L’ELETTRONICA VERGINE DI SU.DE.CO.
di Michele Ruggiero
Intervista a Francesco Li Puma
Su. De. Co.

Cover di Subconscious Demon Commitee #1, pubblicato il 15 Maggio 2020.

Francesco Li Puma è un musicista con base a Firenze, bassista e sassofonista, membro di Atomik Clocks e Panzanellas, due band le cui influenze viaggiano in bilico fra improvvisazioni jazz, funk disturbato da esplosioni punk – quasi no wave. Due band caratterizzate da una concezione molto “fisica” della musica, sudata, partorita dopo ore e ore di jam, di confronto e scontro fra più musicisti. Ora, tra maggio e giugno 2020, Francesco ha pubblicato a nome Su.De.Co. (“Subconscious Demon Committee”), tramite Hysm? e Plasticrane, due EP omonimi completamente distanti, almeno in apparenza, con quanto realizzato finora nella sua carriera: 7 tracce in totale, piene di urla e deliri elettronici, suoni tanto oscuri e subdoli quanto primitivi e minimali, trascinati fino all’ossessivo – insomma, un esperimento che spiazza e disorienta chi ascolta. Disorienta e colpisce ancor di più considerato il fatto che questi due EP nascono in maniera “vergine”, spontanea, con un background di ascolti piuttosto limitato, in ottica di letterale scoperta e curiosità verso lo strumento elettronico per eccellenza, il sintetizzatore. Abbiamo fatto un paio di domande a Francesco proprio per capire meglio in che modo sono nate queste tracce, in mancanza di qualsiasi tipo di influenza particolare ed esplicita.

Ciao Francesco. Il progetto Su.De.Co. è il tuo primo esperimento nel mare magnum della musica elettronica, tu sei di base bassista e sassofonista…

Francesco Li Puma: “Generalmente sono bassista, ho sempre composto con il basso e solo in seguito anche col sassofono, assieme agli Atomik Clocks, quando l’ex sassofonista si è trasferito all’estero”.

Come mai quindi la decisione di aprirti a un suono e un tipo di composizione completamente diverso da quello tipico di una band?

Atomik Clocks

Cover di Death Funk (2016).

Francesco Li Puma: “In realtà, per curiosità rispetto ai suoni. Le prime influenze sono scaturite ascoltando colonne sonore di film italiani anni ‘70, scoprendo il lavoro di Piero Umiliani: con quelle sonorità lì, di sintesi applicata alla strumentazione acustica, in una sorta di jam tra suoni strumentali, piuttosto semplici ed elettrici, continui. Mi sono avvicinato ai synth un annetto fa, scoprendo che ero molto interessato a questi suoni. Mi son detto: proviamo. Anche per necessità, non avendo più sassofonista e chitarrista originari, per Death Funk (ultimo EP degli Atomik Clocks, ndr) c’era l’idea di tornare alle jam originarie, con spazi temporali più dilatati, suoni più stratificati ecc… A quel punto, con solo io al basso e il batterista, c’era molto più “spazio” per nuove sonorità, da qui l’idea di inserire i synth. Mi sono focalizzato sui suoni; ho fatto questi pezzi prendendo confidenza con questo strumento nuovo”.

Nella composizione effettivamente si sente molto l’elemento dell’improvvisazione. I suoni poi sono effetivamente un po’ acerbi, però è anche vero che tu ti ci sei avvicinato senza un grande bagaglio di ascolti. Di solito nella musica elettronica chi inizia a comporre lo fa seguendo schemi molto derivativi.

Francesco Li Puma: “A parte Umiliani, ho avuto un approccio vergine, ho ascoltato tanto ma non ho trovato molte cose che mi hanno preso. Tendo a stancarmi subito dei pattern, forse perché troppo abituato alla jam umana, dove non c’è la perfezione del beat impostato, c’è l’imprecisione. Infatti ho usato poco e niente i sequencer, perché l’approccio che preferisco è più live, anche rischiando tantissimo, sono molto lunghi i pezzi… Ho un background che va dal jazz anni 20, hip-hop della prima scuola, fino al doom, sono parecchio aperto… L’elettronica però era sempre rimasta fuori, nonostante tanti ascolti passivi che magari poi si sono rivelati determinanti”.

Nei brani traspare una certa oscurità, ci sono dei suoni e delle atmosfere quasi inquietanti portati avanti in maniera assillante– anche le copertine dei due EP, realizzate da Giberto Mazzoli di Plasticrane, sono molto tetre. Volevi cercare di trasmettere qualcosa, o anche qui è stato puro flusso di coscienza, improvvisazione?

Francesco Li Puma: “Diciamo che l’improvvisazione stessa mi ha portato da sola a cercare questi suoni oscuri, un po’sconosciuti a me – finora le influenze funk, jazz con approccio punk, avevano molto di diverso. La scurezza sonora me l’ha accesa questo tipo di suoni distorti, di strilli elettrici… era come andare a esplorare territori nuovi che mi incuriosivano. Magari è un aspetto che non ho mai tanto esternato, questo del “male”, però tutti ci abbiamo a che fare nella realtà. È l’approccio alla musica che trovo ideale. La musica deve per me rappresentare la vita reale, l’emozione, l’essere vivente. Quest’aspetto oscuro, del lugubre, non l’avevo tanto esteriorizzato – anche se già in Death Funk degli Atomik iniziava a prendere piede questa tinta più ocura… Qui però ho sfogato totalmente le mie idee. Forse è un momento della vita in cui sono più cosciente di questo aspetto oscuro, anche per vicessitudini familiari, mi sento più “maturo””.

Dunque riesci a esprimerti meglio in solitario, preferisci la libertà del comporre da solo o resti comunque legato al confronto tipico di qualsiasi band? Sei a tuo agio con la totale autonomia?

Francesco Li Puma: “È una cosa che ho scoperto esplorando queste “macchinette”, capendo come funzionassero. Ho subito, da solo, trovato la direzione che cercavo, partendo con la registrazione. In realtà però mi piacerebbe tornarci su con altri; sto già preparando qualcosa con un mio amico, batterista jazz, Massimiliano Sorrentini. Anche lui si sta avvicinando all’elettronica: lui è più schematico, ha un tipo di composizione più “pensato” – io sono più per il flusso di idee libero. Mi interessa ciò che può venir fuori senza programmare e montare nulla. Mi incuriosisce di più l’inconsapevole e il casuale e ciò che può scaturirne”.

Gli EP pubblicati con Hysm? sono due. Sono stati concepiti in due momenti diversi, in maniera diversa, o sono separati per altri criteri?

Francesco Li Puma: “In realtà non pensavo neanche che sarebbero state pubblicate! Ho mandato circa 80 minuti di materiale all’etichetta, ma erano ovviamente troppo vasti per un ascolto unico. Abbiamo deciso di tenere distinte le cose ma sono nate nello stesso periodo, con lo stesso approccio”.

Concludiamo con una domanda banalissima: ma perché Su.De.Co. (Subconscious Demons Committee)?

Francesco Li Puma: “Beh diciamo che anche questo è nato dall’oscurità, come dicevi te, richiama un’immagine di demoni interiori che si scontrano nel subconscio… Tra di noi ci sono queste forze di attrito, di consonanza e atonalità. Mi piaceva questa idea e mi piaceva inserirla in un nome esteso, ridotto poi alle iniziali.. Anche i titoli, come a guidare l’ascolto, rimandano alle fasi di ingresso nel subconscio, tra demoni. Probabilmente tutto ciò viene da alcune letture manga che ho fatto nel’ultimo periodo…”.

 

Su. De. Co.

Cover di Subconscious Demon Commitee #2, pubblicato il 30 Maggio 2020.

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