IL POST-PUNK LISERGICO DI ENZO NOTORIO
di Giovanni Panetta
Intervista al cantante e chitarrista tarantino sulla demo (but we).
but we

Artwork della demo (but we).

Il presente/futuro del rock alternativo a Taranto offre sempre tante sorprese. Questa volta parliamo di una demo di Enzo Notorio, (but we), dalle sonorità interessanti, di un tocco post-punk ma lisergico allo stesso tempo, e che vogliamo diffondere al pubblico di Nikilzine. Il lavoro, registrato nel suo complesso nella prima metà dello scorso decennio, e masterizzato grazie all’apporto di Martin Bowes (Attrition, Pigface), in quale fu interessato alla musica del chitarrista/cantante tarantino. Enzo Notorio è stato un volto noto nel capoluogo ionico grazie ai suoi Relevator Eye, un trio noise che faceva uso di una drum machine, attivo tra il 1990 e il ’92 e che ha condiviso il palco con Uzeda, Kina, Gronge e Not Moving, mentre con Stefano Giaccone dei Franti doveva essere pubblicata un disco di una loro collaborazione (un nostro articolo approfondisce l’argomento Relevator Eye).
In più Enzo non ha mai smesso di suonare e continua a scrivere musica; molti dei suoi pezzi, più diverse cover, sono rintracciabili nei suoi canali Youtube.
La demo (but we), completamente suonata da Notorio (con l’eccezione della penultima traccia, in cui collabora Luca Di Mira, ora tastierista nei Giardini Di Mirò e precedentemente chitarrista nei Relevator Eye), propone sonorità new wave/post-punk in salsa tutta lo-fi, e per questo motivo viene ostentata una certa sporcizia/lucentezza naïf che lo fa brillare di luce propria, a prescindere se ci sarà un corrispondente lavoro in studio, e speriamo che sia così visto il potenziale della demo.
In ogni modo abbiamo parlato in maniera più dettagliata della demo direttamente con Enzo, al quale abbiamo rivolto delle domande. Sentiamo quindi cosa ha da dirci.

Allora Enzo, raccontaci dello sviluppo e del contesto di questa demo. Sei riuscito a far masterizzare (but we) da Martin Bowes; ce ne vuoi parlare?

Enzo Notorio: “Ciao Giovanni. La masterizzazione della mia demo da parte di Martin Bowes è avvenuta in maniera proprio casuale. Questo è successo nel 2015 dopo che lui aveva ascoltato alcuni brani che avevo messo alla sua attenzione. All’inizio furono lavorati due brani – But We e The Last One. Ascoltando il risultato fui abbastanza soddisfatto, considerando che questi brani che avevo registrato qualche anno prima da solo e a casa, non avevano le singole tracce sulle quali poter intervenire. Erano brani già finiti e che tenevo per me, una sorta di promemoria musicale che mi ero costruito in un periodo dove avevo accumulato delle idee artistiche. Successivamente chiesi a Martin di poter effettuare lo stesso lavoro su altri brani che avevo in archivio. Martin ne fu entusiasta e quindi procedemmo al lavoro che nasceva soltanto come un’opera casalinga e personale”.

Enzo Notorio

Foto di Enzo Notorio.

Il suono della demo è propriamente post-punk, rimanda ai Joy Division (e non a caso compare una loro cover, ovvero New Dawn Fades) o al sound della Contempo. But We o Hellorwell sembrano essere delle hit incalzanti in quel senso, decadenti nel loro contesto; in certi casi ci sono delle intuizioni da analizzare in maniera isolata, come se brillassero di luce propria. Hai potuto esprimere il tuo potenziale tramite quell’utilizzo interessante delle sovraincisioni. Quali sono stati i tuoi effettivi punti di riferimento?

Enzo Notorio: “In quel periodo ero abbastanza invasato da un certo neo folk/martial che probabilmente volevo sviluppare ma che poi ha fatto i conti con il mio background post punk. Quindi di neo folk c’è ben poco, il periodo di registrazione è compreso tra il il 2011 e il 2014, ed è emerso soltanto il sound che ho sempre apprezzato. Sicuramente avendo registrato gli strumenti e i samples da solo ho cercato di rendere più eterogeneo possibile il lavoro. Questo è quello che ho cercato di fare perché quando sei l’unico strumentista e interprete della musica che pensi puoi cadere facilmente nel ripetitivo e monotono. Non so se sono riuscito a esprimere qualcosa di vario ma ci ho provato. Il brano But We è stato registrato con quattro incisioni di chitarra con lo stesso tema e sfasate di qualche battuta una dall’altra, il risultato mi è piaciuto perché è difficile distinguerle singolarmente, per questo brano mi sono in parte ispirato a certi brani dei CAN, NEU e di altri del rock tedesco anni ’70. Ovviamente il risultato è completamente diverso dall’idea iniziale. Nel brano Disco Dansia ho registrato tre chitarre che si intersecano tra loro ad un volume minimo per esaltare la linea di basso e le voci che ho mescolato in stereo con delle frasi sussurrate ad un volume più sostenuto. Si tratta di brani, come del resto Hellorwell – testo che ho estrapolato da un passo di Mexico City Blues di Kerouac – decadenti ma che ho cercato di dare ritmo incalzante. Anche A.M. (American Madhouse) ha il testo che è liberamente tratto da un passaggio di quella letteratura della “beat generation”. Per quanto riguarda il tributo ai Joy Division era una cosa che volevo fare da anni in versione quasi acustica, poi il risultato è stato elettrificato e reso più granitico. I miei punti di riferimenti sono a 360°, tutte le scene musicali che ho seguito; in questo periodo sono influenzato da certo pop che mi piacerebbe coniugare con del rumorismo elettronico e chitarristico. Sto cercando di mettere in piedi un’orchestrina individuale e dotarmi di strumenti di registrazione semplici ed efficaci per poter iniziare a sviluppare queste idee”.

Il tocco di Bowes lo si sente nel mettere mano su un materiale del tutto lo-fi; gran parte del lavoro è suonato da te, quindi ci sono molte sovraincisioni, e lui ha lavorato nel senso della pulizia del suono. So che lui sa molto bene districarsi in questo, vedasi i lavori di harsh noise di Merzbow. I pezzi hanno del potenziale compositivo, e sicuramente quest’ultimo è più chiaro grazie alla mano del membro degli Attrition. Quanto è stato per te essenziale il suo contributo?

Enzo Notorio: “Penso che a proposito il suo contributo sarebbe stato molto più efficace se avessi avuto le singole tracce da masterizzare. Il suo intervento è stato limitato a rendere il suono dei brani più brillante e presente. In ogni caso se ci sarà altro mio materiale da masterizzare si sentirà molto di più il suo lavoro perché ci sarà la disamina di ogni singola traccia. Comunque il suo intervento è stato per me prezioso per dare una start up ad eventuali prossimi lavori e perché ho potuto usufruire della sua esperienza, essendo un artista che ammiro da decenni”.

Enzo Notorio.

Foto di Enzo Notorio ai tempi dei Relevator Eye (1990).

In molti pezzi con testo in italiano si sperimenta molto: in Fuori sembra esserci un flusso di coscienza attraverso delle parole che si ripetono e che riflettono un quotidiano decadente; mentre in Il Contrario Di Niente c’è una certa naïveté per quanto concerne il processo creativo, in cui la tua voce si sdoppia, artificialmente di diversa estensione vocale. Ti sei sentito più a tuo agio con questi pezzi? Pensi che in questo caso, evadendo (diciamo così) dall’inglese, l’italiano rappresenti un modo di esprimersi più naïf?

Enzo Notorio: “Ho sempre preferito usare la mia lingua madre, l’italiano alla lingua inglese. Questa è una scelta che già in passato cercavo di fare insistentemente, anche nei gruppi ai quali ho partecipato. Spesso però la scelta di una lingua straniera , in particolare l’inglese, è la soluzione più immediata perché sono proprio le battute delle sillabe più efficaci e d’impatto. Sicuramente per il prossimo futuro userò esclusivamente la lingua italiana perché secondo me questi due brani che hai citato hanno una formula abbastanza originale, dal mio punto di vista, per poter sposare l’italiano con un sound elettrico e a volte anche venato di rumore. Sono brani ossessivi e claustrofobici che possono essere raccontati benissimo in italiano. La lingua italiana è molto articolata e poco incline a certe sonorità ma con la giusta sintesi e idea si possono avere dei buoni spunti vocali e narrativi senza scimmiottare altre voci italiane”.

Sound Out Now si avvale del contributo di Luca Di Mira, tastierista nei Giardini Di Mirò e precedentemente nei tuoi Relevator Eye. Non è un caso che il pezzo abbia un delicato e malinconico tocco post-rock. Come nasce questa vostra collaborazione tra voi due?

Enzo Notorio: “Luca aveva questo brano da anni già quasi pronto, la nostra collaborazione non è mai finita perché anche in passato ho registrato delle voci per cose sue soliste. Ovviamente si tratta di registrazioni che sono rimaste fra noi a titolo di amicizia”.

Come ultima domanda vorrei sapere se, visto il potenziale della demo, questi pezzi avranno in seguito un futuro.

Enzo Notorio: “Nel futuro potrei avere altri brani nuovi. Per quanto riguarda questa demo il prodotto nasce puramente a titolo personale. Considerando che ci sono sovraincisioni e che suono tutti gli strumenti e effetti, sarebbe per me quasi impossibile riprodurli dal vivo. La demo è stata diffusa tra i miei amici e tra qualche artista di mia conoscenza, non cercando una distribuzione vera e propria”.

Link ai canali youtube di Enzo Notorio, dove potrete trovare pezzi originali (in solo o degli Relevator Eye) e cover: qui e qui.

Potete scaricare la demo da questo link.

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