SPIRIT COUNSEL: UN ALBUM CEREBRANTE E STIMOLANTE
di Giovanni Panetta
Incontro di più idee ad opera di Thurston Moore
Spirit Counsel

Cover di Spirit Counsel (2019).

La personalità artistica di Thurston Moore ha coniugato il lato più pop dell’underground americano con quello avanguardistico del suo maestro Glenn Branca e della no wave newyorkese. Anche se la sua ultima produzione solista si è mossa in direzione sempre più propriamente sperimentale, convergendo verso il superamento di quella dicotomia accennata, attraverso un linguaggio che unisce psichedelia, avant rock (in senso lato) e influenzato in parte dal free jazz. Emblematico è il suo lavoro Rock ‘n’ Roll Consciousness del 2017, dove l’amante dei sixties (e del punk) Moore è alle prese con trame musicali complesse sotto forma di suite lunghe una decina di minuti… e stavolta l’ex-leader dei Sonic Youth supera in pieno sé stesso. Parliamo del suo ultimo lavoro Spirit Counsel, uscito il 20 Settembre dell’anno scorso e solo in formato digitale per via della sua estensione del tempo: tre CD, tre pezzi strumentali, i quali durano complessivamente due ore e mezza circa. L’album è uscito per la Daydream Library Series, l’etichetta di Moore e di Eva Prinz, la quale ha anche prodotto l’album.

Il suono è disteso, etereo, lascia spazio all’elaborazione della musica, ovvero al suo processo creativo, e offre ampia opportunità di fruizione all’ascoltatore. Le immagini che evoca sono multiple, inconsce, ultraterrene, a tratti cosmiche, rimandando in un certo senso al Sun Ra più moderno. In questo disco l’unico legame terreno è il timbro di chitarra e basso meno distorto (e della sporadica apparizione della batteria); a volte proprio il suono delle corde ha un colore astratto, dissonante, un calore sacrale, in cui l’umano si fa ascetico. Il concreto diventa una sfumatura dell’astratto, in cui l’universo complessivo è una parte delle sue leggi fisiche

Alice Moki Jayne è un omaggio alla jazzista Alice Coltrane, all’artista visuale Moki Cherry e alla poetessa Jayne Cortez, tre donne che sono state rispettivamente partner di John Coltrane, Don Cherry e Ornette Coleman. Il pezzo, della durata di un’ora, è in forma libera anche se ha una struttura più classica. I legami con il tradizionale songwriting di Moore sono evidenti, in particolare con Rock ‘n’ Roll Consciousness, in quanto sono chiare le connessioni con la psichedelia e il jazz libero; inoltre quest’ultimo lavoro, dai tempi più diradati rispetto la norma ed anche con testi più immaginifici rispetto la produzione precedente, proietta l’artista originario del Connecticut verso sonorità più cerebrali. Alice Moki Jayne è il collante tra il prima e il dopo, dotato di un suono che vibra, che si distorce e si attenua, rallenta e accelera, urla e sussurra. un pezzo sicuramente più progressivo e di un chitarrismo più lisergico.

La seconda traccia, la più breve (dalla durata di mezz’ora), ovvero 8 Spring Street è costituita da variazioni di riff più cristallini che di trasformano in matasse dissonanti chitarristiche; il pezzo è strutturato a più istanze nelle quali compare la stessa formula che descrive un crescendo secondo più parametri.

Galaxies, pezzo per dodici chitarre a dodici corde, è un flusso perpetuo chitarristico in cui, tra suoni più scampanellanti che rimandano ad uno dei tratti distintivi di Pharoah Sanders, vengono alternati la dissonanza della chitarra e la distorsione degli effetti e gli immancabili feedback, elementi che vanno a costituire il leitmotiv di tutta la carriera di Moore, componenti della sua professionalità che segnano il passato, presente e futuro della musica indipendente; il suono indirettamente free, che incontra il gioco di alti e bassi tonale e intuizioni della kosmische musik tedesca, a tratti onirico, a tratti industriale, che simula una catena di montaggio chitarristica. Moore sottoscrive il suo lavoro con questo pezzo free form che meglio rappresenta la sua intuitiva e diretta creatività.

Un album molto complesso, pieno di più intuizioni, storiche e nuove; sicuramente un lavoro per appassionati che vogliono svincolarsi dalla tradizione. Spirit Counsel richiede pazienza d’ascolto, una palestra per senso critico musicale che ad un aspirante musicofilo non deve mancare. L’interpretazione è creatività, dove si ha una gran fetta di libertà, dove il confine tra oggettivo e soggettivo è entusiasticamente sfumato. Quindi ben venga lavori come questo che stimolano l’ascoltatore ad avere un’indipendenza di pensiero musicale. Si possono trovare interpretazioni diverse in Spirit Counsel, a livello di suono e di contaminazioni di generi. Quindi diamogli un’opportunità, che molto probabilmente andrà a nostro vantaggio.

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