I Dirty Trainload sono un trio garage-punk-rock-blues composto da Bob Cillo e Livia Monteleone alle chitarre e voci e da Balzano alla batteria. Hanno all’attivo quattro album, l’ultimo Revolution and Crime è uscito nel 2018 per l’etichetta Side 4 Records.
Propongono un ricetta personale di punk blues elettrico che analizziamo qui di seguito direttamente con Bob e Livia.
Dall’ascolto di Revolution and Crime risultano evidenti i generi tra i quali il vostro sound si muove risultando comunque originale. Quanto questo è frutto di una ricerca personale e quanto influenzato dai vostri ascolti?
Bob Cillo: Direi che i due aspetti si muovono di pari passo: una ricerca musicale che si rispetti non nasce “a tavolino”, ma si arricchisce in modo spontaneo con l’apporto degli ascolti che portiamo nel cuore. La musica che ha contribuito alla nostra formazione e crescita, gioca sicuramente un ruolo di primaria importanza. Nel nostro caso un “imprinting blues” è stato determinante per accendere una scintilla iniziale ma poi sono entrate in campo contaminazioni di altre influenze importanti, come ad esempio il garage-punk dei 60’s e degli 80’s e tutto il rock’n’roll “sanguigno”; quello che non suona banalmente legato a cliché logori e predigeriti.
Livia Monteleone: Per me il sound di Dirty Trainload è un frutto bio inzozzato ben bene da diversi elementi, con un processo salutare e 100% naturale. Non so se si possa ricondurre tutto ad una strada o ad un’altra. Intanto dove c’è cuore, secondo me, c’è sempre ricerca personale. Ma una ricerca personale nella musica, che non passi da un ascolto appassionato, intenso, di ciò che ti attrae, è a mio parere cosa difficile, o che approda a ben poco.
Nella formazione è tornata Livia Monteleone, qual è stato il suo apporto all’ultimo disco, dal punto di vista creativo?
Bob Cillo: Assolutamente trascurabile, inconsistente ed irrilevante, ha! ha!
Livia Monteleone: Ho fatto tutto io!
Bob Cillo: Parlando in generale, io e Livia abbiamo un’ottima “simbiosi creativa”, un’intesa tale che rende poi difficile distinguere “chi ha fatto cosa”. Il processo creativo in realtà non segue una formula predefinita e i rispettivi ruoli diventano estremamente flessibili. Il nostro materiale nasce in strettissima collaborazione, il contributo di ognuno di noi due è imprescindibile e infatti sulle note di copertina non facciamo distinzioni e preferiamo scrivere semplicemente che i brani originali sono frutto del lavoro di entrambi. Poi naturalmente per dare all’arrangiamento una forma compiuta, si aggiunge anche il contributo di Balzano con la batteria.
Torniamo a Revolution and Crime, sembra un disco più rock’n’roll rispetto ai precedenti, ne convenite?
Bob Cillo: Sì, ne convengo, molto dipende anche dal drumming di Balzano “inguaribilmente rock”. Poi ci sono brani come Fire Is Gonna Burn You, End Of The Welfare State e la title track che spostano decisamente l’ago della bilancia in quella direzione.
Livia Monteleone: Quando Bob ed io collaboriamo, inevitabilmente il sound di Dirty Trainload abbraccia il nostro connubio artistico, le palette di colori di entrambe.
Bob non è certo estraneo alle molte espressioni lontane dal mainstream. Anzi, è una enciclopedia vivente non solo della storia del blues, ma anche del rock, in tutte le sue sfaccettature (tranne quelle banali). Il suo blues parte dal suo midollo osseo, e regna in ogni nota che la sua chitarra respira. Detto ciò, un gran bel punk alieno e pronto a tutto vive dentro di lui. Sento che Bob ha interesse ed entusiasmo per le mie espressioni, che son frutto della mia storia, delle mie ricerche personali, e del mio heritage musicale. Il risultato del nostro collaborare sono album come Trashtown e Revolution & Crime. Più rock’n’roll? Probabile. Una ricetta con diversi ingredienti, inzozzati ben bene con tanto gusto e senza paura.
Samir’s Letter è un brano country-blues vi eravate già accostati a questo tipo di composizione?
Bob Cillo: Se hai colto nel brano un’influenza country, non è consapevole e per la verità non è un genere che appartiene molto al nostro bagaglio musicale o background culturale… Qui e lì magari è possibile che affiori in maniera piuttosto casuale qualche suggestione o reminiscenza country, come ad esempio nel brano strumentale Wigdance, nell’album Trashtown.
Ad ogni modo la storia della genesi del brano a cui ti riferisci, è decisamente interessante.
Livia Monteleone: Si, io e Bob Stavamo sviluppando il pezzo; io avevo quasi finito di scrivere le lyrics, quando Bob mi segnalò un articolo di giornale. Samir, un ragazzo ventenne egiziano era stato trovato annegato sulle rive siciliane nel tentativo di raggiungere migliori condizioni di vita sulle nostre coste e portava con sé una lettera per la sua compagna. Io a questo punto ho scelto di mettere completamente da parte il testo che stavo scrivendo e ho tradotto la lettera di Samir in inglese, per scoprire che magicamente, senza cambiare una virgola, il testo tradotto si sovrapponeva esattamente alla linea melodica. Le parole di speranza e di amore della lettera di Samir per la sua fidanzata, oggi continuano a vivere in questo nostro brano.
Fire Is Gonna Burn You sembra uscito da un album degli Stones, aldilà del classico blues rock quali sono i vostri ascolti di più stretta attualità invece?
Bob Cillo: Porto i Rolling Stones nel cuore praticamente da quando sono nato. Ricordo che Satisfaction era la sigla di un programma radio quando ero bambino, quindi posso dire che la loro musica mi accompagna da quando ho memoria ed è permeata nel mio DNA. Non mi sorprende dunque che tu possa aver colto questa influenza, anche se devo dire che anche in questo caso specifico non è consapevole. Avevo sulla punta delle dita il riff di chitarra a cui Livia ha dato vita con delle lyrics ed una linea vocale appropriate. È interessante notare che il brano era nato per la compilation Autospurghi: un’idea del nostro amico Alexander De Large di raccogliere brani della durata di 60” provenienti da varie realtà dell’underground nazionale, so che hai partecipato anche tu. La compilation restituisce un quadro salutare di una scena musicale vitale ed interessante in cui ci sentiamo perfettamente a nostro agio. Ci sembrava stimolante comporre un brano “ad hoc” attenendoci rigorosamente alla durata prevista. Oggi in concerto ne suoniamo una versione “extended” che dura circa 120”, ha! ha!
Quanto agli ascolti, credo che l’ultima “scoperta” ad avermi davvero impressionato sia Dan Melchior: i suoi dischi, a tratti molto coraggiosi ed ostici, a tratti influenzati da certo “raw blues” sono pressoché in loop nella mia auto. Poi io e Livia adoriamo il blues ipnotico dei Chicken Snake di New Orleans, il gruppo di Jerry Teel dei Chrome Cranks e sua moglie Pauline. Poi ci sono sempre i cari amici della scena “new blues”, come Duke Garwood che continua a sfornare dischi favolosi, con o senza Mark Lanegan e tanti amici italiani che producono musica meravigliosa.
Il precedente A Place For Loitering è un disco più ricco di punk-blues contaminato, Jon Spencer oriented per intenderci, dicci se ritornerai a frequentare queste latitudini.
Bob Cillo: Continuerò a frequentare queste latitudini, ha! ha!
Parlando di formazione musicale che penetra nel DNA, immagino che sia difficile ritenere il contrario. Poi naturalmente nella band convergono anche altre influenze che non necessariamente viaggiano in quella direzione.
Analizzando la discografia dei DTL nel suo insieme, ritenete ci sia ancora margine di ricerca nella direzione che intendete intraprendere o la strada da seguire è già segnata?
Livia Monteleone: Penso che ognuno ha una propria voce, con un proprio timbro, che non cambia molto, attraverso il tempo, rimane riconoscibile. Questa è la voce del tuo strumento, qualsiasi esso sia. Ciò potrebbe magari rendere DTL riconoscibile nel prossimo album. Ma credo che proprio il senso di libertà nel come ci si esprime nella nostra band, attraverso più di un decennio di storia, ha portato a produzioni che mostrano una completa mancanza di timore, riguardo ‘direzioni’.
Bob, Balzano, ed io, siamo sempre pronti ad esplorare! Tra l’altro, proprio la natura di un duo iniziale, che ha continuato a trasformarsi, diventando presto una ‘collective of dissident blues’ auto-definitosi così più di dieci anni fa, la dice tutta. La strada non è segnata, e manco da seguire: ce la costruiamo.
Bob Cillo: Penso che il giorno in cui prenderemo atto di avere davanti un percorso prevedibile, ci scioglieremo. Io e Livia rifuggiamo per definizione l’idea di un tracciato o di un solco da seguire in maniera pedissequa e rigorosa. La musica che suoniamo è un po’ come la nostra vita: certo, c’è una identità definita e delle influenze ben determinate ma chi può dire cosa ci aspetta dietro l’angolo?
Bob tu hai suonato dal vivo in diverse situazioni nazionali e internazionali, come valuti in questo momento (al netto della pandemia) la condizione della musica live in Puglia e in Italia?
Bob Cillo: In realtà non amo molto esprimere valutazioni di questo tipo. Naturalmente a ogni musicista piacerebbe vedere più partecipazione ai propri concerti e più interesse per le proprie produzioni, tutti amano suonare in una music venue gremita, davanti a un’audience partecipe. Tuttavia noi siamo perfettamente consapevoli di non suonare una musica per grandi masse e abbiamo canoni del tutto alternativi rispetto ai modelli del mainstream. Abbiamo imparato ad esibirci e a produrre musica per nostra realizzazione personale ed artistica e per la gioia di chiunque vorrà o potrà goderne, senza porci il problema di raggiungere grandi numeri. Ciò detto l’Italia, e la Puglia in particolare, danno spesso prova di vitalità invidiabile, a livello artistico, musicale e sociale. Abbiamo ottimi musicisti, grandi band e ci capita spesso di suonare in posti meravigliosi, davanti ad un pubblico numeroso e caldo.
Bob ti salutiamo con una domanda sul futuro del tuo percorso artistico, hai progetti in cantiere?
Bob Cillo: Sono cantieri che hanno ormai fondamenta ben consolidate, con ottime premesse per gli sviluppi futuri. Io e Livia stiamo investendo tantissime energie in Behind Bars, un side-project in cui crediamo tanto. È un progetto in cui l’aspetto musicale si fonde con l’impegno umano, politico e sociale. Behind Bars è una sorta di “concept band” in cui tutti i brani in repertorio, originali o cover reinterpretate in modo personale, sono legati da un unico tema: la detenzione carceraria e tutto quel che gravita attorno al mondo della prigionia. Abbiamo da poco pubblicato il video This Jail, una nostra “prison song”, “rubata” al repertorio di Dirty Trainload. La nostra pagina Facebook è concepita come una sorta di laboratorio, un collettore di opinioni, notizie e impressioni per fare controinformazione e condividere conoscenze su questo argomento.
Ci siamo posti l’obiettivo concreto di portare interesse e sensibilizzazione su un problema serio e drammaticamente attuale, troppo spesso ignorato… una sorta di osso cubitale o punto sensibile che la società tenta di nascondere da sollecitazioni dolorose, ma noi vogliamo rimuovere questo paravento e paraocchi e affrontare l’argomento a viso aperto, con determinazione ed onestà intellettuale. Speriamo di giungere presto al traguardo dell’album di debutto.
Altro cantiere in stato avanzato di lavorazione è Bob Cillo & Mafia Trunk, un quartetto con l’affilatissima armonica di Mino Lionetti, la batteria di JJ dei Santamuerte e il basso di Jeanpierre, già chitarrista dei Dirty Harry’s Dynamite. È un’ottimo combo di blues/boogie sanguigno e viscerale.