Chicago, la città più popolosa dell’Illinois, nonché terza degli USA (dopo New York e Los Angeles), è stata sempre segnata da un progressismo politico e artistico, dove operava quasi fin da subito una comunità aperta politicamente (dominata dai democratici statunitensi sin da quasi gli anni ’20) e culturalmente. Uno degli elementi che ha fatto compiere il suo corso è stata la popolazione afroamericana, stazionaria o in transito dal Sud al Nord in cerca di una qualità della vita migliore e attraverso quel centro strategico geografico posizionato sulle rive del Lago Michigan. Infatti, per quanto riguarda la storia musicale di Chicago, essa è segnata da varie tappe storiche legate alla comunità di colore, come per esempio il soggiorno di una quindicina d’anni di Sun Ra (1946-61). L’istrionico musicista infatti si spostò dalla natìa e provinciale Birmingham per poi approdare successivamente nella cosmopolita Grande Mela; in questo intervallo, nella industriosa città del Midwest, fondò, insieme al suo manager Alton Abraham, la El Saturn Research, un’etichetta di musica “altra”, nata per via dell’incoraggiamento ricevuto dal successo di una label del luogo di black music (nonché di Chicago blues), ovvero la Vee-Jay Records, nel quale avevano trovato spazio diversi musicisti che avevano militato nell’Arkestra, l’ensemble capitanato da Sun Ra. Le prime uscite El Saturn, pubblicate intorno al 1955, furono due 7″ de The Cosmic Rays, un quartetto vocale capitanato da Calvin Barron, in collaborazione con Sun Ra e l’Arkestra. Un suono dalle armonie morbide ma dissonanti (in pieno stile del mentore Sun Ra) dove jazz e calypso si fondono in un equilibrio sbilanciato (Dreaming), oppure armonie quasi da barber shop quartet fanno da sfondo a jazz cosmico atonale (Daddy’s Gonna Tell You No Lie). Successivamente viene registrato nei RCA Studios di Chicago, nel 1956, l’album Super-Sonic Jazz, che verrà pubblicato dalla Saturn l’anno dopo. Primo album di Sun Ra con l’Arkestra, esso esprime di un free jazz organico, onirico e astrattista, in cui compaiono incisi su 12″ i primi esperimenti jazz con il piano elettrico. Sun Ra a Chicago rappresenta quindi una prima sperimentazione di quel surrealismo sonico di stanza in quella metropoli che si paleserà ancora di più negli anni a seguire.
Citando altri periodi importanti, verso gli anni ’80, prendono piede altre teste calde operative nel campo indie rock, come i Big Black e i Rapeman di Steve Albini, che fanno testo nel mondo indipendente americano, e non solo, per quanto riguarda il nichilismo nei testi e un abrasivo noise rock, o i Naked Raygun, portavoci di un rumorismo più classico dalle tinte riverberate e quasi eteree.
Il contesto innovativo, progressista e culturalmente aperto, porterà un ulteriore movimento che inquadrerà il potenziale musicale della città di Chicago, attraverso uno sguardo inconscio verso la no wave newyorkese, racchiudendo un lato più progressivo e cacofonico allo stesso tempo. È il caso della Skin Graft Records, etichetta fondata da Rob Syers e Mark Fischer nel 1991. Nata già nell”89 come fanzine di fumetti (col numero “SKiN GRAFT COMiX #1“) pubblicano due anni dopo uno split in formato 7” di Dazzling Killmen e Mother’s Day; l’idea venne in mente ai primi, formati da Darin Gray, Blake Fleming e Nick Sakes, che commissionarono alla Skin Graft dei fumetti in corrispondenza alla pubblicazione del suddetto split. Inizialmente Syers non fu molto entusiasta di dare un contributo musicale come proprietario di un’etichetta discografica DIY, ma alla fine il loro immaginario fumettistico trovò piena armonia in quei suoni creativamente e diagonalmente fervidi presto definiti col termine iconico “now wave”, in concomitanza con la fulgida creazione degli associati artwork di quelle release.
La Skin Graft a Chicago, suo luogo di origine, rappresenta un modello per molte realtà urbane in giro per il mondo, di provincia o meno, che hanno attinto da questi rumoristi, in bilico tra noise di stampo no wave, e uno più lateralmente psichedelico le cui origini affondano nell’indie rock anni ’80 (Big Black certamente, ma anche per esempio Sonic Youth e Butthole Surfers, nonché nomi più reconditi come Negativland e Smegma), nonché attraverso musica d’avanguardia in senso spontaneo.
Un gruppo dalla elasticità evidente, che si sottrae da un suono indie propriamente classico, offrendo un apporto più che originale, è The Flying Luttenbachers, con una formazione sempre in divenire, in qui compare come membro stabile il fulgido Weasel Walter, batterista e autore principale; il trio risulta essere un mix della aleatorietà catartica del free jazz, l’attitudine strumentalmente anti-establishment di derivazione punk/no wave, e la violenza nichilista del death metal; un mix originale nel suo caos che ha generato un vero e proprio movimento da cui hanno attinto diverse realtà nel mondo, e che ha incoraggiato nel far scattare la molla a certo jazzcore (nel suolo italiano un chiaro esempio sono gli Zu, ma si possono citare anche i Luther Blissett o i portoghesi dUASsEMIcOLCHEIASiNVERTIDAS). Dopo l’esordio con l’etichetta ugEXPLODE, la label di Weasel Walter, che consisteva in un EP del 1992, di nome 546 Seconds Of Noise, la collaborazione con la Skin Graft è quasi immediata, esordita con Revenge (del 1996), un disco dalla struttura più tradizionalmente noise-punk e più cristallina ritmicamente (con il consueto aggrovigliamento sonoro) rispetto il precedente Destroy All Music, più fisico e legato maggiormente al free jazz; allo stesso modo matasse di ispirazione death metal sono centrali in God Of Chaos, del 1997, ovvero un ulteriore capitolo nella filosofia da “orecchie per i ronzii”.
Una realtà da presentare in questa disamina sui gruppi Skin Graft di Chicago è l’enigmatica artista Zeek Sheck, che si avvale di diverse collaborazioni, come Bobby Conn e Thymme Jones. La poetica di Zeek Sheck si muove su un piano naïf, quasi grottesco, attraverso suoni analogici, come ottoni, clarinetto, archi, batteria, piano elettrico, cori, il tutto in una forma caoticamente barocca, legato ad un’estetica kitsch relativa ad un suono dai timbri e dalle linee entrambi più storicizzati, in cui spesso sono presenti sonorità slabbrate che sconfinano in distorsioni e riverberi elettrici/elettronici più contemporanei. L’esordio I Love You, del 1998, è caratterizzato da un rumorismo estremo, barcamenandosi tra rumori elettrici e analogici, in cui domina un ecclettismo ingenuo, disegnato a chiazze da colori opposti; nella traccia Love Runs Deep i suoni di strumenti a tastiera e chitarre collide violentemente con gli archi (violoncello, contrabbasso); in War-n-Toil un suono di flauto periodico è in contrasto con voci grottesche e altri rumori inquietanti; un suono diversificato che mette in contrapposizione timbri differenti, attraverso tecniche di esecuzione intuitive, spontanee e rudimentali.
Il successivo Good Luck Suckers, sempre del 1998, è contraddistinto da una poetica più lirica, verso un lato più accessibile (nell’associato contesto) attraverso linee pop meno decostruite. Ancora un modo di scrivere viscerale, strutturato a fuga, ma con uno schema più evidente; musica più centripeta rispetto l’anarchia naïf di I Love You.
Dai suoni più meditati e forse anche più conservatori è il supergruppo Brise-Glace, formati da Jim O’Rourke (Gastr Del Sol), Darin Gray, Thymme Jones, Dylan Posa. Particolarità del gruppo è un suono grosso modo post-rock, cadenzato e dalle atmosfere quasi ambient. Del 1994 è L’EP In Sisters All And Felony, un’uscita dinamica nel senso descritto, con alcuni elementi free jazz (infatti compare un clarinetto basso) che anticiperà per forma e materia l’uscita successiva. Infatti nello stesso anno pubblicano l’unico album dal titolo When In Vanitas…; cinque tracce all’insegna di un suono lisergico dove il groove monotono della batteria di Thymme Jones scorre indifferente lungo un suono organicamente complesso, manifestazione di un inconscio profondo. Una particolarità è Host Of Latecomers, traccia in cui all’inizio viene realizzata un’amusicalità relativa, attraverso un suono aleatorio di nastri, chitarra in feedback, effetti che rendono il suono eterodosso, per poi partire con un beat autistico e incalzante.
Non discostandoci troppo dal contesto “Brise-Glace”, un’ulteriore avventura di Jim O’Rourke, Darin Gray e Thymme Jones è Yona-Kit, costituiti anche da Kazuyuki Kishino (già in Zeni Geva, su Skin Graft). Nel 1995 pubblicano un unico album omonimo registrato da Steve Albini, con ospite Yasuko O. dei Melt-Banana, anch’essi su Skin Graft. Differenti dai progetti precedenti appena citati dei suoi componenti, gli Yona-Kit acquisiscono da essi delle caratteristiche in maniera filtrata, ovvero una pesantezza (meno intensa, ma più rivida e veloce) dei Zeni Geva e la luce urbana (ma più abbagliante) dei Brise-Glace. Un suono che in un certo senso rimanda agli Shellac dello stesso Albini, e infatti nella poetica di Yona-Kit sono protagonisti lineamenti obliqui, atonalità non convenzionale e tempi dispari. Un suono in pieno stile Skin Graft che vuole sempre sorprendere per la propria lunatica eterogeneità.
Per quanto riguarda gli Shorty (Al Johnson, Mark Shippy, Luke Frampton e Todd Lamparelli), si esplorano territori più legati in senso proprio al noise rock (quindi Jesus Lizard, Unwound, etc…), attraverso un’energia al fulmicotone più plastica. Per Skin Graft Records sono uscite due release minori, registrate entrambe da Albini, come il 7″ Kaput!, del 1993, in cui si palesano distorsioni dalla consistenza quasi fisica nella traccia omonima del lato A, più il potente e cacofonico divertissement della B-side, ovvero la cover Hot For Teacher originariamente dei Van Halen; invece del 1994 è la volta dell’EP Fresh Breath, in cui si intravedrà il loro potenziale dissonante che si manifesterà maggiormente nei successivi US Maple di Johnson e Shippy.
US Maple, capitanati dal vocalist Al Johnson, e formati anche da Mark Shippy e Todd Rittmann entrambi alle chitarre, e Pat Samson alla batteria, si esprimono attraverso una decostruzione dell’alternative rock, più dissonante e spigolosa ritmicamente. I pezzi di Long Hair In Three Stages, per Skin Graft, uscito il 1995 e prodotto da Jim O’Rourke, sono angolarmente swinganti, distribuendosi in una linea temporale eclettica e barocca, complessamente topologica, descrivendo dei pattern organici, ovvero si gioca con schemi precostituiti, disponendoli e dilatandoli attraverso tecniche aliene, nel nome di una now wave più conservatrice ma esacerbante. Gli US Maple, almeno da un punto di vista strumentale, sembrano essere una versione malsana dei Polvo (gruppo di quella prima metà degli anni ’90, provenienti da Chapel Hill), trasgredendo maggiormente attraverso l’atonalità, e venendo quindi molto meno per quanto riguarda il suono più contemplativo e più familiare presente nel gruppo di Ash Bowie e Dave Brylawski. Potremmo definire quello di Al Johnson e soci un suono free form, libero nella forma e nel contenuto, attraverso testi dal temperamento punk, quasi dada, che vivono della performance e della voce ansimata e slabbrata di Johnson.
Il successivo Sang Phat Editor, ancora pubblicato per la compaesana Skin Graft il 1997 manifesta una maggiore attitudine verso l’astratto, dove sono protagoniste le percosse sulle chitarre in senso ancora più atonale, e momenti di vuoto sonoro relativo, con un apporto più di matrice avanguardista di Jim O’Rourke alla produzione. La batteria è maggiormente poliritmica, e domina una sospensione di idiosincrasie rarefatte, rendendo l’ascolto più completo e criptico. Successivamente il passaggio a Drag City con Michael Gira in cabina di regia nell’album Talker (del 1999), segna una tappa all’insegna di suoni lisergici, verso una psichedelìa dai toni oscuri e quasi esotici, con le consuete sonorità oblique.
You Fantastic!, formati ancora una volta da Thymme Jones (batteria, tromba, nastri) e da Darin Gray (basso), con l’aggiunta di Tim Garrigan (chitarra), oscillano tra disarmonia aleatoria in senso free form che attinge sia a tendenze harsh noise, che a suoni più classicheggianti, tra avanguardia spontanea e jazz, attraverso nastri e tromba con linee più convenzionali, ma comunque eterodosse. La prima uscita per Skin Graft è l’EP Riddler, uscito nel 1996, più imprevedibile, basato sulla sua struttura di silenzi e suoni storti che trasmette una sensazione di inquietudine (più sul finale). Pals, il successivo EP per Skin Graft dell’anno dopo, vede sviluppare uno stesso pattern musicale ripetersi e evolversi in modi sempre diversi secondo tre scenari consecutivi; un modo di esprimersi periodico che vuole trasmettere l’insofferenza sulla paranoia adolescenziale, da cui probabilmente il titolo, ovvero “pals”, la comitiva abituale con la quale ammazzare il tempo e la noia metropolitana.
Nella successiva uscita per l’etichetta di Fischer e Syers, ovvero l’album Homesickness, del 1998, vede esplicarsi una weird music a tratti più accogliente, a tratti più claustrofobici. Protagonisti sono rumori alieni, innaturali, seppur di origine analogica acustica/elettrica, attraverso un caos esasperato e distorto di strumenti a fiato e a corda maltrattati, nastri malsanamente manipolati, ovvero suoni che si manifestano in maniera cinematografica, realizzando così una colonna sonora di un film immaginario e astratto, dalle forme stilizzate e singolarmente confusionarie.
Un quadro, quella della Chicago anni ’90 nella visione offerta dalla Skin Graft Records, inquietante e spiralitico, che converge in un corpus sonoro fatto di colori vivi, eterogenei ma non familiari, che ci spaventa come quando intravediamo una sagoma dai lineamenti poco rassicuranti e mefistofelici, il cui conseguente urlo di spavento non deve essere poi così diverso di un suono prodotto da Skin Graft. Idee che continueranno a vivere in futuro e che si riverseranno su un passato più vicino, fervido allo stesso modo ma con forme differenti, lasciando così delle tracce nella Storia dell’obliqua etichetta di Chicago.