I Bravata sono una rock band di stanza a Lecce, hanno all’attivo una manciata di singoli e un album Pray For Today uscito a maggio 2020 per l’etichetta White Zoo Records. Rivolgiamo a Sergio Chiari, voce e chitarra della band, qualche domanda per schiarirci le idee sul loro ultimo lavoro.
Il vostro ultimo album Pray For Today comincia con il brano Perfect Spot in perfetto stile bubblegum rock, cito fra tutti i Redd Kross, li conoscete?
Sergio Chiari: “Assolutamente. Grandissima band”.
Ad ogni modo, le stesse sonorità di un certo pop-rock di latitudine californiana echeggiano in tutto il disco, vi ritrovate in questa definizione?
Sergio Chiari: “La scena californiana è senza dubbio un’influenza, dal jangle guitar sound dei Byrds a quello di band “moderne” come i Translator. Anche il suono L.A. punk di band come Zeros, Alley Cats, Germs o band come i God Machine da San Diego sono stati importanti per la mia formazione musicale nei primi anni novanta. Kim Fowley è stato una specie di guida spirituale dal momento in cui ho deciso di formare i Bravata, lo incontrai a Madrid un po’ di anni fa. Puoi giurarci che c’è tanta Cali”.
Meet the girls è un rock and roll dal suono più british, a tal proposito quali sono i vostri ascolti e influenze?
Sergio Chiari: “I La’s, i Primal Scream, le band C86, e ovviamente tutte le band venute fuori da Manchester fine ’80 e primi ’90″.
Magpie è uno shuffle degno dei primi Beatles, così come nell’intro di I Don’t Know non possiamo fare a meno di notare echi di The Smiths. Diteci se nonostante la vostra giovane età fanno parte del vostro immaginario musicale.
Sergio Chiari: “Ascoltiamo i Beatles e gli Smiths ogni giorno che Dio manda in terra. Dal vivo chiudevamo Magpie facendo partire Twist And Shout (che dei Beatles non è ma tant’è) e degli Smiths suonavamo Handsome Devil in una specie di versione punkizzata”.
L’album risulta molto compatto, ha un suono molto maturo sia in termini di composizione che di produzione; diteci qualcosa in merito.
Sergio Chiari: “Il mio focus da sempre sono le canzoni, a volte a scapito della tecnica, perché significa dedicare molte più ore al songwriting che al virtuosismo strumentale. Anche gli arrangiamenti devono essere semplici ma efficaci, e questo può richiedere del tempo. Per quanto riguarda la produzione mi affido da sempre ai miei guru personali, Danilo Silvestri del GreenMountainAudio a Roma, che ha curato il 70% delle produzioni uscite sulla mia etichetta, White Zoo Records, e Lorenzo Moretti dei Giuda, che ha dato una precisa direzione artistica ad alcuni brani dell’album e con il quale abbiamo arrangiato degli splendidi cori. Siamo amici da tanti anni”.
L’intero disco sembra muoversi su diversi binari, si passa dal punk rock alla ballata a episodi di funk, il tutto condito da una vena pop, ne convenite? E se sì, qual è il processo creativo che porta alla scrittura dei brani?
Sergio Chiari: “Sono felice che tu abbia riconosciuto l’impronta funk in alcuni dei pezzi: Bombs ha un ritmo quasi funk felpato, Rave Up ha un riffone funk blues che era nato da ripetuti ascolti di band come Jon Spencer Blues Explosion, prima era più lento, adesso sembra una roba alla Jimmy Page. Nonostante siamo fan di generi musicali specifici i Bravata non sono una band rivolta a una nicchia, ma una rock band tout court, è molto naturale dunque approcciarsi alla composizione in maniera libera. Altrimenti sarebbe come chiedere ai Beatles di avere solo brani come Helter Skelter in scaletta e rinunciare a Let It Be“.
Il disco è uscito in piena pandemia, come pensate possa andare la sua promozione considerando la situazione attuale della musica live?
Sergio Chiari: “Benissimo, se la gente trova il tempo di ascoltarlo. Con la pandemia in atto molte persone stanno trovando un po’ di tempo per ascoltare musica in casa. Quando arriverà la stagione dei live avranno assimilato l’album e staremo lavorando già al prossimo”.
Vi salutiamo chiedendovi, alla luce di queste considerazioni, come vedete il futuro della musica indipendente italiana, vi sono scene alle quali vi accomunate o prospettive di collaborazioni con altre realtà locali e/o nazionali?
Sergio Chiari: “Siamo un fungo a merenda. Ci sono tantissime band italiane, locali e non, che stimiamo, non ci sentiamo però parte di nessuna scena in particolare. Forse di una tutta da costruire, chissà. Quanto alle collaborazioni locali e nazionali abbiamo registrato l’album al SUDESTUDIO di Stefano Manca, vero prime mover della scena locale, e molte delle band che ho prodotto per la mia etichetta sono italiane, dai Giuda agli Idol Lips, dagli Alieni ai Silver Cocks“.