Intervista a Pietro Michi – organismi dal mondo post-internet
di Giovanni Panetta
Intervista a Pietro Michi su Organica, disco pubblicato per Pampsychia, e l'etichetta Biodiversità, tra post-internet e tema della natura.
Organica

Cover di Organica. Grafica di Riccardo Redeghieri.

Pietro Michi è un ricercatore sonoro di Firenze legato al tema della natura, con riferimenti evidenti al genere post-internet. Dopo i primi esperimenti noise produce una serie di lavori digitali o in parte analogici da solo o con altri artisti, sia a nome FossaDelRumore che P I T, oltre alla collaborazione con il padre di nome Francesco, anch’esso musicista, nel lavoro Poesie Eugrughe, uscito per Canti Magnetici; inoltre Pietro ha fondato e porta avanti l’etichetta Biodiversità, un progetto importante nell’excursus del genere post-internet in Italia, permeato dal tema ecologico o ambientale in maniere e modi sempre diversi. In solo e con il nome all’anagrafe viene pubblicato Organica per Pampsychia, di cui lo stesso Riccardo Patrone, owner della suddetta label, si occuperà del master; il disco si armonizza perfettamente con le altre uscite pubblicate per l’etichetta lombarda e, a detta di Michi, tale suono è incentrato su “micro-suoni, favole, colori, ma anche creature”, dando vita ad una impostazione meno da club (genere di partenza per l’associata poetica) e più ludica per un pubblico più ampio, giocando con ironia ed elasticità che caratterizzano la gran parte del movimento internet 2.0.

Pietro Michi

Pietro Michi. Foto di Francesco Pellegrino.

Di seguito l’intervista a Pietro su passato, presente e futuro.

Biodiversità Records è la label che porti avanti dal 2017, in cui si riflettono i tuoi studi nelle discipline ambientali e naturali, con i suoi temi ed ambientazioni. Parlaci di quali sono stati gli stimoli o i motivi nel combinare musica con il tema della natura.

Biodiversità nasce dopo un mio lungo percorso, sia all’interno delle discipline biologiche sia di quelle artistiche e sonore. La risultante è un’etichetta che racchiude più sfaccettature (come spesso succede nelle realtà indipendenti): produzione musicale, grafiche, eventi, testi scritti, socialità e altro, principalmente facendo incontrare il bios con il suono.
Mi rendo conto che è una risposta vaga, ma più il tempo passa più penso che sia necessario smarginare. I metodi di Biodiversità non sono quasi mai analitici, o forzatamente collegati alle pratiche naturaliste o scientifiche. L’ispirazione data dal bios è completamente aperta, non si tratta di attaccare dei synth a dei funghi, il discorso è molto più ampio, anche se ovviamente alcuni lavori toccano degli aspetti legati a tali pratiche.
Sostanzialmente il nome del progetto è esplicativo, “Biodiversità”, una commistione di elementi. Dare la stessa importanza ai microrganismi come ai macro, in quanto le sfaccettature sono moltissime quando si parla di sistemi complessi.

Parlando del tuo disco intitolato Asteroids Bring New Life Forms, a nome di P I T, esso è incentrato su un sound techno eterodosso, in cui vi è la costante di una maggiore continuità e minore nettezza tra pattern sonori facilmenti distinguibili tra loro. Il focus della release sembra essere non per caso fortuito la biologia, in cui l’organicità facilmente individuabile in tutto il disco riflette facilmente o inconsciamente all’ascoltatore forme di vita in movimento. Parlaci dell’oggetto dell’uscita e in che modo è correlata con Biodiversità Records.

“Asteroids Bring New Life Forms”, come altri progetti che ho realizzato a nome P I T, rappresenta una di quelle sfaccettature sopra citate che vanno a comporre il corpo di Biodiversità: la digitalizzazione del bios. Un altro progetto sempre sul tema è Biosphere, una trasmissione che è andata in onda su Fango Radio per qualche anno, in cui con dei mixati si cercava di raccontare delle missioni esplorative su pianeti nati nel mondo digitale. O anche The Island, una piccola esperienza digitale legata alle biosfere.
In questo EP nello specifico il focus è la nascita di un nuovo ecosistema digitale che prende forma dopo la collisione di un meteorite, che stava fluttuando nella rete, con un pianeta. A fronte di questa narrazione il lavoro si concretizza con un mix di sonorità evocative di vari generi musicali, electro, ambient, jungle, che piano piano delineano questa frenesia evolutiva.

Asteroids Bring New Life Forms

Uno dei fotogrammi del cortometraggio legato alla produzione di P I T (Pietro Michi) Asteroids Bring New Life Forms.

In concomitanza con Asteroids Bring New Life Forms, è stato realizzato in collaborazione con Most Dismal Swamp un cortometraggio in computer grafica, caratterizzato da forme psichedeliche e quasi aleatorie, che riflettono il suo concept naturalistico in senso lato. Tali scene simulano dettagli della natura in una forma artificiale, non direttamente ricalcando i suddetti elementi. Si potrebbe pensare ad un algoritmo che riproduce pattern di colori e forme in maniera algoritmica sequenzialmente, similmente ad una Random Walk, proprio come farebbe la natura con diversi o più parametri. Tu e i relativi collaboratori avete utilizzato un processo di creazione simile?

Il video in questione è stato realizzato tramite una serie multimediale chiamata “Ghostware”, creata grazie a Global URL Nation, ovvero un collettivo di artisti multidisciplinare, con il supporto di una label musicale open-source di nome Club Late Music. Un progetto che racconta di spiriti, creature, mondi virtuali, realizzata tramite una collaborazione di (almeno) un artista visuale e uno sonoro. In questo caso il lavoro è stato fatto con Xenoangel, che ha lavorato sul mio concept e l’audio, il quale era già stato delineato; il suo lavoro è stato molto tecnico, in linea con il suo immaginario ed ha reinventato delle forme e degli spazi partendo dalle suggestioni ricevute. Tutti i movimenti, le riprese e il resto del video sono stati realizzati da Xenoengel passo dopo passo! Il lavoro finale è stato poi rilasciato sul canale Vimeo di Most Dismal Swamp.

Uscita per Pampsychia, Organica, riflette perfettamente il suono della sua etichetta, attraverso glitch rotondi che ispirano forme multicolori. Parlaci delle intenzioni e del processo creativo dietro questo lavoro.

Organica nasce nel 2021 grazie a un compulsivo attacca e stacca di cavi sul mio piccolo sistema modulare. Cresce nei primi mesi del 2022, trovando una forma più evoluta, per poi passare alla sua fase “adulta” con l’uscita su Pampsychia. Le intenzioni del lavoro sono proprio quelle di creare un qualcosa di organico, in tutti i sensi. La fonte sonora è gestita da vari impulsi, lFO a cascata e randomizzazioni che vanno a incastrarsi su un tessuto più formalizzato di suoni pre-registrati. Il risultato finale è un dialogo unidirezionale da Organica all’ascoltatore, navigando tra ironia, paura e incomprensioni.
Pampsychia fa parte di quel movimento che adora i micro-suoni, le favole, i colori, ma anche le creature! Quindi un’esperienza come Organica può cascarci a pennello a mio avviso.

Come scritto anche nella descrizione su Bandcamp: “Organica doesn’t stem from a folkloric tale or human narrative. Instead, it manifests as an intricate entity, akin to an electric forest, where communication unfolds through sounds that hover on the edge of codifiability.

In Atto I di Organica i beat fumosi e liquidi diventano più massivi, realizzando un’idea di plasticità multicolore similmente all’artwork di Riccardo Redeghieri e degli altri suoi per la stessa Pampsychia. Ti chiederei come nasce il pezzo, ovvero quello che sa diversificarsi di più all’interno dell’album, e in più se hai avuto indicazioni dalla label di riferimento per la creazione del relativo sound.

La realizzazione dell’album è avvenuta prima di pensare a un etichetta di riferimento, anche se già da un po’ seguivo quella scena che orbita intorno alle sonorità vicine a Pampsychia. il progetto è realizzato per un tempo di 30 minuti di dialogo con Organica e suddiviso poi in tre atti che non hanno un forte connotato narrativo con una coerenza sonora. Atto I è infatti più una presentazione, in cui è possibile sentire quelli che sono i suoni caratteristici dell’album.

Organica.

Edizioni fisiche in tape di Organica realizzate da Allegra Bertazzi. Foto di Noemi Sorze e set di Chiara Talacci.

Atto II è contrassegnata da un bordone monotòno che ricopre gran parte della traccia, in cui i suoni di contorno sembrano riprodurre zampilli di una piccola fontana in un giardino floreale, in cui la nota insistente potrebbe rappresentare una sensazione di meraviglia che viene vissuto in un istante sospeso. Potrebbe essere questa l’idea dietro questo elemento? Parlaci della genesi del pezzo.

Atto II è il momento di stasi in cui, dopo l’introduzione nei primi minuti, si ha la percezione che il tempo si dilati all’infinito. La realizzazione dei bordoni è infatti ottenuta con stiramenti estremi di clip audio dati in pasto ai synth. In mezzo a questa stasi si ha un continuo zampillìo di suoni che ovviamente non possono fermarsi neanche dinanzi a questi droni quasi new age, le cui frequenze cercano di indurre dei minuti di introspezione. Ovviamente un ipotetico sussulto è sempre dietro l’angolo.

In Atto III compare un gioco di opposti: suoni claustrofobici e più lirici si rincorrono e scorrono nel fluire della traccia, manipolando le due componenti stilistiche in maniera continua, organica e disordinata. Il pezzo termina con una chiusura più lirica, delineando l’equivalente sonoro di un lieto fine, rimarcando un’incisività maggiore per le successioni di pitch più consonanti. Parlaci di questo epilogo e di come avvengono le sue scelte stilistiche.

Atto III racchiude quei momenti che possono essere percepiti come paurosi, in cui si avverte un po’ di allarme in alcuni momenti. Ed è anche l’entrata in scena di alcuni field recordings che avevo in repertorio, e su cui ho lavorato mangiando bande intere con dei denoiser. Questo intrufolarsi di un mondo meno conosciuto ad Organica crea una situazione un po’ disorientante, che esce dalla confort zone di Atto II.
Il tutto è contraddistinto da un ovvio disordine, e gli impulsi autogenerati da Organica viaggiano insieme al disordine dei suoni registrati nei boschi toscani, senza neanche ambire ad un futuro allineamento. L’epilogo rappresenta a tutti gli effetti un good ending, per cui volevo che questa esperienza, già in parte inaccessibile e paurosa, fosse anche incomprensibile e ironica, facendo tirare all’ascoltatore un sospiro di sollievo.

Per concludere parlaci delle prossime novità a livello di etichetta e progetto solista.

Attualmente c’è qualche evento in zona Firenze, tra cui una collaborazione con Spazio Materia il 5 Aprile a Prato. Ho tirato su da poco una newsletter, che in realtà è più legata al lavoro con Biodiversità, anche se ci sarà spazio per altri contenuti che riguarderanno la mia attività artistica.
Poi sinceramente i progetti personali sono vaghi, tutti dispersi, come album incompleti, installazioni disegnate su dei quaderni. Attualmente punto a finire la tesi magistrale e poi chiarirmi le idee riguardo a cosa fare e quando. Intanto ho un mini-album che sta ancora cercando un’etichetta che lo voglia accogliere. Per quanto riguarda Biodiversità, è in arrivo una nuova cassetta e una call per un progetto su cui ho rimuginato in queste settimane.

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