L’elettronica sacrale ed elastica di Valeria Miracapillo
di Giovanni Panetta
Intervista a Valeria Miracapillo, musicista elettronica autrice di Fiction, sua prima opera solista per Ambient Noise Session.
Fiction

Cover di Fiction (2023). Artwork di Domenico Villani, font e design di Jacopo Buono.

Il più delle volte, la musica è un valore aggiunto, e spesso viene dimostrato magnificamente. Il percorso dell’artista elettronica Valeria Miracapillo è prettamente segnato dall’impegno, caratterizzato dal convergere di più forme d’arte, ovvero la musica e il cinema. Vogliamo parlare della Valeria più legata propriamente all’aspetto acustico, che, grazie all’aiuto e il supporto di Devid Ciampalini con Ambient Noise Session, porta alle stampe la sua prima uscita solista, ovvero Fiction, opera pienamente matura segnata da una diversificazione quanto più intelligente. In Fiction convergono field recording e parti di synth, attraverso un’impostazione sacrale (da cui i sample di messa) associata ad un’elettronica granulare e libertaria, che rispetto l’opera precedente in collaborazione con Dimos Vryzas, ovvero Discipline of the Slow, appare più omogenea, meno aleatoria, nonché pienamente eterea.

Parliamo di seguito di Fiction e altri temi nell’intervista a Valeria che seguirà da queste righe.

Valeria, raccontaci dei tuoi inizi e come hai sviluppato questa passione per l’elettronica, la manipolazione del field recording, etc.? Sei in grado di plasmare il suono in maniera molto elastica ed originale, apportando forse elementi di riscoperta poco esplorati; ce ne vuoi parlare?

“13 anni fa quando studiavo al DAMS di Roma, tra i vari corsi c’era quello di arti elettroniche del prof. Marco Maria Gazzano, che mi aprì gli occhi (e le orecchie) all’idea “espansa” di audiovisivo. Mi ricordo che venne a farci lezione Alessandro Cipriani che con Maurizio Giri ai tempi pubblicava il primo volume di “Musica Elettronica e Sound Design”, comprai il libro senza avere la minima idea di cosa fosse Max/Msp. Lo tenni nel cassetto per anni finché a un certo punto iniziava ad avere senso consultarlo. Ho iniziato in cameretta con i primi rudimenti di Ableton, un registratore portatile e un synth Roland di seconda mano, poi al conservatorio ritmico di Copenaghen dove ho conosciuto musicistɜ eccezionali da varie parti d’Europa.”

Discipline of the Slow (2021, Flaming Pines) ha la forma di un’improvvisazione libera manipolata, in collaborazione con Dimos Vryzas, al violino ed effetti. Il suono risulta caotico e con momenti di estemporaneo barocchismo, un disco viscerale e più diretto. Parlaci di come nasce questa collaborazione e di questo studio che “rifugge da se stesso”.

“Ho passato 3 mesi ad Atene nel 2020. Tramite amicizie in comune ho conosciuto Dimos Vryzas che mi ha proposto di registrare nel suo studio. Discipline è estratto da una sessione di improvvisazione libera, non è stato né editato né manipolato a posteriori. Il suono complessivo è piuttosto organico perché Dimos utilizza una loop station e una catena di effetti che registra dall’amplificatore, quindi c’è una parte elettronica analogica da parte sua e digitale da parte mia, che in quel caso utilizzavo i miei primi codici in Supercollider insieme a un granulatore di Max4Live. Mi piace suonare con Dimos perché riesce sempre a creare delle sequenze emotivamente coinvolgenti che insieme ai miei suoni sintetici risultano stranianti, a tratti avvolgenti ma anche ossessive.”

Valeria & Dimos

Valeria Miracapillo e Dimos Vryzas. Foto di Susana Nunes.

La tua ultima uscita Fiction, per Ambient Noise Sessions, si muove tra un mondo di forme naturali dilatate simile a quello del primo Franco Battiato; un background potrebbe essere Clic o M.elle le Gladiator, tra il futurismo di forme astratte e i field recording in chiesa. C’è comunque un valore aggiunto apportato dalla tua firma e dalle moderne tecnologie che utilizzi. Come nasce quindi il tuo lavoro e quali sono i riferimenti?

“Forse nel mio caso si può parlare di archivio: nel tempo accumulo materiale che spazia dal field recording alle registrazioni di strumentisti con cui mi capita di lavorare e da quella materia prima, tramite sintesi o DSP, assemblo strumenti digitali da utilizzare in live electronics oppure blocchi di suono da inserire nella composizione come elementi narrativi. Fiction in principio era IX, che rimanda al numero 9 romano e invece sono le iniziali di Iannis Xenakis. Avevo intitolato così un lavoro prodotto per un esame di composizione. Quando Devid Ciampalini ha sentito la demo mi ha proposto di pubblicarla e da lì è iniziata la fase di montaggio e produzione del materiale. Nella sua forma primigenia era un’unica traccia di 15 minuti che passava da glissandi insistenti (alla Metastaseis) a sequenze spezzate e ritmiche (che ora si trovano nella seconda parte di Roma e Remoria). Il materiale di partenza erano per lo più archi, cello e contrabbasso, sia pizzicati che suonati con arco. Con quei suoni stavo affrontando uno studio sulla granulazione molto basilare in Supercollider, che ha fornito lo scheletro sintetico di Fiction. Con l’apporto semantico del field recording prende vita un lavoro molto diverso dall’esercizio formale che era all’inizio.”

Fiction è stato prodotto tra Roma e Copenaghen, con in più riferimenti alla leggenda sulla fondazione della capitale d’Italia. La release ha per l’appunto un andamento centrifugo, ma ogni pezzo, molto elaborato è autoconclusivo, un’istanza separata dalle altre. In pratica, il tema del viaggio è presente ma volta per volta c’è lucidità, sono chiari gli obiettivi. Condividi dal tuo punto di vista quanto detto? Parlaci dei riferimenti.

“In quei giorni leggevo Ghosts of my Life di Fisher e Remoria di Valerio Mattioli, mentre ero in residenza all’Istituto Danese, che si trova in centro, vicino Villa Borghese, non esattamente il mio habitat. A disagio nella città quadrata di Romolo, andavo spesso verso il GRA che per Mattioli, nella sua affascinante speculazione al riguardo, è il momento e luogo fondativo della borgata-sfera, la città di Remo. Nel libro poi seguendo la suggestione di tale dicotomia, Mattioli passa in rassegna le sottoculture legate alla città. C’è da dire che mancavo da Roma da circa 8 anni e quindi ero facilmente affetta da nostalgia e riscoperta. Il field recording è registrato dall’ambiente circostante. C’era questo mulo al di là della staccionata del giardino dell’Istituto, così ho registrato i caratteristici versi del mulo che diventano parte del coro animale in Roma e Remoria. Altre tracce contengono passeggiate con annessi fruscii dei microfoni, i canti dei vespri nella chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino. Di solito queste registrazioni le conservo nell’hard disk e diventano archivio per lavori futuri, invece stavolta hanno funzionato da presa diretta, seguendo il filo delle mie letture in relazione ai luoghi che ri-esploravo in quei giorni.”

Valeria Miracapillo

Valeria Miracapillo. Foto di George Chiper Lillemark.

Un modo di suonare granulare ti caratterizza, ma anche una certa eleganza emanata da momenti più barocchi e rarefatti, come in Coda; sembra che si voglia dilatare la release, esprimendo tutto il potenziale esprimibile frutto delle tue esigenze creative, ovvero un modo di dare completezza alle emozioni. Condividi questo punto di vista? 

“Sì, Coda è decisamente una coda, quindi riprende l’inizio, dilatando il materiale, nel senso letterale di “stretcharlo”. Per me Fiction non è così completo e concluso, sicuramente le tracce si aprono e si chiudono formalmente, però a livello emozionale è un viaggio sospeso. Credo incida il fatto che sia la mia prima pubblicazione da solista e quindi solo l’inizio di un discorso che mi preme portare avanti. Ora sto lavorando ad espandere il materiale con parti più esplosive per il live e credo che questo processo mi porterà a concludere il percorso di Fiction aprendo la strada al prossimo. Non sono mai riuscita a capire un lavoro prima di farlo e nemmeno durante la produzione. Però alla fine ha sempre senso e si colloca in un continuum che navigo senza troppa consapevolezza, mantenendo quel mistero indispensabile alla creazione. Difficile dire dove inizia e finisce qualcosa. Sarà per questo che ho apprezzato molto la fase di stampa che mi ha permesso di toccare l’oggetto in grado di testimoniare questo viaggio. All’inizio doveva essere una release solo digitale ma considerando il lavoro grafico che c’è dietro ho voluto stampare 30 copie in cassetta con 30 diversi output per lo stesso soggetto. Sono molto grata a Domenico Villani e Jacopo Buono che hanno lavorato alla veste grafica.”

Parlaci delle prossime novità a livello di live. Per caso ci sono prossime collaborazioni o stai già raccogliendo nuove idee per il prossimo lavoro?

“In questi mesi sto lavorando ad alcuni cortometraggi, sempre legati all’archivio e alla video arte e una performance radiofonica per il premio Lucia di Radio Papesse. In primavera è uscito il mio primo film da co-autrice con Davide Minotti, realizzato all’Archivio del Movimento Operaio e Democratico. Un lavoro a cui sono molto affezionata perché oltre a segnare il mio ritorno in Italia e l’inizio della collaborazione con Davide, si riconcilia con gli inizi al Dams e in particolare proprio quel corso di arti elettroniche del prof. Gazzano. Il film in questione rimanda sicuramente alla video arte ma siamo contenti di ricevere proposte da festival europei non per forza legati alla sperimentazione, indice del valore non solo formale dell’opera ma anche e soprattutto tematico ed emozionale. Sono entusiasta di aver conosciuto di recente alcune autrici e autori giovani e con grande personalità con cui sto avendo la fortuna di collaborare. In questa fase ho lasciato un po’ indietro la programmazione dei live, me ne occuperò in autunno.”

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