ROMANTICISMO E CRUDEZZA NE IL WEDDING KOLLEKTIV
di Giovanni Panetta
Intervista a Il Wedding Kollektiv di Alessandro Denni, Tiziana Lo Conte e soci; percorso tra suoni eterodossi e parole immaginifiche, nel segno di pop obliquo.
BRODO

Cover di BRODO (2021).

Il Wedding Kollektiv nel nome di una sperimentazione intensa, obliquamente barocca. Il collettivo, diretto grosso modo da Alessandro Denni (autore, arrangiatore e produttore nella formazione storica dei Gronge) ha pubblicato il 22 Gennaio 2021 l’EP dal titolo BRODO, nel quale ci si sofferma in manifestazioni trasversalmente pop di musica e parole (queste ultime affidate alla penna della scrittrice Giulia “JLF” D’Alia), e offre un unicum di poesia immaginifica e eterodossa, di significati relativi a cose e azioni, i quali evocano turbini policromatici, tra astrazione e realismo. Un linguaggio all’apparenza semplice ma intenso nelle situazioni archetipiche che richiama, e un cullarsi descrivendo scie complesse e arabescate, nel senso che richiamano un’empatia piena, naturalistica. Il disco è stato realizzato da Alessandro (in BRODO al synth e alla drum machine, dando il suo apporto anche alla musica) insieme a Tiziana Lo Conte (iconica voce nei Gronge, anche in Goah e recentemente in Roseluxx, e che ha curato le musiche), Claudio Moneta (che ha suonato la chitarra e firmato le composizioni; anche in Goah e Roseluxx), Inke Kühl (al violino e al sassofono, in passato anche nei Gronge), Chiara Iacobazzi (alla batteria), Federico Scalas (al basso e violoncello) e Stefano Di Cicco (alla tromba). La cover ad opera di Gianluca Cannizzo, in arte MyPosterSucks. Il disco è stato concepito e composto al quartiere Wedding di Berlino tra aprile 2017 e dicembre 2018, e registrato ai quartieri Pigneto e Giardinetti di Roma tra Marzo e Maggio del 2019; inoltre il missaggio di BRODO è avvenuto sia a Wedding che in un mulino di Donoussa, isola del Mar Egeo, tra giugno e dicembre 2019, e al termine il lavoro è  masterizzato a Giardinetti.

Riguardo il loro aspetto “glocale” e di altro che ne concerne ne parliamo direttamente con Il Wedding Kollektiv, che ci ha concesso gentilmente la parola. Di seguito l’intervista.

Allora cominciamo dagli inizi; come nasce Wedding Kollektiv e con quali intenzioni? Un progetto che si sa districare sperimentalmente tra suono e parola. Ce ne volete parlare?

“Wedding è un quartiere di Berlino, un vecchio quartiere operaio a nord della citta´, In questo Kiez Alessandro ha vissuto per diversi anni e qui, dopo tre lustri di inattività musicale, nel 2017 ha ricominciato ad occuparsi attivamente di musica, riappropriandosi di tempo ed energie che per tanto tempo erano stati dedicati ad altro. Wedding e il suo clima multiculturale e contemporaneamente plumbeo hanno sicuramente influenzato la scrittura dei primi abbozzi dei pezzi, composti tutti utilizzando un laptop e diversi software di composizione, arrangiamento ed elaborazione sonora. Dopo circa un anno dedicato alla scrittura, una scritttura definibile come ‘lenitiva’, Alessandro si è posto il problema di cosa farsene di queste bozze. In quel momento non ha avuto dubbi sulle persone da cui farsi aiutare a finire le canzoni, persone amiche e di totale fiducia che sapeva avrebbero compreso il momento e le idee che quei pezzi volevano significare: una cantante ovvero Tiziana Lo Conte, con cui aveva per una decina d’anni condiviso la bellissima esperienza nei Gronge. Claudio Moneta, chitarrista, compositore, ed arrangiatore con cui c’era stato un sodalizio molto proficuo nei Goah. Inke Kühl, bravissima violinista e sassofonista, che ai tempi dei Gronge viveva a Roma ed ora insegna arte a Berlino. Una volta scelte le canzoni da arrangiare e cominciato a lavorare su testi, cantati ed arrangiamenti ci siamo resi conto che ampliare la tavolozza sonora del lavoro era imprescindibile ed allora abbiamo cercato una batterista (Chiara Iacobazzi), un trombettista (Stefano Di Cicco) e un contrabassista (Federico Scalas), che si sono aggiunti al Kollektiv, apportando entusiasmo, passione e bravura tecnica”.

Il suono di BRODO vede l’utilizzo di strumenti disparati, oltre che l’incontro di sperimentazioni estreme che rimandano ai Gronge e a quelle più rotonde e convergenti degli Üstmamò. Sonorità artefatte incontrano altre più smussate, attraverso una luce crepuscolare e forme plastiche, metamorfiche, dal tatto morbido ma che al contempo plasma l’ascolto in maniera ricorrente. I synth incontrano fiati e drum machine, e non è possibile accorgersene, unica carezza di un arlecchino dai colori freddi ma diversificati. Mi chiedo quindi da dove deriva in voi questa valenza nella vostra musica, quali sono i punti di riferimento, e quanto ha influito il vostro passato.

“L’aspetto sperimentale in BRODO è, almeno nelle intenzioni, molto sfumato. Quello che volevamo perseguire era, fin dalla prima stesura dei pezzi, un obiettivo/canzone. Ci fa piacere che nelle prime recensioni del disco chi lo ha ascoltato abbia messo in risalto questo, vuol dire che, magari solo in parte, il nostro obiettivo è stato raggiunto. La commistione di strumentazioni diverse (dai sintetizzatori alle chitarre, dal violoncello alle batterie elettroniche) è una cifra compositiva che ci appartiene da decenni, come giustamente tu ricordi fin dai tempi dei Gronge che di questa commistione sia strumentale che multimediale furono antesignani in Italia. I nostri punti di riferimento musicali non esistono, nella misura in cui ogni musica prodotta in qualsiasi momento della storia è sempre possibile come ispirazione; Possono essere i canti gregoriani, piuttosto che la tromba di Miles Davis, o la new wave anni ’80. La musica è un linguaggio unico, universale, atemporale. Prendere ciò che ci piace e usarlo in nuove forme è quello che abbiamo sempre fatto, in BRODO forse quest’attitudine al ‘riciclo’ è più evidente che in passato, questo non ci dispiace”.

I testi di Giulia D’Alia sono caratterizzati da una poetica immaginifica che sconfina in un surrealismo naïf. Le parole sono centrifughe, ovvero escono da un epicentro descrivendo una spirale, secondo un flusso di coscienza subconscio. L’Astronomo è un reading tra realismo e infrazione di un ordinario asfissiante (un imprenditore acquisisce un’ossessione per vecchi libri e l’astronomia), dalle immagini evocative e fluenti. Vi chiedo, c’è un disegno generale in BRODO? E come è nata la storia de L’Astronomo?

“I pezzi, che all’inizio erano circa venti e che poi sono stati ridotti a cinque essenzialmente per motivi pratici sono stati scritti pensando che sarebbero stati cantati, la forma canzone è, da sempre, la nostra preferita. L’intenzione era quella di non fare qualcosa di sperimentale quanto qualcosa che fosse ‘liberatorio’ e guardasse al futuro se non con fiducia almeno con serenità. Per fare questo, noi che siamo tutti più che cinquantenni e proveniamo dalla tradizione della musica sperimentale/politica/antagonista abbiamo pensato che avrebbe potuto essere interessante far scrivere i testi delle nostre ‘canzoncine’ ad una persona giovane, affidandole un ruolo di ‘voce contemporanea’. Abbiamo cercato molto e alla fine siamo entrati in contatto con Giulia (in arte JLF) che è una giovane cantautrice romana e oltre a scrivere canzoni si occupa di teatro. Tra Alessandro (autore dei pezzi, poi arrangiati insieme a Claudio e Tiziana) e JLF c’è stato un fitto scambio di dialoghi ed idee su atmosfere, argomenti e intenzioni. Da questo scambio sono usciti i cinque testi di BRODO, molto intimisti, romantici e allo stesso tempo violenti e crudi. Molto Donna, come diciamo nella presentazione del disco. L’astronomo è un racconto tutto sommato semplice. Alessandro aveva scritto una base musicale in cui gli strumenti si sovrapponevano uno all’altro con il passare delle battute e aveva in mente una storia che sovrapponesse eventi tipo ‘Pierino e il lupo’ di Prokofiev. Raccontando questa idea a Jfk lei ha elaborato una trama breve che racconta di un uomo semplice che vive una situazione di estraniazione dal proprio ambiente ‘normale’. Una favola, se vogliamo, che come tutte le favole nasconde una verità ovvero la difficoltà che incontra ovunque colui che anziché seguire il sentire comune cerca di vivere le proprie curiosità, i propri desideri e bisogni. L’astronomo è la storia di una pecora nera”.

Tiziana Lo Conte

Tiziana Lo Conte.

Il disco è molto incentrato sulle drum machine, è ha una non indifferente valenza elettronica, frutto forse, come abbiamo già accennato, di un certa influenza del passato, Gronge in primis. Ma come nasce questo approccio per i suoni sintetici, che constatano di passaggi eterei o techno, molto eterodossi?

“Il disco è stato scritto tutto con strumentazione elettronica e pensiamo che questo si senta anche in quei passaggi che sono poi stati, al momento delle registrazioni, suonati da musicisti. Nella fattispecie ci piace segnalare la bravura metronomica di Chiara, che ha saputo eseguire con batteria acustica parti scritte originariamente con batteria elettronica in modo precisissimo dal punto di vista tecnico, dando però ai pezzi in cui ha suonato il feeling umano che serviva. Il suo apporto, come quello degli altri musicisti è stato preziosissimo. I suoni sintetici sono da sempre la grande passione di Alessandro che, dopo aver studiato clarinetto in conservatorio, un giorno ascoltò ‘Red Mecca‘ dei Cabaret Voltaire (era il 1981) e decise che quelle musiche assurde voleva farle anche lui. E allora si comprò un piccolo sintetizzatore e da lì iniziò. Vennero poi altri sintetizzatori e con i Gronge anche il computer dal vivo, un Atari 1040 con la ram in un floppy disk, il resto è (nostra) storia”.

I luoghi della lavorazione del lavoro sono il quartiere Wedding di Berlino, Roma, Donoussa sul Mar Egeo, e anche alcuni collaboratori sono non italiani. Un disco a tutti gli effetti internazionale; ci si espande sia nelle sperimentazioni che per l’Europa. Ma parlateci di come capita questa spazialità; che valore ha per voi e la vostra musica il valore dell’internazionalità?

“L’assenza di confini, il mischiare, la curiosità come stile di vita, la libertà di movimento e le scoperte che essa porta sono valori imprescindibili della vita. Valori che spesso non curiamo a sufficienza per quanto sono importanti. Gli eventi dell’ultimo anno e mezzo e le limitazioni delle libertà personali a cui siamo stati tutti sottoposti dovrebbero farci capire che simili valori vanno costantemente perseguiti, nella musica, in ogni altra forma d’arte ma anche nella vita quotidiana di ognuno di noi”.

Per concludere, speriamo presto di vedere un vostro concerto dal vivo quando il tempo lo consentirà. Se volete parlateci dei prossimi progetti e se siete già a lavoro per una nuova uscita.

“Il Wedding Kollektiv più che un gruppo è un progetto, non pensiamo (anche quando ce ne sarà la possibilità, speriamo presto) di fare concerti. Ci stiamo occupando della diffusione di BRODO, e della vendita delle 100 copie in tiratura limitata del vinile, che è in stampa e che sarà pronto per la fine di Giugno. Se qualcuno è interessato a riceverne una copia può scriverci una mail a ilweddingkollektiv@gmail.com. Abbiamo inoltre finito di scrivere sia i pezzi che i testi del nuovo lavoro. Ognuno di noi ha poi altre attività musicali, la più importante delle quali è Roseluxx, il gruppo in cui suonano Tiziana, Claudio e Federico (al contrabasso e violoncello in BRODO) insieme a Marco che però non ha suonato nel disco. I Roseluxx sono attesi da novità molto interessanti a breve, seguiteli”.

Tiziana Lo Conte

Tiziana Lo Conte.

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