
Cover di Natura/Morta.
Gli Asino sono un duo legato a sonorità math e emo – due termini contestualmente legati alla cosiddetta “seconda ondata emo” – formato da Orsomaria “Orso” Arrighi (voce, chitarra) e Giacomo Ferrari (voce, batteria). Dopo il suono punk viscerale del primo album Crudo, il punk più meditato dall’impostazione alternative di Muffa, e, in riferimento a prima, il suono matematico dalle tonalità bluette di Amore, viene pubblicato il loro disco più impegnato e registrato in casa, ovvero Matura/Morta (Dischi Decenti, Urlaub, Santa Valvola, General Soreness), il quale si svincola dalle strutture ed elementi direzionali delle precedenti produzioni, giocando ambiguamente tra caratteri personali ed altri più tradizionali.
A seguire parliamo insieme al duo degli elementi più peculiari di Natura/Morta.
Natura/Morta è il vostro quarto album, che si può definire un omaggio alla vostra maniera verso suoni sperimentali in un senso legato all’Italian Occult Psychedelia o math rock europeo, in quanto sembra che si rievoca quelle sonorità storicizzate in maniera lateralmente sarcastica, anche se, c’è da ammettere, l’idea di fondo potrebbe essere diversa, ad esempio è anche probabile che l’intenzione potrebbe essere quella di attingere da quegli elementi in maniera estetica associando un diverso significato. Ci volete parlare del senso e del processo creativo dietro l’album?
Orso: “Ogni album partorito ha avuto il suo processo creativo, Natura/Morta è frutto dell’evoluzione personale e sonora, un disco fatto a mano in casa, registrato con la strumentazione scadente accumulata nel tempo. Ma di questo avevamo bisogno, abbandonare l’idea di registrare in modo ordinario, piazzare tre microfoni recuperati nei mercatini dell’usato, posizionati in modo accidentale e arrivare ad aver un’opera prima che racchiudesse la quotidianità nuda e cruda, senza ragionare sulla qualità ma congelare l’attimo. Non credo che lo studio professionale crei il disco dei tuoi sogni ma sia solo un cliché di regole che dopo anni ritengo inutili. È stato molto divertente registrare, la stanza era molto fredda e la stufetta a gas la faceva da padrone, quando si ragionava lei rimaneva attiva con il suo odore discutibile mentre in registrazione il fumo freddo dei polmoni usciva dalla bocca. Penso che questo sia stato importante per il colore del disco, al freddo e al gelo ma le tracce scaldavano l’ambiente e i nostri animi. Ringrazio Giovanni Biancalana che ha capito immediatamente il supporto di cui avevamo bisogno per il mixaggio e gli amici che ci hanno aiutato a masterizzare e stampare il primo disco registrato in casa da ascoltare al camino.”
Giacomo: “Avevamo estremamente bisogno di questo disco. Lo abbiamo ideato e costruito in un periodo decisamente lungo, con la volontà, sia per scelta che per esigenze economiche, di dargli un carattere e un’estetica decisamente nuova per noi. Abbiamo sperimentato di più, con i mezzi e il tempo che avevamo a disposizione, arrivando a dargli questa forma più cupa, dilatata e variopinta. In qualche modo ci siamo sentiti “pronti” a fare un passo verso un’altra dimensione sonora.”
Il precedente disco, Amore, presenta un’unione più contemplata di math rock e midwest emo, il quale si differenza dal contemporaneo Natura/Morta per il suo tergiversare maggiormente da un elettronica eterodossa, nel pieno contesto delle sonorità più sperimentali in Italia. Vi è tradizione chitarristica, ma con un approccio specifico nel creare qualcosa di nuovo ed interessante, con un piglio intelligentemente ironico. Qual è il passaggio tra questo lavoro e il successivo, in cui le idee di origine si realizzano ancor più maturamente?
Orso: “Natura/Morta è una diretta evoluzione dei nostri intenti nel creare, come in un rapporto amoroso, le mille sfumature che vanno ad arricchire il percorso, è un disco frutto della lontananza e quando le persone non si vedono per lunghi periodi sicuramente hanno più voglia di raccontarsi, sperimentare e regalarsi ritagli di spensieratezza, senza ragionare troppo perché è più importante stringere il cappio delle idee anziché creare sovrastrutture.”
Giacomo: “Il passaggio è avvenuto molto probabilmente nel periodo che ha separato i due dischi, sia per cambiamenti sociali e politici, sia per le nostre evoluzioni di vita. Siamo meno leggeri sotto diversi punti di vista e questo ultimo disco è decisamente meno leggero del precedente. Le chitarre si sono dilatate e incupite, le batterie si sono distorte e distrutte. Ci stiamo accorgendo forse che il suono dei dischi ci sta seguendo nella nostra evoluzione personale.”
Il disco presenta sonorità fervide e al tempo stesso claustrofobiche; una delle più solari potrebbe essere rappresentata da Dino/Sauro, un rock matematico scanzonato in cui si dipinge sinteticamente la metafora delle chiavi/eroi, ovvero testimonianze salvifiche risalenti ad ipotetici tempi più stimabili. Parlateci del contesto nel quale viene dipinta questa istanza.
Orso: “Dino/Sauro racconta un periodo della mia vita costellata di poche certezze: non trovare mai le chiavi ed avere il buon giorno di Antonio, grande amante di animali che lui salutava con “chi è il mio amico?” E loro gratificati cadevano ai suoi piedi e la sua passione per il Genoa, insomma un ultras francescano.”
Giacomo: “È uno dei due pezzi del disco più legati al suono dei dischi precedenti. Sono per lo più citazioni di un personaggio ligure che abitava nel paesino dove stava Orso, ma che possono tranquillamente calzare su chiunque. Dubbi e domande semplici che però occupano una bella fetta del nostro essere.”
I pezzi di Natura/Morta hanno anche un carattere di frammentarietà; appare l’intenzione nello sviluppare idee, ritmiche e melodiche, in maniera lapidaria, ovvero sviscerando l’energia in maniera musicalmente tronca, e generando strutture poco contemplate nell’associato contesto. Come avviene tale istanza in questo vostro ultimo lavoro?
Orso: “Il percorso di creazione di Natura/Morta è stato differente dai tre precedenti. Abbiamo avuto modo di creare le tracce in modo diverso senza pensare all’idea di pezzo finito e di struttura ma approfondirlo come il pezzo voleva. Schiaccia il fuzz e il mondo ti sorriderà.”
Giacomo: “Molte idee e strutture sono venute fuori da dei beat di batteria, l’abbiamo voluta rendere più protagonista, e questo ha portato ad avere strutture e andamenti più spezzati, scanditi e curiosi in qualche modo. Effettando poi, in fase di mixaggio, proprio le batterie, ci è venuta fuori tutta un’energia e una dose di follia in più che ci ha gasato parecchio.”
Testi e titoli rimandano ad esperienze di vita quotidiana, evidenziando dualismi tra contesto pop e qualche tema più astratto. Vi è una certa oscurità e ironia nazionalpopolare con un carattere smaliziato, che può infondere una certa liminalità nell’evocare luoghi comuni del quotidiano, e nello sfondo di una musica caustica e ondivaga. Quanto sentite vostra questa definizione?
Orso: “Siamo fatti così, mi ricordo di una telefonata con Giacomo a cui dicevo “epico è la parola del disco.” Per noi epico è un chitarrone, un’atmosfera ma anche una situazione: tipo un gran tiro di frisbee in condizioni difficili.”
Giacomo: “Ci piace molto creare dei contrasti e giochiamo spesso su questa opposizione tra testo e musica. Spesso ci chiedono delucidazioni per capire il nostro caos e devo dire che ci fa molto piacere. Quanto ci piace il nostro caos…”
Successivamente alla danza maori sonora e mantrica Otà/Shì, l’album si chiude con Fossili/Funghi, una ballata chitarristica ariosa dal sottofondo granulare e celestiale in diversi punti. Un termine leggero e catartico in cui l’ascoltatore si interfaccia in un momento riflessivo in cui accoglie l’epifania della comprensione di una morale riscontrata nel testo, ovvero non solo in senso figurato. Volevo sapere da voi se questa conclusione è avvenuta in maniera accidentale o pianificata, e come avvengono i sentimenti emanati da musica e testo.
Orso: “Fossili/Funghi è il pezzo sfida del disco, un pezzo cantato, intimo da piangere insieme. Un inno per chi ha avuto e ha difficoltà e riesce in qualche modo a tirare avanti evitando il contatto visivo ed immergendosi nel proprio mondo. Non avrei mai pensato di arrivare a far un pezzo acustico e sussurrato, ma dopo tutto non so nemmeno cosa farò domani.”
Giacomo: “Questo brano è la nostra prima ballad della vita. Lo abbiamo messo in fondo al disco, ma fatto uscire come primo brano estratto. È una ballata molto personale e sono molto legato al testo. Inizialmente non sapevamo affatto come inserirla all’interno del disco, come l’avrebbero accolta le persone che ci hanno sempre ascoltato e soprattutto dove inserirla nella scaletta dei concerti, ma alla fine si è rivelato un processo abbastanza naturale. Non so se sei mai stata una persona timida, io sì. La canzone voleva rispecchiare quella timidezza super intima, per questo motivo l’abbiamo tenuta tutta sbagliata e goffa a suo modo. L’abbiamo presa come una sfida emotiva e siamo molto contenti di quello che è venuto fuori.”