La produzione di Kaczynski Editions – Pulsioni Oblique continua all’insegna di un’elettronica dilatata, istintiva ed inconsciamente meditata. L’etichetta toscana ha pubblicato a Maggio 2024 The Lady from New York a nome di The Off-Keytchen, duo formato dal batterista e percussionista Simone Ginesi e Niet F-n, quest’ultimo mente, non solo corpo, della citata label. The Lady from New York nasce da un viaggio nella Grande Mela per l’appunto di Niet F-n, qui alle prese con elettronica e l’arte del sampling, in cui immortala quei momenti in forma acustica registrando parti di field recording nei suoi tentacolari tragitti attraverso la metropoli. Ginesi realizza la parte ritmica movimentata grazie ad un senso del beat dinamico ed urbano, stiloso, dall’estetica adulta, richiamando il fervido desiderio di libertà che univa arte e politica (termine utilizzato in senso generalmente più ampio e psicologico), quindi con un chiaro o subconscio retaggio nel periodo newyorkese della seconda metà del Novecento. Il formato del disco è uscito, oltre che in digitale e in CD, anche in un formato speciale in cui il supporto fisico (sempre in CD) si accompagna con un booklet con foto in bianco e nero scattate da Michela Olivieri.
Di seguito l’intervista a The Off-Keytchen (Simone Ginesi e Niet F-n) sulla poetica e i temi ruotanti intorno The Lady from New York.
Parlateci di come nasce il progetto The Off-Keytchen e come mai la metropoli americana ha questa centralità nel vostro primo disco intitolato The Lady from New York.
Simone Ginesi: “Il progetto nasce lo scorso anno da un’idea di Niet dopo un viaggio a New York. Sostanzialmente la sua intenzione era di fare un disco ‘percussivo’ che raccogliesse gli umori della città attraverso registrazioni sul campo, effettuate in giro per la metropoli, aggiungendo elettronica e batteria. The Off-Keytchen è l’unione di due parole (off-key – stonato e kitchen – cucina). Stonato in quanto il progetto è nato in fretta e furia senza troppi accorgimenti e cucina, il locale, in questo paesino della Lunigiana (Toscana), dove l’abbiamo registrato.”
Niet F-n: “Come anticipato da Simone l’idea è nata a New York, mentre raccoglievo field recordings in giro per la città. Non avevo in mente niente di preciso ma sapevo di voler suonare su una base ritmica, a quel punto ho contattato Simone con la proposta di fare un disco tutto basato sulle registrazioni fatte nella Grande Mela. Il resto, come si dice, è storia. Il nome del duo è appunto un gioco di parole che ci è sembrato divertente data la location inusuale delle registrazioni.”
The Lady from New York rappresenta un’altra release per Kaczynski Editions all’insegna di suoni dilatati e colti, in cui questa volta si prefigura il contesto di una New York urbana e alienante, quasi arcaica. Sembra ci siano riferimenti al film Taxi Driver di Martin Scorsese, per via dell’atmosfera lisergica e decadente, in cui il frequente utilizzo del rullante in The Lady from New York mi ha ricordato l’apparizione del personaggio Gene Palma, che nella realtà abitudinariamente si esibiva in giro per Times Square tra gli anni ‘70 e ‘80. Parlateci delle effettive influenze o punti di riferimento nel disco.
Simone Ginesi: “Né prima né durante le sessioni di registrazione abbiamo pensato a influenze o punti di riferimento su cui indirizzare la musica. Il disco è stato estrapolato da circa 10 ore di registrazione (5/6 sessioni) di musica totalmente improvvisata, mai suonata prima, nessuna second take o sovraincisione. In fase di editing, quando ci siamo messi a riascoltare quello che avevamo registrato, ho pensato che inconsciamente il risultato fosse il resoconto di circa 30 anni di ascolto di musiche, per così dire, ‘altre’. Il noise, l’ambient, il free jazz, l’impro e ovviamente certa musica elettronica.”
Niet F-n: “Concordo con Simone, essendo totalmente improvvisato l’album non è altro che il risultato di svariati anni di ascolti. Le influenze sono molteplici e hanno tutte il loro peso specifico nell’economia del suono del disco. Apprezzo il riferimento a Taxi Driver, uno dei miei film preferiti; NY ha effettivamente un lato alienato e alienante e se la sensazione traspare anche dalla musica si può dire che abbiamo raggiunto il nostro scopo che era quello di un viaggio sonoro attraverso la metropoli.”
City Ruins comincia con un gioco di bacchette che rimanda a sonorità be-bop e free jazz, in cui un’atmosfera anni ‘40 ‘50 viene trasfigurata da sample ripetitivi in senso astratto. Nella successiva Last Supper in NY l’atmosfera diventa più urbana e al tempo stesso moderna, in cui un beat periodico rimanda a sonorità motorik vicine a intuizioni minimaliste o elettroniche che hanno caratterizzato la suddetta metropoli. Diversi spettri di suoni si alternano in un’unica ed eterogenea entità geografica. Parlateci di questa poetica multi-sfaccettata e del suo perché.
Niet F-n: “Sia City Ruins che Last Supper in NY provengono dalle ultime sessioni che sono quelle dove abbiamo spinto di più sul fattore percussivo. Nella prima sono io che entro con un loop di voce al quale Simone adatta un ritmo tribale paranoico mentre nella seconda è lui ad iniziare con la ritmica ossessiva sulla quale io ricamo con i suoni di synth. Il procedimento è stato completamente spontaneo e ogni traccia è stata costruita in modo differente, se alcune tracce sembrano più “vicine” come atmosfera dipende unicamente dal nostro stato d’animo mentre le suonavamo.”
Simone Ginesi: “Suonando uno strumento che ha origini ed evoluzione nel jazz non posso non negarne l’influenza soprattutto nelle sue sfaccettature più free. Inoltre credo che il concetto di ripetizione, tipico del minimalismo, abbia giocato un ruolo fondamentale nel momento in cui improvvisavamo.”
In Mad Loneliness l’ordinaria atmosfera urbana si interseca con un suono di violoncello – eseguito da Macarena Montesinos – secondo armonie atonali e più distese, incrementando il lato più psichedelico e distorto nella release. L’apporto di violoncello in Harlem Afternoon – che è stato registrato all’interno della metro newyorkese – è all’insegna di armonie classiche in cui fa da sfondo un beat granulare incentrato sui piatti e hit-hat. Parlateci della selezione che propende anche verso il suono arcato in The Lady from New York.
Niet F-n: “NY è una metropoli dalle mille sfumature e questo penso sia ben reso nel disco dalla differente atmosfera che si respira in ogni pezzo. Credo che entrambe le tracce abbiano quell’aria dismessa e in qualche modo un po’ triste di alcune parti della città. Questa impressione è resa anche, e forse soprattutto, dal suono del violoncello che a mio parere ha sempre quel vago sentore di malinconia.”
Simone Ginesi: “Abbiamo voluto inserire queste due tracce, appunto per ‘abbassare’ i toni dell’album verso sonorità più decadenti e dare una parvenza di tranquillità. Niet è stato molto bravo ad inserire al momento giusto i samples di violoncello nello sviluppo dei pezzi. Fondamentale qui, e come del resto in tutte le tracce dell’album, l’ascolto reciproco, senza mai cercare di prevaricare l’altro con i propri strumenti.”
Un elemento soul, quasi trip hop, è protagonista in Subway Crackman, in cui si prefigurano atmosfere lounge e al tempo stesso acide all’insegna di un suono grown-up. In One Night in the Village diventa centrale un’omogeneità ambient, che per contrasto si sviluppa anti-entropicamente verso un caos sonoro di sample in senso bianco. Parlateci di questo lato più sintetico nella release.
Niet F-n: “Durante la selezione dei pezzi da inserire nella scaletta dell’album abbiamo cercato di mantenere la sensazione di eterogeneità che si respira per le strade di NY. Il lato più oscuro, sommerso e un tanto disarmonico della città penso traspaia da queste tracce dal mood cupo, notturno e piuttosto desolato. Non per niente Subway Crackman mi ha ricordato un tipo nelle scale della metro che stava appunto fumando una pipetta… e da lì il titolo.”
Simone Ginesi: “Entrambi in pezzi hanno un finale in crescendo, il primo degenera in un’esplosione totalmente free, l’altro in un bordone di rumore bianco, degno degli insegnamenti del gruppo rock newyorkese a cui personalmente mi sento più vicino, ovvero i Sonic Youth. Ma come abbiamo già detto in precedenza tutti questi elementi sono venuti a galla solo dopo aver ascoltato le registrazioni. Non abbiamo mai preso in considerazione di riproporre un qualcosa, è per questo che consideriamo questo lavoro abbastanza originale.”
La conclusiva Noise and Jazz in Central Park assume un tono più spaziale; un beat di batteria ancora motorik che si districa autisticamente rispetto a un synth che si dilata nettamente lungo tutta la traccia, alzando il volume sonoro e strutturandosi secondo un climax musicale in cui nello sviluppo la batteria apporta cambiamenti graduali verso il caos. Negli ultimi minuti una tromba, registrata per l’appunto in Central Park, delinea per contrasto quella che potrebbe essere la facciata o il passato della Grande Mela, in cui l’anima attuale più viscerale, formata per l’appunto da synth e batteria, sovrasta tutto il resto nella sua potenza istintiva. Parlateci del significato dietro questo finale.
Niet F-n: “Noise and Jazz in Central Park ci è sembrata la conclusione perfetta del viaggio a NY, il pezzo che da solo racchiude tutte le varie anime della city: caotica ma in qualche strano modo accogliente, indifferente e variopinta, luccicante e oscura, contraddittoria, lunatica, degradata e incredibilmente viva. Credo che lo scontro del rumore con la dolcezza della tromba rappresenti la sintesi perfetta di tutti i contrasti che si possono apprezzare durante un soggiorno nella Grande Mela.”
Simone Ginesi: “Il pezzo fa parte della prima o seconda sessione che abbiamo registrato e dove forse è più evidente l’approccio istintivo e l’urgenza di fare musica. E’ forse il pezzo più rock, se così si può dire, dell’album. Sostanzialmente credo sia la degna conclusione di un disco che considero punk, per attitudine ed intenzioni, ma densissimo in quanto a sonorità.”