Musica (non solo) come algoritmo; la matematica sonora di Sebastiano De Gennaro
di Giovanni Panetta
Intervista a Sebastiano De Gennaro sul suo ultimo lavoro Musica Razionale (del 2022). Musica oltre alcune strutture matematiche.
Musica Razionale

Musica Razionale (2022). Cover di Pietro Puccio.

Sebastiano De Gennaro è un percussionista diplomato al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano e che in seguito avrebbe approfondito gli studi con i percussionisti del Royal Concertgebouw (sala concerti reale dell’Olanda) al Conservatorium Van Amsterdam; nel corso della sua carriera come collaboratore ha contribuito in 77 dischi (di Enrico Gabrielli, Calibro 35, Fuzz Orchestra, Le Luci Della Centrale Elettrica, Nada, Pierpaolo Capovilla, Atomik Clock…) tra cui nove in parte o totalmente di sua firma (sei solisti). Durante il lockdown approfondisce conoscenze di matematica pura, incoraggiato dal suo stile ludico e sperimentale sulla forma sonora, e probabilmente influenzato anche dalla esecuzione di In C insieme al suo autore Terry Riley. Ma ovviamente lo stesso studio del phasing non è il solo elemento determinante alla musica complessa di Musica Razionale (19’40”, 17 Aprile 2022), ultimo punto di convergenza delle produzioni di De Gennaro. Come in uno dei dischi precedenti Discovering The Electronic Music Of Chino Goia Sornisi, album dedicato alla musica di Chino Goia Sornisi (in cui i brani del compositore pesarese vengono riarrangiati nella loro elettronica dilatata e rumorista, ironicamente e lateralmente barocca), si sperimenta con diversi scenari nell’intenzione di offrire qualcosa di molto originale; Con Musica Razionale è la matematica che parla, ovvero si scolpisce il fronte d’onda attraverso la manipolazione del metalinguaggio, portando alla ribalta non solo o affatto suoni weird, ma una musica “logicamente giusta”; essa però si evince dall’essere generata da un mero e pedissequo calcolo umano o computazionale, trasportando l’ascoltatore in un piano matematico sempre diverso lungo parametri inaspettati e fervidamente creativi. Un modo di sperimentare profondo (in senso propriamente detto), che potrebbe offrire con una certa sicurezza nuovi spunti per le produzioni del futuro.

Tutti i pezzi sono stati composti da Sebastiano De Gennaro. I musicisti che hanno suonato nel disco sono: Sebastiano De Gennaro (percussioni), Yoko Morimyo (violino in Ulam Numbers), Massimo Borassi (organ samples in Lo Shu), Simone Pirovano (electronic sample in Ulam Numbers, il quale ha curato il missaggio e ha ricoperto il ruolo di ingegnere del suono); Giovanni Versari si è occupato del mastering. Voce in inglese di Francesco Fusaro e voce in italiano di Paolo Soffientini. Testi di Sebastiano De Gennaro. 19’40” è un’etichetta di De Gennaro, Francesco Fusaro (3 Is A Crowd) e Enrico Gabrielli (Calibro 35, Mariposa).

Di seguito l’intervista a Sebastiano De Gennaro riguardo il suo ultimo lavoro Musica Razionale.

Parlaci di come nasce Musica Razionale. Come nasce in te l’idea di combinare musica e matematica in maniera più diretta e astratta?

La musica cammina da sempre a braccetto con la matematica, hanno lo stesso DNA. La musica è disseminata di numeri, ci servono per misurare altezze, intervalli, frequenze, e servono anche per comprendere e costruire ritmo, strutture, periodi e ripetizioni. Quindi ogni musicista ha a che fare con la matematica in maniera più o meno diretta.
Nel mio caso, mi affascinava provare ad usare il suono per raccontare degli specifici fenomeni matematici. Mi sono imbattuto casualmente in alcune serie numeriche e nelle loro rappresentazioni grafiche: ci ho visto una grande bellezza, delle qualità musicali e curiosamente delle impressionanti somiglianze con le partiture grafiche di alcuni grandi musicisti; Xenakis, Cage, Stockhausen, Crumb e Cardew.
Così ho spulciato sui libri e nel web scegliendo sei fenomeni matematici che mi parevano belli e comprensibili (a me che sono un profano). Avevo anche del tempo per imparare cose nuove.. eravamo in lockdown.

Lo xilofono o il vibrafono in Musica Razionale hanno un ruolo dominante; il loro timbro netto, che rappresenta perfettamente un’unità, rende la matematica del disco esplicativa della sua struttura a quanti, attraverso una dinamicità univocamente determinata. Parlaci del ruolo di queste percussioni nella tua musica.

I suoni corti, brevi, sono quelli che ci aiutano a percepire meglio la suddivisione che, con la musica, facciamo del tempo. Tutto sommato ascoltare musica è un modo per misurare il tempo, ed è anche la dimostrazione che, a seconda di ciò che ascoltiamo, il tempo ci appare più lento o più veloce. Tante percussioni hanno questa ‘virtù povera’, ovvero quella di produrre suoni brevi e fermi che si posizionano con grande precisione e si estinguono immediatamente. In Musica Razionale xilofono e vibrafono hanno un ruolo importante proprio per questa loro caratteristica, ma nel disco ci sono anche molti campionamenti di altri strumenti acustici, tutti però connotati da brevità, nettezza e crudezza.

Sebastiano De Gennaro

Sebastiano De Gennaro; foto di Simone Pirovano.

In Congettura Collatz, da un punto di vista quantitativo, suoni diventano numeri, che secondo quanto descritto e ipotizzato da Lothar Collatz nel 1937, ad ogni passo convergono verso una potenza di 2, e che a loro volta, secondo il passaggio stabilito di dividere un numero pari per due (diversamente, un numero dispari viene moltiplicato per 3 e sommato per 1), confluiscono verso l’unità al termine della procedura. La traccia appare più magmatica e dal suono sintetico, ma è chiaro l’intento di trasformare questa ipotesi, che riguarda la Teoria dei Numeri, in armonia musicale. Come mai la traslazione in suoni della congettura di Collatz, e la loro densità acustica? Cosa ti ha attirato verso questo aspetto della matematica più “computazionale”?

La congettura Collatz sostiene che qualunque numero intero può essere trasformato nel numero 1 applicando una semplice regola: se hai un numero dispari moltiplicalo per 3 ed aggiungi 1. Se hai un numero pari dividilo per 2. Ogni numero genera così una successione di cifre che termina sempre col numero 1. Queste sequenze di cifre, che si esauriscono a  volte in pochi passaggi ed a volte attraverso lunghissime concatenazioni, hanno sempre (per tornare ad usare un termine musicale) lo stesso FINALE. Succede anche nelle sinfonie classiche che si concludono tutte (o quasi) convergendo in un climax carico di pathos e trionfalismo; i finali nelle sinfonie classiche sono una costante quasi indistinguibile.
La congettura Collatz mi affascina per questo motivo, perché genera delle serie numeriche dette CONVERGENTI, quindi anziché tendere ad infinito tendono ad una cifra precisa. Diciamo che Collatz ha scoperto qualcosa che anziché tendere AD infinito, arriva DA infinito.
Nel brano ho assegnato dei parametri ritmici ed armonici usando i numeri delle successioni sviluppate con la congettura. I numeri che ho scelto e sviluppato sono 16, 12, 10, 8, 6, 5, 4, 3 e 2, che corrispondono alle nove sezioni della composizione. Questa musica è la pura rappresentazione di questi percorsi, tutti accomunati dallo stesso finale, 1.

In 12 Facce viene sonorizzata la distribuzione discreta della probabilità che esca una prefissata quantità ad un lancio di due dadi. La consistenza del suono segue quella che si potrebbe definire una campana di Gauss, in cui appaiono linee più dinamiche al centro e più rarefatte ai lati, stando proprio ad indicare proprio il valore della probabilità bassa che esca un numero vicino a 2 o 12, e alta un valore vicino alla media (7). Parlaci dell’interpretazione di 12 Facce e della maggiore aleatorietà nel vincolo di quelle leggi matematiche.

L’utilizzo consapevole del caso nella scrittura musicale (musica aleatoria) ha occupato l’ingegno di tanti musicisti, da Mozart a Cage.
Ma il calcolo delle probabilità è qualcosa di esattamente contrario all’idea (a volte un po naïf) di sfruttare un gesto estemporaneo per comporre, e contrario all’idea avventurosa di affidarsi all’imprevedibile.
Se lancio due dadi ed ottengo (per esempio) 5 attraverso la combinazione 1+4 raccolgo due informazioni. Ma se invece considero tutte le combinazioni che possono portarmi al numero 5 raccolgo ben più informazioni: 1+4, 2+3, 4+1, 3+2: qui c’è molta più ricchezza.
Basta assegnare delle note ai sei numeri che si trovano sulla faccia di un comune dado per capire immediatamente che il caso col risultato 5 ci ha offerto una melodia di sole due note, mentre il calcolo delle probabilità ci offre una melodia di ben otto note.
12 Facce funziona proprio così: in maniera semplice e lineare considera tutte le trentasei possibili combinazioni nel lancio di due dadi a sei facce, distribuendo le combinazioni in base ai risultati. Ai risultati più improbabili corrispondono melodie molto brevi. Mano a mano che i risultati divengono più probabili le corrispettive melodie diventano più ricche ed articolate.

Sebastiano De Gennaro in studio

Sebastiano De Gennaro in studio; foto di Moreno Pirovano.

Ulam Numbers è ancora una volta plasmata secondo la struttura ideale indicata, in cui attraverso progressioni di battute tra una pausa e l’altra, e numero di note per voce strumentale, suddivise nettamente, si susseguono in una quantità data da un elemento della successione di Ulam, descritta dal matematico polacco Stanislaw Ulam inizialmente nel 1964, in cui i valori iniziali, ovvero di indice 0 e 1, sono rispettivamente 1 e 2, e ogni valore successivo è esprimibile in uno e in un solo modo come somma di due elementi precedenti e distinti, Producendo la seguente successione:

1, 2, 3, 4, 6, 8, 11, 13, 16, 18, 26, 28, 36, 38, 47, 48, 53, 57, 62, 69, 72, 77, 82, 87, 97, 99, 102, 106, 114, 126…

L’ascolto di questa traccia è stato ogni volta interessante, caratterizzato di molti impercettibili particolari, proprio per la definizione della successione numerica da cui di attinge, la cui infinità necessita una piccola argomentazione a parte. Cosa ti ha affascinato della successione di Ulam?

Mi ha affascinato il paradosso (o meglio l’apparente paradosso) che si intravvede guardando questa sequenza di numeri: essa diventa sempre più selettiva mano a mano che procede, eppure tende ad infinito (almeno sembra). Via via che si avanza nella sequenza diventa sempre più complesso calcolare se un numero può farne parte, e sono sempre più rari i numeri ammessi. È come un setaccio che raffina, seleziona all’infinito dei granelli di sabbia sempre più sottili.
Sono i  computer che continuano a calcolare quali di questi termini sono ammessi nella successione Ulam, ne aggiungono mano a mano sempre nuovi, un viaggio verso l’ignoto.
In questo brano utilizzo i primi dodici termini della sequenza Ulam per generare una melodia basata sei relativi intervalli melodici. È una melodia che potrebbe procedere all’infinito superando presto la soglia delle frequenze udibili dall’orecchio umano.

In Numeri Malvagi una successione di note parte da un pattern originario e si sviluppa in maniera ricorsiva, dove la diversificazione della melodia può essere rappresentata presso ché in forma binaria secondo lo schema della sequenza di Thue-Morse. È interessante come la struttura che si autogenera sfuma in maniera rarefatta, slanciandosi verso l’infinito, celando la sua natura sempre più complessa. Sei stato affascinato dalla sua complessità che incrementa a cascata, attraverso un processo automatico che può convergere verso una stessa complessità che troviamo in natura?

Sì! Pensa che all’inizio degli anni settanta, il matematico John Conway ha sviluppato un famoso automa cellulare, partendo da questa successione. Si chiama Game of Life ed è un sistema che si auto-genera secondo semplicissime regole evolvendosi in autonomia fino al raggiungimento di un equilibrio (quando lo raggiunge). È stato usato proprio per descrivere il comportamento delle cellule e le loro interazione.
Insomma questi fenomeni matematici somigliano alla vita e si evolvono autonomamente. Numeri Malvagi è quindi un brano di musica generativa, nel quale, ad un determinato punto del suo sviluppo, ho deciso di interromperne il processo ‘riproduttivo’. Lo ho interrotto al 320esimo termine. Dopo di che, per moto contrario, quegli stessi 320 termini sono letti all’indietro e con i timbri sfumati e rarefatti del vibrafono.
Una de-costruzione che riporta al punto di partenza. Ma se non la avessi interrotta, questa musica, idealmente starebbe ancora suonando, o meglio si starebbe ancora componendo in totale autonomia!

Share This