I Periodo Blu sono una delle band che più si vedono suonare in giro per il territorio tarantino. Sono attivi da due anni ma hanno “cambiato pelle” più volte: nati come trio acustico dall’alchimia tra Giuseppe Miani, Federica Solazzo e Giulio D’Alfonso, sono ora una band multiforme, dalle mille influenze e in formazione allargata (e un membro, Federica, in meno). I Periodo Blu sono: Giuseppe Miani (voce, chitarra, tastiere), Giulio D’Alfonso (chitarra), Michele Passariello (basso), Santino Pisanelli (batteria).
Nikilzine li ha intervistati per conoscere meglio la loro breve storia e la loro personalissima visione musicale.
M: Ciao ragazzi, raccontateci un po’ chi siete e come si è evoluto il progetto Periodo Blu.
Giuseppe: Ciao! Noi siamo tutti di Taranto ma ci siamo conosciuti da studenti a Lecce, e all’inizio eravamo in tre: io, Fede e Giulio. Avevamo pensato di creare qualcosa insieme, ci siamo visti a casa di Federica e abbiamo cominciato come trio acustico. Inizialmente era tutto molto semplice.
Giulio: io suonavo già con Federica; in verità è nato tutto come una consulenza richiesta da Inarte (nome d’arte solista di Federica, ndr) a Giuseppe per scrivere dei testi, poi però abbiamo iniziato a lavorare insieme su cori e versi di due brani nati in solitario, Lune e Bagaglio.
Giuseppe: C’erano anche influenze diverse all’inizio, portavamo avanti un discorso che si avvicinava all’indie italiano – anche se odio chiamarlo così. Avevamo deciso di muoverci in quella direzione, non nascondo, anche un po’ per cavalcarne l’onda. Era il 2018. Facevamo anche piccoli set acustici a Lecce in cui invitavamo persone a portare vino e viveri, come in Chiesa! Si entrava gratis e chi voleva suonava o recitava poesie… Col tempo però si è reso necessario uno sviluppo, abbiamo cercato quell’appoggio strumentale che desse quella spinta mancante. Ecco perché abbiamo poi chiamato Santino e Michele, per capire se potesse funzionare. Era una prova, ampiamente superata – ci è piaciuto ed è piaciuto.
M: Il vostro terzo e più recente singolo, Federica, ha un suono decisamente diverso rispetto ai primi due pubblicati negli anni, Lune e Cianografia.
Giuseppe: Lune nasce come omaggio a Lecce e Taranto, a quello che c’era fra noi tre, è un omaggio alla vita universitaria. In Cianografia già si nota un cambio di influenze…
Michele P.: Federica è stata un’epopea a partire da come è stata registrata, a dir poco. Quel brano è stato registrato in più luoghi e situazioni: ad esempio abbiamo registrato le batterie nel bagno della villa di Giulio, d’inverno, con un freddo cane. Abbiamo collegato i microfoni alla buona sbagliando di tutto… Alla fine di quella sessione mi sono preso un gran raffreddore. Da lì abbiamo estratto delle registrazioni di batteria che poi abbiamo manipolato e utilizzato nel brano finale con interventi pesanti a livello di produzione da parte di Giuseppe.
M: E’ un pezzo insolito per voi: c’è un testo e cantato in apparenza rassicurante ma che in realtà devia e strania, la musicalità è molto aliena rispetto alle atmosfere quasi da schitarrata da spiaggia di Lune.
Giuseppe: E’ una canzone completamente mutata dalla concezione alla registrazione. Federica in realtà è stata scritta da Federica stessa. Dal vivo però ci piaceva suonarla ogni volta in maniera diversa rispetto a quella precedente. Questa mutazione continua ha portato a una confusione riversatasi nella canzone in termini di sonorità. Il periodo di produzione poi è coinciso col lockdown. La quarantena ha dato una connotazione diversa alla canzone: in fase di produzione non sentivo più sui tasti la leggerezza con cui Fede aveva scritto la canzone, cercavo una dissonanza, che esemplificasse cosa stavamo vivendo. Federica è questo, il prodotto di una confusione, data anche dalla mancanza di Federica che si ritrova però nel titolo, e mai nel testo, a voler mettere in risalto la mancanza della sua figura. Lei ha lasciato la band per motivi personali, però la sua partenza non ci ha destabilizzato, ci ha destabilizzato il periodo, le condizioni che hanno modificato il senso finale del brano e cioè la desolazione, il restare sospesi nella propria testa, confusi – come stare su una sedia pensando di viaggiare e svegliarsi sul balcone di casa. E’ l’andare via, altrove. Per Federica questo brano era una collina ventosa su cui liberarsi dai pensieri…
M: Giuseppe, i tuoi testi sono pieni di riferimenti molto personali (nomi di amici stretti, di luoghi particolari ecc), elementi estranei a chi non è della tua stretta cerchia. Danno l’idea di essere un po’ criptici. Come avviene la stesura dei testi, vuoi trasmettere queste tue esperienze personali a chi ascolta, o hai un diverso obiettivo?
Giuseppe: E’ difficile dire come nascono, perché i testi vanno di pari passo coi brani: a volte nasce prima la musica, a volte prima il testo. Il ritornello di Cianografia, ad esempio, è una poesia di un poeta greco, Iannis Ritzos, che ho ripreso e modificato. “Tende bianche e blu”, ad esempio, nel testo c’entra poco e niente, però è il mio modo di incastonare nel pezzo un momento personale: era un riferimento al balcone di mia nonna. È nato un po’ come un flusso di coscienza, si è scritto da sé. Lune invece andava ad adattarsi alla musica, pur facendo anch’essa riferimento ad episodi del passato, che sento tutt’ora miei e che però mirano a una sintonia con l’ascoltatore. Il fatto di citare “Sabino”, ad esempio, si distacca dall’idea di Sabino, persona specifica, per agganciarsi all’idea generale e astratta di amico. Questo vale per tutti i riferimenti personali. In realtà io cerco sintonia con lo spettatore, cerco un’alchimia sul palco, quindi non tanto attraverso il testo quanto tramite la prestazione vocale, i movimenti o l’armonia col gruppo. Difficilmente creo un testo per gli altri; lo faccio per me, per una mia liberazione…
M: Prima avete detto che, un po’ impropriamente, si tende a inserirvi nella grande categoria dell’indie italiano. In realtà voi provenite anche da percorsi diversi: chi dal metal, chi alt-rock, chi dal jazz… Quanto vi ci identificate davvero nella parola “indie” e quanto, invece, della vostra esperienza passata, cercate di portare nel progetto Periodo Blu?
Santino: Io sinceramente non mi identifico nell’indie, per me è più un modo di fare musica, non un genere. Pensando al mio bagaglio culturale… a me piace sperimentare con chi suono, ho avuto la fortuna di suonare con ragazzi a cui piace farlo. Quando suoniamo, si sentono molto le diverse rispettive influenze musicali. In particolare in Federica, c’è molto pop, ma anche guizzi di soul, funk, “swag”… Ognuno di noi ha portato un po’ del proprio passato nella band.
Michele: Anche io penso che non bisognerebbe rinchiudersi in classificazioni rigide… Gran parte die brani coprono davvero una gamma vasta di influenze, le cover che scegliamo dal vivo le facciamo in base a ciò che ci piace e ognuno propone cose molto diverse. Li arrangiamo mischiando i varii gusti, prendiamo un po’ dall’hip-hop, dalla fusion, soul… Cerchiamo sempre di dare uno spirito collettivo a ciò che facciamo.
Giulio: (…) Personalmente, io sono partito volendo fare alternative rock). Poi, da chitarrista, vedendo su YouTube tutti quei chitarristi che tra le tante cose suonano anche funky ecc., ho sentito anche io la necessità di suonare un tipo di musica po’ più leggero – è proprio in quel periodo che ho trovato i Periodo Blu, anche loro in un periodo di evoluzione collettiva. Ormai mi piace fare questo tipo di musica con loro, non posso farla da solo o con altre band.
M: Voi abitate al momento tutti in città differenti, ma provenite tutti da Taranto e avete gravitato per anni attorno alla “scena” delle Officine Tarantine, dello Spazio 202… La città di Taranto ha un’influenza sulla vostra musica?
Giuseppe: Quando scrivo penso solo a Taranto, alle situazione passate, il futuro, le immagini del mare, i locali (nominati in Lune o in Cianografie)… Anche se sono pezzi nati a Lecce, io mi vedevo comunque con gli altri a suonarle a Taranto. Io non ce la faccio, ho proprio le radici qui.
Giulio: Noi volevamo anche fare un pezzo su Taranto! Personalmente, essendo nato musicalmente qui, tra la sala prove di Franco e altri luoghi, anche l’idea di suonare in festival come il Medimex, al Mercato Nuovo o anche solo in giro per la provincia, è già una grande soddisfazione! Nel piccolo, il sentirsi già “grandi” è dovuto alle realtà locali che ci sono e funzionano, a livello musicale. Per quanto bisogna scavare, per quanto ci siano anche tanti lati negativi, per fortuna c’è tanta voglia di fare.
M: Sono piacevolmente sorpreso, se penso al luogo comune della band emergente che per sfondare cerca la grande città. Invece magari è proprio con il legame con le radici, col “piccolo”, che emergono gli aspetti distintivi, originali, più personali…
Santino: Io credo che la musica sia meritocratica: se sei bravo, vai avanti, a prescindere dal luogo in cui sei.
M: Ci sono musicisti tarantini che vi hanno ispirato?
Giuseppe: a me i Pacefatta…
Michele: Franco Cosa! Un po’ quell’idea del funk che si prende in giro… quasi quasi lo chiamiamo come secondo chitarrista! (ride, ndr)
M: Domanda più classica che mai: avete progetti futuri, album, singoli in cantiere?
Giulio: Vorremmo mandare in streaming su Twitch le nostre prove… l’idea che chi guarda ascolta gli strumenti come un live in cuffia mi piace. Mi rendo conto che molti non conoscono le dinamiche di una band, le ore di prove, fallimenti e cazzeggio dietro un brano che viene pubblicato. Sarebbe bello per far entrare in intimità chi ci segue. Per l’EP abbiamo delle tracce registrate sempre quest’inverno, quest’estate vorremo completarle e per fine anno pubblicarle, anche per andare avanti artisticamente e dare una cornice al nostro lavoro. Per i concerti dipenderà ovviamente dalla situazione CoVid.
Alla fine della chiacchierata, abbiamo chiesto ai ragazzi di scannarsi scegliere tre nomi che sintetizzassero in breve le influenze del gruppo. Parlando però ci siamo accorti che erano così sfaccettati e interessanti che farne una sintesi era impossibile, e quindi eccoli qui:
Santino: Alfa Mist, Nu Guinea, Pino Daniele
Michele: Pino Daniele, perché è da lui che deriva il nostro gusto funk, danzereccio, terreno… poi direi Arctic Monkeys e Freddie Gibbs
Giulio: King Krule, Lucio Battisti, Vulfpeck
Giuseppe: Condivido anche io Freddie Gibbs, in particolare l’ultimo album con Madlib, Mac DeMarco… e poi, soprattutto nei testi più recenti dei progetti che verranno pubblicati più avanti, Fred Bongusto.