Socks And Ballerinas – Soap! (17 Febbraio 2019, autoprodotto): Loro sono un duo proveniente dalla fredda Helsinki composto da Katalin Helfenbein alla batteria e Leonardo Calamati a chitarre ed anche loop, in quanto il gruppo, attraverso un math rock (che piaccia o meno la classificazione) in versione digitalizzata, vuole sperimentare attraverso più stili ed intuizioni. All’ascoltatore più rodato verranno in mente i Battles, anche se c’è di più, per esempio il dream pop di On Sunday, unico distacco dell’album da quei ritmi adrenalinici frequenti. Sta di fatto che l’album ha più un’impostazione tradizionale rispetto al gruppo americano; le chitarre ricordano per molti versi i Don Caballero, anche se a volte molto più spigolose, a volte più eteree. L’elemento fondante di questo lavoro è un astrattismo caotico e spirituale allo stesso tempo che disegna geometrie kandinskiane. Un ascolto imprescindibile.
Infinity Forms Of Yellow Remember – Infinity Forms Of Yellow Remember (6 Settembre 2019, Cardinal Fuzz Records): Questo esordio omonimo del sestetto di Cardiff gode della convergenza di spiritualità opposte, ovvero quella ultraterrena e teutonica emanata dall’utilizzo compulsivo del pedale wah, che genera un effetto dronizzante ricorrente, e di accattivanti ritmi motorik, immancabili nel contesto, e dell’attitudine più mondana rappresentata dalla psichedelia, con qualche richiamo all’estetica di Ty Segall (che non a caso qualche mese prima ha fatto un disco che più psichedelico non si può). Disco progressivo (in senso lato), ovviamente doppio, e con suite che spesso occupano un intero lato, o quasi. Ottimo kraut e buona base pop. Un piacere da ascoltare.
Nérija – Blume (2 Agosto 2019, Domino): Il jazz non ha perso la sua potenza di autorinnovamento, e le Nérija, settetto londinese tutto al femminile ne è pienamente coinvolto. In questo caso parliamo di un jazz colorato di più generi, viste le formazioni differenti delle musiciste, dove domina come contaminazione il soul, ma non si fanno mancare l’afrobeat, il funk, la library ed anche un krautrock contenuto (da parte della batteria). Il disco in ogni modo è dominato da un avant jazz (la forma non è propriamente “free”) che si dissona “tra le righe” melodicamente ed armonicamente; un’atonalità distribuita omogeneamente insieme alle parti più consonanti. Si sentirà un sassofono alla Pharoah Sanders (al quale il gruppo dichiara di ispirarsi), chitarra e batteria che si riverberano come in EU (Emotionally Available) conferendo un tocco da sonorizzazioni, un basso dal suono levigato ma angoloso e melodie dal sapore agrodolce. Un disco complesso ma di sicuro molto interessante.
Los Pirañas – Historia Natural (11 Ottobre 2019, Glitterbeat): Direttamente da Bogotá ecco un gruppo che al terzo album ci regala l’ennesima dimostrazione di come tradizione e innovazione possano perfettamente combaciare. Questo trio strumentale (chitarra, basso e batteria) si fa portavoce di un genere che potremmo definire “noise cumbia”. Infatti il tropicalismo fa nettamente da sfondo in questi dieci pezzi, ma soprattutto c’è di più: attraverso suoni minimali e distorti (infatti il suono della chitarra e filtrato attraverso un conputer) vengono stravolte, o smembrate e riassemblate sonorità, ritmi, timbri e quant’altro provenienti da tre continenti: America Settentrionale, Africa e America Latina. Il timbro della chitarra è puramente noise, ma melodicamente non è da meno: i riff metallici e spigolosi di Eblis Alvarez, oltre alle sonorità tropicali, danno dimostrazione di un serialismo caotico e rumorista ispirato vagamente al chitarrismo urticante di Paul Leary e Steve Albini, rendendo il tutto molto interessante. Los Pirañas: un ascolto nuovo di cui abbiamo bisogno.