di Bloody Sound), dopo che Giampa gli fece ascoltare alcuni nostri pezzi registrati alla meglio in saletta, si propose di diventare il nostro cantante. A me non sembrò vero. Io che da sempre nutrivo una grandissima stima per i Guinea Pig e per tutti i cinque componenti, ritrovami a suonare insieme a due di loro fu davvero qualcosa di speciale.
“L’affiatamento del quartetto arrivò molto velocemente e da lì i Butcher Mind Collapse iniziarono a macinare nuovi brani, numerosi concerti ed esperienze significative senza soluzione di continuità per circa dieci anni. Li ho sempre considerati la “mia” band, non nell’accezione di possesso, ci mancherebbe, ma in quella dell’incisività e del coinvolgimento emotivo. Finalmente mi sentivo libero di esprimermi al 100% e di sperimentare – come lo erano gli altri del resto – senza alcun vincolo di genere a priori (eravamo tutti ascoltatori onnivori, senza paraocchi, e curiosi) e, in più, di utilizzare vari strumenti. Infatti inserimmo via via più frequentemente il sax, mio strumento di formazione, nelle nostre composizioni. Inoltre capitava spesso di scambiarci le chitarre con Riccardo, utilizzando una elettrica tradizionale ed una baritona (non avevamo il basso), in funzione delle esigenze dei brani. Tutto fluì con grande naturalezza ed entusiasmo crescente fino all’incisione di Sick Sex And Meat Disaster In A Wasted Psychic Land con Giulio Ragno Favero (One Dimensional Man, Il Teatro Degli Orrori, ecc.) nel 2007 e pubblicato l’anno successivo. Come dici, questo album è parecchio istintivo, direi quasi selvaggio nei suoni e nelle soluzioni, anche se con un sottile e molto delirante ragionamento di fondo che solo nel successivo lavoro in studio diventò pienamente consapevole. Proviene dalla prima fase compositiva della band, quando ancora la voce veniva aggiunta a parti strumentali quasi ultimate. Probabilmente, in quel periodo ciò che più ci interessava era distinguerci per un forte impatto e una sperimentazione senza compromessi.”
Più meditato è il successivo Night Dress (Bloody Sound Fucktory, Lemming Records, Sweet Teddy, Brigadisco, Musica Per Organi Caldi, A Shame, NO=FI Recordings), in cui il gruppo matura idee più complesse; il sound nella sua totalità è caratterizzato da una dinamica più ordinata, si dosano i suoni e i ruoli, creando una commistione armonica quanto più originale; Complicity assurge ad un’idea di caos fugace, in cui il suono plastico emerge nell’album con fervore più insolito. Parlaci della produzione più organica e barocca che caratterizza questo secondo lavoro.
Nicola Amici: “Le cose andarono esattamente così. Dopo i concerti che seguirono l’uscita del primo disco, le dinamiche tra noi quattro ci portarono a non ripetere la stessa formula, per vari motivi. Da un lato la presenza più assidua di Jo in sala prove che influì considerevolmente nella stesura delle nuove parti strumentali. Dall’altro la continua voglia di sperimentare cose nuove, dai suoni da impiegare (alcuni sax sono veramente irriconoscibili) agli strumenti da utilizzare (inserimmo un synth), per avere stimoli nuovi e per non ripetersi, se non mutatis mutandis. La parola d’ordine del periodo era “controllo”: del tocco, del suono, della composizione, della resa finale. Ricordo interminabili serate in sala prove a scegliere le sfumature dei suoni del synth, così come tutte le note che doveva suonare il sax, una ad una… in passato avremmo lasciato più margine all’improvvisazione. Improvvisazione che, comunque, è rimasta anche su questo album, seppur centellinata: penso ad alcune parti di sax nella title-track Night Dress, a tutte le parti di pianoforte aggiunte in studio e a delle parti di chitarra. Lo registrammo nell’estate del 2010, ancora una volta nel padovano con Giulio Favero e il suo collaboratore Giovanni Ferliga (Aucan). Fu quest’ultimo a suonare il piano, mentre Giulio fece un paio di assoli di chitarra tanto spigolosi quanto esplosivi, il primo nel convulso finale di The Forgetter, brano che apre il disco, e il secondo in Guilty. Sicuramente anche il loro lavoro di produzione donò ulteriore spessore ad un album che fece dell’originalità la sua bandiera e che riuscì a colpire l’ascoltatore per la capacità di evocare un immaginario dantesco, popolato da dannazione priva di redenzione.”
Lleroy
Lleroy, trio originario di Jesi, si fa portatore di un suono noise rock con influenze blues, il quale è dominato da una casualità aggressiva e fuori controllo nel generare rumore, giocando sarcasticamente con istanze convenzionali del punk, il tutto con chiare influenze tra Jesus Lizard e Melvins. Il primo album per Bloody Sound Fucktory è Juice of Bimbo (anche per Marinaio Gaio, Valvolare Rec., Sweet Teddy Rec.), in cui il suono massivo è in divenire, l’irruenza è meno istintiva, più tenue rispetto ai prossimi lavori. Frè, parlaci di come è nata la vostra collaborazione con Bloody Sound Fucktory, e se e come è stata portatrice per voi di nuove idee.
Fré Zocca: “Nei primi anni 2000 dalle mie parti, nelle Marche, da Pesaro a Macerata, passando per Senigallia e Ancona e poi svoltando per Jesi appunto, ci fu un grande fermento musicale, figlio dei mitici anni ’90, che furono per noi tutti una sveglia, il punto di partenza per esprimerci musicalmente. Avevamo più o meno tutti la stessa età e tutti la stessa voglia di suonare, di avere una band, ognuno con la sua modalità, ognuno con il suo stile e originalità. Dal grunge al punk, dal post rock al nu metal fino al noise e alle sperimentazioni folli. Veramente una figata. Bloody Sound riuscì con grande cuore e coraggio a mettere insieme i pezzi e a darci una identità e una voce che poi arrivò anche fuori dalle Marche. Juice of Bimbo uscì nel 2008 ed io ero strafelice di far parte di questa etichetta che scriveva fanzine, organizzava concerti, festival e, anche grazie ai collettivi dei centri sociali (TNT, Anarchici, Mezzacanaja, Sisma) riusciva a portarci band da fuori con cui condividere i palchi. Serate incredibili. “Le Marche stavano bruciando” cit.”
Soma (uscito non solo su Bloody Sound Fucktory, ma anche per Blinde Proteus, Sangue Dischi, Mescaleros Crew, Only Fucking Noise Rec., Sweet Teddy Rec., Narvalo Suoni) è un disco più meditato, i suoni sono perfettamente incastrati per dare un effetto magmatico e funzionale nella generazione di un rumore fervido, in cui pezzi come Omega999 ne danno una ideale testimonianza per l’irruenza esteticamente esacerbata. Parlaci di come si è sviluppato questo lavoro, sicuramente uno dei vostri dischi più spontanei e al tempo stesso dall’impatto propriamente fisico.
Fré Zocca: “Soma arriva dopo un parziale cambio di formazione (con un nuovo bassista) e totale cambio di residenza, da Jesi a Bologna. Dovevamo ripartire e lo abbiamo fatto con i nostri mezzi e nei modi più irruenti possibili. Eravamo super carichi ma il processo di registrazione fu sofferto e travagliato, per varie vicissitudini, anche non dipese da noi. Ancora oggi ascoltandolo penso che meritasse più attenzione, ci sono dei pezzi di cui mi meraviglio e vado fiero, tipo Omega999 – come siamo riusciti a scrivere un pezzo così? Ad un certo punto però dovevamo chiudere e qualche rammarico è rimasto, nel bene e nel male è il nostro disco più complesso.”
Nello split in 7” Gerda/Lleroy, il pezzo Siluro che costituisce il lato che vi dà spazio, ha un’impostazione più adrenalinica e viscerale, dallo sviluppo diversificato, in cui la vostra energia consueta degli album risulta essere condensata in quest’ultimo pezzo. Parlateci di come nasce il pezzo e la suddetta collaborazione con i Gerda, i quali nel loro pezzo Vipera danno una loro versione in senso motorik della loro energia.
Fré Zocca: “Lo split 7″ fa parte della collana Volumorama di Bloody Sound, in un lato ci si siamo noi con Siluro, nell’altro i fratelli Gerda con Vipera (il miglior pezzo di tutta la collana secondo me). Che dire dei Gerda?: incatalogabili, viscerali, una delle prime band dell’underground marchigiano a farsi notare fuori, grandi amici. Siluro è stato registrato durante le sessioni di Dissipatio poi abbiamo deciso di inserirlo nello split. È un pezzo rock ‘n’ roll con un finale sludge, ci sta…”
Il successivo Dissipatio HC (Bloody Sound Fucktory, Sonatine Produzioni, Sangue Dischi, Santa Valvola, Vollmer Industries, Fuzzy Cluster, Taxy Driver e UA!) si muove in una direzione più barocca, in cui vi è una certa riflessività nell’impostazione tonale (sebbene istintiva). La quasi-titletrack Dissipatio assume una forma meno ordinaria nella vostra produzione, in cui un’impronta leggermente più patinata guarda sempre alle dilatazioni dei Melvins in maniera più legata all’alternative. Parlateci di come nasce questo insolito approccio all’interno della vostra discografia.
Fré Zocca: “Dopo Soma e dopo tantissimi concerti in lungo e in largo per l’Italia, la band era rodata alla perfezione, quindi cominciammo a scrivere pezzi con più facilità cercando di seguire soluzioni istintive senza arrangiamenti per forza complicati. Abbiamo dato più importanza alle linee vocali ed ai testi piuttosto che ai tecnicismi strumentali. Ovvio che anche per i suoni abbiamo scelto una linea più naturale più che pulita, per dare spessore e non per patinare. Più dinamica, meno compressione. Dissipatio ci ha dato molte soddisfazioni, abbiamo trovato un equilibrio.”
Jesus Franco And The Drogas
Altro gruppo pienamente protagonista in Bloody Sound Fucktory sono sicuramente i Jesus Franco and the Drogas. Il quintetto di origini anconetane offre una rilettura stoogesiana (soprattutto influenzata da Funhouse) al DIY marchigiano/italiano, in un’ottica eterogenea e obliquamente rumorista. L’esordio Get Free Or Die Tryin’ si muove in una direzione propriamente “no-garage” attraverso groove più elastici che per alcuni versi richiamano il primo Beck o i Brainiac. Nicola, parlaci di questo primo approccio con quest’album.
Nicola Amici: “I Jesus Franco & The Drogas sono nati nel 2006 da un’idea di Michele Prosperi (batteria) e Andrea Refi alias Refo (voce) coinvolgendo il sottoscritto alla chitarra (ero già impegnato dal 2004 coi Butcher Mind Collapse) e Marco Giaccani al basso (già nei Lush Rimbaud dal 1998). La quadra la troviamo con l’inserimento della chitarra solista di Andrea Carbonari (già Guinea Pig) pochi mesi dopo. Come giustamente hai notato, diciamo che, dal punto di vista musicale, ci siamo trovati a suonare garage partendo da approcci strumentali non esattamente aderenti al genere. Naturalmente lo ascoltavamo parecchio, ma ciascuno di noi era più focalizzato su altro (io più sul post-punk e noise in quel periodo, Carbo e Marco sul rock psichedelico e Michele sulla new-wave e sul dark). L’aspetto più affine era forse la foga punk che mettevamo nei riff e nel tiro fulminante della sezione ritmica, fomentati dall’irruenza performativa di Refo, un vero sacerdote del dio del rock’n’roll e animale da palcoscenico senza pari.”
Lo split con i Satantango, ovvero Jesus Tango & the Satan Drogas, richiama Raw Power di Iggy Pop and the Stooges, in un senso fangoso e contaminato da blues sghembo alla Birthday Party, in cui vi sono elementi puramente garage/rock’n’roll in senso lisergico nel pezzo Shotgun Organ. Le strutture presenti sono più istintive e al tempo stesso più organiche; parlaci dei suoi perché e dell’incontro con i Satantango.
Nicola Amici: “Abbiamo conosciuto i Satantango in occasione di un paio di loro concerti organizzati da Bloody Sound (di cui erano membri fondatori Refo e Jonathan Iencinella, voce dei Butcher Mind Collapse) tra il gennaio 2006 e il settembre 2007, rispettivamente al TNT di Jesi e al Lazzabaretto di Ancona. Oltre ad apprezzarli profondamente come progetto artistico (uscivano su Wallace Records), si instaurò sin da subito una bella amicizia dovuta alle numerose affinità, di gusti musicali, di attitudine, di vedute, ecc. A cavallo della prima e la seconda decade degli anni 2000 abbiamo condiviso concerti, serate e vissuto esperienze molto intense insieme, tanto dalle nostre parti che dalle loro, cementando un rapporto davvero speciale. Il culmine probabilmente l’abbiamo toccato proprio durante quelle giornate passate a registrare lo split: era l’estate del 2009 e ci siamo rinchiusi in una cascina nelle campagne del lodigiano adibita a studio di registrazione per l’occasione, dove abbiamo sia registrato il materiale che, soprattutto, convissuto insieme tutto il tempo.
“Lo split era composto da tre brani per band. I Jesus Franco erano nel lato B con delle canzoni sia composte per l’occasione (Shotgun Organ e Fernando Sancho) che delle outtakes dell’album d’esordio Get Free Or Die Tryin’ (Ray Charles). C’erano poi due ulteriori tracce alla fine di ciascun lato dell’LP in cui abbiamo suonato tutti insieme, ben dieci elementi, sotto la supervisione tecnica e la grande complicità di Fabio Magistrali. Uno di questi pezzi, “Motel Sex”, che chiude lo split, è stato completamente improvvisato lì per lì, nello stato di grazia in cui ci trovavamo. La cosa divertente, inoltre, è che, nei tempi morti delle registrazioni, ci ritrovavamo a suonare unplugged insieme nel porticato della cascina una miriade di pezzi punk, post-punk, no-wave, ecc., che tutti conoscevamo. Complicità e condivisione pura.”
Dal tema spaziale e psichedelico, quasi esoterico, è Alien Peyote (Bloody Sound Fucktory), dai riff più magmatici e voluminosi, con un groove più minimale ma idealmente incisivo; la mini-suite introduttiva Alien Luftwaffe, comincia con linee di chitarre dilatate, privi di una struttura ritmica, che si alternano a feedback meditativi (part 1), un’introduzione sospesa, dal tocco lisergico, che apre ad un garage punk iperuranico à la Cramps (part 2). In El Coyote ritorna il garage slabbrato più simile agli esordi, in cui non manca l’aggiunta di una cornice cosmica; Mezcal ha un’impostazione shoegaze e dalle chitarre massive, attraverso una psichedelia barocca e grandiosa. Come avviene quindi tale creatività all’insegna di sonorità più cosmiche?
Nicola Amici: “I Jesus Franco & The Drogas, tra il 2011 e 2012, da quintetto si trasformano in quartetto, a seguito della fuoriuscita del sottoscritto (2011) e di Marco Giaccani (2012), rimpiazzati dall’ottimo Alessandro Fiordelmonto alla chitarra (già negli A.N.O.). Con questo nuovo assetto, un nuovo equilibrio e un rinato entusiasmo, pubblicano “Alien Peyote” che, probabilmente, è l’apice della produzione della band. Ora, non avendo contribuito alla genesi dell’album in questione, è giusto che passi la parola a Michele Prosperi, l’autentico Jesus Franco del moniker della band e cuore pulsante della formazione, dalla fondazione al prematuro scioglimento.”
Michele Prosperi: “Dopo la rivoluzione all’interno della band datata 2011/2012 con la partenza di Nicola e del bassista Marco Giaccani, rimasti in tre ed inevitabilmente incompleti, ci siamo rimboccati le maniche ed assoldato il giovane ed eclettico chitarrista jesino Alessandro Fiordelmondo. Questi, col suo approccio estremamente avanguardistico e psichedelico, ha spostato gli equilibri della band, facendola evolvere da un chiassoso garage punk psichedelico ad un ibrido più cupo anche se ancora lontanamente fedele agli esordi, ma più torbido, sperimentale ed ossessivo. Con “Alien Peyote”, complice l’assenza del basso, volevamo sprigionare un magma sonoro profondissimo, viscerale, dove la voce rauca del leader e la mia batteria incalzante e grezza, venissero travolte dal marasma ossessivo dei chitarristi, sempre pronti ad incastrare riff potenti che riuscivano ad amalgamare tra loro con maestria e con una grande carica lisergica… insomma il nostro intento era di rimescolare le carte e confondere i malcapitati ascoltatori, costretti ad affinare l’udito per trovare il bandolo della matassa.”
Nell’EP Damage Reduction (Bloody Sound Fucktory) si sente fa da sfondo un suono più glaciale e un beat più nettamente motorik, in cui si percepisce maggiormente l’influenza degli altri gruppi marchigiani. Come avviene quindi tale creatività più omogenea?
Michele Prosperi: “In “Damage Reduction” il nostro diabolico scopo era il medesimo di “Alien Peyote”, e si palesò con l’irruenza di “Money”, tristissima ma luminosa. Una piccola svolta che condizionerà il successivo ed ultimo lavoro.”
L’uscita più recente della serie, al momento, No(w) Future (Bloody Sound Fucktory) si apre a scenari più luminosi, in cui il suo garage si contamina a sonorità più classiche tra alternative e post-rock. L’ultima traccia Wake Up appare più luminosa e dalle forme rotonde, una cavalcata con un synth scampanellante che permea il tutto, che riflette in dettaglio ridimensionato l’ultima fase più melodicamente accogliente di Bloody Sound Fucktory. Parlaci del contesto e le intenzioni dietro l’album citato.
Michele Prosperi: “No(w) Future (2019) è forse un album più completo dei precedenti, dove in un sound leggermente più disteso, superficialmente sereno, ma malinconico, affiorano senza pietà le ossessioni di ognuno di noi e gli oggettivi limiti di una convivenza lunga ormai tredici anni. Insomma, è un tristissimo e lacerante epitaffio.”
Gerda
Gerda Untitled dei Gerda è nell’ottica di un dinamismo minimale tra riff post-rock sintetici e al fulmicotone e tonalità emocore. La copertina riflette in pieno tali concetti sonori: la disposizione asimmetrica del volto di un levriero di profilo che rimanda alla dinamicità di un’associata competizione sportiva cinofila, la cui azione della corsa, minimale ma impetuosa, appare metaforicamente molto simile ai riff di chitarra con le stesse caratteristiche. In Untitled #4 l’essenzialità si rivela anche sui pattern più tonali, secondo uno sviluppo di scenario sonoro simile quasi ad una suite più minimale. Andrea, Parlaci di questo vostro terzo album nonché di com’è nata questa collaborazione con la Bloody Sound Fucktory.
Andrea Pasqualini: “Il terzo album è l’ultimo in cui pensavamo di suonare il più forte possibile. Volevamo distruggere tutto ogni volta che suonavamo quei pezzi, alle prove o ai concerti; doveva succedere qualcosa, la stessa cosa, dentro di noi, altrimenti non aveva senso farlo. A livello sonoro c’è sempre stata una ricerca per ampliare le possibilità di suono in modo da esprimere le sfumature, in cui siamo stati supportati da a Fabio Magistrali, che ha registrato e mixato diverse nostre uscite. Con la Bloody Sound la collaborazione è nata in maniera molto naturale. Siamo più o meno coetanei, abbiamo frequentato da sempre più o meno gli stessi spazi, quindi serviva solo l’occasione giusta.”
La seconda uscita dei Gerda per Bloody Sound Fucktory, intitolata Black Queer, è permeata da suoni più oscuri ed eterei, in cui pattern più dilatati ed espressionistici fanno intendere una volontà del gruppo ad diramarsi rispetto le origini più omogenee. Parlaci della release e della particolare ed associata espressività.
Andrea Pasqualini: “Black Queer è più “chitarristico” degli altri, più rock se vuoi. È stato tutto registrato e mixato in casa. Qui siamo riusciti ad ottenere un suono molto più intimo, sia a livello di produzione che nella resa finale.”
Riguardo lo split con i Lleroy del 2017, nel vostro pezzo Vipera si esplica una versione in senso motorik della vostra energia. Un suono più basato sul ritmo più eterodosso e un senso melodico più dinamico, meno dai bassi toni. Parlaci delle intuizioni dietro questo pezzo.
Andrea Pasqualini: “La nostra traccia, Vipera, parte da un riff di basso, dopodiché il resto è venuto spontaneamente. L’interplay tra basso e chitarra è stato molto intenso come al solito, con intrecci di ritmi e melodie, dissonanze più o meno marcate. L’intenzione di fondere ogni strumento nel sound collettivo, fino alla perdita delle identità individuali, hanno sempre fatto parte del nostro modo di suonare.”
PaperogA
PaperogA, altra realtà di origine jesina, è un progetto dalle sonorità noise turbolente e nichiliste, prendendo spesso di mira la cultura pop in senso sarcastico. Chitarre rumoriste e magmatiche si confondono in un’elettronica in libertà, insieme ad una batteria dal beat viscerale, che rispecchia il lato trash e politicamente scorretto del gruppo. L’uscita (solo digitale) per Bloody Sound Fucktory, My Super Sweet Fisting, appare più dinamica, un suono dalla consistenza elastica insieme ad sfuggenti abbagli di luce accecante (quindi di per giunta molesti), in contrapposizione con la più netta causticità dei successivi Te Amo e Santa. Parlaci di come nasce la vostra collaborazione con Bloody Sound Fucktory, e come si è sviluppata l’uniformità di suono anche rispetto alle altre uscite su Bandcamp in forma digitale.
Alessandro Guerri: “Non ricordo molto di quell’uscita, sono passati 10 anni e sono cambiate tante cose. Ricordo bene che Nando di Bloody Sound (e quindi Bloody Sound tutta) ci aiutò con l’uscita di My Super Sweet Fisting, e ci presero un certo numero di copie, ma conta che erano dischi masterizzati da noi, copertina fatta da noi stampata non so dove, era una demo praticamente. TE AMO e SANTA sono state più professionali come uscite. Venivamo comunque da qualche uscita esclusivamente digitale e My Super Sweet Fistìng è un po’ la coronazione di quel periodo, pezzi math, quadrati, alcune idee stupide, altre fighe, altre ancora stupide e fighe insieme. Sicuramente c’era un suono chiaro, la divisione delle parti era limpida. Poi con TE AMO non so bene cosa sia successo sinceramente, senza premeditazione tutto è diventato più simile ad un flusso, i confini prima ben marcati di ogni sezione hanno cominciato a sfocarsi. SANTA è l’estremizzazione di questo approccio.
“Credo che ciò che stiamo facendo come Saturday Night Dengue sia influenzato da SANTA: ho iniziato a sentire il bisogno dell’esatto contrario, una griglia strutturale fissa, ciclica, precisa. Pensavo già con Paperoga di inserire un campionatore che mi costringesse a seguire un clock. Sono riuscito a farlo con Saturday Night Dengue, dando il metronomo ad Andrea. Una cosa che è avvenuta in SANTA mi ha sempre affascinato molto: l’opinione di un ascoltatore è stata “non riesco a distinguere l’elettronica dalla chitarra”. Sono stato sempre molto affascinato da quel senso di organicità, dal creare un unicum attraverso la sovrapposizione di layer sonori.”
Zolle
Porkestra degli Zolle, uscito nel 2015 per Bloody Sound Fucktory, conferisce un’offerta più eterogenea nella produzione del duo lodigiano, in cui ogni pezzo vive di un’essenza specifica e personale. I pezzi hanno un beat monotono, quasi autistici, come ad esempio la più iconica in tal senso Porkediem, in cui non manca un apporto originale che rimanda ad una vaga e probabilmente non volontaria impronta da soundtrack di un crime movie (in primis Pork Vader). Marcello, parlaci di come avviene l’idea di scritturarvi per la Bloody Sound Fucktory e come avvengono i suddetti elementi.
Marcello Bellina: “Sono passati veramente un sacco di anni da Porkestra, ci stai facendo domande troppo complicate! Ahah! Conoscemmo i ragazzi di Bloody Sound ad un concerto che tenemmo nelle Marche, dove loro sono di casa (era La Casa della Grancetta? Si? No? Nando! Aiutaci!) e, come si dice di solito, da cosa nasce cosa! In questo caso, da casa nasce cosa. Porkestra è stato composto in un tempo relativamente breve dopo e durante i concerti del nostro omonimo primo album d’esordio. Suona molto differente dall’esordio, volevamo cogliere l’energia e il divertimento che stavamo vivendo in quel periodo (concerti che hanno dato il LA alla carica che viviamo in maniera decisamente amplificata nei concerti di oggi). Il primo album rappresenta un capitolo a sé nella nostra discografia, anche Rosa, peraltro. Oddio, forse ogni album, ma più di tutti il debutto e Rosa, ecco. In Porkestra, la cosa curiosa, è che Pork Vader esisteva già prima di registrare il primo Zolle. Infatti suona un po’ più cupa.”
Bruno Dorella (OvO, Bachi da Pietra)
Bruno, per i tuoi progetti OvO e Bachi Da Pietra sono usciti per Bloody Sound Fucktory, all’interno della collana Volumorama, due split in 7”, rispettivamente con Cagna Schiumante (Vol. 1) e The Shipwreck Bag Show (Vol. 3). Nel pezzo degli OvO, Empio, si sente la cacofonia da suite ricorrente nel vostro duo con sede a Ravenna, dalle vaghe e creative tonalità math-rock. L’altro pezzo, per Bachi Da Pietra, intitolato Figli dei Giorni Silenziosi, il suono verte nel blues sghembo dalle sfumature post-rock del tuo progetto nato in collaborazione con Giovanni Succi, in cui compare il contributo vocale naif di Roberto Bertacchini, dei The Shipwreck Bag Show, (mentre Succi collabora nell’altra traccia). Parlaci di come avviene il tuo apporto in Bloody Sound e il perché di questa breve apparizione negli split di Volumorama.
Bruno Dorella: “Conosco Bloody Sound da molto tempo, grazie agli innumerevoli concerti che hanno organizzato in vari luoghi (probabili e improbabili) nelle Marche, a tutti i miei gruppi: OvO, Bachi Da Pietra, Ronin… quando hanno iniziato la collana Volumorama pareva naturale esserci, anche perché credo che l’idea dietro quella collana fosse quella dell’esistenza di una “scena” (che c’era e c’è, seppur sempre più frastagliata), che è una cosa a cui ho sempre tenuto molto. In Bloody Sound sicuramente lo sapevano. Il primo volume è stato lo split OvO/Cagna Schiumante. Nei Cagna Schiumante c’è anche Xabier Iriondo, figura cardine che ricompare anche nei Shipwreck Bag Show. Insomma, una famiglia piccola ma molto attiva. In questo primo split con OvO abbiamo secondo me partorito veramente un ottimo brano. Nel terzo volume coi Bachi Da Pietra abbiamo addirittura rilanciato, prestandoci voci e pezzi a vicenda in un divertente gioco di specchi.”
Terenzio Tacchini
Si può dire che The Get Drunk rappresenta un’uscita generalmente insolita nel catalogo Bloody Sound Fucktory/Bloody Sound; in ogni pezzo si palesa un garage punk diversamente sperimentale, sia viscerale che romanticamente punk, di pancia e di cuore. Anymore guarda tantissimo a Orange di Jon Spencer Blues Explosion; la più accessibile Speechless fa propria una rotondità affine ai Violent Femme; mentre To The Ground rimanda a certo garage punk australiano dalle linee maggiormente heavy. Parlaci di come avvengono tali elementi e il tuo contatto con la Bloody Sound Fucktory.
Terenzio Tacchini: “Il mio progetto one-man-band tra le varie esperienze musicali che ho avuto è sicuramente il più rappresentativo di quello che sento, che voglio comunicare, dove non devo rendere conto ad altri delle mie idee. È così personale da essere quasi una psicoterapia e un indicatore del mio stato d’animo. Mi ha aiutato molto per sfogarmi, chi mi ha visto live lo può capire bene. Nel corso degli anni come ogni artista ho perso un po’ di purezza e rabbia, forse guadagnando in stile (forse no). Questo per dire che è sicuramente un album viscerale, le mie basi musicali sono il blues e il punk, ma ormai le contaminazioni dei miei ascolti sono molto varie. Gli artisti che hai citato sono perfettamente in linea! Aggiungerei, come si sente abbondantemente in Orange, una forte ossessione per i ritmi black, funk e, per discendenza, hip-hop, applicati alle sonorità più rock.
“Il contatto con Bloody Sound è orgogliosamente festaiolo, dalla bella serata a La Cupa di Ancona in apertura a Mr. Occhio e King Automatic (mi pare 2013) in poi ho collezionato decine di serate-mattinate che giudicherei indimenticabili se non fosse per i ricordi annebbiati, quel tipo di serate di cui avevo sempre un gran bisogno, in cui ci si sente in una grande famiglia anche se uno è più punk, uno più noise, più hardcore etc. Poi c’è un particolare legame di amicizia con Nando Luconi, forse il lato più rock’n’roll dell’etichetta, con cui ho anche condiviso l’esperienza dei Go Cannibal.”
Sound Bloody Sound (track-by-track parziale)
Lleroy – Cilicio
Nella compilation Sound Bloody Sound il vostro pezzo Cilicio ha un’impostazione tonale più sintetica, meno legata alle melodie più aperte e dai pattern più rotondi dell’ultimo lavoro Nodi (Overdrive Records). Parlaci del processo creativo del pezzo e se in seguito ci saranno altri capitoli per la rinnovata Bloody Sound.
Fré Zocca: “Cilicio nasce da un riff ritrovato nel cellulare del nostro batterista, registrato non so quando… Serviva un ritornello rock’n’roll per trovare una quadra; detto fatto, cantalo come più ti piace!”
Zolle – Borgobio
Il pezzo degli Zolle presente in Sound Bloody Sound, intitolato Borgobio, si presenta nettamente diverso dalla poetica del disco ad esso contemporaneo Rosa. Il suono del brano sembra simulare sonorità di istanze supereroistiche relative a contenuti cinematografici, in cui vi è uno sviluppo di declinazioni in diversi finali musicali che quasi non arrivano al termine, in modo da attirare l’attenzione dell’ascoltatore fino alla fine effettiva. Qual è stato il processo creativo dietro questo pezzo?
Marcello Bellina: “Borgobio, fa parte della ventina di brani iniziati, composti e decomposti prima di registrare Rosa, eravamo indecisi se includerlo o meno nell’album, dato che suona un po’ differente, forse più simile al periodo di Infesta o Porkestra (appunto), abbiamo comunque provato ad inciderlo, riascoltandolo ne eravamo felici, ma era fuori luogo rispetto a Rosa. Casualmente, in quel periodo, i ragazzi di Bloody Sound ci hanno proposto di partecipare alla compilation per i loro primi vent’anni (che non è male, ascoltatela!), ed eccolo là! Borgobio!”
Saturday Night Dengue – Almondina Uakralok
Il pezzo presente nella raccolta Sound Bloody Sound del vostro nuovo progetto Saturday Night Dengue, Almondina Uakralok, segna un cambio di politica netto rispetto ai precedenti progetti, vicino alle intuizioni elettroniche di Alessandro. Il pezzo si muove tra beat tribali e lisergici e sample di voci manipolate elasticamente secondo timbri eterodossi. Parlateci di come è nato il progetto e della vostra rinnovata poetica.
Andrea Pasqualini: “Premetto che non mi sento di dire che questo è un progetto. È una band. “Eh ma siete solo in due!”, un duo, OK, siamo un duo… Un progetto mi sa troppo di azienda, di bandi, non sa di qualcosa che ha a che fare con le emozioni. Scusami ma proprio non riesco ad avere a che fare con la parola “progetto” in questi termini. Detto ciò, ci siamo incontrati in piazza di Jesi per caso, gli ho chiesto se aveva voglia di fare della musica da ballo. Mi è sempre piaciuto ballare, e mi sono sempre piaciute le realtà popolari, la musica fatta senza elettricità, dove al centro c’è la condivisione, meno la performance. Ballare, vogliamo ballare, sentire che il beat su cui lavoriamo sia giusto, nel senso che lo puoi sentire per sempre, senza stancarti.”
Alessandro Guerri: “Nacque tutto a fine 2021/inizio 22 da una proposta molto spontanea di Andrea. L’idea iniziale era di tirar fuori qualcosa con un suono incentrato sul ritmo, ricordo che proprio in quei giorni “L’Idealista” (programma su Radio 3) dedicò un’intera puntata all’amapiano, percepii un collegamento fra i due avvenimenti; proposi quindi quel genere ad Andrea, quindi il genere se vuoi è stato scelto quasi “a tavolino”. Specifico le virgolette dato che, con il senno di poi, l’arbitrarietà di quella scelta è stata totalmente scomposta e distorta dalle idee successive, principalmente due: l’idea di Andrea di utilizzare la voce della cognata per creare dei sample da campionare e la scelta di usare l’Octatrack nella creazione dei pezzi e nei live. La acquistai otto anni fa, e non sono mai riuscito ad andare al fondo del suo funzionamento. Terminata tale collaborazione (questa sì, una decisione presa a tavolino), ho cominciato a studiare più flessibilmente l’utilizzo del sampler di cui sopra. Ho agito così per avere dei limiti, qualcosa che mi privasse di molte possibilità e mi costringesse a poter vagliare poche scelte di arrangiamento e modulazione dei sample. Ora, dopo che ho acquisito la tecnica, sto scoprendo che in realtà le modalità non sono poche ma l’utente si muove sempre e comunque all’interno di un singolo framework, quello dei creatori. Probabilmente ci abbiamo messo cosi tanto a concretizzare il tutto in chiave live perché ho dovuto imparare ad usarla, in quanto, scegliendo questo progetto per farlo, senza un obiettivo ed uno stimolo esterno, semplicemente cazzeggiandoci da solo a casa, non ci sarei mai riuscito. Ora stiamo ampliano il set lavorando sull’integrazione tra batteria ed elettronica: vorrei layerare una batteria elettronica con quella acustica suonata da Andrea, rendere il tutto più omogeneo ed organico. Vogliamo anche inserire delle sezioni di improvvisazione, sia nei pezzi che nei live.”
Esseforte – Giorno Buono
Esseforte è un quartetto nato a Settembre 2022 dalla fusione tra Barabba e Tommaso Sampaolesi aka ITDJ (Il Tipo di Jesi), il quale ha pubblicato l’album De Mon Demon (2022) un lavoro groovoso e dalle forme acute rispetto il gruppo erede, in un certo senso dei Butcher Mind Collapse. Il pezzo Giorno Buono richiama la stessa aggressività di ITDJ insieme all’immaginario caustico di Barabba, ma con una cornice più familiare e generale. Parlaci del vostro lavoro in tandem, dell’avvenuta collaborazione e delle effettive esigenze.
Nicola Amici: “Nel progetto elettronico Barabba, nato nell’agosto del 2019 insieme ai miei ex compagni dei Butcher Mind Collapse Jonathan Iencinella e Riccardo Franconi, abbiamo in qualche misura assecondato l’intuizione, avuta poco prima dello scioglimento della band d’origine, di sperimentare in ambito elettronico. Era una reale esigenza già nel 2012/2013, nel periodo appena successivo al tour di Night Dress per capirci, trovare una nuova formula che non obbligasse necessariamente Jo ad urlare al microfono e che ci consentisse di esplorare territori più rarefatti e minimali, senza una batteria acustica che avrebbe irrimediabilmente “alzato il volume” della proposta. Questa istanza, quindi, riuscì a concretizzarsi sotto forma di trio a distanza di anni, dopo che dal 2015 avevo avviato il mio progetto solista Kaouenn, sempre sull’onda della contaminazione tra rock ed elettronica. Nell’agosto del 2022, però, prendo la decisione di uscire dai Barabba, soprattutto per problemi di natura logistica, trascorrendo per esigenze familiari dei lunghi periodi in Francia. Questo passaggio fu propedeutico alla nascita degli Esseforte, come hai osservato, progetto dove Jo e Ric hanno deciso di mettere insieme a Tommaso Sampaolesi e a Matteo Bosi (rapper, già collaboratore di ITDJ) energie e idee. D’altra parte Tommy, oltre al suo progetto ITDJ, suonava anche nei live dei Barabba come chitarrista, e Ric, che ne aveva prodotto l’album in studio (De Mon Demon, appunto), faceva parte della band che lo portava dal vivo insieme allo stesso Boso. Fu così che il cerchio si chiuse in maniera perfetta, e da quattro persone impegnate in due formazioni distinte se ne formò una unica. Un tratto che li caratterizza, e che è possibile riscontrare anche in “Giorno Buono”, è la voglia di andare oltre i generi, di mischiare le carte, di giocare e sperimentare, lasciando emergere il lato oscuro dei testi dentro un sound non convenzionale e fatto di arrangiamenti non ortodossi e lunghi strumentali dal sapore “impro”.”
Kaouenn – Africo
Africo di Kaouenn ha uno swing ritmicamente afro con delle sfumature spaziali, in senso pienamente psichedelico e tribale allo stesso tempo. Suoni più disparati si amalgamano, dando un risultato secondo una prospettiva orchestrale. Parlaci delle intenzioni dietro questo pezzo.
Nicola Amici: “Hai colto pienamente l’essenza del brano, Giovanni. D’altra parte il lato psichedelico della musica di Kaouenn è divenuto centrale nell’ultimo lustro, sempre all’insegna dell’ibridazione tra elementi “terzomondisti” e spaziali, vero focus del progetto. “Africo” è un pezzo che, diversamente dal passato strettamente solista (scrivevo, registravo, arrangiavo e producevo tutto in prima persona), si è strutturato in sala prove in duo, dall’interazione della mia chitarra con le macchine di Riccardo Franconi, ancora una volta. Dalla pubblicazione del secondo album Mirages (Bloody Sound, 2021), infatti, mi faccio accompagnare dal vivo da lui, per rendere l’esperienza più completa per l’ascoltatore e, se vogliamo, più divertente per me. Tornando al pezzo, era l’estate 2023 e per un concerto in programma ad agosto volevo presentare nuovo materiale insieme ad alcuni dei brani più rappresentativi di Mirages. Fu così che a partire da alcuni nuovi riff abbiamo sviluppato ed arrangiato le parti strumentali con drum machines, percussioni e synth analogici. Ric, oltre ad essere un validissimo polistrumentista, è anche un ottimo produttore ed è stato semplice registrare il brano da lui a dicembre, in vista dell’uscita della raccolta di Bloody Sound. Ora, con altri tre brani nuovi di zecca e già rodati dal vivo in trio con l’aggiunta del percussionista Simone Pedna, l’obiettivo e di pubblicare un terzo album per l’autunno 2025.”
Tonto – Te Svegli Iaccio
Te Svegli Iaccio è un pezzo della produzione di Tonto che rimanda per molti versi alle sue produzioni, in particolare Molte parti contenute nell’album Workout del duo Lampredonto. Il pezzo ha un elemento decadente nella voce e nella struttura ritmica, familiare in particolare in Excerpts #4 (sebbene con idee diverse da un punto di vista d’insieme); essenzialmente si divaga randomicamente intorno ad un epicentro di riferimento. Francesco, parlaci dell’elemento, come da titolo, glaciale del pezzo e delle relative intenzioni.
Francesco Zedde: “Adesso che vivo in Olanda da un po’ trovo divertente fare titoli e testi in dialetto jesino. Tanto l’importante è non mi capiscano, sia prima che adesso. “Ti svegli iaccio” significa tipo “carpe diem” (esempio: “finisci questa traccia oggi che magari domani ti svegli freddo” = “crepi durante la notte”) ho scelto questo nome perché ho dovuto fare la canzone in un giorno, ero in residenza in uno studio e andava fatto prima che chiudessero la tracklist della compilation. Allo stile non ci ho fatto troppo caso, però penso che ci hai preso, c’è un po’ di swag Lampredonto e gli sbraiti di Excerpts #4”
Loris Cericola – Tutto Tondo
Loris, Tutto Tondo rimanda ad un immaginario ieratico, asimmetrico e discontinuo in cui tale esplorazione di ambiente rimanda alla tua produzione più distesa ed omogenea, propendendo in parte verso la caoticità per certi versi granulare di Metaphysical Graffiti. Parlaci degli elementi citati e dei loro perché.
Loris Cericola: “Con Tutto Tondo, proveniente dal mio archivio da inizio 2022 per poi finire nella compilation Sound Bloody Sound stilata dalla jesina Bloody Sound per i suoi primi 20 anni di attività, rimarco quel senso di circolarità che da sempre fa parte della mia produzione e poetica. A partire dal modo in cui è stata composta, ovvero attraverso l’uso di un unico tape loop di quattro secondi fatto di suoni di chitarre e archi, Tutto Tondo è una piccola scultura sonora (per l’appunto, il titolo) attraverso la quale ho cercato di enfatizzare entrambi i sensi di inquietudine e beatitudine, quasi nauseabonde, immaginando la propria presenza fisica in spazi immensi e sterminati, un po’ come trovarsi smarriti in una cattedrale gotica o forse, ancora meglio, come trovarsi dispersi in mare aperto senza riuscire a scorgere confine alcuno.”
Bruno Dorella – Ghost Wolf
Dopo Paradiso, all’insegna di una più massiccia elettronica, si torna alla chitarra con Ghost Wolf, pezzo che compare in Sound Bloody Sound. Un’atmosfera più rarefatta che appare come funzionale alle performance che hai sonorizzato, in cui è caratteristica una austerità che rende il pezzo nettamente differente dagli altri, soprattutto, per l’appunto, per un vago rimando ad una musica come mezzo. Bruno, parlaci delle tue intenzioni in Ghost Wolf.
Bruno Dorella: “Mentre “Paradiso” nasceva come musica per un’ installazione coreografica, “Ghost Wolf” ha una strana genesi. Mi avevano chiesto un pezzo per un documentario sui lupi. Gli diedi questo che fu rifiutato perché “troppo inquietante”. Tra l’altro anche il documentario poi non è stato realizzato. Ma a me in realtà non sembrava così inquietante, così gli ho aggiunto una parte davvero spettrale per renderlo davvero inquietante. Mi piace molto, sono molto felice che sia finito in questa compilation e sicuramente sarà un brano che svilupperò anche in futuro. Intanto ste bene dov’è, sulla bella compilation di un’etichetta piccola ma vera.”
Heat Fandango – Giro di Giostra
Giro di Giostra, presente nella raccolta Sound Bloody Sound, è un garage ancor meno spigoloso del solito, dal vago sapore afro, che fa da sfondo a probabili storie di disfattismo e tossicodipendenza, questa volta narrate in italiano. Parlaci del processo creativo del pezzo e del suo significato.
Tommaso Pela: “Giro di giostra è il nostro primo pezzo in italiano da sempre. Fa parte della compilation “Sound Bloody Sound”, dell’etichetta Bloody Sound, nostri compagni di avventura dal primo giorno, che celebra i vent’anni di attività della label, a cui siamo stati felici di “donare” questo pezzo, proprio perché per noi rappresenta una svolta importante. Per chi come noi è nato e cresciuto con America e Gran Bretagna come riferimenti musicali, l’italiano è stato sempre un tabù. Ma era giunta l’ ora, crediamo di avere la giusta maturità per dire quello che abbiamo da dire nella nostra lingua madre. Il pezzo è una sorta di sinistra cavalcata blues, con atmosfere da film western, e racconta gli ultimi momenti, l’ ultimo “giro di giostra” appunto, di un uomo che decide di disertare la guerra, e sa che da quel momento dovrà nascondersi. Di questo ed altro materiale narrativo, è composto il nostro nuovo disco “Onde”, interamente cantato in italiano, che uscirà in autunno per Bloody Sound, Trulletto e Brigadisco, registrato all’ Astronave Studio di Recanati, che troverete in un bellissimo formato vinile 12” (oltre che su tutte le piattaforme digitali) impreziosito dalle ottime grafiche di AndretheSpider.”
Terenzio Tacchini – Plein Air
Plein Air, presente nella raccolta Sound Bloody Sound, si sviluppa in maniera più morbida ed estiva, tra testo scanzonato e chitarre dal timbro più scampanellante. Un suono più classico che appare interessante la sua compresenza insieme agli altri pezzi più acidi, urbani o dai pattern ritmici non-euclidei. Parlaci di come si combinano tali caratteristiche con il resto della compilation.
Terenzio Tacchini: “Subito dopo The Get Drunk ho partorito qualche altro pezzo, avendo una batteria in sala prove mi sono divertito a comporre con due microfoni piazzati alla buona. Principalmente mi son venuti fuori tre pezzi più particolari, col testo in italiano (altra cosa che mi ha stupito dal punto di vista psicologico perché i testi mi venivano senza pensarci troppo e rileggendoli ci trovavo riferimenti decisamente personali) ossia Follia e Non c’è Problema, che ho “pubblicato” su You Tube, e per ultimo Plein Air. Forse è il mio pezzo preferito, l’ho ascoltato tante volte come se non l’avessi fatto io, la cosa più cerebrale che ho fatto durante la composizione è prendere ispirazione da Pepper dei Butthole Surfer che mischia una strofa parlata/rappata e un ritornello decisamente e traumaticamente rock. Cosa c’entra nella compilation? Bella domanda! Principalmente perché è il pezzo che ho scelto di dedicare a questa iniziativa; ogni volta che ascolto per intero la compilation devo dire che non ci vedo una forte connessione a livello musicale con gli altri pezzi ma sento che proveniamo tutti da un ambiente prolifico che ci accomuna e con molti degli altri artisti c’è amicizia e stima.”
Articoli in cui sono state trattate altre release di Bloody Sound:
The Great Saunites – The Ivy; Lucifer Big Band – Atto I; Lucifer Big Band – Atto II; Lucifer Big Band – Atto III; Palmer Generator / The Great Saunites – PGTGS: Suoni kraut in divenire – intervista monografica a The Great Saunites.
Above The Tree & Drum Ensemble Du Beat – Cave_Man; Above The Tree & Drum Ensemble Du Beat – Afrofulu: Viaggi in libertà per Above the Tree & Drum Ensemble Du Beat.
A.N.O. – Frizziquizzi; Tonto – Excerpts #4: Francesco Zedde: opposite music, between conservatories and squats (in lingua inglese).
Palmer Generator / The Great Saunites – PGTGS; Palmer Generator – Ventre: Palmer Generator, galoppate psichedeliche d’istinto.
Kaouenn – Mirages: Kaouenn, musica meticcia dal Sud.
The Cosmic Gospel – Cosmic Songs For Reptiles In Love: Materia creativa e viva in The Cosmic Gospel.