IL MAGMA MEFISTOFELICO DEGLI ZU
di Giovanni Panetta
Zu live @ Garage Sound di Bari, 31/01/2020
Zu, live, Garagesound, Bari

Zu live al Garagesound, Bari. Foto di Vanni Sardiello.

Gli Zu sono una delle facce della musica indipendente italiana rivolta anche al resto del mondo. Essi fanno del punk non tanto un genere quanto un’attitudine, un corpus di scelte, a partire dalla loro internazionalità e dal loro non conformarsi agli altri artisti connazionali tanto da diventare un eccellenza sia nei confini italiani che nel resto del mondo. Non è un caso che abbiano avuto importanti collaborazioni, le quali sconfinavano spesso in territori più avant-garde (ovvero con Thurston Moore, Mike Watt, Joe Lally, Steve Mackay, Mats Gustafsson, gli Ex…). Soprattutto un gruppo che frequentemente si interfaccia con il pubblico attraverso i loro concerti.

Ieri gli Zu si sono esibiti live al Garage Sound di Bari, in un set che ha esaltato le loro caratteristiche principali: un suono cerebrante, che devia verso basse frequenze diventando puro rumore mefistofelico, e i componenti del gruppo ne danno prova certa: il sax baritono di Luca T. Mai è una voragine solfurea con deviazioni free emulando a volte sarcasticamente un suono bandistico; Stefano Pilia, il nuovo componente e il più rilassato, attraverso l’accordatura speciale della chitarra dà una cornice lisergica e caustica al set; Massimo Pupillo, che dirige la scena, tra ritmo e melodia del basso si contorce o salta, emanando vibrazioni palpabili di un sentimento sardonico; Jacopo Battaglia, tornato in formazione, e colui che interagisce di più con il pubblico, percuote la batteria con ritmi matematici, attraverso un muro sonoro che va a costituire la quarta parete.

Il gruppo ci mette l’anima, e i musicisti mostrano anche la loro preparazione con l’elettronica, tra effetti e suoni dronizzati, che contornano in concerto e come dimostrano nel loro recente album Terminalia Amazonia, termine di un processo continuo di ricerca musicale nella loro discografia.
Dominano i pezzi di Carboniferous, tranne per quanto riguarda Maledetto Sedicesimo (dalla compilation Il Paese È Reale del 2009), e Solar Anus (dall’album Igneo nell’outro). Si esordisce con gli scampanellamenti iniziali di Chtonian per poi terminare con il passato più lontano (e più distorto) di Solar Anus. Un suono cavernoso, primitivo, tra effettistica varia e suoni più diretti. Un live che mette a fuoco e stravolge la poetica di questi sperimentatori. Chtonian, Erineys, Ostia e le altre vengono filtrate attraverso una visceralità che è un colpo in faccia.

Un live al di sopra delle aspettative e che ha fatto uscire probabilmente il pubblico dal locale con le orecchie fischianti (sicuramente il sottoscritto), ma ci va bene così. Ci auguriamo che questi romani tornino in Puglia, e nell’attesa immergiamoci nel magma dissonante (sempre diverso) dei loro album.

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