Tacet Tacet Tacet, momento di immersione con Fickle
di Giovanni Panetta
Intervista a Francesco Zedde, riguardo il suo ultimo album Fickle a nome di Tacet Tacet Tacet. Sonorità in bilico tra rarefazione ambient e magmaticità techno.
Tacet Tacet Tacet

Tacet Tacet Tacet, foto di Riccardo Saraceni.

Dopo aver vestito per cinque anni il ruolo di batterista e sperimentatore cosmopolita e totalmente weird a nome del suo progetto principale Tonto, nonché di promoter del festival Discomfort Dispatch, Francesco Zedde ritorna ad assumere un aplomb più formale, per certi versi ieratico, con Tacet Tacet Tacet (il titolo cita John Cage riferendosi al suo pezzo più celebre 3’44”), il suo secondo progetto solista in cui si rende alchimista musicale attraverso sonorità sia colte che da club, tra ambient e techno. Dopo le conversazioni attraverso cui si è intrattenuto con noi per approfondire la sua poetica con Tonto (Monografia fino a Cerbiatto EP, Intervista sull’album Functional Stupidity, Intervista su Wasted dei Lampredonto), Francesco torna nella veste di producer elettronico in occasione della pubblicazione dell’album Fickle (2025) per Bloody Sound, Gross Diskos, Light Item e Slowth Records. Nell’album collaborano Jacopo Mittino (52 Hearts Whale) come coautore di alcuni brani, e Rea Dubach, la quale ha offerto il suo contributo alla voce.

Di seguito l’intervista a Francesco Zedde riguardo Fickle e il suo contesto.

Francesco, raccontaci che ruolo avuto il progetto Tacet Tacet Tacet in questi ultimi cinque anni di assenza discografica (l’ultima uscita è lo split (non) intitolato “Untitled” in collaborazione con Davide Bartolomei, artista noise del collettivo milanese Communion). So che, per quanto riguarda le esibizioni live, è stata comunque uno dei tuoi progetti più vivi, insieme a Tonto, ovvero la versione della tua musica più plastica e sardonica, mentre con Tacet Tacet Tacet la tua arte vive più sospesa, quasi in un silenzio cageano.

“Negli ultimi cinque anni mi sono chiaramente concentrato su altre cose, in particolare Tonto e Discomfort Dispatch. Fickle è rimasto in un limbo tra la produzione e il mix definitivo, ho ragionato su abbandonare il progetto perché non ero più interessato nel lavoro di composizione in studio. In un certo senso volevo suonare di più e registrare di meno. Poi all’improvviso, l’anno scorso sono stato invitato per un concerto e nel processo di preparazione mi sono innamorato di nuovo dei brani, ho deciso di cercare delle etichette per pubblicarlo. Fare musica in studio richiede una certa pazienza, è necessario prendersi cura del suono, e rimanere pertinenti con le idee compositive, perseverare nello stesso concetto dal momento in cui si comincia un progetto fino a quando esce dallo studio. Con la batteria, e con Tonto, non è la stessa cosa, usare oggetti, strumenti musicali, mantiene la mia attenzione in maniera più naturale.”

Nel 2024 è uscito Dwell (Midira Records) a nome di Fra Zedde. Il disco sembra essere un’anticipazione di Fickle, ma in una forma diversa. L’aspetto ambient predomina nella release, in cui compaiono tracce sporadiche di rumorismo, più frequenti nella traccia 6 intitolata “c’est moi, c’est moi qui me tire du neant auquel j’aspire”. Parlaci di questo preambolo per il tuo disco successivo.

“In realtà Fickle è stato registrato molto prima di Dwell. Quello è un lavoro a parte, un percorso diverso che presto vorrei esplorare di nuovo. C’è stato un periodo nel lockdown in cui mi sono concentrato sui loop con la chitarra, lavoravo su tempi compositivi lunghissimi e sovrapponevo pochi suoni per giornate intere, Dwell è il risultato di quell’esperimento. Onestamente non speravo di farlo uscire con Midira, è stata una grande soddisfazione.”

Fickle, pubblicato per attenuation circuit, Bloody Sound, Gross Diskos, Light Item e Slowth Records, si muove tra techno e ambient, in una forma più dilatata, in cui i suoni sembrano simulare forme geometriche pixelate in un movimento adrenalinico; da questo punto di vista è esplicativa la prima traccia Gamble, in cui il movimento frenetico segue attacchi e interruzioni in maniera ondivaga. Parlaci di come avviene il processo creativo di Fickle, focalizzandoti anche sulla prima traccia.

“Per Gamble sono partito da un’improvvisazione alla batteria, ho usato una combinazione di effetti abbastanza complicata sulla registrazione originale. L’idea di partenza era di trasformarla in una tessitura, snaturare il suono di batteria, ricavarne dei timbri più interessanti mantenendo la tensione naturale dell’improvvisazione. Nella seconda parte ho utilizzato dei suoni di sintesi e la chitarra. Quasi in ogni pezzo di Fickle ho usato dei metodi simili. Mi interessa provocare della confusione nell’ascoltatore/ascoltatrice, fare in modo che si chieda che genere di suono sta ascoltando, mascherare i suoni reali come suoni di sintesi e/o simulare texture organiche con i sintetizzatori. Eventualmente chi ascolta crea la sua personale narrazione e se la sua mente crea una storia diversa da quella che ho immaginato io, tanto meglio. Nella mia immaginazione è un po’ come creare dei personaggi dinamici con riferimenti sfocati, difficili da riconoscere.”

Tacet Tacet Tacet

Tacet Tacet Tacet, foto di Riccardo Saraceni.

In Pertinence vengono delineate texture ritmiche dal dinamismo intenso insieme ad una ieratica leggerezza ed elasticità. L’aspetto ambient è propedeutico nell’ascolto, in cui il suono si evolve in arabeschi contorti e flussi di beat più aerostatici. Una complessità che risiede nelle forme e nello spazio contenitore. Come avviene questa dinamicità morbida?

“Mi fa piacere che tu abbia colto l’uso dei termini ‘contorti’ e ‘aerostatici’. Quando ho iniziato a comporre il pezzo, il mio obiettivo era quello di creare dei momenti di sorpresa nell’ascoltatore. Ci sono momenti in cui i suoni emergono bruscamente, in altre sezioni il ritmo è fluido e rotondo, ma viene interrotto da improvvise frenate e pause. In breve, ho provato a fare un pezzo dove nulla può essere dato per scontato.”

In Recurrence domina un suono lirico in fede ad una forma per l’appunto ambient, basata in riverberi ed echi di accordi pianistici. La traccia, l’ultima dell’album, caratterizzata da una melodia per lo più bitonale e da dettagli sempre diversi, sembra rappresentare il finale aperto di un film dalla trama astratta. Quali sono i punti di riferimento per questa traccia?

“Non te lo so dire, a un certo punto mi resi conto che ricorda molto un certo album di Nils Frahm, magari l’avevo ascoltato e imitato quando ho cominciato la traccia, ma il più delle volte mi dimentico dell’origine di certe cose. Ho cercato di creare una conclusione contemplativa dove la semplicità dei due accordi di piano si apre a degli elementi nuovi ma senza tornare alla situazione iniziale, creando quella sensazione di “finale aperto” che hai colto perfettamente.”

È interessante anche la copertina dell’album, ad opera di Diego Manatrizio, in arte Flaaryr. Un collage elaborato al computer rappresenta nelle forme nubi che si stagliano sopra un prato, in cui il tutto è visualizzato dall’alto, in cui le suddette nuvole, qualcosa di etereo, nello sfondo racchiudono figure del mondo laggiù, delineando un gioco estetico probabilmente fine a sé stesso, in cui l’umore variabile come da titolo viene rappresentato nel movimento fluido del cielo. Come avviene l’idea di questo artwork?

“Diego ha elaborato la visione di Fickle con un collage di immagini non correlate, come se le nuvolette fossero membrane che rivelano frammenti di realtà, proprio come i diversi layer di suoni di origine diversa convivono nei brani. Ricordo di avergli parlato di un’idea e di una palette, facendo dei riferimenti a dei volantini che aveva fatto precedentemente.”

 

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