Manifesto del Musicocentrismo
di Giovanni Panetta
Una proposta di un'idea diversa di giornalismo musicale, nel segno di una conoscenza a misura di artista e della propria curiosità.
Fontana

Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese (1964). Dal sito web di Finestre sull’Arte.

Nel mondo del giornalismo musicale, i lettori sono talmente abituati ad una parte di quegli usi e costumi a tal punto da non fare caso ad una buona parte della superficialità ed egocentrismo che più contraddistinguono quel mondo. In più l’approccio smart di una grande comunicazione di matrice capitalistica ha incrementato quella tendenza, generando l’idea che il giornalismo sia fucina non di conoscenza ma di prodotti al miglior offerente.

Nasce quindi la necessità di creare una forma di giornalismo che sia a misura dell’artista o gruppo, anziché del critico o pubblico, in modo da dare una conoscenza più pura della musica che si vuole approfondire. Tale intenzione non deve generare un atto di servilismo nei confronti degli artisti, ovvero è bene comunque utilizzare il proprio senso critico e desiderio di conoscere per estrarre una conoscenza raffinata da quel corpus sonoro o gruppo di musicisti. Tale approccio lo definirò “musicocentrico”.

Di seguito le regole che segue tale approccio.

  • Giornalismo a misura degli artisti e della propria curiosità. Le regole esposte di seguito fanno appello ad un’unica volontà, che consta di due punti: a) un giornalismo a misura degli artisti e della loro musica nel vincolo di b) rispettare la volontà dei giornalisti e critici. Queste due caratteristiche devono convivere in un’unica istanza. Di seguito alcune condizioni possibili per rispettare tale punto.
  • Formato dell’intervista. Per creare questa informazione per l’appunto in maniera quanto più pura, è necessario che il giornalista o critico contempli il formato dell’intervista. Infatti per generare un’informazione autentica, bisognerà entrare a contatto con gli artisti e fare le domande, stimolati dalla propria curiosità. Il giornalista comunque non deve creare una “situazione tipo”, deve adeguarsi com’è naturale che sia al contesto, ma non deve necessariamente avere come priorità il desiderio di avere un quanto più largo pubblico. Spiegherò più avanti che la conoscenza deve essere quanto più “particolarista”.
  • Qualità dell’informazione. La qualità dell’informazione non deve essere misurabile dal punto di vista del singolo lettore, ma deve essere in rapporto al disco o gruppo che si vuole conoscere. Sembrerà sorprendente per molti, ma in realtà è un fatto molto semplice: ciò che rende irripetibile un disco, che fa apprezzare il suo valore anche nel tempo, è il fatto che un qualsiasi lettore è in grado di capire il valore all’interno del suo contesto. Sembrerà banale, ma di solito una persona che ascolta abitudinariamente classica non comprenderà mai un disco noise rock, non perché in termini assoluti un disco noise rock è esteticamente brutto (forse secondo un’accezione generale, ma ovviamente non assoluta – ammesso che ce ne sia una effettivamente proposta), ma perché non si comprende il contesto di quella macroscena musicale. È bene quindi trattare l’argomento stimolati dalla curiosità per la musica in sé, evitando aspetti extramusicali, come umorismo spicciolo o domande fuori contesto, ma stimolati unicamente da un approccio analitico ed entusiasta.
  • Nessun voto. La questione del voto è di grande importanza del musicocentrismo. Ci sono diversi aspetti per cui trovo criticabile l’utilizzo del voto. Il primo è il fatto che il voto è soggettivo per ogni critico o giornalista. Molti potrebbero rispondere è che il voto associato al nome del critico che scrive la recensione può direzionare le proprie scelte di selezione musicale. Se Robert Christgau apprezza gli Archers of Loaf, e finora tutto quello che apprezza Christgau mi è sempre piaciuto, mi aspetterò di essere entusiasta nell’ascoltare gli Archers of Loaf se non l’ho ancora fatto. Tuttavia il voto non risponde ad esigenze conoscitive che si vuole stimolare nel lettore. Si vuole creare in un certo senso cultura, non unicamente l’invito ad un ascolto passivo. In più il voto è solitamente un unico valore numerico, uno scalare, per cui se ci sarà un’informazione rilevante, essa sarà dispersa con quell’unico numero. In più, dal mio punto di vista, il voto è da considerarsi spesso poco gratificante per l’artista, che vedrà rappresentata tutta la sua musica (a meno di approssimazioni, dell’ordine del continuo) in poche cifre numeriche.
  • Coinvolgimento di tutti i generi e approccio particolarista. Nel selezionare generi, musica e artisti, il giornalista o critico deve farsi guidare dalla propria volontà o gusto personale, senza trascurare la qualità dell’informazione (vedasi sopra). In questo caso penso che tale operazione può essere fatta per tutti i generi musicali; se si è propositivi in quello che si fa, sono convinto che si può creare un valore aggiunto in quello che si tratta, a prescindere dalla qualità della musica intesa in senso generale, in quanto quest’ultima la ritengo spesso una mera convenzione. Questo però può avvenire se a) se si tratta l’argomento con senso critico e b) se si vede il tutto nell’ottica delle intenzioni e del contesto. Per cui se si vuole realizzare quanto detto, spesso è bene creare una conoscenza percorrendo l’excursus conoscitivo per elementi continui o piccoli passi, evitando “grandi” temi (nel senso di temi più blasonati) unicamente per raggiungere un pubblico quanto più largo. Spesso sono convinto che la persona è più condizionata dalla propria educazione che viene dall’esterno, anziché dal proprio codice genetico, educazione che spesso uniforma le educazioni di tutti, per cui tale trend genera di fatto una forma mentis quanto più standard. È bene che i giornalisti, attraverso i loro gusto estetico, facciano emergere queste “differenze genetiche” da persona a persona, facendo sottrarre il pubblico da fenomeni di moda, che da questo punto di vista non fanno altro che omologare i gusti della maggior parte del pubblico, rendendo l’ascolto solamente un rito moderno. Inoltre il concetto di “approccio particolarista” risiede nell’evitare un modo di vivere la musica in maniera meno rigida, trattando pochi argomenti in maniera approfondita, anziché tanti argomenti in maniera meno profonda. Questo modus operandi non deve essere visto come una mancanza o un atto di superficialità, ma confida nel fatto che se tutti i critici o giornalisti rispettassero il loro gusto autentico, si creerebbe una conoscenza nel complesso esaustiva, senza ricadere nell’archetipo egotico del “genio” (ma bensì uno più simile che è stato descritto da Brian Eno, ovvero lo “scenio”).
  • Variabili sconosciute. Può essere sorprendente, ma spesso, secondo una conoscenza istituzionalizzata, apprezziamo sonorità che ci sembrano differenti. Questo perché la mente umana è abituata a classificare i suoni in maniera standard, senza saper osservare variabili o caratteristiche di cui non siamo consapevoli di considerare. È bene quindi colmare nella propria trattazione queste lacune, soprattutto non utilizzare una conoscenza ordinaria che spesso risulta dispersiva, e che spesso tra l’altro si basa solo su aspetti politico-sociologici.
  • Utilizzo della scienza. Questo punto potrà apparire come il più discutibile, però sono convinto che un approccio scientifico non dovrebbe mancare nel generare una nuova conoscenza, cercando di escludere anche approcci più ortodossi. Si potrebbe studiare per esempio la somiglianza tra artisti o pezzi o analizzare il responso di una traccia, oppure rintracciare la presenza di uno strumento non solo attraverso strumenti meramente euristici o intuitivi come spesso avviene, ma potremmo pensare di sfruttare metodologie matematiche, statistiche, fisiche, computazionali oppure di machine learning o deep learning (utilizzando le tracce digitali), in modo da cogliere una conoscenza oggettiva, che si svincola quindi dalla soggettività del critico o giornalista (che per lo più ha una formazione umanistica).

Tali indicazioni vogliono essere dei suggerimenti per un approccio, come detto, a misura della musica e del proprio gusto personale. In ogni caso non escludo che esso può apparire debole in diversi punti; comunque il musicocentrismo si pone come migliorabile e ad un aperto confronto. Quindi, nel rispettare le suddette intenzioni, attendo un eventuale riscontro su quanto esposto.

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