IL SOUND FUORI CONTROLLO DI RYOKO ONO
di Giovanni Panetta
Suoni dal Giappone. Intervista alla sassofonista giapponese riguardo il sound caotico e a basse frequenze dei Plastic Dogs e il prog della Ryorchestra.
Growl

Cover di Growl (2020).

Il pianeta Terra va visto come un unicum; un flusso di pensieri e di azioni che si incontrano e si scontrano, anche in maniera inconscia. È il caso di Ryoko Ono, sassofonista giapponese che attraverso i suoi due progetti, la Ryorchestra e Plastic Dogs, ha amalgamato suoni tutti diversi; che possano essere sonorità dalla Francia, dai Balcani o altro non ha importanza, in quanto le combinazioni possibili elaborate dai musicisti in generale molto spesso si intersecano, e creano quel qualcosa di magico per cui la storia di un giapponese non è poi così diversa da quella di un balcanico o francese e così via. In Growl, esordio dei Plastic Dogs (del 7 Gennaio 2020, autoprodotto), in particolare, fa sfoggio di un suono rumorista attraverso la combinazione di metal e jazz, in formazione una sassofonista (per l’appunto Ryoko), due chitarristi (Tsuyoshi Hayashi e Yuji Muto) e un batterista (Kota Ueji), con un’eterodossia tipica sempre del Giappone.

Ono Ryoko,

Ryoko Ono.

Nell’intervista a Ryoko Ono che seguirà, si approfondiranno tutti gli argomenti citati, degli intenti, degli altri componenti, della Ryorchestra, e del futuro prossimo di quei progetti. Concretamente vicini e con la mente lontani.

Allora, quello dei Plastic Dogs è un suono free jazz/noise che ricalca i Magma (strutturalmente) e catalogo Skin Graft, e che mi ricorda certe linee di fiati balcaniche. Ma come nasce, si sviluppa il progetto, e con quali intenti?

“Suono il piano e il flauto nella Ryorchestra, ma originariamente sono una sassofonista. Pensavo da lungo tempo al fatto che mi sarebbe piaciuto fondare una nuova band heavy metal con il sax. Fortunatamente ho potuto incontrare grandi musicisti, così abbiamo cominciato a suonare come Plastic Dogs. Riguardo alle linee, non sono mai stata consapevole di quello che dici, ma a me piace quella musica che rimanda alla gente dell’Est e ne sono influenzata”.

All’ascolto di Growl, si può percepire un suono labirintico; esso è suddiviso in componenti cadenzate e più ordinate che vengono interrotte da passaggi complessi, generando una matassa sonora, come i parti di spazi a noi familiari vengono connessi descrivendo geometrie complesse, quasi non-euclidee. È possibile scorgere diversi modi che consistono in un’alternanza tra ordine e disordine, e anche che concernono la lunatica attitudine a velocizzare/rallentare l’andamento, e in questo senso gioca un ruolo cardine RUNE, un déjà vu nell’album che si esacerba in una furia prog-noise a densità variante. Altro pezzo interessante è la spaziale Zodiac, dove il sax assume tinte cosmiche e eterodosse per lo stile. Un genere tra il prog, il metal e il jazz il cui risultato è astratto, ed ha una spinta verso l’alto creando qualcosa di originale, non solo per via di quella commistione di sonorità. Mi chiedo se volevi incentrare il disco su questa dicotomia ordine/disordine, e se il tutto è catalizzato da quella eterodossia in senso tecnico.

“Ho composto tutti i miei pezzi. Generalmente, il tema o frase di una canzone si ripete due o quattro volte nella sezione. Questo modo di comporre mi annoia tutte le volte. La cosa per me più importante quando compongo musica è “nessuno può prevedere la prossima frase”. Quando il pubblico ascolta la mia musica, quello che voglio è privarli della facoltà di prevedere la prossima linea. Come risultato, tutti i pezzi composti da me diventano non intenzionalmente una specie di zapping music. In più, non vorrei che questo fosse un punto a favore ai concerti, perché non è cool. Infatti richiedo a tutti i musicisti di non fare punteggio quando suonano le mie canzoni. Penso che le mie canzoni siano per loro molto complesse e molto difficili da memorizzare, ma ogni musicista fa quel che può”.

Interessanti sono anche le chitarre di Hayashi Tsuyoshi e Muto Yuji, la cui tecnica viene manifestata in stile prog-metal, scivolando spesso su intermezzi jazz. Inoltre i due chitarristi danno piena struttura al disco, conferiscono quell’ossatura portante e massiccia a Growl, un album a tutti gli effetti metal storto e “arlecchinesco”. Ma coinvolgendo anche il batterista Ueji Kota, che è stato importante anche lui per la precisione, quale ruolo hanno ricoperto i tuoi colleghi nella scrittura e nella fase di produzione? In che modo si è creata quell’alchimia di intenti?

“Prima di fondare i Plastic Dogs, avevo bisogno di due chitarristi, un bassista e un batterista, ma in quel periodo non trovai un buon bassista. Dopodiché mi piacque quella combinazione di strumenti musicali. Pensavamo di dover realizzare un suono più profondo per i Plastic Dogs, per via dell’assenza di un bassista. Così Tsuyoshi Hayashi (chitarrista), cambiò le corde della chitarra, in modo da abbassare l’accordatura rispetto a quella standard, inoltre tramite gli effetti potette creare suoni più bassi di un’ottava, per creare un suono più basso e violento in Plastic Dogs. Kota Ueji (il batterista) di recente ha cominciato a usare un doppio pedale. È un fattore molto importante per il nostro sound, essere più profondi e più potenti”.

Si può notare una competente conoscenza del jazz che si riversa in ambito prog-noise. Una certa sensibilità “math jazz” dove caratteristici sono i frequenti cambi di tempo e un tecnicismo angoloso. Infatti si può anche percepire un influenza del Canterbury Sound, più aggressiva, e con un senso dell’umorismo musicale. Ma a riguardo, quali sono state le influenze per Growl?

“Yuji Muto (chitarrista) ha studiato chitarra jazz negli Stati Uniti per molto tempo. Tsuyoshi Hayashi è un chitarrista heavy metal, Kota Ueji è un batterista rock, loro hanno una grande tecnica. Non sono solo pieni di conoscenze della teoria musicale, ma anche di umorismo e tolleranza. Persone del genere sono in grado di eseguire la mia musica complessa. Sarò sempre grata a loro”.

Plastic Dogs

Plastic Dogs.

Parliamo dei nomi; come mai la scelta per “Plastic Dogs”? Mentre “Growl” potrebbe essere un richiamo al metal e all’uso del sax, cantato strumentale dell’album che potrebbe rimandare a quella caustica e rumorosa tecnica del canto, o a qualcosa che riflette l’aggressività dell’album (o un gioco di contrasti per il suono sì feroce, ma tutto sommato bonario e a tratti ludico); ma qual è la verità che si cela dietro?

“Per quanto riguarda il motivo del nome “Plastic Dogs”, diciamo che… non c’è nessun motivo. Era solo perché mi piaceva. Non so perché. Potrebbe ricollegarsi alla fusione di inorganico/organico… forse.
Non c’è nessuna verità nascosta nel nome “Growl”, Ahahah. Yuji Muto, lui ha dato questo titolo. Quando cercò un nome per l’album, trovò un paio di parole che riguardavano suoni di animali, così scelse “Growl””.

Una voce però si può percepire in Humming, in uno stile che rimanda in effetti al titolo del disco. La traccia risulta essere più in uno stile tra il divertente e il sarcastico; sembra comunicare attraverso immagini stilizzate e grottesche di più delle altre tracce, essenzialmente più caotiche, con quel cantato cavernoso e quel barocchismo rumorista. Verso il finale sembra che vogliate dare il colpo di grazia con questo pezzo, riuscendoci attraverso il suo senso dell’ironia caricaturale e granguignolesca. Volevate infondere quelle sensazioni nell’avvio del vostro epilogo?

“Sai che non esiste un vocalist nella nostra band Plastic Dogs. Quando abbiamo registrato l’album Growl, abbiamo provato ad aggiungere una voce in Humming, solo come idea. Potevamo chiedere un aiuto fa altri vocalist, ma volevo fare un album solo con quattro membri. Così abbiamo registrato la voce improvvisata di Tsuyoshi Hayashi su quella traccia. Alla fine, nel primo verso di quella canzone, dice: “Potato chips is one hundred yen”. Nell’album fui [anche] tecnico del suono. Quando sentii il suo verso senza senso nella registrazione, esplosi in una risata”.

L’attitudine progressive è più evidente nella Ryorchestra, un ensemble diretto da te (che vede sempre alla chitarra Yuji). Il suono sembra rimandare ai Magma, a quel prog francese che ha sempre affascinato il Giappone. La formazione della band in stile classico suona come un’orchestra vera e propria; infatti il tuo ruolo di direttrice si può percepire anche in Plastic Dogs, dove è evidente l’alchimia di suoni strutturata molto spesso in stile barocco e maestoso. Ma esiste una linea di continuità tra i due progetti o utilizzi approcci diversi per entrambi?

“Quasi tutti mi dicono che la Ryorchestra assomiglia ai Magma, ma non l’ho mai vista in quel modo, in quanto non conosco bene i Magma. Quello di cui vorrei occuparmi in musica è costruire ritmi complessi e un armonia estetica. Con la Ryorchestra si concretizza la mia idea di armonia estetica e con Plastic Dogs provo a realizzare la mia idea di ritmo complesso. Perciò sono stata capace di realizzare quelle mie due concezioni attraverso Ryorchestra e Plastic Dogs. Si può dire un differente approccio per entrambi”.

Per concludere e a tua discrezione, rivelaci le tue novità in corso, con Plastic Dogs o con la Ryorchestra. Nella speranza che la situazione si sblocchi quanto prima.

“Sì! Adesso non possiamo organizzare concerti in Giappone per via del Coronavirus. In altre parole abbiamo tempo per fare pratica, comporre e registrare. Stiamo lavorando alla pubblicazione di un nuovo album. Pazientate per la prossima release”!!

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