
Shells (2022).
Francesco Cigana (percussioni, direttore di DOOOM Orchestra e del festival di musica improvvisata A Love Supreme che si svolge a Padova, città natale dell’organizzatore) e Marco Colonna (sassofono, clarinetto basso, co-direttore di New Ethic Society, etichetta/collettivo di musicisti) hanno pubblicato il 28 Febbraio 2022 Shells, per New Ethic Society. Shells è contraddistinto da un’improvvisazione caotica ed inconscia, in cui i due autori appaiono propriamente duali tra di loro, nel nome di un’estemporaneità astratta e espressiva, come i silenzi di Mother, la giocosità tonale e ritmica di Trojica Ghost o un’ asimmetria più familiare presente in Uproar.
Parlando di qualche precedente release, Francesco Cigana, precedentemente a Shells, ha pubblicato Anaesthetic (Setola di Maiale, 2019), in cui partecipa il Coro Nova Symphonia Patavina. Cigana utilizza diverse pelli e materiali per il suo solo di rumori intensi e magmatici, strutturando il suo lavoro in cui ogni traccia è strutturata come un capitolo influenzato dai pezzi precedenti nell’ordine della tracklist. Nella traccia conclusiva, Octhaedron, la consistenza fisica della prima parte realizzata in solo, confluisce in un livello superiore di suoni metafisici realizzato dal coro sopramenzionato e diretto dallo stesso Cigana, conferendo non a caso la forma di un solido platonico.
Marco Colonna, il 5 Marzo 2021, pubblica per Niafunken e Setola di Maiale Offering – Playing The Music Of John Coltrane, in cui vengono eseguiti in forma completamente originale e rielaborata sette standard di John Coltrane (a parte My Favorite Things, che è stato un riadattamento del sassofonista americano il cui tema è stato composto da Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II, per lo spettacolo Tutti Insieme Appassionatamente di Broadway, nel 1960). Ogni pezzo è un collage astratto di elementi free jazz o molto spesso lateralmente classici, seguendo forme continue, e riproducendo immagini spesso familiari, o altre volte distorte, che confluiscono in un frammento del pezzo di Coltrane che ispira quella stessa traccia.
Shells ha una struttura più libera e dinamica, viscerale e dalle sonorità più nette, in cui il suono segue un corso coinvolgente da parte dei due autori di improvvisazioni libere, che si proiettano verso il nuovo. Di seguito l’intervista a Francesco Cigana e Marco Colonna riguardo Shells, il docufilm dell’album (girato da Nina Marranconi) e il futuro.
Shells è contraddistinto da due elementi: il jazz e un certo rumorismo aleatorio. Armonicamente ispirato al free jazz europeo o più classico (in senso “colemaniano” o “ayleriano” anche se in maniera più rarefatta), permeato da attriti graffianti, spesso violenti e caotici, delle bacchette sulle pelli, e note di clarinetto basso combinate più volte stocasticamente e dal fisico impatto. Si palesano infatti due culture che si uniscono, quella relativa al caos e alla storia, ordine e disordine, dando vita ad una creazione centrifuga e vitale. Parlateci dello sviluppo di Shells e di come sono avvenuti questi elementi.
“Shells si è sviluppato autonomamente, come è giusto che sia. È emerso dalla semplicissima unione delle mie idee musicali e quelle di Marco tramite l’improvvisazione. Il tutto è scevro di qualsiasi ragionamento o intento programmaticamente stilistico, culturale e storico, ad eccezione di quello metodologico. Ad uno sguardo e ascolto post esecuzione sicuramente si possono tracciare e definire delle linee di appartenenza ad una corrente piuttosto che ad un’altra, ad un’influenza piuttosto che un’altra, ma questo è inevitabile e anche in fondo poco interessante no? Quello che conta è il suono. Quando Marco emette un suono non mi interessa null’altro al mondo. Ho la possibilità di emettere suoni anche io, e la scelta del suono che emetterò non passa da nessun ragionamento o considerazione, il suono parla già di per sé, sa già cosa vuole da me, poi che io riesca ad andare in quella direzione questo è un altro paio di maniche. Forse può sembrare un discorso “alto”, pomposo, filosofico o astratto, ma ti assicuro che quanto di più basilare possa esistere per me. Si tratta soltanto di ascoltare e reagire. Shells nasce così.”
A detta vostra durante le registrazioni non sentivate la necessità di una ricerca di equilibrio, ed infatti il tutto risulta spontaneo dando vita anche a nuove forme, aliene e terrene in un’unica istanza. Come nasce questo feeling estemporaneo? Quali sono stati i riferimenti, stazionari o oscillanti, durante le vostre esecuzioni?
“Credo che il feeling si riconduca sempre all’atto di ascoltare, se ci si riesce ad ascoltare per davvero il risultato difficilmente sarà privo di feeling. Banalmente to feel vuol dire proprio sentire… Certo ogni musicista (ad un certo punto del suo percorso) sviluppa uno stile, che può fungere da momentaneo riferimento in una fase embrionale/pre-sonora. Da qui poi si dipanano diverse critiche all’improvvisazione proprio perché se si sviluppa un linguaggio e ci si fossilizza su quello, smettendo di evolversi, ovviamente c’è il rischio che si creino output artistici molto simili tra di loro, alla lunga stantii. Personalmente spero di avere la forza creativa di mirare al non averne uno così preciso che mi precluda possibilità musicali varie e diverse, realmente varie e diverse. Certamente in un mondo in cui il brandizzarsi è la regola può sembrare un obiettivo controproducente. Potrò osservare la realizzazione della mia speranza solo nel tempo, quindi… time will tell!”

Francesco Cigana in studio. Fotogramma, filtrato da Francesco Cigana, del docufilm Shells, girato da Nina Marranconi.
Psalm, più ordinata e ieratica nella sua forma, sembra ispirarsi in certi punti all’omonimo pezzo di John Coltrane presente in A Love Supreme (in maniera volontaria o meno), con pattern astratti e maggiormente legati alla sperimentazione free europea. Parlateci della genesi della traccia e della sua struttura più sospesa.
“Il nome si riferisce più che altro al richiamo recitativo/salmodico che è emerso, una piccola composizione che alle mie orecchie aveva un’aria quasi sacrale, un inno, una preghiera. La tecnica di una melodia sopra un bordone è una soluzione forse molto connotata da questo punto di vista. Per me tutti gli strumenti sono uguali, che la batteria diventi uno strumento melodico non è un espediente particolarmente curioso, ma fa parte della sua natura. Il fatto che il bordone sia ottenuto con l’utilizzo di vibratori può portare a vederla come una cosa bizzarra, ma è solo una tecnica, e la tecnica serve ad esprimersi, e basta. Non ci vuole nulla (specialmente nel mio strumento) ad apparecchiare un set originale, ardito o mai visto. Conta cosa ci fai, la risultante sonora.”
Form invece fluisce in maniera disarmonica, tra linee atonali e liquide del clarinetto basso e pattern aleatori e netti delle percussioni. Nel suo proseguire, libero ogni volta da punti di riferimento, il suono si accresce, si intensifica, e subisce nel suo seguito una rarefazione, per poi rafforzarsi nelle sole percussioni, per concludersi subito dopo un’impostazione clarinetto/batteria più melodica e dissonante. Il titolo Form si ricollega alla sua forma più concettuale di sali e scendi ritmico, in cui armonia e melodia hanno una struttura più magmatica e caoticamente omogenea. Parlateci di come nasce e si sviluppa questo pezzo.
“Form è forse uno dei brani più formalmente esemplari dell’intero disco, che rappresenta e viene rappresentato al meglio forse proprio dalla forma (appunto) della conchiglia, nel suo svilupparsi in modo chiaro e quasi “classico” oserei dire. È un brano che mette in evidenza una forza compositiva articolata, a fronte di un tempo di sviluppo piuttosto importante (è infatti la traccia più lunga del disco) e forse per questo può disorientare o far passare in secondo piano questa componente. Ma l’attenzione che Marco pone sull’aspetto formale è fantastica, e dalla mia parte basta chiedere a chi lavora e studia con me quante volte ne ribadisco l’importanza.”

Marco Colonna in studio. Fotogramma, filtrato da Francesco Cigana, del docufilm Shells, girato da Nina Marranconi.
Il 22 Settembre 2022 è uscito il documentario Shells, che mostra i retroscena e i pensieri dietro il vostro album. In essa viene spiegata la ragione e la necessità dell’improvvisazione libera, ma anche come essa si pone nei tempi moderni e nel mercato discografico/digitale. Come nasce e si sviluppa l’idea di questo film? Inoltre, in merito a quanto detto, come far valere le ragioni dell’improvvisazione libera all’interno del mercato globale all’insegna de “l’ascolto veloce”, e soprattutto che si direzioni verso un ascoltatore curioso e nuovo sulle sonorità più free?
“Da sempre cerco di abbinare la componente visiva ai miei lavori sonori. In questo caso l’idea si è sviluppata dalla felice e florida condivisione di concetti e idee con Marco, e ho pensato sarebbe stato interessante e prezioso rendere partecipe l’ascoltatore del disco di questi pensieri. Inoltre, essendoci riprese dal vivo in studio durante la registrazione, è anche un dare allo spettatore una piccola (minuscola invero) possibilità di assistere alla performance o quantomeno di fruire il disco con una curiosità differente. Registrare musica improvvisata su un supporto ed ascoltarla è un’operazione abbastanza particolare se ci si pensa… Il documentario concede una piccola possibilità in questa direzione, pur rimanendo le due esperienze (video e dal vivo) profondamente differenti.
“Avvicinare i termini “improvvisazione” e “mercato” vuol dire già porsi sull’orlo di un dirupo. Diciamo che se per mercato si intende la circuitazione della musica improvvisativa all’interno di rassegne, festival, programmazioni, etc, si rientra un attimo nei ranghi del sensato, fermo restando che per “sensato” intendo un panorama attuale, delicatissimo e gravemente compromesso per essere generosi. Preferisco traslare il tutto a livello personale: “farsi valere” in questo caso vuol dire portare avanti un proprio pensiero attivo, di coinvolgimento, educazione, educazione non di gusto, errore tragico, bensì di sensibilità, di curiosità, di espressione… e non può essere un processo immediato, che accade mentre si scrollano reel o simili. Qui non c’è bisogno di musicisti che si esprimano con affermazioni à la Marchese del Grillo di sordiana memoria (“io so’ io e voi non siete un cazzo”) e che dall’alto pongano la loro benevola e santa mano sul popolo ignorante per educarli, perché spesso sono i musicisti stessi a non capire che educazione manchi e talvolta i primi ad esserne carenti.”
Per concludere parlateci di vostre prossime novità in ambito discografico o per quanto riguarda tour a venire.
“Sto lavorando al mio nuovo disco in solo e devo “solo” trovare il luogo adatto dove registrarlo. Ahimè, la mia intenzione di non lasciare nulla al caso in ogni dettaglio è anche la fonte principale di notti insonni e rallentamenti…
“Altre uscite sono previste per l’anno prossimo, e nella prossima primavera spero si riuscirà ad entrare in studio con la DOOOM Orchestra. Lì farò bene ad aver accumulato parecchie ore di sonno in anticipo, ma non vedo l’ora che succeda.”