L’HYSM?DUO MINIMALISTA, ORDINE NEL CAOS
di Giovanni Panetta
Intervista a Stefano Spataro

Ne è passato di tempo da quel periodo a cavallo tra gli anni ’00 e ’10, in cui si riprendeva a respirare aria di nuovo a Taranto. Da un punto di vista musicale. Parliamo della scena noise a cui hanno partecipato gruppi come Microwave With Marge, Bogong In Action, Occhio Trio, IONIO, Beirut… E questa volta si ha dalla propria parte etichette a livello nazionale come Psychotica Records (nata già precedentemente al periodo citato), Lemming Records e la Hysm? Records; quest’ultima gestita da un duo musicale, per l’appunto gli Hysm?Duo di Stefano Spataro (voce e basso) e Jacopo Fiore (batteria). Dopo una carriera musicale che ha saputo ben coniugare quello spirito noise tipico della terra dei due mari e progressismo musicale, i due tarantini sono ancora presenti nella scena ionica quasi estinta nella quale calcano i palchi ancora solo alcuni dei loro vecchi compagni.
Dopo una serie di album storici, il 26 Maggio dell’anno scorso eccoli con una nuova uscita discografica, l’ultimo di una trilogia, di un percorso metaforico, come ha dichiarato Stefano Spataro in questa intervista che gli abbiamo fatto: Astonishment, ovvero quello stupore ed entusiasmo che ancora scalpita in Stefano e Jacopo nonostante gli anni passati, ovvero “panta rei”. L’album, tra musica, rumore e parola, è un unione di minimalismo, free jazz, suoni math/krautizzanti distesi, un lavoro che suona al motto di “repetita iuvant”. Si va dal basso etereo e la batteria danzante di Cut ai tre spoken word assertivi di The Error, Music Is Not Important e Astonishment, dalle inflessioni free di Cooper al krautrock minimalista di Region. Un album che si è adattato al mood (e agli impegni) dei due componenti, come ci svela Stefano, in cui gli abbiamo chiesto diverse domande tra passato, presente e futuro, localismo e (diciamo) globalismo. Questa intervista ha l’intenzione di colmare i vuoti sull’etere informatico che concernono il gruppo secondo, in gran parte, un’ottica personale. Ringrazio quindi Stefano per la sua disponibilità che, insieme a Jacopo, ha regalato e regalerà mille vibrazioni dentro e fuori i confini della mia città.

GP: Allora Stefano, il tuo percorso è stato abbastanza articolato; oltre alla militanza ormai storica nei tuoi Hysm?Duo, hai partecipato a vari progetti, come Bokassà, La Sedia di Wittgenstein, e Solquest, ovvero la tua one man band, oltre alla tua carriera solista. Tutti progetti diversi ma all’insegna della sperimentazione, delle dissonanze, in cui hai cercato di far confluire il tuo consueto approccio cerebrale. Una musica che parla e fa ragionare con le dissonanze, oltre con l’inserimento di spezzoni cinematografici. Come hai scelto il tuo percorso con e senza Jacopo, e quali sono state grosso modo le tue ispirazioni musicali e non?

SS: In realtà tutti questi progetti che nomini nascono successivamente alla mia collaborazione, a tutti gli effetti adolescenziale, con Jacopo. In duo iniziamo a suonare insieme dall’estate del 2006, dopo esserci ritrovati, giovani universitari, a condividere novità musicali che non ci saremmo aspettati. Ma da ragazzini abbiamo militato, come un po’ tutti, nei gruppi della scuola, tra progressive e hard rock. Per quanto riguarda le influenze musicali, sia da solo che con Jacopo, sicuramente un ruolo fondamentale lo hanno avuto i King Crimson, specialmente il periodo ’73-’75 nonché due gruppi che in corso d’opera ci hanno fulminato come A Short Apnea e This Heat. Ovviamente la lista è molto lunga, tra gruppi di prog italiano e inglese, tutte le mille mutazioni di Fred Frith, e poi i Sonic Youth, per non parlare del mare magnum che è il jazz. Per quanto riguarda le mie cose in solo un ruolo decisivo lo hanno giocato sicuramente i Tangerine Dream, il Krautrock e tutta la sperimentazione vecchia e nuova.

Astonishment, 2019

Cover di Astonishment (2019).

GP: Personalmente, mi sento molto vicino al suono degli Hysm?Duo. All Impossible Worlds è un album molto dinamico, pieno di sfaccettature. Mentre il successivo The Astonishment lo trovo un lavoro altrettanto interessante, brilla di una luce diversa, che consiste un suoni ondivaghi da un mood leggermente più ambient. I riff ciclici e serrati del basso sono contornati (comunque) da una batteria fuori controllo, progressiva, e legata anche a sonorità free. In ogni caso c’è una differenza netta tra i due lavori, che tra l’altro sono stati pubblicati a distanza di cinque anni, e forse questo ha generato la nascita di nuove intuizioni. Ma nello specifico a cosa è dovuto questo cambio di estetica? E quindi ci vuoi parlare del processo creativo di “The Astonishment”?

SS: Il lavoro del nostro ultimo disco è stato parecchio travagliato sia riguardo la composizione che in fase di registrazione e missagio. È stato un disco (il terzo dopo Science in Action e AIW) che a differenza degli altri due abbiamo scritto a distanza. Dopo il mio ritorno a Taranto sono cambiate un po’ di necessità, non solo logistiche. Ci siamo allineati quindi sulla volontà di sperimentare nuove sonorità, maggiormente minimali, magmatiche e desolate. Siamo passati a tutti gli effetti da un disco molto pieno a un disco scarno in un’ottica della sottrazione e del vuoto piuttosto che dell’aggiunta.

GP: Parlando dei testi, gli intermezzi di spoken word sono degni di nota, incentrati su temi di filosofia. In The Error il verso “An alternative to the truth is not necessarily a thuth” evidenza la contingenza della realtà, e in “The repetition is an esthetic act” (la ripetizione dell’atto del pensiero) mette in relazione arte e logica. In Music Is Not Important l’arte del suono viene proiettata in una dimensione utilitaristica, ma poi nella chiusura di The Astonishment, in cui la parola viene vista da un punto di vista meccanicistico, viene esplicato, in un certo senso, il significato più importante della musica. Dietro questi pezzi c’è la tua non indifferente preparazione professionale. Ma nello specifico a chi vi siete ispirati per la scrittura di questi pezzi?

SS: Innanzitutto io ho il titolo di studi, ma il filosofo è Jacopo. A parte gli scherzi, i testi, come quasi tutti i dischi di HysM?Duo, sono suoi, anche se maturati da mesi (talvolta anni) di conversazioni, litigi, tanta filosofia analitica e pochissimo Heidegger. E comunque hai centrato la questione fondamentale. Come dicevo, Astonishment si distacca da AIW anche per le tematiche affrontate; dopo un disco concettualmente molto complesso (AIW si può leggere come un romanzo di formazione di un’anima travagliata che cerca disperatamente di interpretare il mondo e conoscerlo attraverso la sua arte), Astonishment pone il dubbio della necessità di una tale ricerca, senza riuscire mai a trovarla. Se volessimo forzare un po’ l’interpretazione, in un’ottica della trilogia, Science in Action rappresenterebbe la materia dura e stabile (è per certi versi un disco math e quadrato, sebbene di tanto in tanto si lasci andare a svisate d’improvvisazione psichedelica), AIW il dubbio scettico della possibilità della conoscenza, Astonishment il raggiungimento ascetico del sublime. I primi due dischi sono stati scritti negli anni in cui vivevamo entrambi a Perugia, siamo maturati molto, sia stilisticamente che come persone, e in un certo senso AIW porta a compimento quello che Science in Action lascia in sospeso. E poi Astonishment distrugge un po’ tutto, andando in completa controtendenza rispetto all’evoluzione che si poteva immaginare. Scusa se esagero. Ci teniamo comunque a sottolineare che la voce profonda e incredibile dei parlati di Astonishment è del nostro professore di inglese del liceo, Germano Mandrillo, una grande persona a cui teniamo molto.

GP: Tornando al discorso precedente, All Impossible Worlds è il vostro album che meglio vi rappresenta; in esso vengono filtrate e sviluppate gran parte delle vostre intuizioni concepite dagli album precedenti fino al processo creativo di preproduzione di quell’album svolto a Perugia. Pur non essendo a Taranto, sentivate comunque quelle vibrazioni noise (seppur più progressive) dal capoluogo ionico, che qualcuno definì in quel periodo la “nuova Providence”. Quindi, cosa ha reso grande il vostro album succitato? E quanto ha influito il vostro background tarantino?

SS: Senza dubbio l’album è nato in un momento fulgido della scena underground tarantina, almeno per come l’abbiamo vissuta noi dal di dentro. Il periodo 2006-2014 è stato molto importante per l’evoluzione di una scena underground italiana di musica di un certo tipo, se essa c’e mai stata (cito solo alcuni gruppi della nostra zona: Logan, The Beirut e Ada-Nuki – parliamo di almeno 14 anni fa – e poi Microwave with Marge, Bogong in Action, Cannibal Movie, IONIO, Tougsbuzuka, La Confraternita Del Purgatorio, Bokassà, Complessino Vazca), che rifletteva in piccolo un grande movimento italiano con tante band con cui ci siamo trovato a condividere palchi e piccoli tour. Tra centinaia: Uncode Duello e poi Makhno, Fuzz Orchestra, OvO, Ne Travaillez Jamais, CRTVTR e di recente Djeco.

GP: Voi Hysm?Duo, come musicisti e come proprietari dell’etichetta Hysm? Records, avete ormai un’esperienza decennale. Inoltre, a detta vostra, l’etichetta promuove l’autoproduzione, e da essa sono nate diverse collaborazioni; musicisti che si spalleggiano accrescendo la loro arte tramite un processo simbiotico, come può vantare gran parte della vostra discografia. Tutt’ora cercate di far respirare quel clima nella vostra scuderia e nel vostro duo? Ce ne vuoi parlare?

SS: Sì. L’etichetta nasce nel maggio del 2008 e a causa di troppa voglia di fare e di una stampante che non stampava il colore blu. Abbiamo all’attivo quasi 140 produzioni, tra coproduzioni e edizioni limitatissime in ogni tipo di formato immaginabile. Da qualche anno siamo praticamente fermi, ma quest’anno il catalogo, come ci piace chiamarlo, compie dodici anni e abbiamo in mente di rivitalizzare il sito web, il bandcamp e gli altri strumenti del web per ritornare a rompere le palle come una volta.

HysM?Duo live @ SUD, Taranto.

Hysm?Duo live @ SUD a seguito della proiezione di Fireworks del 31 Dicembre 2019. Foto di Giacomo Abbruzzese.

GP: Diverse volte tornate a Taranto per concerti, come è successo all’evento associato alla proiezione di Fireworks di Giacomo Abbruzzese l’ultimo 30 Dicembre (intorno la mezzanotte del 31), che ha segnato dieci anni della prima del corto. Una pellicola che all’epoca doveva sensibilizzare sul tema dell’Ilva, allora appartenente alla famiglia Riva. Inoltre dopo di voi ha suonato Gaspare Sammartano, importante esponente della scena tarantina degli ultimi anni ’00 e dei ’10, proprietario della Lemming Records, anch’essa tarantina, e componente di Microwave With Marge, Cannibal Movie e Bogong In Action e tutt’ora co-proprietario di un’etichetta di musica elettronica, Canti Magnetici. Mentre ora la Lemming non esiste più de facto, e molti gruppi tarantini di quei due decenni si sono ormai sciolti. Pensate che possa ricostituirsi quel clima controculturale vicino ai problemi della città, anche con personaggi diversi ma interessanti?

SS: Ne parlavamo prima. È difficile vederci coinvolti in una rinascita attiva in prima persona, perché “abbiamo fatto vecchi” e non c’è mai stata una generazione successiva che raccogliesse il testimone. Forse in parte è colpa nostra; non è stato lungimirante non pensare a un vero e proprio arruolamento di giovani, o forse va bene così. O magari dipende dal fatto che intorno a noi si stessero creando istanze che erano sicuramente più accattivanti, o almeno più semplici, che percorrere la strada dell’IMPEGNO nell’underground. Prima della creazione di cultura e di arte (intesa come capacità di spiegazione) c’è bisogno dell’impegno e che ti devi un po’ rompere le palle da solo; una disciplina indisciplinata che bisogna sentire, non te la può insegnare qualcuno, e questo credo valga un po’ per tutti i movimenti controculturali, grandi e piccoli. I tempi sono cambiati, ma non disperiamo, anche perché noi, nel nostro piccolo e con i nostri limiti, continueremo a battere la nostra strada.

Share This