IL FUTURO ANTICO DEGLI ASPIC BOULEVARD
di Michele Ruggiero
Intervista ad Aspic Boulevard (Marco e Alessandro Barrano), tra sperimentalismi prog, krautrock e library, in nome delle origini classiche della Sicilia.
Memory Recall of a Replicant Dream

Cover di Memory Recall of a Replicant Dream (2020), pubblicato per l’etichetta londinese Blow Up Records.

Ci sono suoni che “noi umani non possiamo nemmeno immaginare”: gli Aspic Boulevard sì. Spuntati da Caltagirone, se non proprio dai Bastioni di Orione, con un album fenomenale di debutto, abbiamo deciso di intervistarli, incuriositi dal loro frullato di paleofuturo, tribalismo, jazz, prog à la Simonetti e colonne sonore italiane d’annata. Ecco il resoconto:

Ciao ragazzi, grazie per aver accettato l’intervista. Al momento avete all’attivo un solo album, uscito in un momento di stasi totale nel maggio 2020, Memory Recall of a Replicant Dream – però, che album! Davvero ricco di intuizioni, strumenti, stili diversi e complessi che giocano tra di loro in maniera molto coesa: quanto è stata lunga la sua gestazione? Com’è nato? 

“Ciao. Grazie a voi per l’opportunità di parlare del nostro progetto.

“Memory Recall of a Replicant Dream è nato praticamente nel giro di un anno circa. È stato un lavoro intenso, articolato, ma anche molto spontaneo. L’album ha preso forma seguendo il flusso delle idee, in un continuo susseguirsi di spunti creativi. Durante le sessions abbiamo dato vita a moltissimi pezzi, che via via abbiamo selezionato e sviluppato, fino ad ottenere quella che poi è diventata la tracklist definitiva di 12 tracce.

“Si tratta di un concept album, ispirato a tematiche fantascientifiche, ma con un approccio fresco e lineare. Riguardo le registrazioni, abbiamo curato noi direttamente ogni dettaglio dalla composizione al pre-mastering. Il mastering finale è stato fatto a Londra, da Nick Bennett (Revolution Mastering).

“L’immagine di copertina è un frame tratto dal nostro primo videoclip “Akragas”, in cui compare una scultura, realizzata da Marco, che rappresenta un replicante. Il layout grafico è stato curato da Bruce Brand (Arthole Retrographics).”

Di quali strumenti avete fatto uso? 

“Ci piace spaziare e sperimentare liberamente, utilizzando strumenti acustici, elettrici, ed elettronici (soprattutto analogici).

“Abbiamo una passione per gli strumenti vintage – anche giocattolo – e siamo alla costante ricerca di “novità”. E quando troviamo qualcosa di interessante, ce ne prendiamo cura per poterlo utilizzare poi nelle registrazioni.

“Agli strumenti “tradizionali” accostiamo anche tutta una serie di dispositivi sonori e aggeggi costruiti in casa o modificati opportunamente per fare musica. Vari oggetti di uso quotidiano possiedono davvero un timbro interessante e sono in grado di arricchire gli arrangiamenti, aggiungendo delle caratteristiche uniche.”

Mi sembra che l’universo del cinema sia stato cruciale come ispirazione per l’album. Oltre alle citazioni più evidenti, Blade Runner nel titolo, o le colonne sonore dei Goblin, cosa avete guardato (e ascoltato) nelle fasi di scritte arrangiamento dell’album?

“Composizioni ed arrangiamenti, possono nascere con metodologie spesso molto diverse. L’ispirazione è comunque latente nel nostro background, e affiora stimolata da ricordi ed emozioni. Film, cartoni animati ed anche pubblicità, che magari abbiamo visto da bambini, hanno in qualche modo influenzato fortemente il nostro immaginario. Ma non solo il cinema o la TV, anche una certa fascinazione per la scienza, in particolare per l’astronomia, ha il potere di innescare la scintilla creativa in noi.

“Ovviamente, poi ci sono anche gli ascolti. A noi piace ascoltare ogni genere, senza preclusioni. Spaziamo dal rock in tutte le sue forme, all’elettronica, alla world music, al jazz, alla classica, etc.”

Aspic Boulevard

Aspic Boulevard, formati dai fratelli Marco e Alessandro Barrano.

Quando registrate vi ponete il problema di avere un suono “contemporaneo”? La vostra musica si rifà certamente a generi nati diversi anni fa, krautrock, prog, library music, e a volte chi si approccia a certi generi vuole farlo riadattandoli alla contemporaneità, chi meglio chi peggio. Voi che cosa ricercate nel suono? 

“Noi nel suono ricerchiamo la bellezza. Non ci interessa rincorrere le mode. Per noi è essenzialmente una questione di gusto e di contenuti, ed esprimiamo quello che è il nostro “sentire”, senza futili sovrastrutture, né compartimenti stagni. Cerchiamo, quanto più possibile, di essere fedeli alla nostra personale visione e di trasferire nel nostro lavoro, idee, emozioni ed esperienze.

“Noi facciamo musica per chiunque abbia voglia di ascoltare. E la facciamo con il desiderio di sorprendere, divertire ed emozionare.

“Nei nostri brani un elemento assolutamente imprescindibile è la melodia. Per noi è vitale che la composizione, per quanto sperimentale, risulti comunque fruibile.”

Mi ha colpito come nelle atmosfere del disco ci sia una continua tensione tra passato e futuro, così insieme ai Replicanti e all’elettromagnetismo ci trovi la preistoria di Lascaux oppure la città di Akragas (nome greco di Agrigento). È una dialettica voluta? 

“Sì, assolutamente. Ciò che in apparenza può sembrare un contrasto o un ossimoro, in realtà è un punto di incontro.

“C’è un legame speciale tra l’ancestrale e il futuristico. Perciò accostiamo la musica elettronica a tematiche che riguardano il mondo antico, oppure immaginiamo il futuro utilizzando ritmiche tribali.

“Troviamo stimolante lavorare anche sui titoli. Un brano strumentale è un po’ come una tela bianca: è possibile dipingere l’immagine che si vuole comunicare, semplicemente partendo dal titolo.”

Marco Barrano

Marco Barrano.

Invece i video che accompagnano i vostri singoli come nascono? 

“I nostri video nascono in maniera molto artigianale, realizzati perlopiù in un set casalingo, con strumentazione essenziale. Anche in questo caso non siamo interessati a sfoggiare una patinatura di tendenza. Piuttosto ricerchiamo un’impronta stilistica sincera, che renda riconoscibile il nostro lavoro agli appassionati del genere.

“Molte influenze derivano dai pionieri del cinema, dai film di fantascienza classica, dai musicarelli, dai cartoni animati e dalle serie TV anni ’70, etc.

“Recentemente è uscito il nostro secondo videoclip, “Kubernetikós”, presentato in anteprima sul sito del magazine britannico Prog. Il video lo abbiamo realizzato in casa, quasi completamente in stop-motion, animando delle sculture robot, costruite da Marco.”

Vi influenza il vostro luogo di nascita? È Agrigento? 

“Noi siamo di Caltagirone, una cittadina in provincia di Catania, ma abbiamo dedicato il nostro brano “Akragas” all’antica città di Agrigento, perché è un luogo davvero affascinante.

“Essere siciliani ha fortemente influenzato la nostra sensibilità, la nostra cultura e il nostro carattere. La Sicilia è un’isola, ma non è stata mai chiusa ad influenze culturali, anzi. Ha un’identità ben precisa, che è il risultato della sua storia. È ricca di cultura, ma anche di mistero.”

Alessandro Barrano.

Alessandro Barrano.

Per concludere, raccontateci come è andato quest’anno dalla pubblicazione e se vorrete anche proporlo live ora che iniziano ad esserci delle ripartenza timide dei concerti.

“Quest’anno è stato comunque molto intenso, soprattutto per ciò che riguarda la promozione dell’album, nonostante l’impossibilità di fare spettacoli dal vivo.

“A noi piacerebbe molto portare il nostro suono in luoghi che hanno un’importanza di carattere storico o naturalistico, o un legame con l’astronomia. Certe locations, sono in grado di amplificare le atmosfere create dalla musica, e rendere l’esperienza di un concerto più avvolgente.

“Tornare ai live è vitale per qualsiasi musicista, ed infatti non vediamo l’ora di poterlo fare.”

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