FUFAZ QUARTET: TRA PROGRESSISMO E LIBERTÀ
di Giovanni Panetta
Intervista al FuFaZ Quartet; parlano Fulvio Giglio, Andrea Avalli e Nicolas Gargini sulla loro poetica, le influenze, il futuro, e il loro album (in digitale e dall'anno prossimo in fisico) This Is FuFaZ Quartet.
This Is FuFaZ Quartet cover

Cover di This Is FuFaZ Quartet (2021, in digitale)

FuFaZ Quartet, nuova realtà sonora da Savona, Liguria, sono un trio dalla formazione poco convenzione di due bassi (Fulvio Giglio e Andrea Avalli) e una batteria (Nicolas Gargini). Il suono eterodosso che li caratterizza si muove in piena libertà compositiva ma al tempo stesso con uno schema meditato efficace, dando vita ad un ossimoro per nulla improprio, tra idealismo in musica più in senso black (jazz e funk) e il suo lato caucasico (prog, math). In passato Giglio è stato uno storico componente della consolidata realtà musicale dei Cardosanto in cui, insieme a Roberto Sassi alla chitarra e Dario Marinangeli alla batteria (questa la formazione principale), realizza un suono progressivo, tra lirismo alternative e massimalismo sperimentale in senso matematico e rumorista, in particolare con l’unico album Pneuma (del 2000, uscito per Free Land Records e ristampato nel 2014 per Wallance Records, Dreamingorilla Records e Rude Records Savona). In seguito dal 2018 cerca di replicare quella realtà (in maniera abbastanza diversa) con i FuFaZ, in cui lo sperimentalismo post-hardcore di Avalli (caratteristiche le sue militanze ne Gli Altri (non più in attività) e Mangiatutto) si associa con i pattern complessi di Gargini (iconica in senso ritmico l’esperienza passata ne La Fine Di Settembre). Di recente è uscito sulle piattaforme digitali, ovvero Spotify e Bandcamp, il loro primo album di nome This Is FuFaZ Quartet, che verrà pubblicato in fisico l’anno prossimo (2022) sull’etichetta genovese Taxi Driver Records, e non su Burning Bungalow (di Savona) la quale ha messo solamente disponibile l’album sulla propria pagina Bandcamp. Nel lavoro il tratto più peculiare è la piena libertà espressiva la quale dà spazio sia alla tecnica, a regole più in senso progressivo, che all’improvvisazione estemporanea, dove dominano tempi dispari, armonie jazz, l’utilizzo del tapping, e intermezzi in libertà registrati con il cellulare. La prima traccia, Ucronia, si manifesta in senso melodicamente ondivago, ritmicamente matematico e armonicamente complesso, mentre la successiva Fried Eel Technology Impro è per l’appunto un’improvvisazione dove si esplicano elementi eterogenei e complessi strutturati attraverso una fuga. Un suono barocco basato sull’armonia di più voci (dove la batteria sembra comunicare anche melodicamente) è presente nella seconda traccia Puls​(​à​)​r. Un mare magmatico sonoro fa da sfondo in Algoritmi, dove i bassi accoppiati creano forme polimorfe molto complesse. Come diremo in seguito la formazione due bassi/una batteria non è una novità nel mondo della musica, ma con i FuFaZ viene creato qualcosa di originale e autentico, in cui la struttura geometrica del suono è molto articolata, se vogliamo barocca ma in cui dominano anche linee e forme estemporanee, attraverso uno spirito punk in senso progressivo, con un senso dell’umorismo nella scrittura, ovvero nelle sue forme plastiche e ludiche, e nell’aggiunta di intermezzi molto spesso ironici con uno spirito se vogliamo lo-fi (le registrazioni con il cellulare già sopracitate). Uno spirito creativo e fervido che non lascia indifferenti.

Abbiamo rivolto delle domande al trio riguardo la loro poetica, le possibili influenze, il loro futuro e altro. Di seguito l’intervista ai FuFaZ Quartet.

Cominciamo dalle linee generali; come nasce FuFaZ Quartet e come si sviluppa nelle sue linee terrene associata ad una creatività eterodossa, come si evince nel vostro album uscito digitalmente per Burning Bungalow, ovvero This Is FuFaZ Quartet?

Fulvio Giglio: “FuFaz Quartet è un’idea che avevo in testa da un po’ di tempo, e una volta conclusasi l’esperienza con Cardosanto per problemi di tipo logistico (chitarrista a Londra, batterista alle Canarie!), ho deciso che avrei provato a realizzarla. Ho quindi contattato un altro bassista – Andrea Avalli, già con Gli Altri e ora con Mangiatutto – e un batterista del savonese – Nicolas Gargini, già con la Fine Di Settembre – e abbiamo iniziato a provare verso il 2017. In realtà la formazione che avevo in testa prevedeva anche un sassofono che purtroppo ha abbandonato ben presto la formazione per dedicarsi ad altre esperienze che potessero essere un po’ più redditizie. Ci siamo trovati così in tre e abbiamo deciso di portare avanti il progetto con questa formazione di base, mantenendo il “Quartet” nel nome nonostante fossimo ormai in tre, molto semplicemente perché ci piaceva. Nonostante il gap generazionale (io ho 56 anni, gli altri due sono trentenni!) abbiamo in comune diversi ascolti, che sono però assai variegati e fanno sì che nelle nostre cose finiscano le influenze più diverse. Burning Bungalow è un’etichetta locale di amici che ci ha lasciato usare il loro account Bandcamp, ma in realtà il disco non uscirà con loro ma con la genovese Taxi Driver nei primi mesi del 2022.”

Nel vostro suono sono frequenti dissonanze stilizzate, che ricalcano forme familiari attraverso una carta carbone che genera tonalità policromate e vivaci. Vi è la forma classica di una jam band, ma anche una presunta volontà di volerla ribaltare, attraverso una combinazione progressiva di ordine e caos. Il progressive è un elemento dominante, ma vi sono influenze alla NoMeansNo, Minutemen e anche di derivazione “regressive rock” dei francesi Le Singe Blanc, o giochi di due bassi come avviene in molta letteratura free jazz. Inoltre il suono tende ad essere fugace, un mondo realistico e in divenire che riserva frasi sperimentali e classiche in maniera decostruita. Sarei curioso di sapere come si colloca questo progressismo terreno e alieno allo stesso tempo, e quali sono state i più cruciali riferimenti per la vostra carriera?

Fulvio Giglio: “Io avevo in effetti in mente i NoMeansNo, ma anche i Tortoise, Don Caballero e tutta la roba anni 70 come Zappa e i Weather Report, ma sono sicuramente molto influenzato anche dall’approccio al basso di Les Claypool dei Primus. Abbiamo cercato di lavorare con un approccio molto indipendente, anche se hai effettivamente beccato alcuni dei miei/nostri riferimenti… siamo molto interessati alle strutture complesse e ai tempi dispari, ma alcuni dei nostri pezzi contengono anche parti improvvisate, un aspetto del quale amiamo la spontaneità e l’irripetibilità, come l’uscita da Ucrònia – che riusciamo ad affrontare in maniera sempre diversa – dove ci prendiamo la massima libertà e cerchiamo di lavorare in maniera radicale.”

Andrea Avalli: “Io invece venivo dal post-hardcore e dal post-rock, che continuo ad amare ma che a un certo punto ho sentito come generi troppo stilizzati e rigidi. A me interessava soprattutto giocare con i tempi dispari, le strutture, l’improvvisazione. A partire dai Don Caballero ho iniziato a trovare un linguaggio comune con gli altri, ma poi è iniziata una sperimentazione molto libera che a volte trovo post-punk, a volte free jazz. Al di là delle etichette, per me tutto questo è una scoperta continua, e mantiene la dimensione del gioco che è quella che mi interessa. Mi sento molto libero, e in tutto questo contano moltissimo anche la nostra amicizia e il nostro senso dell’umorismo, spesso altrettanto nonsense della musica. Mi ritengo fortunato ad avere questa esperienza nella mia vita.”

Nicolas Gargini: “Dopo lo scioglimento della mia band rock, La fine di Settembre, ho proseguito suonando cover o brani già esistenti in vari generi. Ho passato anni senza musica originale e avevo bisogno di esprimermi e produrre brani originali. Nei Fufaz ho finalmente potuto assecondare questa esigenza, sperimentando e potendo sfruttare i miei studi di poliritmie e tempi dispari, che prima temevo sarebbero rimasti per sempre fini a sé stessi, lasciandomi al contempo andare in improvvisazioni libere e addirittura prive di metrica. Per quanto riguarda le influenze sono molto variegate: il rock 60-70 è stato fondamentale (banalmente senza Bonham non credo suonerei). Il funk è importantissimo nei nostri groove, così come il math rock e il prog e il jazz. Cito alcuni batteristi (irraggiungibili) che penso mi abbiano influenzato, sarebbero ovviamente molti di più, come Luca Ferrari, Mark Guiliana, Larnell Lewis e Jojo Mayer con i suoi groove ispirati a batterie elettroniche d&b e jungle.”

Rispetto per esempio Le Singe Blanc (che condividono con voi il format due bassi/una batteria), in FuFaZ Quartet i bassi seguono maggiormente linee tipiche dello strumento, creando un’armonia “ritmica” e ludica, in nome di un’istanza musicale nuova o più recente. (Anche i Regraped del North Carolina, negli anni ’90, il suono era più ortodosso con i due bassi di Ben Iddings e Kip Larson, ma comunque la sonorità complessiva era innovativa per l’epoca, e non solo). Ma come nasce in voi la poetica espressa in particolar modo dai due bassi?

Fulvio Giglio: “Ho ascoltato i Le Singe Blanc, che non conoscevo, e suonano il tipo di roba che piace anche a noi… però mi pare che lavorino in modo diverso, sempre per quello che ho sentito. Se sono due bassi, uno lavora come una chitarra, o in ogni caso con un suono nettamente diverso dall’altro. Il nostro modo di suonare è nato in corso d’opera, uno dei nostri obiettivi è stato fin dall’inizio quello di riuscire a rendere fruibili e ‘ballabili’ i tempi dispari, e ci siamo scoperti grandi amanti del tapping e della sua valenza ritmica e percussiva. Abbiamo scelto di suonare due bassi con il suono da basso, senza snaturarli con effetti vari che se da una parte avrebbero arricchito da tavolozza di calori, dall’altra avrebbero reso irriconoscibile lo strumento, o quanto meno annullato la sua specificità. Questo ci ha dato un sound indubbiamente legato alla tradizione ma con un approccio diverso dal solito.”

In This Is FuFaZ Quartet compare una ghost track che è in realtà tronca; inoltre sono presenti collage di dialoghi abbastanza non-sense. C’è molto spesso una sensazione di spontaneità, una volontà a infrangere le regole, di sovvertirle anche in maniera giocosa. Sembra che non si veda il confine tra ironia disimpegnata e organicità; c’è un modo di comunicare che non porta a nulla, ma si contempla piacevolmente la sua forma. Ma come mai questa oscillazione tra le due polarità citate nel sound di FuFaZ Quartet?

FUFAZ: “La ghost track alla quale ti riferisci è una improvvisazione bella e buona registrata in sala prove con uno smartphone, che una volta riascoltata ci è piaciuta molto e che abbiamo deciso di includere nel disco, giusto per dare un assaggio del nostro approccio ambivalente. Beh, l’oscillazione tra le due polarità se vuoi è già dichiarata anche nel nome: FuFaz viene da fuffa, mentre Quartet dà quel vago sapore intellettuale che viene dal mondo del jazz colto ed elegante… l’ironia fa decisamente pare del modo in cui ci approcciamo alla musica.”

La cover di This Is FuFaZ Quartet ricalca la poetica visuale di Piet Mondrian e Vasilij Kandinskij; ancora una volta viene evocato un immaginario matematico e essenziale (Mondrian) e uno complessamente naturale (il linguaggio della natura di Kandinskij). Chi è l’autore, e in che modo viene associato il disegno alla vostra musica?

Fulvio Giglio: “L’originale di Kandiskij era ed è tuttora l’immagine del nostro gruppo chat su Whatsapp, quello che usiamo per metterci d’accordo per le prove e per comunicazioni varie ed eventuali. Quando abbiamo iniziato la registrazione, mi è venuta l’idea di realizzare per la copertina questa fusione con Piet Mondrian proprio per visualizzare graficamente quelle che sono le due tendenze presenti nella nostra musica e che anche tu hai riconosciuto (con mia enorme soddisfazione): la spontaneità dell’improvvisazione e la complessità delle strutture create sulla base dei beat dispari mirate però al groove, articolata a volte con alcune dissonanze. L’idea è stata poi realizzata graficamente da un mio caro amico, Massimo Amicarelli, che fa l’art director per un’agenzia pubblicitaria milanese.”

In conclusione, diteci quali saranno le prossime novità in campo FuFaZ, e se ci saranno concerti in futuro? Inoltre quali cambiamenti dobbiamo aspettarci dai brani a venire?

FUFAZ: “Come si diceva prima, This is FuFaZ Quartet uscirà nei primi mesi del 2022 per la Taxi Driver di Genova… nel frattempo cercheremo un po’ di date per presentare il lavoro da vivo e proseguiremo a lavorare sulla nostra musica e su pezzi nuovi, dopo un periodo di scarsa motivazione dovuto alla pandemia. Abbiamo anche una pagina Facebook, che aggiorniamo solo in caso di novità, e stiamo creando anche la pagina Instagram… purtroppo, nostro malgrado, non siamo molto “social”.”

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