EL BORRACHO, STORIA UNDERGROUND DI BARI
di Giovanni Panetta
Una parte della storia underground barese con l'etichetta discografica DIY El Borracho. Parlano i suoi protagonisti: Corrado Massari, Claudio Colaianni e Pino Montecalvo.

Molto spesso attraverso il ruolo della musica e della socialità, si è espressa una spinta verso l’alto attraverso la quale si prendessero le distanze dal provincialismo che asfissia o asfissiava il Sud del Mondo. In questo caso infatti, i punti cardinali possono riferirsi alle direzioni e versi principali della rosa dei venti, o a luoghi della nostra mente. La Puglia ha vissuto molto spesso momenti di disagio, dove molto spesso la microdelinquenza e il lassismo di varia natura, politica o sociale, hanno terminato un rallentamento costante o inversione di marcia del progresso. D’altra parte, interessante fu anche come una cultura, o controcultura, giovanile e coesa, creava spazi, eventi e occasioni i coinvolgimento, con il loro piccolo budget o in luoghi ristretti. E negli anni ’90 la condizione di quella regione stava cambiando in quel senso.

El Borracho

Logo El Borracho.

In quel periodo stavano nascendo le prime band, le prime etichette, le prime riviste. La El Borracho, di Bari e gestita da Corrado Massari, è tra queste, e vede tra i protagonasti due importanti band del capoluogo Pugliese e al di fuori: That’s All Folks e Bz Bz Ueu (e in un certo senso anche i newyorkesi No). I That’s All Folks sono un trio psych rock che vede alla voce e chitarra Claudio Colaianni, alla batteria Nino Crampo Colaianni e al basso Michele Lupin Rosiello, attivi dal 1991 al 2002. You Gotta Pay, del 1994 e per la El Borracho, è la loro prima uscita, successiva alla loro collaborazione nella compilation Bari Rock Contest (col pezzo Pus). Bz Bz Ueu è un quintetto nato nel 1992 e in attività fino al 2008, che vede come primo nucleo Efisio Biancofiore alla chitarra e Pino Montecalvo al basso, insieme ad una drum machine, al quale entreranno subito a far parte subito Jacopo Andreini, Edi Leo e Carlo Lupori. Per la El Borracho pubblicano un mini-album omonimo nel 1995, e lo split con i No l’anno dopo.
La El Borracho ha pubblicato solo tre uscite, interrompendo il suo corso abbastanza presto per insufficienza di fondi (come vedremo), ed ebbe lo stesso destino di molte etichette indipendenti locali (tra cui l’Ovada tarantina di Vittorio Amodio, di cui parlammo qui).

Di seguito un’intervista a Corrado Massari, Claudio Colaianni e Pino Montecalvo su quel passato ormai remoto che va riscoperto. L’intervista riguarderà il passato, più lontano e vicino, della Puglia underground, ma anche il suo presente, con uno sguardo rivolto al futuro. Inoltre verranno approfonditi tutti gli aspetti sopracitati.

Allora, cominciamo a parlare del contesto. Che aria si respirava nell’allora underground barese/pugliese? Quali erano le situazioni all’interno e dall’esterno? So che in passato erano entrati nella leggenda diversi concerti in zona Bari come The Sound, Echo And The Bunnymen, Virgin Prunes, Polyrock più quelli al di fuori della provincia (anni ’80-’90), e si stava portando avanti quella tradizione. Ce ne volete parlare?

Corrado Massari: “Nei primi anni ’90 c’era una situazione abbastanza vivace costituita da diverse realtà, il che faceva in modo che ci fosse sempre un discreto fermento. Alcune occupazioni degli anni ’90 poi fecero in modo che queste realtà del tutto underground venissero a stretto contatto, e che quel fermento sfociasse anche in attività che altrove e in altre circostanze sarebbero state difficile attuare. C’era una certa libertà d’azione. Io personalmente ho iniziato ad organizzare concerti e rassegne cinematografiche alle Fucine Meridionali, un’ex rimessa di autobus abbandonata che fu occupata.
“Ma la mia attività lì fu il naturale proseguimento della mia esperienza musicale in città, iniziata nella seconda metà degli anni ’80, con la band Mulier Resoluta Comas e con tutti i concerti che segnalavi tu, ai quali non mancavamo mai, Talk Talk, Tuxedomoon, Christian Death, oltre quelli che hai menzionato, i Soundgarden anche visti a Taranto in un cinema dove ricordo c’era più polizia che pubblico e tanti altri. Nel ’87 io ero piuttosto piccolo quando iniziai a suonare, avevo 16 anni. Avevamo preso in affitto un locale, in via Isonzo, che pagavamo 40 mila lire al mese, che era stato un locale storico (ex Re Artù), da dove più o meno erano passate molte band punk e post-punk della città. Ribattezzato Buco di Heidi da una traduzione dissacrante di un brano degli Art Of Waiting, altra band locale che ammiravamo parecchio. E da lì che son nate le collaborazioni con le varie scene musicali e non del periodo. Era la nostra sala prove, ma anche un luogo dove facevamo spesso incontri, concerti e feste, ed un bar illegale aperto quasi quotidianamente. Mi ricordo che lì conobbi meglio Pino, dei Bz Bz Ueu che era in cerca di un locale come sala prove per la sua band dell’epoca, che erano gli Headburn, con Bob Cillo“.

El Borracho

Logo El Borracho (2).

Corrado, con quali presupposti nasce la El Borracho, che ha prodotto due gruppi abbastanza diversi tra loro? Anche perché ci doveva essere molta spontaneità in quel clima; cosa ne pensi? Inoltre come nasce l’incontro con i That’s All Folks e Bz Bz Ueu?

Corrado Massari: “Credo dal desiderio di voler metter su qualcosa che parlasse di noi e di quello che facevamo, delle nostre passioni. Non c’erano grandi progetti e non credo ce ne potessero essere in realtà in quell’ambito. Insomma eravamo a Bari, un po’ il buco del culo del mondo e si era un po’ sull’onda delle miriadi di etichette indipendenti che nascevano nel mondo ma anche in Italia e con le quali ci scambiavamo i mail-order e i dischi da distribuire, non potendo fare affidamento su una rete di distribuzione ufficiale. A Bari c’erano anche la Mele Marce di Giorgio Senesi, che mi aiutò nella produzione del primo 7″, e la Minus Habens di Ivan Iusco tra le altre. Tutto era molto DIY, spontaneo e un po’ rischioso perché ci mettevamo i nostri soldi oltre al sudore vero. Non avevamo ovviamente i computer all’epoca e facevamo tutto via posta normale. Mandavamo i nostri cataloghi via lettera e pubblicavamo gli annunci pubblicitari sulle riviste di settore. In risposta ci mandavano i soldi nascosti nelle buste da lettere per ordinare i dischi. E quando arrivavano i dischi, passavamo le giornate ad incollare le copertine. Era tutto molto analogico!
“I That’s All Folks furono la prima band prodotta, con il 7” omonimo, in tiratura 1000 copie. Molti lo chiamano “I hate That’s all folks!” ma quello non é il titolo, ma solo un adesivo sul basso ritratto in copertina. Con Claudio ci conoscevamo da un bel po’, non ricordo ora di preciso da quando, e la band aveva un suono e un attitudine che mi piacevano parecchio. La mia band non esisteva più, e tra quelle in giro i TAF erano gli unici che mi trasmettevano autenticità, una qualità che ho sempre apprezzato. Per cui fu abbastanza facile parlare con loro e metterci d’accordo sulla realizzazione di un 45 giri.
“Con i Bz Bz Ueu più o meno lo stesso. Edi Leo, ex Chain Reaction, che suonava ora con loro, collaborava anche con El Borracho. La band era ottima, una delle migliori in quel momento, quindi fu facile anche qui. Io non volevo che l’etichetta fosse unidirezionale, mi interessava solo la qualità della proposta, per cui per me non era assolutamente un problema unire due realtà musicali molto distanti”.

You Gotta Pay

Cover di You Gotta Pay (1994).

Claudio, l’EP You Gotta Pay è contraddistinto da una psichedelia molto groovosa, ma che è contaminata da un rumorismo che ricorda quello dei Butthole Surfers, e da certi toni più spaziali che rimandano i Fu Manchu (non a caso). In particolare Smoke è caratterizzata da un turbine lisergico e ondivago invertendo la sua rotazione attraverso geometrie complesse. Un suono che sempbra avvicinarsi a quella poetica dello spettro del grunge, ma che in realtà ha una spinta in una direzione difficilmente individuabile per via di quella eterodossia con la quale combina elementi più disparati. Mi chiedo sotto quale influenza eravate, e se il contesto locale in un qual modo vi ha condizionati.

Claudio Colaianni: “Beh, cosa aggiungere? Hai praticamente fatto una disamina completa e corretta di cosa erano That’s All Folks! in quegli anni. Estrazioni talmente eterogenee da riassumere in 3 punti chiave: il blues-rock dei ’60, la new wave più punk ed il crocevia della psichedelia dei ’90 compreso tra l’hard rock del grunge e lo shoegaze UK.
“Per quanto riguarda l’ambiente circostante non vi era nulla di più ostile nei confronti della musica, ma questo era anche una spinta entusiastica per rompere gli schemi…e le palle”.

Bz Bz Ueu

Cover di Bz Bz Ueu (1995).

Riguardo alla seconda uscita El Borracho, omonima degli Bz Bz Ueu, essa è nel segno del free jazz, in stile colemaniano. Si percepisce una certa evoluzione dal post-rock, attingendo a piene mani dal catalogo Skin Graft, con feedback sonici e un senso della melodia e dell’armonia ludico. Oltre al noise, si può notare una certa influenza balcanica nella sezione di fiati, che sarei curioso di sapere da dove derivi (un elemento a mio parere recente per l’epoca che influenzerà non a caso Squarcicatrici e Luther Blisset, e presente anche in Stig Noise Soundsystem). Anche la commistione free/noise è nuova soprattutto nel contesto locale dell’epoca, e che influenzerà il futuro nelle vicinanze (vedasi le scene di Bari e Taranto); quindi chiedo a te, Pino: da quali desideri siete stati mossi, e chi o cosa vi ha condizionati in merito?

Pino Montecalvo: “I Bz sono nati in maniera spontanea come i funghi e graduale nell’assestamento. In principio era un divertimento da piano bar strumentale dissonante formato da me al basso ed Efisio alla chitarra, coadiuvati dalla presenza di una batteria elettronica; solo qualche esibizione, alcune delle quali smorzate a metà dai gestori del posto che ci promettevano qualche birra in più per farci smettere prima del previsto. Ad una delle sudette esibizioni conosciamo il futuro batterista in carne Carlo Lupori (The Glue, Love Supreme, The Hunchmen) poi si aggrega Edi Leo alla tromba (storica chitarra hardcore punk nei Chain Reaction) e infine Jacopo Andreini al sax (Enfance Rouge, Jealousy Party, Squarcicatrici, Tsigoti, Arrington De Dionyso Quartet e mi fermo qua che non basta una pagina), ovvero il toscano con cui avevo una fitta corrispondenza musicale/epistolare. Menziono anche Valeria Agrimi alla batteria che prese in un secondo momento il posto di Carlo dopo il suo allontanamento semi-forzato dalla nostra amata Puglia. La proposta sonora è stata sempre figlia di lunghe sedute di improvvisazione ludico/free/rumorista senza alcuna preclusione, a cui seguiva un lavoro di cut-up umano fino alla realizzazione dei pezzi finiti”.

Bz Bz Ueu No

Cover di Bz Bz Ueu/No (1996).

Bz Bz Ueu si stavano muovendo in una direzione leggermente più dissonante con il successivo split insieme ai No (Justin Allen e Craig Flanagin, con la collaborazione di Lita Hernandez) per la El Borracho, ultima sua uscita. Particolarità di questo sette pollici è anche la diversa regolazione della velocità dei due lati (33 rpm sulla facciata dei Bz Bz Ueu, 45 rpm su quella dei No), molto originale e che conferisce una intrinseca asimmetria da contemplare. Ma come è nata la collaborazione con Craig e Justin, il cui gruppo dà il proprio contributo pienamente free form e no wave? Rapporto che in un certo senso continuerà con uno split insieme ai God Is My Co-Pilot (Flanagin e Sharon Topper); ce ne volete parlare?

Pino Montecalvo: “Tra le mille cose che ascoltavo personalmente nei primi anni novanta, scoprii una notte alla radio i God Is My Co-Pilot che mi colpirono per il loro approccio molto approssimativo con gli strumenti ma di grande impatto. Il passo successivo e che andai a vederli e conoscerli al Link di Bologna; una corrispondenza e reciproca ammirazione fece poi nascere lo split coi No e gli stessi God-Co che furono la prima uscita per la mia nascente e tuttora viva etichetta Music À La Coque“.

Corrado Massari: “Fu una proposta di Pino quella di realizzare uno split 7” con i No, band con cui lui era in contatto, ricordo che facemmo suonare a Bari anche i God Is My Co-Pilot. Mi fece ascoltare i nastri e decidemmo insieme a Edi di produrla. Il motivo dei giri diversi, era legato ad una questione puramente tecnica, a 33 giri potevamo metterci più minutaggio per i Bz Bz Ueu che avevano tre brani.
“Particolarità dell’etichetta era che, considerate le scarsissime finanze, praticamente inesistenti, tutto quello guadagnato da una produzione dovesse essere reinvestito nella successiva. Be’ in questo caso non successe, e data le scarse vendite del 7″ la produzione si fermò. Ma ovviamente questo non fu la sola causa. La necessità di dover avere delle entrate fece sì che dovetti cercare un lavoro e ahimé trovarlo. Questo lavoro mi occupava praticamente 9-10 ore al giorno. Per cui non avevo più tempo né energie per portare avanti l’etichetta. Con il senno di poi, oggi me ne pento”.

That's All Folks

That’s All Folks. Da sinistra a destra: Nino Colaianni, Claudio Colaianni e Michele Rosiello.

Qual è stato il responso di questi dischi? So che per i That’s All Folks nel ’94 c’è stata la trasferta a Berlino, mentre i Bz Bz Ueu erano conosciuti anche in Giappone. Suoni che a mio modesto parere possono essere classificati nell’etichetta del rumorismo, costituendo una famiglia con i loro esclusivi ruoli, e diffondendosi in un pubblico vasto. Quindi, come accolse la stampa quei lavori?

Claudio Colaianni: “Il responso di critiche ok. Le vendite è meglio non ricordarlo a Corrado…”

Corrado Massari: “Le prime due produzioni andarono piuttosto bene, considerato tutto. All’epoca si stampavano ancora in media 1000 copie per i vinili, cosa che per le produzioni underground indipendenti oggi accade di rado, di quelle me ne sono rimaste solo qualche decina, tra scambi e vendite. Per il mini CD dei Bz Bz Ueu che però fu stampato in tiratura limitata a 500, solo due copie sono ancora in catalogo.
“La terza uscita invece fu commercialmente un disastro come detto.
“Le recensioni dell’epoca le ricordo decisamente positive, il Giappone in particolare era molto sensibile a questo tipo di proposte musicali, c’era una scena noise e sperimentale molto attiva e ricettiva”.

Parliamo dei nomi. Qual è l’origine del nome El Borracho (in spagnolo indica una persona alticcia)? E That’s All Folks e Bz Bz Ueu (un nome che rimanda al dadaismo o futurismo, a seconda dei punti di vista)? Inoltre i nomi dei dischi rispecchiano le attitudini dei due gruppi, ovvero quella da assunzione di sostanze psicotrope e quella nonsense. Date una valenza empatica alla scelta dei nomi?

Claudio Colaianni: “That’s All Folks! è un chiaro riferimento ai cartoni Looney tunes e lo scegliemmo perché un gruppo chiamato Beasts Of Bourbon già esisteva. Il nome Borracho ricordo derivante da un nomignolo affibbiato a Corrado per via della somiglianza con la capigliatura di Zack De La Rocha, e quindi tra uno sfottò e un altro si perseverava con le stronzate e i nomignoli filo-messicani. Ma Borracho è molto carino, ci sta tutto”!

Pino Montecalvo: “Riguardo all’origine del nome (di Bz Bz Ueu): è stato suggerito da Edi alla nostra prima prova con lui; sostenne che fu bisbigliato da suo figlio lattante nel suo orecchio, probabilmente mentiva”.

Corrado Massari: “Mi piacerebbe darti una risposta trascendentale sull’origine del nome, qualcosa che lo carichi di mistero e lo faccia sembrare più interessante di quello che è, ma in realtà mi tocca confessarti la sua prosaicità. Se non ricordo male fu un gioco abbastanza cretino tra me e Claudio, riguardante l’assonanza del nome Borracho, una canzone di Mark Lanegan, col mio nome. Più in là però la qualità alticcia del nome si rivelò essere adatta alla sua produzione ondivaga e diversificata. Mi viene in mente la camminata dell’ubriaco insomma dominata in parte da processi casuali”.

Bz Bz Ueu

Bz Bz Ueu. Da sinistra a destra: Edi Leo, Pino Montecalvo, Jacopo Andreini, Efisio Biancofiore e Carlo Lupori.

La El Borracho successivamente è diventata un’agenzia di booking europea con sede a Berlino. Un’evoluzione che parte da quell’esperienza di owner discografico. Corrado, ma cosa ti ha indotto a fare quella scelta, come vedi quel vissuto con gli occhi di adesso, e se rifaresti le stesse scelte tornando indietro? Claudio, ora suoni nell’altra psych band Anuseye, e Pino, tu invece hai un gruppo di improvvisazione libera (Avvitagalli) e gestisci l’etichetta Music À La Coque; è stato per voi un’esperienza seminale quella passata, soprattutto doveva essere stimolante fare parte di una scena locale coesa tra voi gruppi e la El Borracho. È stato effettivamente così per voi?

Claudio Colaianni: “Sono entrato in contatto con Corrado in maniera del tutto naturale: eravamo amici (lo siamo tuttora, semplicemente ci frequentavamo assiduamente..). E in un contesto sociale, spazio-temporale che non offriva assolutamente nulla se non il male di vivere è naturale che persone, amici con una forte esigenza di esprimere la propria creatività cerchino di unire le proprie idee per emergere. È in questo tipo di contesto che devi ricercare la nascita di una “scena” (un termine che trovo insopportabile), di quel particolare fermento artistico ed espressivo che si realizza con la nascita, nel nostro caso, di gruppi musicali, etichette, organizzazione di serate ed eventi, qualsiasi cosa che possa darti la possibilità di esprimersi”.

Corrado Massari: “Certo, rifarei le stesse scelte ma probabilmente in maniera più strutturata, perché oggi ho la netta sensazione che con una visione più ampia si sarebbe potuto fare di più. Ma all’epoca, non c’era nessuna intenzione manageriale o di impresa con una visione futura, si guardava al presente e basta. Ma era anche difficile il contrario, in quel contesto di città del Sud, certo vivace, ma comunque slegata dal resto del mondo.
“Perciò era tutto molto legato alla spontaneità, come dicevi anche tu in una precedente domanda. Se potessi tornare indietro probabilmente quello che cercherei di fare sarebbe non cercare il lavoro vero, quello che ti da stabilità ma ti allontana dalla tue passioni, inaridendoti. Andrei avanti caparbiamente.
“Quando mi sono trasferito a Berlino, praticamente 13 anni dopo l’uscita del primo 7″, dopo svariati lavori ho deciso di fermarmi e prendere del tempo per me stesso. Ma è stata sempre quella passione che poi mi ha riportato sulla strada dei concerti e della musica in generale. Nella scena locale c’era una band alla quali proposi, visto che avevo ancora i miei vecchi contatti in Italia, di provare a metter su un tour italiano. La band, non avendo un’agenzia di booking ufficiale, accettò. In qualche mese, riuscii ad organizzare un tour di 10 giorni. Curioso fu che quasi tutti i vecchi contatti non funzionarono, ma per fortuna ne trovai altri. E poi feci lo stesso con altre due band, sempre di Berlino. Da li iniziarono ad arrivare le richieste di varie band da tutto il mondo e così, quasi per gioco, l’agenzia era praticamente diventata una realtà”.

Per concludere, da addetti ai lavori come vedete il futuro della comunità underground locale, nazionale e mondiale del futuro. Ovviamente viviamo per adesso momenti difficili e speriamo che la situazione ritorni a quella di prima della pandemia, o per lo meno migliori anche rispetto gli standard originari. Speriamo di vedervi dal vivo quanto prima possibile.

Claudio Colaianni: “Il futuro non mi interessa granché; finché c’è spazio per l’espressione creativa e la necessità di fornire dei messaggi, esisterà l’arte in tutte le sue forme. Molto spesso si confonde la notorietà con la riuscita di determinate realtà, niente di più falso! Da non tralasciare anche la necessità di rimorchiare figa…”.

Corrado Massari: “Questo è un domandone. Vivo in Germania da molti anni, e da booking agent seguo qualche band italiana anche. Mi sembra che in Italia ci sia un’aria in generale più allineata a quella europea e mondiale che all’epoca. C’è anche molta più professionalità. La mia personale sensazione é che con internet e soprattutto lo sviluppo dei social network ci sia una tendenza generale all’appiattimento dell’offerta culturale, anche a livello mondiale. È tutto un po’simile, sentito e risentito, una riproposizione di schemi e idee musicali che si ripete da diversi anni, in qualsiasi ambito musicale. Un ritorno al passato costante. C’è in generale un’alta qualità delle proposte, in termini tecnici, ma scarsa originalità. Insomma non mi sembra di scorgere cose nuove e sconvolgenti all’orizzonte da un bel po’. Ma, essendo una spinta che nasce dal basso, una scena underground ci sarà sempre, in forme diverse, che sia originale o meno, questo é un altro discorso”.

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