MARC URSELLI E LA SUA COLLABORAZIONE CON MOORE E ZORN
di Giovanni Panetta
L'evoluzione di Marc Urselli e una delle sue tappe più importanti della sua carriera, nel segno della trasparenza: @ di Thurston Moore e John Zorn.
Marc Urselli

Foto di Marc Urselli scattata da Trine Thybo.

Marc Urselli ne ha vissute di esperienze. Cominciò a Grottaglie (TA) durante gli anni ’90 come ingegnere del suono in uno studio di registrazione (Maelstroem Studio), e fondò anche un’etichetta, ovvero la Delirium Tremens insieme a Pietro Annicchiarico e Roberto Liuzzi. La label però non durò molto, e alcune delle sue uscite consistettero nel 7″ dei Veronika Voss Frantic/So What, una tape di un live dei Flipper, registrato da Marc ad Aarau in Svizzera (paese di cui era natio), e un libretto psichedelico incentrato su ripetizioni di immagini frattali. Successivamente, ispirato dal suo potenziale come ingegnere del suono, nel cui ruolo collaborava con molte band punk, hardcore e noise in nel raggio maggiore di cento chilometri (tra cui Shock Treatment, Suburban Noise, Gangway, Man!), nel 1999 decide di trasferirsi in America, per lavorare nello studio di registrazione EastSide Sound, aperto nel 1972 da Lou Holtzman, e diretto poi nel tempo dallo stesso Marc.
Nella Grande Mela il tecnico del suono di origini italo-svizzere ha lavorato con molti artisti di fama, come Lou Reed, U2, Nick Cave, Mike Patton, Elton John, Brian Ferry, Ornette Coleman, ma anche con John Zorn (soprattutto con quest’ultimo) e Thurston Moore. Questi ultimi due, nel 2013, pubblicano @, per la Tzadik; più di una improvvisazione, in quanto fu registrata senza l’aiuto degli altri assistenti dell’EastSide Sound; e così Marc Urselli manifesta quella trasparenza che l’ha sempre caratterizzato, anche attraverso le sue origini più lontane.

@

Cover di @ (2013).

Per quanto concerne invece @, essa si districa tra cacofonia harsh noise e free jazz, dal vago sapore rhythm ‘n’ blues, soprattutto delle linee del sax di Zorn; in più i feedback e le matasse di suono della chitarra di Moore fanno sì che l’album sia uno sposalizio tra rumore del presente e quello del passato. Moore e Zorn sperimentano tra diverse forme; la chitarra quasi sempre diventa un muro sonoro, il sax evoca paesaggi più nitidi in cui il confine tra sonorità melodiche e percussive è davvero labile. In questo caso, Zorn è il pennello, Moore è la tela. Un tratto gustaffsoniano/colemaniano che incontra tracce di noise giapponese alla Boredoms e Masayuki Takayanagi, oscillando sempre tra suoni più o meno recenti.
Strutture sempre diverse: 6th Floor Walk-up Waiting spicca per il suo noise affastellato e barocco (in senso lato), in cui sax e chitarra fanno a duello, incastrandosi tra loro ed accavallandosi; Jazz Laundromat è caratterizzata da note e i riff sono più prolungati, conferendo una sensazione di sospensione; Her Sheets è una delle più lente, più introspettiva e quasi ambient; in For Derek And Evan la chitarra è più definita e il sax ha un suono più disteso, per una chiusura con una latente percezione di maggiore consonanza (come di consueto per un album meno eterodosso).

Suoni che viaggiano tra passato e presente e che sono vicini attraverso pochi gradi di separazione.

FONTI:

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