LA MONOTONIA E IL MONADISMO DI SOLID GOLD
di Giovanni Panetta
Recensione del sophomore dei Gang Of Four
Gang Of Four

Gang Of Four nel fulgore dei loro tempi. Da sinistra a destra Dave Allen, Jon King, Hugo Burnham e Andy Gill.

L’1 Febbraio se n’è andato il seminale autore e chitarrista, angoloso e politicamente incendiario, Andy Gill a seguito di una polmonite. Lo ricordiamo facendo una riassuntiva analisi del secondo lavoro in long playing, ovvero Solid Gold, firmato dai suoi Gang Of Four, gruppo di Leeds, Inghilterra, fondato insieme a Jon King (voce), Dave Allen (basso), Hugo Burnham (batteria). Il gruppo, inglobato nell’etichetta post punk di matrice anglosassone, ha gettato le basi per quei gruppi che in quegli anni operavano dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, ovvero Butthole Surfers, NoMeansNo, Tar Babies, Beefeater, Fugazi, etc, arrivando successivamente per vie traverse anche al math rock washingtoniano; un processo che è stato innescato dai californiani Minutemen, i quali all’epoca (inizi anni ’80) erano molto affascinati da questi inglesi, di cui conoscevano i dischi ma al momento dei fatti e per mancanza di mezzi non sapevano chi fossero questi alieni in epoca di militante hardcore.

Sta di fatto che fece una non indifferente influenza sul gruppo di Mike Watt e Dennes Boon l’album del 1979 Entertainment!, il lavoro principale di Gill e soci, ed infatti è comune ai due gruppi l’attitudine al suono punk-funk, meditato e più cadenzato per quanto riguarda gli inglesi, vulcanico e fluido per la controparte americana. Inoltre in Entertainment! non manca d’altra parte la componente noise che si manifesta con le plettrate disordinate di Gill e che strizzano l’occhio ad certo rumorismo dell’hardcore americano, cosa che, combinato al loro suono più secco e scandito, ha sviluppato l’interesse di molti punk statunitensi di quegli anni, oltre che degli stessi Minutemen.

Focalizzandoci su Entertainment!, il suono dell’album è a dir poco ballabile, con le linee vocali di King di un pop avvolgente, che ovattano gli spigoli ritmici delle altre voci. I testi parlano per immagini stazionarie, denunciando fatti della quotidianità come il conformismo o la meccanicità della vita di coppia, oltre che citare la violenta e invadente politica del Regno Unito extra-Inghilterra in Ether. Per quanto riguarda la musica, l’album è spezzato da Contract, pezzo differente dagli altri in cui in più punti si nota una disarmonia tra le linee strumentali, con il basso di Allen che esegue linee oscure e minimali, mentre la chitarra si fa più dissonante. Un autismo in tutti i sensi che prefigurerà il lavoro successivo, ovvero Solid Gold.

Cover Solid Gold dei Gang Of Four.

Cover di Solid Gold (1981).

Registrato negli Abbey Road Studios nel mese di Gennaio 1981, e rilasciato a Marzo dello stesso anno per la EMI, il sophomore dei GoF è il lavoro che più brilla per originalità rispetto alla loro produzione, senza screditare gli altri dischi storici, Entertainment! in primis. Il rosso vivace della copertina del primo LP cede il posto all’azzurro dalle vibrazioni più distese e conservative delle energie; le atmosfere sono opache, più riverberate, dal sound più cupo senza però far mancare il tepore. Il beat ripetitivo dell’album si amalgama perfettamente con un’incompatibilità, voluta ovviamente, delle voci l’una indipendente dall’altra; un’armonia di suoni a dir poco monadica in cui il funk, quello degli esordi, che viene rallentato, scomposto e ricomposto. Espressive sono anche le pause: melodie che svengono e ipnoticamente riprendono come se niente fosse. Inoltre i testi sono più incisivi rispetto al passato prossimo; attraverso la prima o la terza persona vengono analizzati vizi e ossessioni dell’uomo medio inglese di quegli anni: nostalgia per un passata epoca di totalitarismi in Outside The Trains Don’t Run On Time (titolo delucidante del tema), oppure manie del patriarcato dispotico in He’d Send In The Army, o ancora un’analisi della condizione femminile in Hole In The Wallet, mentre Cheeseburger, con un’attitudine più vicina agli esordi, vuole essere una critica al materialismo statunitense. Degno di nota è anche l’incipit costituito dai brani Paralysed e What We All Want, il primo monumentale, anche per le istantanee claustrofobiche che si susseguono strascicanti con il parlato di King, e il secondo più accogliente per ritmo e melodia.

Il gruppo presto andrà avanti deviando verso un funk più in senso classico con Song Of The Free (1982) e Hard (1983), lavori interessanti senza però raggiungere i picchi dei due capolavori precedenti, dove Solid Gold risulta essere una pietra miliare del post punk inglese abbastanza sottovalutata. Rendiamo quindi omaggio alla memoria di Andy Gill posizionando la puntina del giradischi sui solchi spiralitici vibranti, monadici, ma piacevolmente punk-funk di Solid Gold.

Share This