Filippo Uguccioni, conosciuto come My Sweet Kalashnikov nel suo solo elettronico, viene folgorato dal fermento musicale delle esibizioni di DJ Balli e dei diversificati suoni del roster di Sonic Belligeranza. La sua discografia, presente su Bandcamp, percorre vari generi diversi, non solo breakcore, ma anche hip hop, indie trap e plastica sampling music varia. Più recentemente, 1 marzo 2023, esce l’album Roller Disco Armageddon, in cui tra musica patinata, trap o neomelodica, emerge un concetto di bello insolito e sorprendentemente elastico, in cui quella musica viene completamente ribaltata e stravolta in maniera originale e differente dai canoni prestabiliti, offrendo un’idea diversa ed interessante di rinnovamento.
Più recentemente, My Sweet Kalashnikov ha pubblicato il singolo Illegal Computer Sound (del 21 Aprile 2023), contraddistinta da ritmi adrenalinici con qualche sonorità house; un presagio già in parte anticipato dall’ultimo album riguardo uno spostamento verso sonorità più asciutte e ritmicamente angolose e dinamiche.
Conosciamo il percorso artistico di Filippo attraverso l’intervista curata da Nikilzine che riportiamo di seguito.
I tuoi primi passi sono la breakcore di Disco Rumore e Kamikaze Rock ‘n’ Roll. Il suono di questi risulta essere a forte impatto per l’elevata magmaticità, anche se molto spesso vi è un certo minimalismo o carattere di staticità nel ripetere la stessa cellula microritmica. Parlaci dei tuoi inizi e come ci sarà lo sviluppo di nuove idee.
A metà degli anni ‘90 suonavo la chitarra in una band post-punk/new wave (Margot) e ascoltavo molta musica elettronica tipo Aphex Twin, Squarepusher, Mu-ziq o più in generale le cose di etichette come Warp, Rephlex e simili. Quando nel 1998 i Margot si sono sciolti, ho comprato il mio primo computer e ho cominciato a produrre musica elettronica con diversi nomi (Spectacular Optical, 16 Bit Kiss, Tammy does Tokyo). La breakcore e My Sweet Kalashnikov arrivano solo nel 2002, dopo aver visto Dj Balli ad un festival al Link di Bologna. Ero rimasto affascinato dall’ecletismo anarchico di un approccio che mischiava tutto come in un frullatore impazzito. Un terreno che ho subito riconosciuto come congeniale al mio rapporto con la produzione musicale, in quanto mi permetteva di spaziare tra tutti i miei gusti senza dovermi limitare necessariamente ad un unico genere. Ho iniziato a frequentare assiduamente piattaforme come C8 e Widerstand, che erano punti di riferimento per chiunque fosse interessato a quel tipo di sonorità e attitudine, confrontandomi fin da subito con la produzione di queste nuove forme ibride e velocissime. Da questo momento in poi, ho cominciato ad utilizzare il nome My Sweet Kalashnikov per le mie produzioni, un nome che è anche una dichiarazione di intenti, nel momento in cui rivela la natura fondativa del mio approccio, basato sulla risoluzione armonica delle contraddizioni.
My Remixes è per l’appunto una raccolta di tuoi remix di brani scritti ed eseguiti da altri artisti. Tra questi vi è La Canzone del Pane dei Camillas, in cui vi sono campioni anche di un live del gruppo capitanato dal compianto Mirko Bertuccioli e Vittorio Ondedei. La traccia è all’insegna di un forte dinamismo, da cui il riferimento nel sottogenere drill, intermezzata da stacchi più melodici, ambivalenza che in un certo senso mi ha ricordato Aphex Twin. Parlaci di come sono nati questo remissaggio e l’aspetto dicotomico?
L’idea di remixare band di matrice prevalentemente rock nasce sempre dalla volontà di giocare con gli opposti per cercare di farli dialogare. Questi remix non mi sono stati commissionati, ma sono il frutto di una mia iniziativa personale, che muoveva da una volontà di decentramento rispetto alla mia produzione abituale affinché si potessero creare le condizioni per sperimentare nuovi innesti e forme diverse. Ho deciso poi di lavorare con campioni rubati dalle canzoni e non utilizzando le tracce originali come avviene di solito per i remix. L’idea era quella di mantenere un approccio di stampo collagista ed evitare così una produzione pulita e patinata. Questi pezzi rappresentano inoltre anche un mio personale tributo alla scena musicale locale; ci conosciamo tutti da una vita e ho un rapporto di amicizia con tutte le band che ho remixato. In particolare Mirko era come un fratello per me, oltre che un artista geniale. Ci siamo conosciuti da adolescenti al bar, ancora prima di suonare poi insieme nei Margot. La sua scomparsa è stata un colpo durissimo che faccio ancora fatica a metabolizzare del tutto. Penso che I Camillas fossero in assoluto una delle cose più interessanti apparse nel panorama musicale italiano, motivo per cui ‘La Canzone del pane’ è solo uno dei tanti remix dei loro pezzi che ho fatto.
Kawaii Wasted Youth (maggiormente di genere hip hop) e Il Culto delle Gioie Semplici (quest’ultimo più all’insegna della trap) risentono di una sampling music patinata ma estremamente plastica, in cui il tutto viene realizzato con un artigianato obliquo che gioca con ironia con strutture easy-listening. Parlaci del processo creativo dietro questi lavori, del loro concept, e come si arriverà ad una probabile sintesi di Roller Disco Armageddon.
L’elemento Hip Hop è presente in tutta la mia produzione, fin dal mio primo EP in cui ho realizzato la cover di ‘Stop al panico’ dell’Isola Posse All Stars. Essendo parte dei miei ascolti, ho quindi sempre attinto da quel background per i miei campionamenti. Kawaii Wasted Youth è forse il primo lavoro in cui il tratto Hip Hop emerge in maniera predominante, complice il fatto che da circa una decina d’anni i miei ascolti sono più orientati verso sonorità come l’emo trap o cloud rap e la musica vaporwave. Il Culto delle Gioie Semplici nasce da un’ulteriore spinta in quella direzione quando, durante il periodo del lockdown, ho proposto una collaborazione a distanza al mio amico Nicola Fucili (Suicidio) con il quale avevo già militato in passato nei Forma. Mi piace il suo modo di scrivere e ho pensato che fosse perfetto per quello che avevo in mente. L’intenzione di base iniziale era quella di realizzare un disco cantato in italiano e dalle evidenti sonorità emo trap, cercando tuttavia di prendere le distanze dai cliché del genere che ritengo puerili e a volte parecchio fastidiosi.
In Roller Disco Armageddon, l’ultimo album, vi è un certo suono hip hop molto simile alla musica trap, alterato da elementi post-modernismi, in cui figura un eclettismo tra sperimentazione e cultura pop. Commando Madonna è più melodica, propriamente trap, mentre Crybaby gioca con un immaginario neomelodico con campioni di frasi in dialetto napoletano. Si può scorgere una certa politica nel rendere sperimentale o distorto certi campioni estratti dalla cultura più popolare, un po’ come futuristi e dadaisti prendevano il brutto e lo trasformavano in arte, ma con un’attitudine più contemporanea e rivisitata. Come avvengono questi elementi in Roller Disco Armageddon?
Sì, giocare con gli elementi della cultura pop, decontestualizzarli e innestarli a forme stilisticamente meno convenzionali è una pratica che caratterizza da sempre la mia produzione e che richiama inevitabilmente le avanguardie artistiche dei primi del Novecento, che hanno influenzato parecchio la mia formazione estetica. In passato ho utilizzato anche Raffaella Carrà, Lorella Cuccarini, Brytney Spears e un sacco di altre icone pop, ma il mio intento non è mai iconoclasta e non ha lo scopo di trasformare il brutto in arte. Penso invece che ci sia del bello anche dove potremmo non scorgerlo a prima vista e il mio intento è quello di cercare di isolare questa bellezza per poterla poi inserire in un contesto nel quale penso possa emergere, per essere ulteriormente valorizzata. Roller Disco Armageddon non fa eccezione in questo senso, ho solo cercato di migliorare questi innesti contestualmente ai progressi che ho fatto rispetto alle mie capacità di produzione.
Stealing Beer from the Band è caratterizzata da un lirismo più eterodosso e permeata da elementi techno. Un carattere trap è ancora predominante, ma in una forma più arabescata ed intelligente per le intenzioni dichiarate. Il pezzo è caratterizzato da un hook più incalzante, opacamente nazionalpopolare che si insinua in questo suono obliquo nei dettagli. Come nasce il pezzo e con quali intenzioni?
Il pezzo è una sorta di ibrido dub/trap che nasce e si sviluppa attorno al campione di ‘Questione di feeling’ di Cocciante. Ma una volta terminata la traccia, mi sono reso conto che risultava incompleta e non ero soddisfatto del risultato. Allora ho chiesto a Giovanni Livi (MC Gola, The Faccions, Turbopeluches) di cantarci sopra qualcosa in italiano. Giovi è innanzitutto un amico, con il quale ho già collaborato tante volte sia in studio che, date le sue spiccate doti di performer, durante le esibizioni live.
Per concludere parlaci delle prossime novità a livello di tour o quali saranno le prossime mosse per il prossimo lavoro.
Attualmente sto lavorando alla realizzazione del secondo EP insieme a Suicidio che, in termini di sonorità, si attesterà come naturale prosecuzione del precedente. Abbiamo quasi terminato la registrazione dei pezzi e non vedo l’ora di finirlo. Contestualmente ho anche iniziato a lavorare su nuove tracce che prevedo però di pubblicare singolarmente, di volta in volta, ed eventualmente racchiuderle in un album solo in un secondo momento. Per quanto riguarda i live invece, al momento non ce ne sono, ma spero di riuscire a suonare un pò in giro per presentare l’ultimo disco.