Gli Insetti Nell’Ambra e la loro musica anti-razionale e angolare
di Giovanni Panetta
Intervista a Lapo Boschi de Gli Insetti Nell'Ambra. percorso attraverso la loro empatica produzione all'insegna di un suono "kraut-punk".
2072

Cover di 2072. Artwork di Hijiri Shimamoto.

Gli Insetti Nell’Ambra sono un duo formato da Lapo Boschi (basso, voce, chitarra) e Chris Bronkos (chitarra) ai quali si è aggiunta Hijiri Shimamoto (batteria) nell’ultimo periodo che ha portato alla pubblicazione dell’album 2072, per la Skank Bloc Records dello stesso Lapo che ha pubblicato anche gli altri lavori in full-lenght, ovvero Controllo (2016) e L’Aleph (2018), sempre per la stessa etichetta appena citata.

Il suono de Gli Insetti Nell’Ambra è un punk krautizzato, infatti il gruppo non disdegna l’utilizzo di tecnologie moderne, come un modulatore ad anello per trattare le singole tracce, operazione sicuramente influenzata dalla presenza del producer bolognese avanguardista DJ Balli nelle produzioni di Skank Bloc Records come anche un singolo già trattato su queste pagine a nome di Paranoise, duo formato da Diego D’Agata e Gaudi, ovvero altri affiliati di Sonic Belligeranza, l’etichetta breakcore/gabber molto sperimentale del già citato Balli in cui ogni uscita cela un fervido concept tutto da scoprire.

La storia del prima duo e poi trio verrà spiegata dettagliatamente nell’intervista a Lapo Boschi che riportiamo di seguito.

Cominciamo dagli inizi. Come nasce Gli Insetti Nell’Ambra, progetto cosmopolita, tra Francia, Giappone e Italia, e quelle sonorità punk, tra pop e abrasività?

Il progetto è nato a Parigi, dove tutti e tre abitavamo. Ora il sottoscritto (Lapo) risiede in Italia ma frequenta assiduamente Parigi, dove il resto del gruppo è rimasto. Io e il chitarrista (Bronkos) ci siamo conosciuti con un annuncio che lui aveva postato su un sito musicale, non siamo riusciti a trovare un batterista adatto e abbiamo finito per servirci di campionamenti. Dopo un paio d’anni è arrivata Hijiri, che suona la batteria, conosciuta sulla scena parigina. Il nostro suono è nato spontaneamente dalla chimica che si è creata tra noi. Abbiamo tutti in comune un certo amore per il krautrock, per la musica meno convenzionale degli anni ’70, e per il punk/post-punk più, come dire, ritmico. Se devo fare dei nomi, senza pensarci, direi Can, Television, DNA. Comunque, spero che il nostro suono sia uguale a più della somma delle sue parti.

Gli Insetti Nell'Ambra

Gli Insetti Nell’Ambra. Da sinistra a destra: Hijiri Shimamoto, Lapo Boschi e Chris Bronkos.

Il primo album, Controllo, ha un aspetto più lineare e allo stesso tempo complesso – diversificato – nei pattern di chitarra. Molto spesso ci sono richiami al post-punk. Preghiera mi ha ricordato nell’intro Disorder dei Joy Division, ma con un piglio completamente diverso, quasi garage/American indie rock; un pezzo summa di tutto il disco. Le altre uscite si svilupperanno in maniera sempre diversa, ma per quanto riguarda il processo creativo in Controllo, descriveteci le intenzioni e le scelte attuate.

Abbiamo fatto quelle canzoni quando eravamo un duo di chitarristi, e stavamo ancora “trovando noi stessi” – come band, voglio dire. Quindi in quel disco c’è un po’ di tutto. Le intenzioni erano confuse e le scelte non sempre consapevoli. Il risultato è un marasma in cui, forse proprio perché non avevamo ancora trovato la nostra strada, i nostri riferimenti sono molto più evidenti. Bronkos, tra parentesi, è un super-esperto di garage rock americano fine anni ’60: influenza che mi pare tu abbia colto.

L’Aleph (l’album) risulta essere un album regolare ma slabbrato nella melodia attraverso una drum machine che rende più compatto il suono. L’elemento punk è vivo, con citazioni colte come L’Aleph di Jorge Luis Borges (per l’appunto L’Aleph). Parlateci di come nasce, si sviluppa il lavoro e in quale contesto.

Il suono di quell’album ha cominciato a nascere nel momento in cui abbiamo deciso che il sottoscritto avrebbe lasciato perdere la chitarra, per suonare il basso. Avevo in mente “Metal Box” dei P.I.L. e lo ho usato come riferimento quando mixavo. Per il resto, nello scrivere quelle canzoni ho abbandonato i miei temi più canonicamente pop per avventurarmi nell’occulto e nel surreale. A un certo punto mi sono convinto che la musica ha un potere magico, che ho voluto provare a esplorare. Non so se sono riuscito ad avvicinarlo. Le parole scritte in quel periodo sono più ermetiche di quelle delle canzoni di cui mi chiedevi prima. Mi auguro che la loro ambiguità porti chi ascolta in un territorio strano, dove è difficile orientarsi ma c’è molto spazio per l’immaginazione.

Il pezzo Elettroni fa riferimento ad un argomento di Fisica Quantistica, ovvero il dibattito sulla natura corpuscolare/ondulatoria della luce, argomento definito in maniera conclusiva nell’Interpretazione di Copenaghen negli anni ‘50 del Novecento, grazie ai lavori di Niels Bohr e Werner Heisenberg. Il pezzo cita il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, Richard Feynman, Max Planck, Albert Einstein e l’esperimento delle due fenditure sull’interferenza della luce realizzato da Thomas Young. Parlateci dell’interpretazione; volevate mettere in risalto anche nella Fisica qualcosa di sfuggente come avviene nella vostra musica che gioca con l’elemento punk, oppure qualcosa di “anti-razionale” o contro-intuitivo come può essere quella spiegazione all’apparenza ambigua?

Premesso che sono “contro l’interpretazione”, mi ritrovo senz’altro nella parola “anti-razionale”. Credo che il mondo in cui viviamo oggi si fidi troppo della razionalità e della scienza; credo si dia per scontato che ad ogni Domanda, di quelle con la D maiuscola voglio dire, ci sia una ed una sola Risposta (con la R maiuscola) giusta. E che questa risposta non possa che venire dalla cosiddetta Scienza. E quindi le incoerenze, che pure fanno parte dell’esistenza, non le capiamo, le rifiutiamo, e ci dimentichiamo di come il mistero, il dubbio – cosa ci facciamo qui? – sia un elemento fondamentale della nostra condizione. Cosa che secondo me, invece, i vari Einstein e Heisenberg citati nella canzone capivano bene.

In 2072, che contiene pezzi del precedente EP 4×18 in forma più embrionale, ho potuto percepire sonorità melodiche, ma anche angolose, tribali e dissonanti. Nonostante l’aspetto più obliquo, il disco è permeato da un pop a suo modo malizioso in pieno tema punk. Si guarda alla no wave newyorkese come ad un certo cantautorato più punk. Ma quali sono le intenzioni dietro queste sonorità?

Rispetto alle altre cose che abbiamo registrato, in “2072” abbiamo scelto di funzionare più come gruppo che come progetto guidato dal sottoscritto. In questo senso direi piuttosto che il vecchio EP sia stato l’embrione di “2072”. Il groove è tutto diverso. Si sente che c’è una batterista dietro alla batteria, e anche il chitarrista ha avuto molto più spazio per valorizzare il suo suono, ecc. Siamo molto contenti del risultato. A parte questo, è difficile parlare di intenzioni perché molta parte della musica è venuta da sé, suonandola. Io arrivo con gli scheletri delle canzoni, ma poi insieme cambiamo e rimescoliamo finché non ci ritroviamo con qualcosa che funziona. L’unica intenzione, in questo processo, è che quello che viene fuori somigli il meno possibile al già conosciuto. Un continuo ritrovare sé stessi, insomma. Penso che con “2072” ci siamo riusciti più che con i lavori precedenti. Il tuo riferimento alla no wave, comunque, ci sta. In parecchi brani il basso o la chitarra sono trattati con un modulatore ad anello: da cui l’angolosa dissonanza che hai percepito. E sì, giusto chiamare “tribali” certi ritmi: mi pare vadano molto d’accordo con quanto detto sopra sul potere magico e occulto della musica. Un campo, comunque, che non abbiamo ancora sondato abbastanza.

Gli Insetti Nell’Ambra. Da sinistra a destra: Chris Bronkos, Hijiri Shimamoto e Lapo Boschi.

Satori ha un suono più incisivo, ritmicamente attraente. Il tema punk è dominante insieme a qualche riferimento con il Buddhismo o bibliofilo (da Il Monte Analogo di Remé Daumal). Il mood del narratore è belligerante, e viene dichiarata l’intenzione a sbarazzarsi delle regole imposte, anche quelle della geometria euclidea, e viene messo in risalto la conquista della paura come forma di difesa. Parlateci di questi temi che permeano anche gran parte del disco.

Come dicevo prima riguardo a “L’Aleph”, il narratore, ovvero il sottoscritto, ma credo di poter parlare per tutta la band, vuole soprattutto usare la musica – il potere magico di cui dicevo – per inoltrarsi in territori sconosciuti. Non so se abbiamo le doti per riuscire in questo, ma credo sia la strada che vogliamo intraprendere. Per cui, bando alla geometria euclidea, ecc. I versi sulla necessità di “conquistare” la paura sono strappati al primo dei libri di Castaneda sugli “insegnamenti di Don Juan”.

Dalle idiosincrasie no wave in pieno stile newyorkese, Antifiamo Travolta ha una struttura originale tra l’incalzante e al tempo stesso il sospeso. In più nel canale Soundcloud di Skank Bloc vi è un remix del pezzo con sirene dub; un contributo da parte del musicista dub sperimentale Mr Law (anche in Sonic Belligeranza)? Parlateci del pezzo, della sua genesi, dei temi e della lingua utilizzata.

I DJ set bolognesi di Mr. Law e DJ Balli mi hanno sicuramente influenzato. La sirena la ho suonata io ma, in effetti, è stata fornita da Mr. Law. Con “Antifiamo Travolta” credo che abbiamo applicato alla perfezione la strategia ermetica di cui ti dicevo. Ho Finneganizzato il testo fino a seppellirne il significato originale, quale che fosse, oltre ogni capacità di comprensione. Ho mescolato tre o quattro lingue. Credo che un simile esercizio affronti, più o meno consapevolmente, diversi temi; penso che il principale, almeno per me, fosse la confusione regnante nell’attualità di oggi, tra pandemie, guerre, disuguaglianze estreme, finti messia eletti a presidenti delle potenze mondiali. Una lingua incomprensibile per una realtà incomprensibile.

Per concludere, quali saranno le prossime novità per quanto concerne la vostra attività live e i prossimi lavori discografici?

Per ora abbiamo qualche nuovo brano in cantiere ma mi pare presto per pensare a nuovi progetti discografici. Prima penso che vorremmo fare evolvere un po’ la nostra musica, se ci riusciamo. Per quanto concerne la nostra attività live, prevediamo un tour in Francia tra aprile e maggio, insieme ai nostri amici cileni/parigini Viridianos; e, last but not least, Tokyo alla fine dell’estate.

Share This