Jaufenpass, il divagare di una nuvola in musica
di Giovanni Panetta
Intervista a Nicola G. Coppola in arte Jaufenpass, artista casertano fautore di un'elettronica minimalista dalle sfumature jazz e acide.
Cloud's Eye

Cover di Cloud’s Eye. Artwork ad opera di Resli Tale.

Jaufenpass, ovvero Nicola G. Coppola, musicista e artista di installazioni della zona di Caserta, si cimenta attraverso il suo esordio Cloud’s Eye (Shimmering Moods Records, 2023) in un’elettronica influenzata dal primo minimalismo, jazz e sonorità più leggere e al tempo stesso colte che richiamano sperimentazioni largamente acide e pop degli anni 2000. L’ispiratore per il lavoro è l’elemento aerostatico della nuvola, che tra l’altro compare nell’artwork curato da Resli Tale, la quale ha raccolto venticinque dei monotipi realizzati, i quale ruotano intorno al citato tema centrale. L’ascoltatore utilizza un celiometro, strumento di visualizzazione delle nuvole, per valutare la dilatazione magnificente di onde elastiche che si propagano in paesaggi di pace ieratica nonché essenziale, inteso nel suo duplice significato. Un suono sospeso, che vive di intuizioni dettate dalla ragione empatica che consiste in un divagare di pensieri, nell’idea anche di musica come fine concettuale.

Abbiamo interagito con Jaufenpass su Cloud’s Eye e i futuri sviluppi; di seguito l’intervista.

Raccontaci dell’album Cloud’s Eye, i cui pezzi hanno una struttura monotonale con l’aggiunta di minime variazioni; un’idea peculiare del disco insieme a timbri urbani e lisergici, tra ambient, avanguardia e in parte noise. Parlaci di come sono nate e si sono sviluppate le idee e l’aspetto più pratico dell’esecuzione.

“”Cloud’s Eye” è nato tra il 2007 e il 2009, in un periodo di sperimentazione intensa con MAX/MSP (un linguaggio di programmazione user-friendly finalizzato per la scrittura musicale, ndr). L’album è un’esplorazione sonora che mette in parallelo la bellezza eterea delle nuvole con la complessità invisibile del cloud computing. Ho utilizzato chitarre, pedali e alcuni sintetizzatori software, il mio laptop e tutto ciò che avevo a disposizione per creare un suono ampio e quasi sinfonico. La tecnica del looping è cruciale: rappresenta la ripetitività e l’evoluzione costante dei dati, ispirata anche dal minimalismo di Steve Reich e Terry Riley. L’album è stato realizzato principalmente con le cuffie e con l’ausilio di effetti tra i più disparati, come il Kaoss Pad 3 della Korg. Il processo di creazione è stato influenzato dalle limitazioni dello spazio in cui mi trovavo, che ha portato a un suono più intimo. Questo periodo di isolamento mi ha permesso di concentrarmi sulla perfezione dei dettagli sonori. Il risultato è un album che trascende le tecniche di produzione tradizionali, offrendo un’esperienza immersiva.”

Le Mûrier Noir ha una connotazione più urbana e patinata all’interno dell’album. Per certi versi mi ha ricordato sonorità shoegaze o alternative nella scrittura melodica. Il suono perturbato scorre come se si stesse osservando un paesaggio naturalistico magnificente, in cui un tratto futuristico viene celato tra le righe. Parlaci di come sono nate tali intuizioni e della relativa accoglienza più marcata rispetto agli altri pezzi.

“Le Mûrier Noir riflette le influenze di artisti come Fennesz, Ikeda e Sanso Xtro, che ascoltavo molto in quel periodo. Il suono iniziale caratteristico è una melodia di pianoforte distorta ed elaborata con varie patch di MAX, mentre per la distorsione finale ho utilizzato un vecchio Turbo Distortion della Boss. L’idea di base era raccontare il percorso tra i boschi che facevo per andare dalla mia casa di campagna a quella di mia nonna, non molto distante. Era una strada che non amavo percorrere, ma nel mese di giugno mi fermavo a mangiare i frutti di un albero di gelso nero, che dà il titolo alla traccia. L’ambiente claustrofobico e la melodia labile ma riconoscibile, pervasa da rumore, fanno riferimento a questo ricordo d’infanzia. Questo ricordo si collega anche ai due pezzi successivi, Ricordo #1 e Ricordo #2. La traccia intende evocare un senso di nostalgia e di ritorno a un passato complesso. Ogni suono e distorsione è scelto per rappresentare le emozioni contrastanti di quel viaggio. La miscela di effetti sonori e melodie mira a trasportare l’ascoltatore in un viaggio emotivo. Le Mûrier Noir non è solo un pezzo musicale, ma una finestra aperta sui miei ricordi più profondi.”

Jaufenpass

Jaufenpass, autoscatto (jaufenpass.org).

Cloud #1, #2 e #3 sono rispettivamente un’introduzione sospesa, pattern di geometrie rarefatte e un field recording che riproduce una natura primaverile, mentre Ricordo #1 è caratterizzato da una matassa di suoni claustrofobici; invece Ricordo #2 è un’istantanea di suoni stagnanti, ovvero sembrano rappresentare una viscosità complessa, disposti in maniera atonale, in cui il tutto rifugge da una forma di intermezzo. Tutti pezzi legati che rappresentano un epilogo alle tracce cardine, attraverso un artigianato che vuole sperimentare quanto più. Come nasce questa varietà e la asimmetrica disposizione dei pezzi nella tracklist.

“L’eterogeneità dei pezzi riflette l’intenzione di esplorare molteplici dimensioni sonore. Ricordo #1 e #2, originariamente un unico brano, racchiudono tutte le caratteristiche presenti nei tre “Cloud” disseminati nell’album. Cloud #1 rappresenta i miei primi esperimenti con il glitch. Cloud #2 è un loop di pianoforte, originariamente lungo 16 minuti e ideato per una mostra artistica, poi ridotto a poco meno di 2 minuti per sottolineare il concetto di ripetizione. Cloud #3 è una registrazione ambientale pura, effettuata nel parco della Reggia di Caserta. La disposizione delle tracce è pensata per introdurre e far comprendere le varie tecniche utilizzate: glitch, loop e field recordings.”

Di consistenza più omogenea è sicuramente Pum, dal suono caratteristico in senso cinematografico e spettrale. Compaiono dilatazioni che spezzano lo scorrere del brano, il cui tocco ambient, e quindi più conservatore, viene a mancare momentaneamente, generando uno sfuggente elemento di originalità. Parlaci delle intenzioni dietro questo pezzo.

“Pum è stato concepito per una mostra della Khamsin Art a Caserta nel 2007 ed è uno dei miei primi esperimenti con il Fostex XR-7, un vecchio multitraccia a cassette. Il brano ha un suono unico, con interruzioni che creano suspense e originalità. L’obiettivo era offrire un’esperienza sonora diversa, ispirata dal film “Sans Soleil” di Chris Marker. Questo ha permesso di creare un paesaggio sonoro che riflettesse la complessità e l’oscurità della traccia, spezzando momentaneamente il tocco ambient del resto dell’album.”

Un altro pezzo più autoconclusivo è sicuramente Legér, caratterizzato da una morbida consonanza. Nel pezzo scorrono echi simili a feedback che si sovrappongono, con dettagli di glitch che rendono il pezzo più organico. Il flusso sonoro è più neutro, in associazione alle citate tracce di armonie più accoglienti. Parlaci delle idee o intuizioni più vaghe dietro questo pezzo.

“Legér rappresenta il cuore dell’album, combinando loop di pianoforte manipolati con MAX/MSP, glitch e field recordings. L’idea era esplorare la bellezza della semplicità e della ripetizione per creare un pezzo riflessivo e avvolgente. La malinconia presente in tutto l’album è evidente in Legér, che racchiude l’essenza del progetto. L’uso di loop di pianoforte e glitch crea un’esperienza sonora completa e meditativa, offrendo una sintesi delle idee e delle emozioni esplorate in “Cloud’s Eye”.”

Lafàvi è caratterizzata da un naturalismo immaginifico; le frasi ondivaghe sono più chiaramente consonanti, insieme a un caratteristico sample con canti di uccelli. Un’apertura melodica e concreta che sembra essere un intermezzo, ma che per l’unione degli elementi citati ha in realtà una funzione fine a sé stessa, determinando uno sperimentalismo che rende il pezzo più incisivo rispetto agli altri. Come nasce questa associazione di idee eterogenee?

“L’associazione di idee eterogenee in Lafàvi nasce dall’uso istintivo di tutto ciò che avevo a portata di mano, come chitarre, pedali, sintetizzatori software ed effetti. Per creare Lafàvi, ho sovrapposto e modificato in modi diversi dei loop di pianoforte, aggiungendo campionamenti di canti di uccelli. Questo approccio sperimentale crea un pezzo unico e incisivo, caratterizzato da una combinazione di elementi che sembrano un intermezzo ma che in realtà hanno una funzione propria.”

In conclusione parlaci dei prossimi progetti che ti caratterizzano.

“I prossimi progetti saranno un’ulteriore esplorazione di generi e sonorità, tra cui uno focalizzato sul shoegaze ispirato dai Sonic Youth, e un altro che mescola elementi di jazz, folktronica e ambient. Questi progetti continuano a riflettere una fascinazione per l’integrazione di diverse influenze musicali e tecnologiche, mantenendo un approccio sperimentale che caratterizza l’intera produzione musicale. Collaboro anche a installazioni sonore immersive che combinano elementi visivi e acustici, e sto sperimentando con la realtà aumentata per creare ambienti sonori interattivi insieme all’illustratrice Resli Tale.”

Share This