
Disegno di Gianlorenzo Nardi.
Hvergelmir Records è un’etichetta gestita da Gianlorenzo Nardi e Lucia Sole, legata a sonorità scrause e improvvisate in maniera creativa e spontanea, in cui è viva una evidente componente di psichedelìa di matrice anni ’60 e in parte ’90. Nella mitologia norrena, Hvergelmir è una sorgente di fiumi preesistente alla creazione della Terra, situata in Niflheim, il Reame della Nebbia, spesso sinonimo di Hel, ovvero il Regno dei Morti nella tradizione nordica; un nome che vorrebbe etichettare la creatività caotica e istintiva dei progetti che i due owner promuovono attraverso l’etichetta menzionata.
L’ultima uscita della label a nome di Lac Observation è intitolata Gravity Whispers, che combina elementi di psych pop con sperimentazione ambientale e rumorista, in cui è emblematica Angel Ore, summa del disco e dall’impostazione austera e cinematic. Dietro Lac Observation si cela ancora la mente creativa di Gianlorenzo Nardi, che intervistammo qui per l’occasione della pubblicazione di Liquid Splinters Say Goodbye a nome del progetto menzionato.
Parliamo dell’origine della Hvergelmir Records e delle ultime uscite con Gianlorenzo Nardi.
Cominciamo dalle origini della vostra Hvergelmir Records; come nasce la suddetta etichetta, la quale esplora generi come lo psych, il lo-fi e la free improvisation, e con quali sono i relativi interessi, personali e non?
“Nel novembre del 2019 andai a Bruxelles per registrare “Rivers and Pillars, the Hart, and All Mountains Are Walking”, il primo album di Lac Observation, col buon Valentin Noiret (fondatore dell’etichetta Grammaire Vacante e agente psichedelico negli Arlette). A inizio 2021 (e un EP dopo), ero d’accordo con Manu di MyOwnPrivateRecords (e del Fanfulla a Roma) per farlo uscire in cassetta, ma io ormai abitavo in Belgio, e volendo farne delle cassette da portare in giro, me ne uscii col nome Hvergelmir, che, secondo la mitologia norrena, è una fonte ai piedi dell’albero del mondo Yggdrasil, dalla quale sgorgano tutti i fiumi terrestri e inferi. Mi sembrava un ottimo psicoluogo da cui far provenire quell’album. Mesi dopo conobbi Lucia (La Festa delle Rane), e decidemmo di farne un progetto “reale”, pubblicando sia le nostre produzioni casalinghe, sia poco a poco quelle di amici e conoscenti che apprezzavamo. Lucia è anche la creatrice del pazzo sito dell’etichetta, che è parecchio indietro con gli aggiornamenti, cosa a cui speriamo di rimediare presto.”
Nella prima uscita della Hvergelmir Records, ovvero Rivers and Pillars, the Hart, and All Mountains Are Walking, i tuoi Lac Observation sono ancora legati ad un suono meno caotico, in cui si sente l’influenza maggiore della Italian Occult Psychedelia per quanto riguarda pezzi come Green Vision o Lac Manicouagan, per poi passare per tutto il resto alla familiarità di uno dei tuoi principali punti di riferimento culturale, ovvero Robert Ellsworth Pollard Jr., leader dai mille ruoli nei Guided by Voices di Dayton, Ohio; Bob Pollard, sebbene sia una figura legata ad un genere più tradizionale (aldilà della musica, di per sé molto peculiare nel contesto, almeno fino a Bee Thousand), era una figura a suo modo iconica e lunatica in perfetta sintonia con il mondo weird del DIY europeo; perditempo, sognatore, strambo professore scolastico di matematica e provetto lanciatore di baseball, i suoi album possono apparire in tutto e per tutto influenzati anche dall’avanguardia, in particolare da John Cage (in particolar modo per quanto riguarda l’album dei GBV Self-Inflicted Aerial Nostalgia), oltre che da The Beatles e il resto della British Invasion da una parte, e The Shaggs, Daniel Johnston, Beat Happening, primi Sebadoh dall’altra. I Lac Observation devono molto al loro ispiratore statunitense, sebbene ne assumono una forma propriamente da suono orchestrale e barocca, probabilmente maggiormente in sintonia con il sound europeo. Parlaci della figura di Pollard come riferimento nelle tue produzioni e come sei arrivato ad esplorare la sua musica e ad esserne particolarmente legato.
“Mi fa piacere che tu abbia nominato Self Inflicted, che è uno dei dischi dei GBV che amo di più, nonostante non sia tra i più conosciuti. Pollard è, come hai giustamente postulato, uno degli artisti più influenti per me. È una persona dalla mente stellare, che ha creato un vastissimo universo di canzoni, collage, album, band fittizie e personaggi, all’interno del quale si può vivere e navigare, perdersi anche (ogni tanto devo prendermi la mia “pausa da Pollard”, o impazzisco). All’inizio dei miei vent’anni ero in una fase in cui ascoltavo moltissimo pop/rock sperimentale anni ‘60 (in quegli anni uscì il cofanetto The Smile Sessions dei Beach Boys), e indie rock lo-fi. Il mio amico Andrea Catenaro (The Jacqueries, Laago!) mi disse che i Guided by Voices erano la sintesi di quelle due cose; quando li ascoltai entrai nel vortice e non ne uscii più. Erano anche gli anni in cui cominciavo a strimpellare la chitarra, quindi per forza di cose sono entrati nel mio “DNA compositivo”, insieme ai Beach Boys, e a vari gruppi del collettivo Elephant 6, soprattutto The Olivia Tremor Control e Neutral Milk Hotel.
“Francamente mi risulta difficile immaginare un album come Self-Inflicted, e i GBV in generale, come influenzati dall’avanguardia di John Cage, come è invece vero per Will Cullen Hart (The Olivia Tremor Control, Circulatory System), che è per me il più brillante lume nel mondo della produzione musicale. Potrò sbagliarmi, ma la sperimentazione in Pollard la collego più a una sua inebriata e isolata follia personale, la stessa che lo porta a comporre innumerevoli collage di immagini e parole. Entrambi vivevano in degli ambienti piuttosto ostili alla divergenza più o meno durante lo stesso periodo, ma mentre W. C. Hart lo si può paragonare a un beatnik lisergico, Pollard rimane un jock, anche nella sua follia. Entrambi sono stati sicuramente dei catalizzatori psichedelici per la scena che avevano attorno, e dei maghi. Per citare William S. Burroughs, “It is to be remembered that all art is magical in origin – music, sculpture, writing, painting – and by magical I mean intended to produce very definite results. Paintings were originally formulae to make what is painted happen”. Certi lavori di Pollard e di Hart, considerati in tutti i loro ingredienti (parole, musica, produzione sonora, titolo, posto nell’album…), sono incantesimi a tutti gli effetti. Il loro ascolto genera reazioni all’interno del fruitore, collega elementi che da solo non riusciva a collegare, o non sapeva essere collegati, rende possibili viaggi mentali al di là della contingenza e del linguaggio comune. Gli artisti che riescono a realizzare questo in me, sono quelli che più mi sono cari, perché per qualche attimo abbattono il velo della realtà, liberandoci dalla sua illusione. La mia speranza come artista è solo di continuare questo filone magico, anche con un contributo minimo. (Aggiornamento: Will Cullen Hart ci ha lasciati il 29 Novembre 2024).”
Parlando degli ultimi dischi, This Said, Poor Mailie Turn’d Her Head, an’ Closed Her Een Amang the Dead, disco del progetto Mousie, Thou Art Not Thy Lane, con Lucia Sole e Gianlorenzo Nardi (Gufo Mangiasale), appare come un suono “carillon-esco” per i pattern tintinnanti ed accoglienti, vagamente da camera tra cultura punk, noise e minimalismo più creativo. Vi è un tergiversare verso una psichedelia pop e barocca, liberamente manipolata secondo il concetto futurista di “brutto” in arte. Tale album è successivo al disco dei Lac Observation Liquid Splinters Say Goodbye, il quale si muove in una direzione totalmente differente nel segno di uno psych rock lo-fi più incisivo; come avviene questo salto di poetica?
“La differenza principale è che Mousie è un progetto di Lucia, dove le canzoni le scrive e le arrangia lei, e io mi limito a suonare alcuni strumenti e a dare una mano con la registrazione. Lucia, come si vede anche nella sua altra entità La Festa delle Rane, ha uno stile più minimale e delicato, carillonesco come l’hai giustamente definito, rispetto al mio. Entrambi siamo molto legati alla musica della seconda metà degli anni ‘60, soprattutto il folk e il pop psichedelico, ma Lucia riesce forse a canalizzarla in qualcosa di ancora più personale e particolare. Le manipolazioni di nastri e i richiami alla psichedelia non li accosterei tanto al futurismo o a una filosofia artistica, quanto a un movimento per la costruzione di un mondo, un ambientazione musicale all’interno della quale ci si muove. D’altra parte, se invece si fa attenzione ai testi di Lucia, sia quelli in inglese di Mouise, sia quelli in italiano de La Festa delle Rane, si vedrà che, in contrasto con la musica, sono parecchio duri e crudi.”
The Little Brainwash Simulation è un disco di suonato da Purp in cui vi è il tuo apporto, caratterizzato da una psichedelia lo-fi à la Guided By Voices dalle atmosfere più riverberate e testi esoterici provenienti da meme trovati su internet. Aldilà del suono psichedelico, ci sono ulteriori aspetti aggiuntivi tra cui, oltre all’inquietudine di fondo che permea il suono del disco, anche altri elementi musicali più specifici, ad esempio Ladybug’s Ballata, nell’ottica di una ballata grunge più omogenea, con hook meno incisivi. Come è avvenuta questa collaborazione con Purp, e quali sono stati gli elementi cardini?
“The Little Brainwash Simulation è uscito quasi un anno dopo The Angelic Simulation, l’album di Purp che registrai in casa su 4 piste, ma in verità risale a due anni prima; Leonardo (Purp) si era perso tra vari rifacimenti e ri-registrazioni. L’uscita di Angelic lo motivò a trovare una versione definitiva di questo disco “perduto”. I pezzi sono gli stessi, ma registrati da Leonardo in casa sua; io suono il sax su un pezzo e Bobby Chombo appare su Ladybug. Alla fine il disco risulta parecchio diverso da Angelic. Purp è un vero rocker esoterico, ascolta un sacco di noise-rock e post-punk oscuro che non conoscevo, ma li intreccia con una conoscenza letteraria e filosofica non da poco. Alla fine credo che l’elemento cardine della nostra collaborazione su questo disco siano state le lunghissime telefonate in cui tessevamo flussi di coscienza psichedelici che poi hanno ispirato la stesura della descrizione delirante che figura su Bandcamp. A ripensarci avremmo dovuto registrarle e farne dei collage Burroughsiani. Per me alcune descrizioni di album, o i libretti contenuti nei supporti fisici, sono importantissime e costituiscono parte integrante dell’opera musicale ampliandone l’immaginario. Al di là di Purp, in quest’ottica mi vengono in mente gli stupendi lavori grafico-artistici di Will Cullen Hart (Olivia Tremor Control, Circulatory System), Phil Elverum (The Microphones, Mount Eerie), dei Neutral Milk Hotel e di Nesey Gallons (Elephant 6).”
La vostra side dello split Lac Observation/Videorancoder è nell’ottica di sonorità soft e psichedeliche, in cui ogni sfumatura sembra derivare da un concetto sempre diverso. Splinter in the Mind’s Eye (Fare Forward Fafnir), Woelv Wyvern and Wail e Beyond the Calico Wall sono ancora una volta pienamente ispirati dai Guided by Voices, e non mancano pezzi all’insegna della eterodossia creativa come Mizutani (riff al synth con una vaga struttura). Pezzi che si combinano con il tappeto caotico, di cattivo gusto con classe, di Videorancoder, con cui si offre un interessante contrasto. Parlaci dell’omaggio più evidente al progetto di Robert Pollard e della collaborazione con Videorancoder.
“Il lato dello split di Lac Observation ha origini estremamente disomogenee. “Splinter…” è una canzone scritta nel 2019, la registrammo con Gildas Bouchaud degli Arlette a Bruxelles, una versione “full band” sarà presente nel prossimo album di Lac Observation, “A City of Gandharvas”. “Woelv…” è una registrazione che feci di getto al telefono nel 2016, dopo la morte di Geneviève Castrée, una musicista e fumettista canadese che apprezzo moltissimo. La ritrovai e completai nel 2022. “Mizutani” è una cover di “Night of the Assassins” dei Les Rallizes Dénudés che feci al pianoforte (scordato), digitalizzata riproducendo la cassetta al contrario. “Beyond the Calico Wall” la scrissi invece nei giorni in cui Wilson (Videorancorder) mi propose lo split, la registrai sul 4 tracce appena scritta. Credo che ne comparirà una versione aggiornata su “Back to the Thrilling Wake”, tra tre album di Lac (ho un po’ di lavoro accumulato). Dunque gli omaggi non sono a Pollard ma a G. Castrée, ai Rallizes, e ai due vagabondi uomini incontrati dietro Stazione Termini con cui ho passato una serata che ha ispirato “Beyond the Calico Wall”.”
Croix du Sud è un’improvvisazione caratterizzata da una profondità prospettica spaziale. In questa mezz’ora rumori notturni si estendono secondo una struttura sottesa minimale, quasi monotona, secondo paesaggi lisergici attraverso linee melodiche coinvolgenti sebbene più aleatorie. Come è avvenuta tale improvvisazione nel vincolo di una più evidente organicità?
“Nel 2017 Hugo Sanchez della Pescheria (un luogo benedetto nel quartiere romano di Certosa dove ha origine il collettivo Tropicantesimo) chiese a me e Julie Normal (Accident du Travail, Cradle of Smurf, Les Mexiques de l’Univers…) di fare un concerto d’improvvisazione per Ondes Martenot (lo strumento di Julie) e un organo che si trovava in Pescheria. Io non sono assolutamente un tastierista, quindi ero piuttosto spaventato, ma credo che musicalmente ci capimmo, essendo amici e suonando già insieme nei Les Mexiques de l’Univers, e uscì un bel lavoro. A un certo punto suonai i bassi dell’organo coi piedi e la sega col resto del corpo, ahah. L’organo morì poco dopo, spero di non aver contribuito alla sua dipartita.”
Reullo, con Lucia Sole, Gufo Mangiasale e Mario Gabola è una libera improvvisazione nel nome del silenzio. Suoni come rumori occasionali che irrompono nel quotidiano, come luce che filtra timidamente da una finestra semichiusa, partendo ogni volta da un inizio che potrebbe essere una fine, in cui la parte intitolata Mal’Acqua e Mala Genta realizza al meglio tale concetto attraverso un’espressiva ariosità. Parlaci di questa uscita e di un probabile modello o totem in questo rito metaforicamente magico.
“Tra il 2022 e il 2023 abbiamo vissuto per un anno in una casetta di tufo a Sopportico, una frazione di Sant’Agata de’ Goti in provincia di Benevento. Tra tutte le difficoltà del vivere in quella che era effettivamente una stalla parzialmente riconvertita, è stato un periodo magico. Uscivi dalla porta e vedevi solo cielo, montagne, alberi e case di pietra. Lì abbiamo registrato vari dischi di Hvergelmir (Mousie, Liquid Splinters, Angelic Simulation), e lì abbiamo passato vario tempo col nostro dirimpettaio Mario Gabola e la sua famiglia. Mario è un sassofonista con una lunga esperienza nel free jazz e nell’improvvisazione (Aspect, A Spirale, Sonic Alliances…), e ha sviluppato tecniche sperimentali per il sax, come “prepararlo” con molle e barattoli per generare risonanze e rumori, una tecnica che si usa anche in Reullo. Inoltre, è il fondatore della Viande Records (https://vianderecords.bandcamp.com/). Il luogo dove l’abbiamo registrato, in un pomeriggio, è presente nell’essenza stessa dell’album: Sopportico è un luogo molto silenzioso, lontano da strade asfaltate, dove abitano meno di dieci persone in case sparse. I titoli stessi sono dei riferimenti alla nostra vita lì: Reullo è un lavatoio medievale sotto Sant’Agata dove spesso ci recavamo, il primo e il terzo pezzo sono un riferimento a Ghianda, un cane indipendente con sei dita che viveva nei dintorni, “mal’acqua e mala genta” è un detto su Dugenta, un paese vicino, non so se veritiero…”
Più recentemente è uscito per Hvergelmir il disco impro di En El Esticio Y 2 Improvs degli Arriba Rosario!, un progetto misterioso dai testi in spagnolo argentino. Un lavoro tra chitarre pop scampanellanti e latine e sfumature di idiosincrasie noise nell’attitudine. Analogie con i Faust vengono spontanee, in cui i ritmi scarni e asimmetrici offrono qualcosa di più diverso, in senso terrenamente geometrico. Gianlorenzo, parlaci di come hai conosciuto questo progetto, come è nata l’idea dell’album e come si è sviluppata fino alla sua realizzazione.
“Arriba Rosario è un misterioso artista argentino di appena 20 anni, che ha già pubblicato decine di album sotto vari pseudonimi (Tramontana, Mint Lover, Arriba Rosario!, Jimenito). Alcuni di questi lavori contengono centinaia di tracce. Non sappiamo come ci abbia trovati, ma ci contattò due volte mandandoci questo progetto, e un altro bel lavoro più midwest emo a nome Tramontana. Ci piacquero entrambi, ma quando ascoltammo “En el Esticio”, Lucia affermò “MA QUESTO È IL ROCK DEL FUTURO”, ed io fui d’accordo. Le comunicazioni con l’artista sono state piuttosto laconiche, non sappiamo nulla di lui oltre a quanto già detto. Misteri del rock…”
The Trees of Syntax è un duo formato da Gianlorenzo e Giacomo D’Attorre dei The Clever Square, formazione vicina alle sonorità tra pop, psichedelia e alternative rock americano. Quest’anno, 2024, pubblicano Anointed Protocol, disco folk-pop con delle influenze dalle Breeders, oppure più largamente dai secondi Velvet Underground. Un suono che vuole ispirarsi all’alternative pop anni ‘90 in maniera del tutto sincera e spontanea, con istanze strutturate ma con elementi istintivi. Come avvengono tali elementi e la forma pop più agrodolce?
“Trees of Syntax è uno di quei progetti che Robert Pollard defini’ di “postal rock”, rock postale. I Clever Square sono per me un lume ormai da tredici anni circa, e Giacomo è un amico da dieci anni. I loro dischi (il giovanile The Waiting Hours, l’ultimo Secret Alliance, e gli altri) mi hanno accompagnato per bar e boschi solitari e strade affollate per quasi metà della mia esistenza. Questo progetto inizia idealmente a Bruxelles nel 2020, quando mi ritrovai con alcuni pezzi strumentali a cui non riuscivo ad aggiungere un testo né una linea vocale. Cominciai a registrarli su 4 piste a cassetta con Quentin Chevalier (SIDA, Charlène Darling Groupe, Delacave) alla batteria, e li mandai a Giacomo. La faccenda è rimasta più o meno in stallo fino all’inizio del 2024, quando gli mandai anche la registrazione di un pezzo di Lac Observation di cui avevamo sbagliato la struttura (diventata poi il singolo Sympathy for Châtillon), e una demo ultra lo-fi al telefono ripassata su nastro (il primo dell’EP). A quel punto, Giacomo scrisse i testi e registrò tutte le parti nel giro di una settimana. Paf! Adoro come le sue tipiche melodie infinite si legano alle strumentali, che sono invece più angolari e sgangherate. Spero che riprenderemo presto le redini di questi alberi.”