FLUIDITÀ E INNOVAZIONE PER IL DUO TRRMÀ
di Giovanni Panetta
Intervista a Giovanni Todisco e Giuseppe Candiano
Trrmà, The Earth's Relief

Cover di The Earth’s Relief (2020).

Il primo di questo Maggio ci sono state novità in campo elettronico/sperimentale; parliamo della pubblicazione di The Earth’s Relief, sesto album del duo Trrmà, in cui suonano le percussioni di Giovanni Todisco e dal synth modulare di Giuseppe Candiano. Con un background importante, dal momento che i rispettivi progetti precedenti dei due componenti, La Confraternita Del Purgatorio (da Bari) e Les Spritz (da Messina), sono stati due nomi di punta del panorama noise di tutta Europa, il duo mostra intelligenza e amore per sonorità d’avanguardia che sono difficili da rintracciare da altre parti. Non è un caso che il loro sound sia molto richiesto in paesi come il Giappone, tempio della musica rumorista di qualsiasi genere, e in cui un anno fa hanno fatto una tournée; esperienze concertistiche che i due italiani hanno apprezzato molto soprattutto per la cura del suono da parte dei tecnici del suono in terra nipponica, e per il pubblico molto attento di quelle parti. The Earth’s Relief è forse il culmine di quella esperienza, in cui il suono del duo diventa più denso e dinamico, in cui c’è meno contemplazione rispetto gli altri lavori, a favore di un propendere verso una direzione diversa, verso un ulteriore progressismo di suoni stocastico e innovativo. Innovazione che viene manifestata anche dai titoli della tracklist, costituita da nomi di montagne dell’Himalaya, tranne l’ultimo, Ktìria, che in greco vuol dire “costruzione”. Ma sta di fatto tutti suoni che uniscono anche tradizione; non solo i glitch e i suoni periodici di Candiano, ma anche le percussioni classiche di Todisco. Un tendersi nei due versi della linea temporale, per uno slancio verso una dimensione futuristica, e l’ispirazione a Sun Ra, un altro che ha elaborato il passato jazz con un occhio al futuro, non manca. Ne abbiamo parlato più approfonditamente, non solo su The Earth’s Relief, con i due musicisti, e in questa conversazione molto è emerso e molto è stato confermato. Le loro dichiarazioni d’intenti e i loro racconti delucidano sul loro passato, presente e futuro, e fanno piacere. Quindi leggiamo quanto hanno dichiarato su quello che è stato chiesto.

Si può dire che i Trrmà sono un gruppo innovativo nel loro contesto: l’elettronica del synth modulare di Giuseppe e l’acustica delle molteplici componenti della batteria di Giovanni è qualcosa di cui si sentiva il bisogno, sound di un passato che tende la mano e accoglie un futuro avvolto da forme minimali e sfumature vivaci e possenti. Un retaggio è celato dai vostri precedenti progetti (seppur molto diversi) Les Spritz e La Confraternita Del Purgatorio, ma che delucidano sul vostro talento sperimentale, seppur legato al (noise) rock, ma che in ogni caso offrivano una proposta diversa e più ricca rispetto a molti altri casi (ma ci torneremo). Sta di fatto che quello che mi colpisce è che dal suono percussivo e glitchato si possa generare una musica molto viva, anche per il fatto che da quelle due sole componenti, tutti i pezzi hanno le loro peculiarità e si distinguono benissimo l’uno dall’altro. Come nasce quindi originariamente l’idea del progetto e quali sono i vostri modelli?

Giuseppe Candiano: “Il progetto Trrmà è nato proprio su questo dualismo tra passato e futuro, tra tradizione e tecnologia. Da questa contrapposizione spesso nasce il nostro sound tra suoni acustici ed elettronici. La figura guida sia dal punto di vista musicale che filosofico è Sun Ra, un artista che racchiude nel suo suono queste peculiarità.
La nostra musica nasce dunque dallo studio ma anche dall’istinto, guarda alla storia ma come farebbe Asimov, proiettata alla ricerca di un futuro; per intenderci amiamo l’elettronica di Bernard Parmegiani come quella di Flying Lotus, i beat di Max Roach come quelli di Traxman, le armonie di Eric Dolphy come quelle di Ras G”.

Parliamo del vostro ultimo lavoro The Earth’s Relief, uscito in formato CD per la 577 Records il primo Maggio di quest’anno. Un lavoro diverso rispetto la consueta produzione, in cui si può notare una certa fluidità e un certo riempimento di vuoti rispetto gli album precedenti, nei quali silenzi e picchi sonori sono più iconici, almeno dal mio punto di vista. Dal canto suo, Earth’s Relief è più denso, c’è un certo ribaltare certa musicalità dal punto di vista della struttura, compiendo così un’opera originale e avanguardistica. Mi ha colpito molto l’ultima traccia Ktìria, finale che lascia il segno, in cui suoni scarni, quasi ambient, crescono in qualcosa che rimandano in un certo noise progressivo trasfigurato nell’elettronica grazie alla vostra intelligenza rumoristica. Vi chiedo, in base a quanto detto, se era proprio quell’idea di fluidità che volevate trasmettere con questo ultimo disco, e se, sempre secondo voi, ci sia dell’altro.

Giovanni Todisco: “È una domanda che centra in pieno l’idea di una strada che i Trrmà vorrebbero cercare di intraprendere.
Descritta in parole povere sarebbe : “l’ordine del nostro disordine”.
La fluidità che si percepisce in The Earth’s Relief è sicuramente parte dei nuovi obiettivi che nel tempo vorremmo raggiungere.
Essere in grado di dare cognizione all’astrazione della musica d’avanguardia lo consideriamo un modo per essere comprensibili anche per un pubblico che non necessariamente è parte della (concedici il termine) “élite” della musica sperimentale e dell’arte performativa, bensì far scivolare la difficoltà dell’ascolto, con nonchalance, grazie ad una apparente fluidità”.

L’artwork e i titoli dei pezzi di The Earth’s Relief mi colpiscono molto. C’è un giocare con un certo immaginario esotico (anche se le foto sono state scattate nei pressi di una cava di bauxite in provincia di Lecce ad opera di Annacarla Granata), che forse rimanda al vostro tour in Giappone, di cui ho letto che conservate un bellissimo ricordo. Ci volete parlare dell’origine dei titoli, che risultano essere sempre originali nel vostro caso, e come il viaggio nel Sol Levante vi ha influenzati, specie per la realizzazione del vostro ultimo album?

Giuseppe Candiano: “Gli artwork di nostri dischi spesso giocano sulla manipolazione di foto volti a creare scenari surreali come in The Earth’s Relief; potrebbe benissimo trattarsi del suolo di Marte o Saturno e invece è reale e si trova in Puglia; I titoli si riferiscono ad alcune delle vette più alte del globo, tranne Ktirìa che in greco significa “Costruzione”. Anche qui abbiamo giocato con la contrapposizione tra le altezze naturali e quelle delle grandi costruzioni architettoniche umane; Il tema è “l’irraggiungibile”, quella sensazione che spesso ti fa sentire grande e a altre minuscolo. L’esperienza giapponese è stata incredibile soprattutto per la curiosità e l’attenzione dell’audience e per l’elevato tasso tecnico delle strutture; ci ha dato grandissimi stimoli per migliorare la nostra musica soprattutto per ciò che concerne la resa sonora. La cultura e i paesaggi hanno lasciato un segno indelebile nella nostra musica e aumentato le suggestioni e la nostra immaginazione in entrambe le direzioni: non a caso ci troviamo di fronte ad un paese con una cultura millenaria ma allo stesso tempo inarrivabile a livello tecnologico”.

Parliamo della vostra collaborazione con l’artista americano Charlemagne Palestine, di cui è uscito un disco il 15 Ottobre dell’anno scorso, ovvero Sssseegmmeentss Frrooom Baaari per la Be Coq. Strutturata in due parti, la performance si esplica in smorzamenti e intensificazioni di suoni recenti, ovvero l’entrata e l’uscita di scena di un’entità obliqua e teatrante. La dicotomia tra storia e innovazione del vostro sound fatto di glitch, percussioni classiche e scampanellamenti di vibrafono si arricchisce della musica, in questo caso onirica, di Charlemagne Palestine la quale, tra pianoforte e loop di vocalizzi che si accavallano, crea una formula funzionale per un opera avanguardistica definita sì “stocastica” ma che persegue elementi paradigmatici di eleganza e intensità. Vi chiedo quindi, come è nata la collaborazione con l’artista statunitense, qual è stata la genesi e, secondo voi, il filo conduttore dell’opera?

Giovanni Todisco: “Partendo dal presupposto che è stata un’esperienza magnifica e davvero stimolante, il disco è nato proprio per il nostro approccio allo studio della “composizione stocastica”.
Eravamo, sia noi che Charlemagne, ospiti del festival barese Time Zones 2018; quando sapemmo che lui avrebbe partecipato al festival gli abbiamo scritto una mail nella quale gli proponevamo una collaborazione in studio suonando le nostre composizioni “stocastiche” e lui fu felicissimo di parteciparvi.
La genesi del disco parte dalla proposta di due tabelle di musica stocastica già composte da noi, sulle quali Charlemagne avrebbe dovuto suonare quello che più riteneva adatto.
Abbiamo scelto un set di percussioni e creato le tabelle della composizione con i calcoli matematici, abbiamo fatto partire il timer e ci siamo lasciati andare.
Secondo noi il filo conduttore dell’opera è nato esattamente quando abbiamo pianificato le giornate di studio, è stata la passione in comune con Charlemagne per territori musicali poco esplorati meno emancipati, rimasti in un ombra dalla quale solamente si attinge, ma non si ha il coraggio di immergercisi più del necessario”.

Troverei difficoltà a trovare analogie con voi. Pensando però alla vostra musica mi fate venire il mente in un certo senso i Battles di Ian Williams e John Stanier, anche se i suoni delle due band hanno poco da spartire. Però viene condiviso un certo giocare con strutture geometriche/matematiche che eludono da una certa tradizione nell’arte del suono, ma che prendono forma in materie diverse: tempesta scampanellante chitarristica con l’apporto della batteria nei Battles, caos calmo e meditativo di glitch e percussioni nel vostro caso. Due attitudini simili applicate in contesti diversi, anche per il genere in cui si esprimono, ma mi rendo conto che può essere riduttivo associare ad un gruppo un’etichetta. In merito a ciò, voi percepite delle analogie, sempre a livello di struttura, con i vostri colleghi sopracitati.

Giuseppe Candiano: “Non sei la prima persona che fa questo accostamento, purtroppo non conosco così profondamente i Battles da poterne ravvisare delle similitudini, anche se so che si tratta di musicisti che già nelle loro passate esperienze hanno scritto pagine importanti della storia musicale e quindi queste analogie non possono che lusingarci. Credo che una sostanziale differenza che balza immediatamente agli occhi è che loro si riferiscano molto più ad un background rock, mentre noi siamo più orientati verso l’elettronica o la musica contemporanea”.

Parlando dei vostri gruppi precedenti (La Confraternita Del Purgatorio e Les Spritz), più vicini al mondo del noise rock, vi domando se in futuro riprenderanno quei progetti che personalmente apprezzo molto, come i Trrmà, ma per motivi differenti. Ho notato che nell’ultimo periodo in quei due progetti stava prendendo il sopravvento un certo suono elettronico, quindi mi chiedo se il progetto Trrmà è nato sfumando.

Giovanni Todisco: “I Trrmà nascono esattamente durante un tour europeo dei Les Spritz e La Confraternita del Purgatorio nel 2015.
La prima cosa che abbiamo pianificato per il progetto Trrmà è stata esattamente quella di attingere dai nostri background personali influenze che non combaciassero affatto con quelle espresse negli altri gruppi.
Il contesto musicale è profondamente diverso, tocca la musica classica, la early electronics, il jazz e l’hip hop in senso lato. Pensiamo che le ispirazioni e le aspirazioni dei Les Spritz e de La Confraternita del Purgatorio fossero molto diverse e che non sia facile in questi tempi rimettere su progetti che si son conclusi per una qualsiasi motivazione, quindi all’orizzonte non c’è grande possibilità che ritornino in pista”.

Per concludere, diteci cosa dobbiamo aspettarci dal vostro prossimo album e dalle future uscite e collaborazioni. In ogni caso speriamo di vederci presto.

Giuseppe Candiano: “L’incertezza del futuro sta caratterizzando questo nostro presente forse anche più di prima; stiamo lavorando ad un nuovo disco che segnerà dei grandi cambiamenti e farà forse uscire fuori le nostre personalità in maniera più chiara. Quando sarà possibile ci piacerebbe tornare a suonare un sacco dal vivo”.

 

Trrmà, Giovanni Todisco, Giuseppe Candiano

Giovanni Todisco (a sinistra) e Giuseppe Candiano (a destra). Foto di Annacarla Granata.

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