POST-ROCK E ITALIAN SOUNDTRACK PER I DR. SNAUT
di Giovanni Panetta
Intervista ai Dr. Snaut (Federico Morellato, Tommaso Barbieri e Federico Luti); percorso tra ascolti di post-rock, dark wave, Italian soundtrack, library music, e ulteriori suoni angolari.
Me Ne Rendo Perfettamente Conto

Cover di Me Ne Rendo Perfettamente Conto (2021).

Dr. Snaut è un trio in zona Livorno-Pisa, che si esprime attraverso un post-rock dalle tinte tutte italiane (relative al mondo della Italian soundtrack, easy listening e in parte della library music), attraverso linee oblique, effetti riverberati e groove profondo e asimmetrico. Il gruppo, formato da Federico Morellato (chitarra ed effetti, e attivo anche in Supra Deen), Tommaso Barbieri (basso ed effetti) e Federico Luti (batteria, già in Metzengerstein), pubblica il suo primo disco il 21 Giugno 2021 dal nome Me Ne Rendo Perfettamente Conto, per le etichette toscane Loudnessy Sonic Dream e Manza Nera. Un esordio in cui si omaggia Piero Piccioni e Piero Umiliani, attraverso armonie dissonanti e agrodolci che si ispirano a Ulan Bator, Bark Psychosis e June Of 44, e con un gioco che attingono a linee jazz, fervidamente creativo e liquido.

Ne parliamo con il gruppo, che gentilmente ha sbrogliato i nostri dubbi. Di seguito le loro parole su passato, presente e futuro, le loro ispirazioni e lo stile.

Cominciamo dal principio; come nasce e si sviluppa l’idea di Dr. Snaut, e da dove nasce la sua idea a suo modo originale e lucente di musica che guarda in gran parte al jazz?

“Il gruppo nasce grazie alla voglia di ritrovarsi in sala prove e suonare liberamente, senza imporci una catalogazione iniziale. Si sviluppa come un trio in cui ognuno cerca di interpretare in ogni brano la propria idea di musica, [dando il meglio di sé].
“Questo porta ovviamente a un intenso lavoro di incastri e ripensamenti, a modulazioni tonali che possono ricordare il jazz o la bossa nova e che sono sorrette da incastri ritmici simili al post rock anni ‘90 e [riff di basso] a tratti dark wave.
“La musica dei Dr. Snaut cerca di essere uno spazio in cui tutto è possibile, ma non in maniera automatica e scontata.”

Il vostro album, Me Ne Rendo Perfettamente Conto, allude ad un vasto immaginario sonoro, dal math rock al jazz, dall’easy listening alla lounge music, dall’italian soundtrack fino ad una parte del post-punk, e per quanto riguarda quest’ultimo genere, sembra esserci un non troppo vago attingere allo stile chitarristico di Vini Reilly dei Durutti Column. Molte delle sonorità, che sembrano essere quelle di riferimento, guardano all’universo sperimentale dei ’70 italiani, attraverso un suono brillante in più sensi, verso un’attitudine “grown-up” e ludica allo stesso tempo nei parametri di una certa plasticità. Ma quali sono i reali punti di riferimento per Dr. Snaut? Quanto dovete a quel periodo citato della storia musicale italiana?

“L’universo sperimentale anni 70 è un punto di arrivo non premeditato e gradito.
“I punti di riferimento dei Dr. Snaut sono molto eterogenei e consideriamo la nostra come una musica di ricerca, condizionata sicuramente dalle influenze personali, ma senza l’affanno della ricerca di un genere con cui identificarsi.
“Lo stile chitarristico risente sicuramente dell’attuale ritorno allo studio di vecchi standard jazz da Real Book, dopo un percorso di circa trent’anni di musica, segnato dal blues e dall’imitazione dei vari guitar heroes dell’Hard Rock anni ‘80 e ‘90.
“Il basso prova a garantire lo spessore sonoro adatto a un trio grazie all’utilizzo di corde a maggiore scalatura, abitudine lasciata dall’aver suonato e ascoltato vari generi “core”.
“Il batterista cerca di sintetizzare lo studio fatto su alcuni batteristi post rock anni ‘90, provando ad adattare quelle atmosfere scure e dilatate ad un progetto più melodico e orecchiabile.
“Gli ascolti che ci hanno influenzato sono i più vari, vanno da solisti come John Lurie, Brian Setzer e Fred Frith, compositori italiani come Piero Piccioni, Piero Umiliani, Alessandro Alessandroni, gruppi del calderone post-rock sperimentale come Tortoise, Barck Psychosis, Mice Parade, June of 44, Ulan Bator fino a Ego:Echo, ma anche band più conosciute come Joy Division, Air, Pink Floyd.”

Il suono è molto nitido ma rapsodico apparentemente, e c’è un giocare in maniera alchemica; il basso ha un suono familiare, mentre la chitarra inganna per la sua apparente consonanza, mentre la batteria come diremo meglio dopo è più barocca. In fondo siete tre musicisti abbastanza diversi, e c’è un’organizzazione di suoni arlecchinesca. Come si sviluppa quindi il vostro feeling? In maniera spontanea o più meditata?

“Non è un gruppo che si ritrova e improvvisa.
“Le canzoni nascono da una melodia precedentemente oggetto di studio e poi sottoposta a vari test in sala prove, dove si sviluppano gli incastri ritmici sicuramente più spontanei.
“La parte più ragionata riguarda l’arrangiamento finale, vera media delle singole proposte strumentali.”

La batteria di Federico Luti rende il suono più progressivo, cadenzato a pattern, post rock e matematico. La vostra poetica viene proiettata in un corpus poetico più recente, in cui le linee ritmiche vengono permeate da un’atonalità della melodia più morbida e fluida. Come nasce l’idea di amalgamare questi due aspetti?

“Come abbiamo detto prima la batteria sente l’influenza di band sperimentali del circuito post-rock sperimentale di metà anni 90, [pattern di batteria] che personalizzavano molto il loro suono come quella di Doug Scharin dei June of 44 o di Adam Pierce dei Mice Parade e lo rendevano riconoscibile, la batteria vuole il suo spazio come tutti gli altri strumenti senza fungere da metronomo ma quasi da strumento melodico. L’idea di amalgamare le due cose ci è venuta semplicemente suonando, e [attraverso quell’unione] usciva fuori una cosa fresca e molto personale.”

Titoli della tracklist quasi nonsense, e riferimenti nel vostro nome all’immaginario di Stanislaw Lem di Solaris, in cui un corpo celeste comunica con dei terrestri. Nel romanzo si incontrano terreno e ultra-terreno, e la sospensione dei titoli sembrano evocare qualcosa del genere. Un gioco che sembra manipolare ricordi inconsci che forse vi appartengono; o per caso è uno spontaneo divertissement? Parlateci meglio dei nomi delle entità che compongono l’album e del vostro moniker.

“La proposta Dr. Snaut come nome vinse il sondaggio come nella più classica delle occasioni. Non ricordiamo le alternative sinceramente. Comunque ci piaceva e almeno uno di noi l’ha visto veramente (probabile riferimento al film Solaris del regista russo Andrej Tarkovskij, ispirato all’omonimo romanzo, ndA).
“I titoli delle canzoni e anche il nome dell’album nascono da situazioni grottesche del quotidiano o da immagini surreali di un sogno ma soprattutto dalla voglia, quasi necessità, di non prendersi troppo sul serio. Ognuno è libero di trovarci ciò che più sente.”

I precedenti progetti, Metzengerstein e Supra Deen, sono contraddistinti da suoni molto diversi; Supra Deen gioca con l’elemento blues, mentre per i Metzengerstein bisognerebbe dedicare un capitolo a parte per le loro capacità sperimentali, attraverso un suono arcaico e aleatoriamente moderno. Dr. Snaut sembra unire questi elementi superandoli in nome di una lucentezza diversa e più o meno obliqua. Come avviene questa irradiazione diversa? Inoltre i progetti citati prima o poi riprenderanno?

“I precedenti progetti sono le radici da cui veniamo. I Supra Deen sono ancora all’attivo e stanno lavorando su brani in italiano. Il peso dei Metzengerstein è permeato nei Dr. Snaut apportando ritmi illogici e onirici. Nel complesso però, con questo ultimo progetto il disordine assume in un certo senso un ordine e una struttura, grazie ad un sistema di incastri e proporzioni e, non da ultimo, al ruolo collante del basso. Il basso è veramente l’elemento che unisce questi mondi diversi cercando di offrire una spiegazione e attenuandone le contraddizioni.”

Per concludere, quali saranno i prossimi progetti di Dr. Snaut? Inoltre sono previste delle date in giro per l’Italia o all’estero?

“Contiamo di farci conoscere dal vivo e speriamo di poter proporre il nostro sound oltre l’ambiente locale, puntando specialmente sulla versatilità della nostra scaletta.
“Nel frattempo continuiamo a comporre e a provare nuove sonorità.”

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