Viaggi cosmici e caleidoscopici insieme ai Gotho
di Giovanni Panetta
Intervista a Fabio Cuomo sul suo progetto Gotho in duo con Andrea Peracchia, sui loro dischi MindBowling e Gothron Versus Fartark.
Gotho

Gotho, da sinistra a destra: Andrea Peracchia e Fabio Cuomo.

Manipolazione di colori e fronti d’onda da un punto di vista elettronico hanno sicuramente reso il contesto sonoro degli ultimi anni interessante, in una forma diversa, il cui tutto si accompagna spesso ad una più difficile comprensione. Se da una parte l’avanguardia si fa più complessa, per via di una ricerca di idee nuove in ambito sonoro, non manca chi esplora con la sperimentazione legandola a temi pop. Il paesaggio colorato dei Gotho non deve suggerire necessariamente ingenuità, se non da un punto di vista della forma, in cui tematiche videoludiche e fantasy vengono associate ad una musica complessa e fervida, progressiva e krautrock allo stesso tempo, delineando paesaggi barocchi, caleidoscopici in maniera giocosa.

I Gotho, ovvero Fabio Cuomo (tastiere) e Andrea Peracchia (batteria), hanno pubblicato due album, ovvero MindBowling (Cave Canem DIY, Controcanti Produzioni) nel 2022 e Gothron Versus Fartark (Supernatural Cat Records) nel 2024. Di seguito l’intervista a Fabio Cuomo in cui ci si focalizzerà in particolare sull’ultimo album, in cui i pattern sonori si fanno più omogenei ma maggiormente meditati rispetto al primo lavoro, la cui produzione di quest’ultimo ha risentito di difficoltà ed impedimenti derivate dalla pandemia di COVID-19.

Cominciamo dalla prima uscita, ovvero MindBowling. Un certo sfondo matematico fa da sfondo a tutto il disco, con una cornice sia krautrock che metal, con elementi generalmente noise. Come nasce l’idea di questo vostro primo album e quindi del progetto nel suo primissimo periodo di attività?

“Andrea ed io siamo ottimi amici da anni; ma vivendo in città diverse e ognuno coi suoi progetti musicali non abbiamo mai considerato l’idea di suonare insieme. C’è voluta una pandemia mondiale perché ci decidessimo! Abbiamo scritto Gatta De Blanc; che essendo 25 min. è più di metà dell’album, durante la nostra prima prova (ci eravamo già mandati qualche idea su spartito su cui lavorare). Siccome per quella prova avevamo noleggiato tre giorni lo studio di un mio amico, il terzo giorno l’abbiamo registrata con una telecamera che prendesse più o meno tutti e due e l’abbiamo subito pubblicata in rete… La versione del brano live su YouTube è in realtà quella prima bozza. Il resto del disco è avvenuto così, molto naturalmente direi… mandandoci bozze e provando dove e quando riuscivamo….per trovare una sala prove fissa abbiamo dovuto aspettare di scrivere il secondo.”

Ilary Blastbeat un math rock sintetico è protagonista con un’impostazione elettronica o da library music che riproduce un collage dalle forme nette e inconsciamente barocche come un quadro di Paul Klee, ma con un’impostazione familiare. Come nasce l’idea più di impatto e dinamica?

“Uno dei motivi che ci ha spinto a fare i Gotho è stato che eravamo stanchi di sottostare a parametri di come o cosa si dovrebbe suonare in un genere piuttosto che un altro. Ilary Blastbeat nasce da due temi che potrebbero dirsi inconciliabili all’interno di una stessa composizione: quello iniziale, appunto Blastbeat un po’ matematico; e quello centrale appena rallenta, che è un canone su un bordone di La… cioè un synth fa un tema e l’altro con un suono molto diverso lo fa identico ma iniziando dopo come se fosse un delay; mentre rimane la nota bassa grazie al pedale sostegno del synth basso( non usiamo basi o loop per scelta).”

Il successivo pezzo, nonché suite principale, Gatta The Blanc, un suono progressivo e centrifugo permea tutto il pezzo nella sua evoluzione ancora una volta kleeiana e baroccamente giocosa. L’aspetto ludico cela anche un carattere spaziale, che figura come largo intermezzo attraverso divagazioni astratte ma con i piedi ben saldi in un terreno reale e palpabile. Parlateci dell’idea dietro il pezzo che unisce impostazione bambinesca e policromata con un approccio più adulto.

“Penso che questo brano sia quello in cui abbiamo riversato maggiormente questa nostra ricerca di libertà artistica. Ci sono due grossi momenti nel brano in cui a un tema segue un’improvvisazione, in cui letteralmente partiamo senza avere idea di cosa suoneremo. Andiamo per così dire insieme a farci un giro a braccetto per poi tornare indietro. Una volta dal vivo siam finiti su dinamiche molto basse, e Andre a un certo punto ha iniziato a “suonarsi” le ginocchia con le spazzole. Un’altra volta è venuta una ragazza dal pubblico e si è messa a suonare con me le tastiere… credo sia un brano in cui anche nelle parti più scritte si respiri questa libertà, che a volte ti guida a giocare e a volte ti guida in divagazioni più adulte a seconda del momento.”

Maggiormente omogeneo e più ieratico è il successivo disco, nonché secondo album, Gothron Versus Fartank, in cui non mancano l’elemento spaziale e una cromaticità ludica di fondo. Il disco è un letterale viaggio lisergico in un paesaggio plumbeo e spiralitico, in cui forme astratte vivono di un’essenza propria. Parlateci di questo cambio di poetica, che consiste in un’immersione profonda dentro un’estetica forse più platonica, attraverso un linguaggio matematico che parla per sé stesso.

“Gothron Versus Fartark è sicuramente più “scritto” del primo. Penso che non abbiamo fatto altro che spostare questa libertà più sulla scrittura che sull’esecuzione. Volevamo fare una specie di colonna sonora di una storia che mi sono inventato sulle vicende e le battaglie di questi robot spaziali da cui dipende il destino dell’universo. Abbiamo letteralmente scritto ogni parte immaginandoci la scena che “sonorizza”. La seconda battaglia, per dirne una, è piena di complicati unisoni molto marcati che rendono l’idea del caos, della velocità e della lotta in generale dei due.”

La prima traccia, Gothron Ars, Gothron Ars Eem (Gothron Rise, Gothron Rise Now!), è un’introduzione che si districa in complessità ritmiche più dinamiche, ovvero una overture basata sulla dinamicità che in maniera obliqua riprende gli stessi movimenti al suo interno reinterpretandoli in maniera ogni volta stacanovista. Come avviene questa scelta interessante in questo vostro lavoro?

“In ogni colonna sonora che si rispetti ci sono temi che tornano a seconda dei momenti; in quel punto gli unisoni di cui parli scandiscono il tema principale del disco, dando una specie di colore militare-spaziale mentre viene alla luce Gothron. La stessa ritmica viene ripresa la seconda volta che si batte per enfatizzare il suo essere guerriero-spaziale. E siccome la prima volta viene sconfitto, abbiamo pensato di riprendere quegli unisoni ancora più incisivi nella battaglia in cui finalmente trionfa desse un senso di sua rinascita più forte di prima.”

Dallo stesso schema, First Fight in Planet Disco Dance si muove maggiormente in un melodismo a tratti più solare, in cui fanno da sfondo sonorità vorticose e dinamiche. Tale pezzo appare in analogia e al tempo stesso contrapposizione con la first track, un’evoluzione più luminosa che appare quasi come una peculiarità di un videogioco (o diciamo easter egg), per via della struttura quasi digitale o lisergica; parlateci di questo passaggio e di come avviene.

“Volevamo marcare il tono più leggero e divertente dell’immaginario di un pianeta Disco Dance, un po’ come fosse appunto un livello di un videogioco retrò. Inoltre, per come abbiamo immaginato la storia; nella prima parte della battaglia Gothron sembra avere la meglio, ma viene annientato all’improvviso e inaspettatamente. Da cui l’improvviso delirio di synth finale in cui immaginavamo proprio Gothron distrutto che veniva scaraventato lontano nel buio cosmico.”

Un viaggio matematico e più omogeneo caratterizza Mystical Training In Bothron Lamarovna’s Cave, in cui si aprono scenari spaziali e progressivi. Lo schema, che attinge da un krautrock contaminato dal prog, sembra ricalcare un tappeto techno che di volta in volta si apportano nuovi elementi, che lo rendono di una complessità naturale pari alla struttura di un cristallo magmatico. Parlaci dell’idea del pezzo in relazione al disco e al processo creativo in generale.

“In questo punto della storia Bothron Lamarovna, un mistico errante dell’universo, raccoglie Gothron e lo fa allenare nella sua caverna dalle muffe cosmiche rendendolo più forte. La traccia inizia col tema portante di Gothron ( quello della prima traccia per capirci) debole e minimale; si aggiungono pian piano strati di parti a rappresentazione del suo recupero delle forze fino ad arrivare allo stesso tema ma trionfale e potente; a simboleggiare appunto il suo tornare in forze. Segue tutta l’apertura psichedelica che cresce di nuovo fino alla parte di doppia cassa in cui il vocoder evoca il nome di Bothron Lamarovna.”

La parte finale, per la precisione gli ultimi tre pezzi, delineano un finale centrifugo in maniera caotica, richiamando musicalmente quelli di alcuni film di Terry Gilliam (Brazil, Parnassus). Successivamente allo smooth ambientale di Celebration Of Gothron’s Power Playing The Space-Noir-Trumpet, la successiva Re-Crossing The Wormhole Using A Little Quantic Drum è caratterizzata da un temperamento più morbido ideale, un momento di sospensione o riflessività che si evolve in trame psichedeliche e astrattamente cosmiche, per poi proseguire con il suono claustrofobico dal synth distorto e il tratto heavy di Gothron Armsten! (Let’s Bow To Gothron’s Power!). Parlateci del senso di questo finale che ricalca tra l’altro una narrazione comprensiva di tutti gli elementi di Gothron Versus Fartark.

“Celebration of Gothron’s Power Playing The Space-Noir-Trumpet non vuole essere ne più ne meno del titolo. Abbiamo scritto due temi per tromba un po’ scuri e jazzosi, e li abbiamo distrutti in post-produzione rendendo tutto astratto e astrale.

“Re-Crossing The Wormhole Using A Little Quantic Drum parla del ritorno a casa dell’eroe. Per farlo deve riattraversare in direzione inversa il Wormhole che aveva percorso all’inizio della storia per andare allo scontro. Questa volta lo fa usando un Tamburo Quantico; che ci siamo immaginati essere un piccolo tamburo spaziale che, un po’ come la Spezia in Dune, fa viaggiare senza muoversi… una specie di tamburo sciamanico futuristico. La traccia si apre e si chiude con una parte di tamburo piccolo in 3 su un ostinato in 5, a simboleggiare l’entrata e l’uscita nella fenditura cosmica. L’apertura centrale è invece ovviamente il suo lungo e tortuoso attraversamento.

“L’ultima traccia invece l’abbiamo pensata come una matta sigla finale compendio di tutta la storia. Nella prima parte, e prima o poi lo faccio, sono sempre tentato di cantare col vocoder “Welcome to this crazy time!”.”

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