IL RITORNO DEI PARANOISE: SUONO MAGMATICO COME GIOCO
di Giovanni Panetta
Intervista ai Paranoise, duo elettronico nel quale hanno mosso i primi passi sonori Gaudi e Diego D'Agata, i quali tornano insieme dopo quarant'anni; ancora una volta un suono magmatico e musica espressa in senso ludico.
Noizu

Cover di Noizu (2021).

Paranoise è un progetto della cosidetta scena “Bologna underground” nato nel 1980, formato da Diego D’Agata (successivamente parte di band sotterranee come Drowning Joy, Redchannel e nomi più noti come Splatterpink e Testadeporcu) e da Gaudi (allora tastierista e collaboratore di band come Violet Eves, The Gang, Disciplinatha, Red Light, Bamboo Company, Raptus, e successivamente divenuto noto produttore internazionale di dub-elettronica per The Orb, Simple Minds, Lamb, Steel Pulse, Lee “Scratch” Perry, African Head Charge, Deep Forest…). Entrambi manipolatori di suono elettronico (Gaudi ai synth, drum machine e echi a nastro, e D’Agata alle prese con sintetizzatore, basso distorto e voce), e attraverso l’unica testimonianza che ci è stata tramandata di quel periodo, Jimmy is, traccia che compare nella raccolta 391 | Vol.7 Emilia Romagna 1 – Voyage Through The Deep 80s Underground In Italy, pubblicata nel 2020, ci trasmette uno scenario lisergico, un immaginario allucinante che ricorda tanto il Quadrilatero di San Francisco, con la sintesi del suono abbagliante attraverso un’eterodossia in musica vicina al krautrock. Nel 1980 il duo registrò l’album/cassetta Doctor, I Am A Fish! tutt’ora introvabile; una mattina ebbero l’idea di registrare l’album intero nell’arco di una giornata per poi sciogliersi la notte stessa e distruggere tutto il materiale registrato.

Diego e Gaudi si ritrovano poi 40 anni dopo con l’idea di ripristinare il progetto delirante Paranoise, il cui ricordo avrebbe influito sulle loro attitudini sperimentali. Nasce così il 7inch Noizu come titletrack e The 2nd Act come B side, dove quella psichedelìa caustica viene ulteriormente raffinata attraverso i background -magistralmente maturati da quegli esordi- dei due rispettivi componenti, dove Gaudi utilizza tecnologie analogico/digitali estremamente avanzate mentre D’Agata si focalizza più sul suo strumento principale, ovvero il basso.

Abbiamo rivolto delle domande a Gaudi e Diego D’Agata in modo da soddisfare le nostre curiosità e approfondire gli argomenti sopracitati. Di seguito l’intervista.

Allora, cominciamo dall’inizio; avete esordito insieme come duo con quello stesso nome nel 1980, in un progetto dai toni dadaista, Paranoise per l’appunto; ce ne volete parlare? Inoltre come nasce il vostro ritorno e quella comunanza di intenti nel creare qualcosa insieme?

Paranoise: “Paranoise era il nostro primissimo progetto musicale – racconta Diego D’Agata -, io e Gaudi eravamo già amici di infanzia, da bambini giocavamo nello stesso cortile prima ancora che la musica subentrasse nelle nostre vite. Gaudi ricordo suonava già le tastiere e studiava piano, lui fu la prima persona con la quale mi sia ritrovato a suonare assieme e da cui abbia ricevuto le prime nozioni musicali. All’età di 12 anni, come regalo di promozione alla terza media, mi feci regalare dai miei genitori un sintetizzatore monofonico Korg MS10 con l’unico scopo di creare effetti sonori “pseudo-fantascientifici” come colonna sonora delle mie Action Figures quando ci giocavo. All’inizio, di suonare quell’aggeggio non me ne fregava assolutamente nulla, a me interessava solo creare suoni elettronici per i miei Micronauti, le esplosioni, le pistole laser, gli ufo eccetera… Fu solo un paio d’anni dopo che cominciai ad interessarmi alla musica, e Gaudi fu il primo a darmi suggerimenti sull’argomento e con cui fare le prime jam sessions, lui all’organo e io al Korg ms10 (avevamo anche una batteria elettronica rudimentale, parte dell’organo stesso). Ascoltavamo la stessa musica e compravamo gli stessi vinili, entrambi folgorati dalla Ralph Records: The Residents, Tuxedomoon, Snakefinger, Chrome, Yello, poi Cabaret Voltaire, Suicide….
“Da lì al ritrovarsi in una cantina per poi suonare insieme il passo è stato breve. Decidemmo di voler fare anche noi il nostro Commercial Album e così in 24 ore registrammo una trentina di brani deliranti con un registratore a cassette, usando appunto il Korg MS10, una tastiera Crumar, la Ace Tone drum machine, l’organo e un delay a nastro per le voci. Venne fuori Paranoise, decidemmo poi di distruggere tutto! 40 anni dopo durante un trasloco ritrovai una cassetta miracolosamente superstite, che fu poi inclusa (una traccia solo, Jimmy is) nella compilation monumentale di gruppi italiani new wave uscita per la Spittle Records.
“Questa fu l’ooccasione perfetta per me e Gaudi di ritrovarci, anche se solo su internet in quanto lui lavora e vive a Londra da ormai 26 anni ed io a Bologna, e per via del COVID non potevamo fisicamente incontrarci di persona. Decidemmo così di creare 2 brani nuovi a distanza e realizzarli su vinile con Skank Bloc Records e Sonic Belligeranza”.

Quella compilation della Spittle è per l’appunto 391 | Vol.7 Emilia Romagna 1 – Voyage Through The Deep 80s Underground In Italy, che raccoglie nomi del sottobosco post-punk emiliano. Vista la vostra storia successiva, e quindi i vostri corposi background, come vedete la riscoperta di quel passato che vi ha condizionato facendovi esordire rumorosamente?

Paranoise: “È come se nel 1980 avessimo premuto il tasto “PAUSE” di quel malconcio registratore a cassette e lasciato tutto così per 40 anni, poi con tutta calma abbiamo premuto il tasto “PLAY”! Esattamente così”.

Il vostro 7”, Noizu, è per l’appunto un noise magmatico che guarda alla periodicità del post-punk o proto-punk; per quest’ultimo aspetto è possibile sentire la no wave, Tuxedomoon, Chrome, MX-80 Sound, che caratterizza maggiormente la release per quei suoni sintetici organizzati in maniera non convenzionale ed eterodossa. Suoni elettrici/elettronici che vanno a costituire un muro sonoro dalla consistenza solida, ma viene riprodotto il movimento attraverso i suoni cadenzati, inglobando staticità e dinamicità in un’unica istanza. Un rumorismo fisico che racchiude moltitudine e unicità nel vostro duo, assurgendo allo schema di un lavoro/progetto a doppia faccia. Vi chiedo come nasce in voi l’idea di creare una doppia valenza in un unicum creativo.

Diego D’Agata: “Forse deriva dal fatto che io e Gaudi abbiamo sviluppato col tempo due background musicali totalmente antitetici. Lui è riconosciuto come produttore affermato di dub e elettronica sperimentale con una conoscenza completa dell’uso della tecnologia applicata appunto alle produzioni musicali e tanti progetti di successo alle spalle, io –avendo scelto di non fare il musicista come professione- ho continuato a fare musica in modo estremamente sregolato, suonando in cantine ammuffite, facendo concerti in locali assurdi, guidare il furgone con viaggi andata-ritorno in una notte eccetera. Ho sempre ideato e portato in giro progetti musicali estremi, amo tutto ciò che è rumoroso ma anche ciò che è matematico e rigoroso. La musica per me è ricerca radicale ed è gioco, è costruzione certosina di architetture ed è anche i mattoncini Lego. Per ciò che riguarda l’aspetto ludico io non sono molto cambiato dai tempi del Korg MS10, e direi proprio nemmeno mio fratello Gaudi!”

Gaudi, la tua capacità di creare quel magma di suoni con l’elettronica è, come abbiamo accennato, fuori dall’ordinario. Viene coinvolta una techno in versione kraut se possiamo azzardare, ma ho potuto notare anche una certa sospensione che potrebbe avere un retaggio nel concretismo come avviene soprattutto nella traccia ‘The 2nd Act’ del lato B, ovvero attraverso un suono più sospeso. Un’elettronica diversa, che si amalgama violentemente con il punk matematico di Diego per offrire una versione dell’attuale musicale. Ti chiedo, quanto c’è di meditato nella tua musica a suo modo lisergica, o se quell’elettronica è un flusso inconscio di suoni, e magari per questo ha saputo amalgamarsi perfettamente con l’altra metà del duo. Dicci se vuoi qual è la verità.

Gaudi: “Partendo dal presupposto che io la verità non la dico mai, comincio col rivelarvi che questo baccano acustico è composto da un’accozzaglia di suoni random generati totalmente dai miei sintetizzatori vintage analogici (machine che spaziano dal 1973 al 1977) e da tape-echoes e effettistica valvolare marcia e consumata dal tempo. Questo sgradevole marasma sonoro in effetti non è altro che il loro modo di comunicare con me, loro parlano, e io non li ascolto e non li capisco, ma li registro, rigorosamente su nastro 24 tracce, poi quando riascolto quel fracasso nauseabondo tutto diventa comprensibile. E’ di base un po’ come….. il funzionamento del cervello della donna. -oddio si salvi chi può! Con questa sciocca e ridanciana affermazione mi tirerò addosso l’odio di tutte le gentil donzelle! 😉 – signorine, per l’amor di Dio, si scherza.”

Invece Diego conferisce più struttura ai pezzi attraverso i bordoni del basso e qualche contributo alla voce. Il suono dello strumento è comunque pieno, nitido, dai riff angolari, e dà una direzione a quella matassa di suoni. Si sente il passato di Testadeporcu ma anche l’innovazione nel creare qualcosa di nuovo. Paranoise lo vedo come un progetto più meditato, dove forse hai giocato più esclusivamente il ruolo di co-regista di suoni piuttosto che quello di esecutore e al tempo stesso di creativo. Qual è il tuo pensiero in merito?

Diego D’Agata: “Questo nuovo lavoro Paranoise si è sviluppato in un modo estremamente “organico” dal punto di vista concettuale, in quanto nel corso degli anni io ho accumulato una miriade di frammenti di idee, registrate al volo, come “demos”, qualche secondo di un riff di basso, di un’idea vocale, di una progressione o di un pattern ritmico, alcune di queste idee le reputo soddisfacenti, altre no, ma conservo comunque tutto in quanto “non si sa mai un giorno…”. Infatti quando decidemmo di lavorare su due brani nuovi inoltrai a Gaudi circa una trentina di queste idee, che lui scelse e che insieme cominciammo a sviluppare. Lui è veramente un mago nella sintesi e nella manipolazione di suoni, quindi nel suo studio a Londra in poche settimane ha assemblato le strutture dei brani e prodotto il tutto con apparecchiature rigorosamente analogiche per conservare l’autenticità del suono “vintage” che avevamo in piano di ottenere”.

Gaudi, quei suoni magmatici che produci elettronicamente risultano essere molto distesi, e rimandano alla dub dei tuoi dischi solisti e di molti lavori da produttore. Attraverso quel rumore viene prodotto qualcosa di differente dalla sua natura, un sound fisico ma di effetto; un caos calmo, ossimoro archetipico che permea in modo sempre diverso le tue release, e che ha saputo adattarsi nei vari generi in cui ti sei imbattuto. Come si pone Paranoise in questa prospettiva, ovvero nella tua esperienza tra origini e l’attuale momentaneo.

Gaudi: “In tutto il mio percorso artistico sviluppatosi in queste 4 decadi, Paranoise – essendo stato il primissimo mio progetto musicale (e anche di Diego) – si pone in un modo totalmente isolato, in quanto mentre lo realizzavamo (parlo della versione 1980) non avevamo nessun tipo di paragone con altri nostri lavori, semplicemente perché non ne avevamo mai fatti. Questa aura “naive” l’abbiamo voluta conservare interamente, e penso sia proprio questo il punto di forza di Paranoise.
“Quando con Diego nel 1980 eravamo in quella cantina maleodorante per le registrazioni di Paranoise, facevamo veramente di tutto, eccetto una cosa: pensare. Noi non eravamo lì per pensare ma bensì per l’esatto opposto, quei momenti erano la nostra “valvola di sfogo”, senza barriere e senza presupposti, senza alcun pensiero e senza stress di nessun tipo, tant’è vero che per preservare quel momento nella sua unicità, dopo la famosa registrazione – come già detto – distruggemmo tutto! Il tipo di produzione che ho voluto adottare per questo nuovo vinile di Paranoise è coerente al 100% con tutto questo che entrambi abbiamo vissuto all’epoca, con la stessa leggerezza e strafottenza, solamente con un po’ più di esperienza.”

Diego, il tuo contributo gode delle stesse caratteristiche dell’elettronica di Gaudi: è più rilassato, ma è percepibile un ordine più omogeneo, e c’è un tentativo ad adattarsi alla cornice del sound. Una tua influenza per Splatterpink e Testadeporcu sono stati sicuramente Minutemen e No Means No, anche se all’inizio il processo doveva essere in divenire. Faccio a te una domanda simile a quella che ho posto a Gaudi: quanto c’è del tuo trapassato oscuro nella storia conosciuta che ti appartiene?

Diego D’Agata: “La new-wave, chiamamola così “non convenzionale”, è stata il mio background principale, quanto più una cosa era strana e fuori dall’ordinario tanto più era in grado di attirarmi e ancora oggi funziona esattamente così; una volta terminata quell’epoca però non ho scelto di chiudermi e cristallizzarmi nostalgicamente su quel periodo ma fortunatamente sono andato oltre, da musicista curioso e appassionato quale sono, mi sono appassionato ad altri generi musicali e artisti quali: Nomeansno, Primus, John Zorn & Naked City, Mr. Bungle, Steve Coleman e M-Base Collective, Miniatures, il post-hardcore californiano, il nu jazz newyorkese e molte altre bands che hanno caratterizzato i primi anni ’90’… un periodo d’oro per la musica! Detto ciò, credo comunque che il mio sound attuale continui ad essere sempre prepotentemente filtrato da quel primissimo periodo musicale della mia vita. Devo, XTC, Gang of Four, Clock DVA ed altre realtà musicali dei primi ‘80’ hanno avuto su di me un imprinting fondamentale!”

Come mai la scelta di “Noizu” come nome del singolo e che si riferisce alla sua rumorosità (“noizu” è “noise” in giapponese)?

Paranoise: “Avevamo bisogno di un nome piuttosto violento che rispecchiasse il frastuono schifoso presente nel brano 1, Gaudi inizialmente propose ‘Ena Coid’ ma non era al 100% convinto, di conseguenza passò la palla a Diego che col suo amore verso la musica orientale, il suono delle Gamelan e il cosidetto ‘Japanoizu’ (con bands fonadmentali per il suo livello formativo tipo: Melt Banana, Ruins, Boredorms, Zeni-Geva, Combustibile Edison) propose il titolo Noizu. Perfetto!”

Per concludere parlateci a vostra discrezione dei vostri futuri progetti e quale sarà la prossima novità di Paranoise.

Gaudi: ”Al momento sto lavorando sul mio nuovo album con Youth dei Killing Joke, e come produttore sto facendo i nuovi album e singoli di Steel Pulse, Horace Andy, African Head Charge, Don Letts, Simple Minds, Shanti Powa, Dub FX, The Orb, Lion D & Capleton, tutti in uscita nei prossimi 5/6 mesi.”

Diego D’Agata: “Proprio oggi è terminato il mixaggio definitivo di ‘The best of italian music’, il nuovo lavoro degli Splatterpink, un disco di cover di canzoni italiane che spaziano da Vasco Rossi, Marco Ferradini, Umberto Tozzi, Ligabue…. lacerate e ri-arrangiate in un modo come non le avete mai sentite!”

Paranoise: “Abbiamo in piano di ri-registrare interamente il nostro unico album del 1980, mantenendo tutti I suoni originali ma riarrangiando e producendo il tutto con l’esperienza accumulata in questi 40 anni. Stiamo inoltre lavorando su un’album di death-metal fatto tutto con oboe, flauto dolce e theremin, suonato da 16 Suore Orsoline del convento di San Drociotti. Stay tuned!”

Grazie per la disponibilità e a presto.

Paranoise: “Grazie a voi”.

 

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