Esplorazioni weird e psych pop: Lac Observation e La Festa Delle Rane
di Giovanni Panetta
Intervista a Lucia Sole e Gianlorenzo Nardi sul suono weird de La Festa Delle Rane e lo psych pop di Lac Observation.
Lac Observation

Cover di Liquid Splinters Say Goodbye. Titolo: “Landscape”, di Raniero Berardinelli, layout di Lucia Sole.

La psichedelìa ha ancora molto da dire infrangendo numerose barriere con un occhio, o orecchio, internazionale. Lac Observation è un progetto capitanato da Gianlorenzo Nardi in cui si fa mostra di un psych pop lo-fi e agrodolce, unendo matrice sperimentale e colta con attitudine ed influenze consonanti ed espressionistiche. In Lac Observation fa parte anche Lucia Sole, protagonista creativa de La Festa Delle Rane, progetto molto interessante nonché meravigliosamente originale; il sodalizio tra questi due vulcanici artisti ha portato ad interessanti realtà discografiche, in cui l’approccio creativo anche di questi tempi ha il suo fondamentale e necessario ruolo, nonché un’esigenza personale che istintivamente rifugge dalla generale ridondanza asettica di elementi tradizionali.

Di seguito abbiamo intervistato Lucia Sole e Gianlorenzo Nardi (Gufo Mangiasale) sui loro due rispettivi progetti più recenti e di cui presto ci saranno interessanti novità.

Cominciamo a parlare de La Festa Delle Rane. Il Lago è il Cielo del Bosco e Tutte le Rane Cantano in Coro (Ruego 2022) è un pop allucinato, composto da filastrocche dalla parvenza accogliente ma con alcuni tratti di cinismo o di assurdità e non-sense. Il lavoro appare come molto originale, sia musicalmente che a livello di contenuti testuali, in un certo senso non rispettando nessun modello musicale pre-esistente, inducente sensazioni nuove e dal mio punto di vista sorprendenti. Parlateci dei punti di riferimenti da altri artisti o band e/o non solo a livello di musica e contenuti.

Lucia: “La Festa delle Rane non va molto oltre le cose che è quando le scrivo. Mi è stato detto da mia mamma che anche quando ero molto piccola avevo questa maniera nascosta, scrivevo dei testi come dici tu cinici, a volte pieni di tristezza, ma io ero una bambina molto beata e spesso lo sono ancora. Questo per dire che la violenza, che è in tutte le cose che vedo, esiste e viene espressa: credo di essere una persona violenta nel mio modo di fare le canzoni. È difficile per me capire perché le cose accadano in un certo modo. Quando ho iniziato ascoltavo molti vecchi brani dello Zecchino d’Oro: quelli delle edizioni del passato sono pieni di stonature e registrati così e così; seguono delle narrazioni sospese, tutto si trasforma costantemente, ci sono le forme e ci sono i suoni. Nell’edizione del 1965 sono state cantate le mie tre canzoni preferite della rassegna: Serafino l’Uomo sul Filo parla di un uomo “come un fiocco di luna nel cielo” che è un po’ vivo e un po’ morto, un po’ esiste e un po’ no; La Tromba del Pagliaccio fa tanto piangere e descrive il ritrovamento di un oggetto senza padrone, vittima della trasformazione incessante di tutte le cose; infine Tre Civette sul Comò è un’allucinazione scintillante durata il riflesso di uno specchio su un muro. Tutte queste cose sono meravigliose e mi interessavano quando ho scritto “Storia di una Metamorfosi, Ovvero Quanto Non Mi Piace Essere un Umano”, ma mi interessavano nel senso che ne ero ossessionata (insieme a tutto quello che ha fatto succedere Sergio Endrigo in “Ci Vuole un Fiore” e “L’Arca di Noè”, che sono due vinili con cui mi hanno cresciuta). “Il Lago è il Cielo del Bosco e Tutte le Rane Cantano in Coro” si compone di un po’ di canzoni sparse, ritagli, e due ep che sono “Storia di una Metamorfosi blabla” e “Un Albero Bellissimo che Potrebbe Disegnare il Sole del Nord” (frase che doveva continuare con “…E io lo metterei niente di meno che nel forno”; è una frase che mi ha detto mio padre descrivendo un disco di blues-rock). Del primo ep ne parlavo prima ed è una roba tremenda, mi dovevo vivere dei momenti di gioia e gioire del dolore che avevo, penso che mi ricordi le registrazioni della “Classe de perfectionnement de Fère-en-Tardenois” per il modo in cui l’ho fatto. Anche il secondo è stato svelto e frettoloso, ma lo scrivevo di sera e silenziosamente; in quel periodo stavo leggendo il Kalevala e ne ero parte prima di dormire. Credo “Il Lago è il Cielo del Bosco” non sembri slegato e frammentato perché Ruego è un’etichetta di esseri sibilanti e viventi nel sulfureo e tutti noi volevamo raccontare una storia, come ci piace fare sempre.

“Dei suoni come cosa registrata a me non me ne frega(va) niente. Ho un rapporto fisico con gli strumenti e non so davvero cosa sia e cosa non sia giusto fare. Sono imbranata con i pedali e i microfoni e in quel periodo mi sembrano solo delle interfacce fastidiose, delle appendici inutili. Ultimamente rifletto un po’ di più, ma la materialità del suono, che può derivare da una scelta consapevole o della mancanza di mezzi, mi è sempre sembrata parte di una narrazione: questo è stato registrato così, con questi oggetti strani, il suono è quel momento. Del suono come flusso attivato da un gesto in interazione con qualcos’altro che sia il corpo, lo strumento o la stanza o queste cose insieme, mi interessa molto. Ma siccome le parole sono del tutto vuote e pretenziose e il mio modo di ascoltare deriva da altre esistenze: Enhet För Fri Musik (yeh muschio), Svitlana Nianio, Guy Klucevsek, Emmanuelle Parrenin, Klimperei, Natural Snow Buildings, Phil Elverum, Julian Koster, i Pearls Before Swine, Maher Shalal Hash Baz (che suono sempre con le amiche uvulari), Bruno Schleinstein (che sto ascoltando ora), Sigríður Níelsdóttir, la musica tradizionale laotiana, il vecchio folk irlandese, il rock, altre cose di cui credo scriverà Giallo. Tutte questo deve essere la festa delle rane.

“Penso che anche Klaus di Richard Short sia molto la Festa delle Rane (è molto melenso e pieno di animali) e che Ghirlanda di Mattotti sia il mondo davvero e mi piace la pasta al sugo.”

Parlateci di come nasce il progetto Lac Observation e il suo EP Liquid Splinters Say Goodbye, contrassegnato da una psichedelìa sghemba e agrodolce.

Gufo Mangiasale: “Lac Observation nasce milioni di anni fa dall’impatto di un asteroide con quello che ora chiamiamo Québec. Nel 2016, una persona chiamata Lago Lucia (serio) scrisse una poesia ambientata su uno dei laghi nati da quell’impatto. A quel tempo cominciavo a strimpellare la chitarra cercando di imparare le canzoni di Olivia Tremor Control, Beach Boys, Microphones e Guided by Voices. Decisi di mettere in musica quella poesia, e così nacque il progetto e uno dei suoi primi pezzi (versione 1, versione 2). Per anni, allucinato dalle visioni comunitarie dell’Elephant 6 e dall’etica working class dei GBV, ho voluto creare un gruppo o addirittura un collettivo, ma in quest’era di progetti solisti non mi riuscì per molto tempo, anche se sono uscite belle collaborazioni con Manuel Cascone (su Antler Springs. Sua musica qui), Valentin Noiret (su Rivers and Pillars. Sua musica qui) e Gildas Bouchaud (su Reptilian Dream. Sua musica qui e qui). Poi incontrai Lucia, che mi presentò Esp e Galileo Galeone, e anche se sparsi per il mondo ci associammo. “Liquid Splinters” è la prima cosa che abbiamo registrato tutti insieme, ma abbiamo già altri calderoni sul fuoco. Gli album di Lac Observation di solito nascono da idee vagamente unitarie, non sono mai concept album ma hanno sempre un filo conduttore psico-musicale. Ora, io avevo già due album scritti, musicati e ordinati nella mia testa (“A City of Gandharvas” e “Back to the Thrilling Wake”, in uscita nel 2037), ma restavano fuori alcuni pezzi che mi sembrava non andassero bene con il resto, per qualche ragione. Un giorno, mentre sfrecciavo sulla mia bici cargo sulla petite cinture di Bruxelles facendo consegne, scrissi di getto la melodia e le parole di Liquid Splinters Say Goodbye (la canzone). Tornato a casa, ci misi gli accordi con la chitarra, e così questo pezzo di un minuto scarso fece da collante concettuale per quelle altre canzoni girovaghe. Ivan Bodhidharma, Antler Springs e la title track le abbiamo registrate tutti insieme su 4 piste a Napoli. Le altre sono vecchie registrazioni casalinghe mie e di Lucia (con Jacopo del Deo ospite su un pezzo).”

Ivan Bodhidharma (cover degli Akvarium) è contrassegnato da una psichedelìa beatlesiana che risente dell’influenza della ESP-Disk. Il pezzo originale degli Akvarium appare come più omogeneo, ma più esotico per via della lingua russa utilizzata nonché la sua singolare storia legata al contesto di provenienza (il gruppo esordisce in esibizioni e feste segrete durante la Russia Sovietica). Parlateci di cosa vi ha colpito di questo pezzo, e dell’associato artigianato più organico.

Gufo Mangiasale: “Mi fa piacere che nomini la ESP-Disk. Scoprii l’esistenza del folk psichedelico 14 anni fa grazie a un misterioso utente di Yahoo Answers con l’avatar di Paperino che mi consigliò di ascoltare i Pearls Before Swine, a cui sono tutt’oggi molto legato (posso dire lo stesso anche di Lucia). E Sun Ra è di gran lunga il mio cosmonauta preferito. La scena russa di quegli anni è molto interessante sia per le musiche in sé (oltre agli Akvarium, consiglio Yuri Morozov, gli Auktyon e Leonid Fëdorov, e il film ASSA), sia per le condizioni di cui hai parlato. Molti dischi erano registrati e distribuiti in segreto col rischio di farsi arrestare. Ma questa era la scena di San Pietroburgo, che a quanto mi sembra di capire era un po’ più rilassata. Dalla scena siberiana invece, è uscita roba che ti scuote le interiora, da gente che purtroppo è spesso finita male. Parlo di Yanka Dyegaeva, Yegor Letov, Grazhdanskaya Oborona, Egor i Opizdenevshie, e i Kommunizm. Mi ricordo la prima volta che ho ascoltato Yanka, un impatto così potente non lo provavo da quando scoprii Neutral Milk Hotel.

“Tornando al nostro Ivan, scelsi il pezzo, preso da “Denij Serebra” (1984), il disco degli Akvarium che preferisco, perché sentivo il bisogno di suonare qualcosa di smaccatamente anni ’60 (buffo, visto che è di metà anni 80), ma non riuscivo a scriverlo. Il testo poi, tradotto da un utente di un sito di fan, sembrava quasi scritto da me, ma meglio. Ti consiglio di leggerti le traduzioni di quel disco, soprattutto Delo Mastera Bo ha un testo stupendo.”

Tom Rapp

Disegno di Gianlorenzo Nardi.

Ravenna, Ohio, 20 Something and 5 (for The Clever Square) ha una prima parte avanguardista (vagamente simile ai Fugs per la loro esasperata ingenuità), nell’ottica di una anti-musicalità ausiliare alla parte più melodica che segue, che rimanda un po’ ai Guided By Voices; un modo di preparare il climax armonizzante nell’attesa di interessanti sperimentazioni naif. Parlateci di questo passaggio, che in maniera diversamente distribuita caratterizza tutto il lavoro.

Gufo Mangiasale: “Ci sono due motivi per cui puoi aver citato i GBV parlando di questo pezzo: o hai beccato il rimando del titolo a Dayton, Ohio, 19 Something and 5 appunto dei GBV, o hai capito che l’assolo di basso finale è un rimando alla coda di Echos Myron; in ogni caso c’è una connessione psichica particolare, perché i GBV sono proprio il gruppo che cementa l’amicizia tra me e Giacomo, il frontman de Clever Square, il gruppo di Ravenna a cui questo pezzo è dedicato (soprattutto alla loro canzone Crystal Spaceships, del 2015). In ogni caso credo che ci dovremmo fare una birra insieme.

“La commistione tra pop e una psichedelia che è tra il musicale e il non musicale, in Lac Observation, è cruciale. Sono da sempre stato legato alla geografia e alle mappe, e questo si riflette nel mio modo di ascoltare e di fare musica. Prima di tutto esiste un ambiente, un luogo psichico, quasi fisico, dove il tutto accade. Da esso, spuntano le canzoni come spade da un lago. Tutti i miei dischi preferiti sono, per me, come un bosco familiare e alieno, a cui torno ogni volta che li riascolto, ripercorrendo sentieri battuti e scoprendo vie nascoste e riflessi tra le foglie. Credo di dover ringraziare soprattutto Will Cullen Hart (The Olivia Tremor Control, Circulatory System), Phil Elverum (The Microphones, Mount Eerie) e i Natural Snow Buildings per questo. Questo aspetto trovo che sia un po’ abbozzato in Liquid Splinters, vista la natura frammentata dell’EP, ma sarà meglio definito nei prossimi album.”

Antler Springs rimanda ai primi Built To Spill (quelli di Ultimate Alternative Wavers), con un’attitudine Barrettiana più velocizzata e ritmica in maniera barocca. Inoltre il tutto è contrassegnato da una creatività lisergica e diversificata, una psichedelìa al passo coi tempi di relativismo artistico e superamento di barriere culturali e vincoli individuali, leitmotiv tra l’altro di tutto il lavoro. Come nasce questa caratteristica in voi?

Gufo Mangiasale: “Amo molto i primi Built to Spill, ma ammetto che UAW l’ho ascoltato una sola volta nel 2015 e non me lo ricordo per niente! Ripasserò. È un pezzo schizzato (parla di pitture rupestri, fra le altre cose), perché nasce a più riprese, in situazioni molto diverse. La parte lenta la scrissi in bici andando a lavoro a Roma 6 anni fa, cercando di scimmiottare un ritornello di Beto Guedes che mi cullava in quei giorni (da O Medo de Amar é o Medo di Ser Livre), ci scrissi un testo disperato ma ottimista allo stesso tempo. Il resto venne durante un viaggio in treno nel Belgio orientale qualche anno dopo. Come molte mie canzoni, esplora delle connessioni tra la geografia fisica e la storia, e dei moti interiori che altrimenti non saprei come esprimere. Parlo di caverne e pitture rupestri e neve che cola e tumuli funerari ma sto parlando di me, in qualche modo. Ma sto parlando anche davvero dei tumuli eccetera. Esiste un’internazionale psichedelica, canali di pensieri e visioni che viaggiano e ci attraversano, a volte restano, a volte lasciano sedimenti. “Tutti i mistici parlano la stessa lingua”, è una frase che scrissi in Corridor Dream, una canzone uscita per Bubca in una compilation, e che uscirà in versione full band su A City of Gandharvas. Anni dopo averla scritta, leggendo “La Filosofia Perenne” di Aldous Huxley, la ritrovai para para nel libro. Il che dimostra che tutti i mistici parlano la stessa lingua. Ammetto di non sapere cosa sia il relativismo artistico, chiederò a Lucia, che è più savia. Però le barriere culturali e i vincoli individuali li abbiamo proprio rasi al suolo, no?”

Edizione di Liquid Splinters Say Goodbye in cassetta dipinta a mano per Almost Halloween Time Records:

Per concludere parlateci delle prossime novità riguardo i vostri progetti e/o futuri concerti.

Lucia: “La Festa delle Rane suonerà il 22 Dicembre al Cox 18 a Milano con tutte le sue amiche del cuore e molto preeeeeeesto uscirà un disco uovo che si chiama “Fimfárum”, come un cartone animato ceco che al mercato trovammo fra le foglie. Poi quando la vita ci darà pece, nel regno di Febbraio, ce ne andremo a spasso.”

Gufo Mangiasale: “Per quanto riguarda Lac Observation, a breve uscirà uno split con Videorancorder, un gentiluomo catanese. Verrà forgiato dalle fornaci congiunte di Significant Nothing, e Hvergelmir Records, l’etichetta casalinga di Lucia e del sottoscritto, che farà uscire durante il prossimo anno anche “The Angelic Simulation” di Purp, e una o più fatiche di Tazze di Lucciole, progetto anglofono di Lucia. Nel frattempo, come già ti accennavo, stiamo lavorando tutti e quattro, a distanza (due a Vienna, uno tra Napoli e Bologna, e uno perso nel reame del Rock), a “A City of Gandharvas”, che sarà un doppio album (se qualcuno vorrà stamparlo hehe). Poi ci sono i pezzi di “Back to the Thrilling Wake”, già scritti e ordinati nella mia nebbiosa testa, che aspettano sognando nelle loro caverne a Jötunheimr.

“Inoltre, siamo molto contenti e onorati di aver partecipato al prossimo album di Mario Gabola, il nostro ex vicino di casa e guida spirituale. Uscirà tra qualche giorno!

“Odo venti che sibilano da lontano di un possibile ritorno de Il Gran Diavolato. Ma chissà cosa ordiranno le Forze di Giù…”

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