REVERB, vibrazioni dall’io – intervista a GOLD MASS
di Giovanni Panetta
Intervista a GOLD MASS (Emanuela Ligarò) su REVERB, il significato e il suo contesto.
GOLD MASS

REVERB (2023). Artwork by Dafni Planta.

Ad Aprile 14 (2023) è uscito REVERB, il secondo singolo di GOLD MASS (Emanuela Ligarò) per la terza uscita discografica, dopo i precedenti Transitions (2019) e SAFE (2021). Qui abbiamo parlato di FLARE, dalle sonorità più rotonde e fluide; Con REVERB la consistenza è più rarefatta, fatta di picchi di glitch che rendono il suono più acido, downtempo con influenze black. Il disco affronta il tema della diversità, in cui distese di non-suono con rumore sottintendono metaforicamente bisbiglii di timore per sé stessi (da cui i versi “Didn’t I excel?/ Didn’t I deserve?“), in cui la o il protagonista si lancia nel ritornello in un urlo catartico, un riverbero che ha come epicentro l’anima della persona, attraverso il quale si rivendica di esistere senza compromessi.

REVERB è stato registrato nello studio di registrazione Auroom Studio (Pisa), ed è stato mixato e masterizzato da Stefano Puddighinu, mentre l’artwork è di Dafni Planta.

Scopriamo di più sul pezzo tramite l’intervista a GOLD MASS, riguardo il singolo REVERB e il suo contesto.

Reverb è il grido di libertà di ciascuno di noi nell’essere accettati nonostante e a causa della nostra unicità. In Flare si avvertiva minor conflitto, bensì sospensione del momento. Mentre in quest’ultimo pezzo viene descritta un’evoluzione verso una epifania, raggiunta o idealmente contemplata. Risulta quasi ambiguo se lo sguardo è rivolto dal di dentro criticando l’esterno, quindi prendendo troppo in considerazione l’altro indiscreto, oppure vuole essere un’auto-riflessione personale, coinvolgendo i propri timori. Potresti dirmi dov’è di più la verità nelle tue intenzioni di scrittura?

“Molto volentieri, mi dai occasione per parlare della riflessione che ha spinto la scrittura di questa traccia. Non c’è nessuna critica, tendo a non scrivere con tono critico né tantomeno scrivo per giudicare comportamenti altrui. È qualcosa che fa più parte dei testi del mondo rock. Piuttosto, la mia è una riflessione sul tema del valore, REVERB esplora la complessa questione dell’autostima e dell’amore condizionato, cercando di capire le ragioni profonde del nostro innegabile bisogno di essere riconosciuti come individui degni d’amore. REVERB mette in luce l’idea sbagliata secondo la quale l’affetto e la considerazione siano obiettivi da raggiungere, da guadagnare e non qualcosa di cui siamo degni già solo per il fatto di essere nati. Tendiamo sin da piccoli ad assumere comportamenti e strategie volte ad ottenere approvazione, quindi l’affetto e la convalida da parte di un ambiente umano di cui non possiamo fare a meno in quanto animali sociali. Questo è amore condizionato, non amore. REVERB parla di tutto ciò e mette in discussione la negoziabilità dell’amore e della dignità personale.”

Il pezzo ha un fluire sospeso, le parole vengono pronunciate amusicalmente nella strofa, districandosi maggiormente melodicamente nel ritornello. Il pezzo ha delle maggiori sfumature urbane, emulando alcune sonorità black, e rappresenta in un certo senso una novità nella tua discografia. Come nasce la musica e da chi o cosa ti sei fatta ispirare?

“Credo che questa traccia sia una naturale prosecuzione del mio percorso artistico, sia in termini di scrittura che di produzione. Può ricordare un mondo trip-hop, sono consapevole che tali sonorità mi siano molto familiari. Ad ogni modo, la traccia evolve da quelle radici verso un linguaggio più contemporaneo, con una luce che difficilmente si riesce a trovare nel trip-hop, ma di cui io ho assolutamente bisogno. E in verità, è proprio quello che mi interessa: trovare luce nel buio, vedere l’ombra in quello che sembra solo splendere. La vita, se osservata con profondità, non è altro che questo. È solo una lettura superficiale che può descrivere una situazione come semplicemente felice o semplicemente triste. La realtà è più complessa. In REVERB, le strofe sono espresse con un parlato, la voce che parla tra sé e sé, riflette ad alta voce. Nel chorus, questa voce evolve in un urlo di liberazione, che arriva all’ascoltatore come una presa di coscienza e un sollievo per aver ritrovato sé stessi.”

GOLD MASS

GOLD MASS. Immagine di Dafni Planta.

I tuoi pezzi hanno sempre una componente psicologica, si parla come si suona, ovvero le parole riproducono pensieri senza essere incluse in una sintassi preimpostata e descrittiva. Tutto è diretto da un flusso di coscienza, quindi che ruolo hanno la psicanalisi o la letteratura nei tuoi pezzi?

“Un ruolo enorme. Per me la scrittura dei testi è sempre il risultato di una riflessione profonda che è stata fatta, di cui un brano non è altro che la sintesi del ragionamento. In un mondo in cui viene data un’importanza enorme all’apparenza e all’immagine, in cui veniamo forzati a sentirci partecipi di una realtà fatta di successo e felicità confezionata, io continuo a essere convinta che siamo esseri sensibili e che la maggior parte dei nostri comportamenti siano regolati da meccanismi inconsci che hanno poco a che fare con la superficie ma molto con le nostre paure e in nostri traumi. La realtà è la messa in scena delle personalità che ci abitano, ognuna con le proprie virtu e con le proprie insicurezze.”

Il pezzo Reverb presenta un videoclip, diretto dal Cottonbro Studio di San Pietroburgo, in cui compare un performer all’interno di un ambiente freddo e ventilato. La persona, un uomo, si muove liberamente danzando nonostante la rigidità del clima, esprimendo ineluttabilmente la sua volontà. Com’è venuta in mente l’idea del video, di questo gioco tra climi e movimento, di una termodinamica che riflette la meccanica?

“REVERB ha a che fare con la ricerca della perfezione, la dedizione continua verso il soddisfare le richieste che ci vengono poste dall’ambiente umano esterno, che siano queste più o meno esplicite o consapevoli. Cerchiamo l’approvazione ed è in questo che risiede la natura del conformismo sociale. Cerchiamo appartenenza. Nel video, le immagini di questo ballerino russo sono per me uno specchio potente del significato di REVERB. La danza è una delle arti che richiede la massima disciplina e in cui si lavora duro per raggiungere i canoni della perfezione. Il ballerino che danza in questo video è per me una persona che invece ha trovato il suo spazio di espressione libera, autentica e personale, si muove incurante dell’approvazione altrui e del proprio riverbero che lascia nel mondo. Incurante quindi del giudizio. Il suo movimento libero, fragile, insicuro, a volte orgoglioso, è un’affermazione incredibilmente potente della propria identità. E questo uscire dagli schemi è ulteriormente sottolineato dalla fotografia e dalle riprese, che volontariamente sono spesso non ferme e scoordinate e in cui il soggetto esce più volte dall’inquadratura. Quello che vediamo è voguing, uno stile di danza contemporaneo nato nelle ballroom di New York negli anni ’80, ballato in principio dalle comunità black e latine di Harlem, ma poi esploso un po’ ovunque, diventando uno strumento di espressione e di identità per la comunità queer di tutto il mondo.”

 

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