
Cover di Marcel Supra (2016).
Il noise europeo, rappresentato da Le Singe Blanc, Don Vito, Les Spritz, LCDP, PNEU, Uochi Toki, Klaus Legal, Jealousy Mountain Duo, No Nebraska!, Common Deflection Problems e altri (o che per lo meno hanno giocato con l’elemento rumorista), hanno spianato la strada verso l’avanguardia o l’elettronica più concettuale, ridefinendo le regole in quel contesto. I Daikiri, duo noise del nord della Francia e costituito da Thomas Coltat al basso e Bastien Champenois alla batteria, e in giro per esibizioni live per Europa e Giappone, e stato parte di quel processo attraverso una forma più immediata e multicromata del rumore. Marcel Supra, il loro terzo album, e canto del cigno della loro carriera, ha fatto sì che quelle più recenti energie di catalizzassero in qualcosa di più pop (nella forma) e frutto della sinergia con altri dei gruppi della scena a maggior contatto diretto, tra cui, secondo le mie supposizioni e ipotizzando un’inconscia influenza, gli italiani Les Spritz e La Confraternita Del Purgatorio. Ho rivolto delle domande a Bastien, anche a riguardo gli argomenti sopracitati, e soprattutto proponendo un tracke by track dell’album sopracitato, che vede alla produzione, insieme ai Daikiri, Rico Gamondi dei Uochi Toki e come autore dell’artwork Val L’Enclume, e pubblicato il 10 Novembre 2016 dalle seguenti etichette: Les Disques De La Face Cachée, Red Wig, Et Mon Cul C’est Du Tofu?, Hola Halo DIY, Noise Assault Agency Budweiss, Whosbrain Records e Ascenseur Emotionnel. Di seguito l’intervista.
A mio modesto parere, i Daikiri, rappresenta una possibile innovazione per il noise moderno attraverso un suono strumentale che oscilla sempre tra due polarità: trame più distese o addensate, tra kraut, punk e qualche divagazione elettronica. Per quanto riguarda la storia, come nasce e si sviluppa il progetto Daikiri?
“Prima di tutto, grazie per le tue parole gentili.
“Il progetto DaiKiRi inizia verso la fine del 2011. In quel periodo Thomas e io suonavamo in altre band. Lui già da più di dieci anni cantava e suonava il basso nei Le Singe Blanc e io ero appena andato in tour in Europa per la prima volta, suonando la batteria nella band “transrock” Myster Möbius. Quelle due band furono invitate a condividere il palco durante un festival estivo nella Francia nord-est, nella nostra biasimata regione, luogo di molte fabbriche di ferro e acciaio abbandonate.
“Poche settimane dopo, Thomas mi scrisse via e-mail e mi chiese se fossi interessato a bere qualcosa insieme e a parlare di musica. A me questo suonava irreale, ovvero una persona da QUELLA incredibile band come poteva essere interessato a suonare con me? Alla fine ci fu l’incontro. Dopo una pinta di birra, stavamo già programmando la nostra prima sessione di prove.
“In quel periodo, la musica indie in Francia era formata soprattutto da gruppi garage e math-rock. Noi non volevamo essere un’altra band che avrebbe fatto questo ancora una volta – e non sapevamo come farlo in modo soddisfacente. Questo nostro intento sarebbe stato una buona cosa per sviluppare il nostro modello, o almeno un’idea, qualcosa che avesse guidato la nostra musica, in modo che questo ci aiutasse a trovare la nostra strada per la composizione.
“Realizzammo immediatamente quanto era per noi divertente suonare veloci e ad alto volume, in un certo senso come Lighting Bolt o nel modo dei PNEU… ma con una minore durata! I nostri primi pezzi più brevi ci vennero facilmente, ma avremmo occupato solamente uno dei due lati di un LP con questi pezzi dalla lunghezza di un minuto… Dovevamo trovare un modo per riempire l’altro lato: un solo riff di basso, un solo pattern di batteria, un solo f*ttutissimo loop sempre uguale suonato fin quanto potevamo.
“Questo sarebbe diventato il nostro marchio di fabbrica: dieci pezzi da un minuto sul lato A; un pezzo da dieci minuti sul lato B.
“Scrivere canzoni era estremamente divertente – e molto rapido, il primo insieme era pronto in un paio di mesi – diciamo molto entusiasmante! Anche se, erano di gran lunga più entusiasmanti le imminenti imprese davanti a noi: stavamo provando trovare il modo più facile ed economico di andare in tour secondo le nostre possibilità!
““Sono certo che potremo usare la tua utilitaria per andare in tour in giro per l’Europa”, diceva Thomas. A me suonava folle…
“Ti dirò, essendo noi un duo che tentava di essere per quanto possibile autonomo, cercando il perfetto equipaggiamento capace di produrre un corposo e assordante sound, il quale veniva caricato nel bagaglio di una Peugeot Partner, sovracaricata e pronta per essere guidata su qualche autostrada per esplorare ogni angolo della scena DIY europea, era, per me, uno dei momenti più entusiasmanti della mia vita.
“L’idea che si cela nel progetto dei DK era: “diffondi lo spasso, suonando canzoni rumorose, veloci e divertenti davanti al pubblico”, provando a stare nello stesso mood noi stessi e il pubblico, a creare una specie di sinergia”.

Daikiri live, al basso Thomas Coltat, alla batteria Bastien Chammpenois.
Mi colpisce molto il suono dei vostri dischi. Melodia e armonia minimali, con la sola componente ritmica ridotta all’osso, potente e precisa (con il drumming robotico, alla stregua di un kraut-punk), al di fuori delle parti urlate e vocalizzate in falsetto. Un sound al di fuori gli schemi, che trova le sue origini nell’hardcore, nelle divagazioni motorik pre-esistenti, oppure nel dadaismo. Ma da dove è derivata quell’essenzialità e potenza in voi componenti?
“Secondo la mia opinione trovavamo forza nel fatto che l’intera band che stavamo provando a costruire non era nient’altro che una sfida per noi.
“Sapevamo che era divertente suonare il quel modo, e sapevamo anche che era difficile, così dovevamo mostrare a noi stessi che avremmo potuto suonare ad alto volume, veloci e precisi. Dovevamo sfidare noi stessi. E fare molta pratica, ah ah!
“Questo feeling che avevamo – dal momento che suonare questa musica ci trasmetteva così tanto divertimento, che poteva essere divertente anche per il pubblico – doveva essere, in qualche modo, collaudato.
“Nel fare questo, dovevamo andare in tour e dare il meglio di noi stessi, concerto dopo concerto, giorno dopo giorno.
“Alla fine più suonavamo, più vedevamo sorrisi sulle facce del pubblico, e più volevamo suonare un’altra volta.
“Eravamo alimentati dalle sfide, dal divertimento e, sicuramente, dal pubblico”.
La vostra, tra Don Vito, LCDP, Les Spritz e ovviamente Le Singe Blanc e altri, è una microscena eterodossa all’interno anche dello stesso noise rock. Con loro avete condiviso concerti, e anche collaborazioni (con i Don Vito avete pubblicato uno split a nome Donkiri). Ma secondo te cosa legano quei gruppi che si trovavano spesso in aree geografiche lontane? Quel legame di distanza mi incuriosisce e allo stesso tempo mi affascina.
“Penso che questo mucchio selvaggio di band aveva in comune il desiderio di condividere divertimento massimo. Myspace non c’era più, Bandcamp entra in campo. Le piccole etichette erano una legione, il modo di registrare diventò più acessibile, così il numero di band stava crescendo e crescendo. Penso che tutti erano influenzati dagli ascolti garage e math-rock (di nuovo), e noi tutti avevamo bisogno di qualcosa di più semplice, qualcosa di quasi stupido ma davvero forte e indimenticabile, come un live dei Don Vito: tremila watt di suono e ritmi danzanti e buffi, nient’altro.
“Lo slogan della band diceva: “le orecchie sono per i ronzii”.
“Uno dei più semplici modi di fare questo potrebbe essere erigere un muro di amplificatori posizionati a livello 12 e un drum-set tra le persone. Questo potrebbe essere il nostro legame: cercare un’immediata e potente esperienza sia per quelle band che per il pubblico”.

Bastien Champenois in primo piano.
Vorrei incentrare quest’intervista sul vostro terzo e ultimo album Marcel Supra. Il disco, che presenta un senso del ritmo e della melodia più incalzanti e più iconoclasti, ha rappresentato un’ulteriore riuscita del progetto. Inoltre prima della pubblicazione ci furono i vostri tour insieme a Les Spritz e La Confraternita Del Purgatorio, e la concatenazione di eventi non sembra essere casuale; se LCDP e Les Spritz guadagnano in astrazione con le loro uscite di quel periodo, e che caratterizza il vostro secondo album Dk2, sembra che le vostre trame sonore in Marcel Supra si arricchiscono delle influenze di quegli altri gruppi, di un “concretismo” di rimando, attraverso un melodismo più terreno o palpabile del basso e anche della voce di Thomas, nell’ottica comunque del noise dal punto di vista della sostanza. Pensi che ci sia stato un rapporto simbiotico tra voi?
“Sicuramente tutti noi ci sentivamo come una grande famiglia. Non dovevamo mai esternarlo, era così – ed era anche colto profondamente dentro tutti noi. Ogni band provava immenso rispetto verso le altre dopo che ciascuna aveva scoperto tutte le altre. Senza sapere perché, a noi tutti piaceva la musica e la personalità di ogni altro, quindi, in merito a questo spendemmo due settimane e mezzo di tour insieme, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, diventando più che amici, e penso che alla fine parlammo la stessa lingua tra noi band [di nazionalità] diverse”.
Una piccola curiosità: da dove deriva il nome “Marcel Supra”?
“Marcel Supra, il personaggio con la testa a forma di stufa che si trova sulla copertina dell’album è la personificazione della reale stufa a legna (prodotta dal brand “Supra”) che ci manteneva sudati durante le sessioni di pratica. Abbiamo questa espressione in francese che fa “Chauffe Marcel, chauffe!”, quando vuoi aiutare qualcuno ad andare oltre I suoi limiti”.
Adesso, per ogni traccia di Marcel Supra, dai una descrizione di esso o il pensiero da cui quel pezzo è nato, oppure spiega l’origine del titolo.
Tiiing
“Tiiing si riferisce al suono fatto dalla campana del ride che è usata in questo pezzo”.
Fanion
“È la parola usata per queste ghirlande degli arazzi sulle strade durante le feste. Ne vedevamo molte durante I nostri precedenti tour italiani, in un quartiere di Genova, in inverno, senza nessuna particolare ricorrenza… adoravamo”.
Cœur Cœur
“È la versione scritta della doppia emonji del cuore “<3””.
Lemiemor
“Scrittura fonetica dell’espressione in francese “Lemmy est mort”. Stavamo scrivendo questa canzone quando Mister Klimister morì”.
Barik
“Scrittura fonetica della parola “barrique”, sai, questa scatola di legno che usi per contenere il vino o altri alcolici… se ascolti meglio, sentirai che una parte della canzone è un po’ brilla”!
Ilehmess
“Un’altra espressione fonetica. Roba complicata che sta a rappresentare la rivalità tra due paesi vicini nella nostra area… più nello specifico, in realtà non comprensibile neanche per i francesi”…
Loa
“Inspirato a questi camion che andavano in giro vendendo attrezzi negli ultimi anni ’90: “L’Outilleur Auvergnat””.
Mamoto
“Non senti i motori delle nostre moto in azione”?
Diablolo
“Un mix tra il diavolo e “lol””.
Troolett
“Espressione fonetica per “p’tites roulettes” (piccole rotelle), quelle che non facevano cadere I bambini dalle biciclette”.
Fofaid
“Espressione per “faux fade” (fake fade). Riferimento allo strano effetto senza fine che si dissolve presente nella traccia”.