I CONSIGLI DI NIKILZINE (4)
di Giovanni Panetta
Tre uscite interessanti di questo 2020.
We are sent here by history

Cover di We Are Sent Here By History.

Shabaka And The Ancestors – We Are Sent Here By History (Impulse!, free jazz): Shabaka Hutchings è musicalmente idealista, poliedrico, portatore di un’africanità nuova. Lo dimostra con i progetti di cui è componente, ovvero Sons Of Kemet, The Comet Is Coming e Shabaka And The Ancestors, tutti diversi e che aggiungono qualcosa di nuovo al discorso musicale; quest’anno è stata la volta degli ultimi della serie con We Are Sent Here By History. Protagonisti sono il sax percussivo che esplora territori free jazz con venature street funk del sax di Hutchings, i tempi complessi d Tumi Mogorosi e il contrabbasso ostinato di Ariel Zamonsky. Tutto l’album è un jazz atonale permeato da un tocco spirituale e notturo che si esprime con elementi terrei e ondivaghi; caratteristico in questo caso è Go My Heart, Go To Heaven, dove il basso periodico armonizza con le linee oblique vicine al soul della voce di Siyabonga Mthembu. Retaggi dal passato riconducibile a Sun Ra è You’ve Been Called, in cui all’inizio Mthembu legge una poesia di Lindokuhle Nkosi, con l’accompagnamento del piano di Thandi Ntuli proveniente dalle profondità dello spazio. Africanismo che viene letto in chiave moderna, con testi spesso il lingua bantù zulu e xhosa (idiomi originari dal Sud Africa), e più rappresentativa in questo senso èTil The Freedom Comes Home, contornata da un’atmosfera notturna e a suo modo sognante. Un disco in ogni modo di una patinatura magica, scintillante, di una luce dal passato africanista e proiettato in un attuale pieno di entusiasmo, nostalgico e allo stesso tempo innovatore.

cold case

Cover di Cold Case.

Brainbombs – Cold Case (Skrammel, noise rock): Dopo Souvenirs del 2016 e Inferno del 2017, lavori nel segno di una quiete nichilista all’interno del loro contesto, torna a Gennaio di quest’anno la furia granguignolesca degli svedesi Brainbombs con Cold Case, pubblicato nel Febbraio di quest’anno. Il quintetto non si smentisce nemmeno stavolta e sfodera dieci brani sprezzanti, distruttivi, nel segno del motto “repetita iuvant”, con il vocalist Peter Råberg che biascica le parole scritte dal fratello Dan, il cornista che dà anche un’impronta free jazz a questo macabro cabaret noise da Husiksvall in Svezia. Il progetto e solito flirtare con il male, sia per i testi, l’immaginario oscuro degli artwork (la copertina del loro disco Obey ritrae il noto serial killer Ed Gein), e i concerti contraddistinti da eventi turbolenti con il pubblico.
Questo Cold Case è una ripresa (quasi) di quel suono d’assalto tipico di Obey: ci sono trame più complesse e affastellate, oscuramente lisergiche, con un accompagnamento che infonde ossessione paranoide, come spesso avviene nella poetica della band. Rilevante se vogliamo è l’energia, o se vogliamo l’attitudine, l’approdo di nuove idee che propendono verso un suono garage punk (come si evince particolarmente in The Return Of The Ripper); matasse di suoni in libertà si scontrano con riff statici e minimali, rendendo il tutto astratto in senso punk. La chiusura con i due pezzi It Was Easy e Die, Dead, Death, realizza al meglio l’effetto sorpresa: il primo più aperto e consonante a suo modo, il secondo si esacerba in sfuriate di feedback. Una vera sorpresa questo disco dei Brainbombs.

Nos Da

Cover di Nos Da.

Nos Da – S/T (Recess Record, indie rock): Un tocco di spensieratezza maggiore lo danno i Nos Da, gruppo dalla provincia losangelina, che ha firmato per l’etichetta locale Recess Record. Non ci troviamo tra le elucubrazioni sonore della SST, e questa volta il sole della California non abbaglia ma irraggia piacevolmente quelle terre. La band, che vede come nucleo principale Isaac Thotz (voce e chitarra), Jamie Morrison (basso) e Mike “Jimmy” Felix (batteria), sforna un album leggero, piacevole, senza troppi pensieri, dal modo di comporre di Thotz semplice ma che va dritto al punto. Un pop modellato con parametri punk (in senso lato). Sembra di ascoltare a volte un pop punk di matrice indie alla Martha (band inglese dalle parti di Durham), il surf punk dei Wavves, un power pop/alternative alla Weezer dei tempi di Maladroit, oppure, riferendoci alle parti di Moog suonate da Victoria Yarnish, ai Rentals, e non stupisce in quanto gli ultimi tre gruppi hanno operato nel sud californiano; inoltre in Last Kiss Today si sente un tocco punk melodico propriamente detto, e non a caso il brano è ispirato ad una vecchia band di Thotz, The Arrivals. Disco luminoso ma non mancano trame più affastellate, in fede a quelle terre dove ha esordito il punk eterodosso americano (SST, New Alliance, New Underground) da chi si svilupperanno quelle diramazioni verso l’indie tardo e l’alternative che sono tutt’ora parte della modernità, e che chiudendo il cerchio hanno dato vita ad un suono più accogliente che hanno ispirato i Nos Da.

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