Esseforte, hip hop aldilà delle convenzioni
di Giovanni Panetta
Intervista agli Esseforte, quartetto hip hop/post-punk marchigiano, riguardo la loro nascita e l'esordio discografico Crepa Nel Buco.
Esseforte

Cover di Crepa Nel Buco, in cui compaiono tutti i componenti degli Esseforte; da sinistra a destra: Riccardo Franconi, Jonathan Iencinella, Matteo Bosi e Tommaso Sampaolesi.

Esseforte è un quartetto nato a Jesi (AN) nel 2022, composto da Matteo “Boso” Bosi, Riccardo Franconi, Jonathan Iencinella e Tommaso Sampaolesi, originario da progetti come Guinea Pig, Butcher Mind Collapse, Cora, Barabba, ITDJ. Le sonorità si barcamenano tra post-punk e hip hop, quest’ultimo il meno convenzionale possibile, in cui i testi hanno una forte valenza critica e sociale da una parte ed intimista dall’altra. Il percorso dei suddetti musicisti ha infatti innescato nella scrittura un risultato peculiare nella sua eterogeneità e eterodossia, una associazione di generi da seguire anche a venire. Crepa Nel Buco è il loro primo album, autoprodotto quest’anno, un lavoro che appare più organico e coeso rispetto i singoli che sono stati pubblicati precedentemente.

Di seguito l’intervista al quartetto sulla loro nascita nonché il loro esordio discografico.

Il vostro progetto, Esseforte, è il proseguimento del percorso di Barabba e ITDJ, convergendo in una forma più propriamente hip hop, in cui la parte strumentale rimanda a Beastie Boys oppure alla scena italiana, soprattutto Frankie Hi-Nrg e Sangue Misto. Parlateci delle motivazioni della convergenza delle due formazioni e dell’attitudine creativa.

“A dire il vero gli artisti che hai citato, che pure amiamo molto, non sono però tra le nostre influenze. Per quanto riguarda l’impostazione vocale, se dovessi citare un nome che ha influenzato lo stile di Boso (il nostro rapper) ti direi Colle Der Fomento su tutti, mentre dal punto di vista strumentale non ci sentiamo poi così affini ai pur grandissimi Beastie Boys; le nostre influenze più dirette vanno ricercate piuttosto in quel filone di rock “altro” e un po’ border line che va dalla psichedelia degli anni ’60 al post punk e dintorni. Poi ci sono degli artisti provenienti dal mondo rap/urban che in qualche modo hanno avuto un po’ il ruolo di ispiratori per come riescono a condurre il genere al di fuori dei cliché, e parlo ad esempio di Kendrick Lamar o Tyler The Creator, per citare i più noti, ma anche Kill The Vultures, Clipping, Shabazz Palaces, Danny Brown e altri che trattano o hanno trattato la materia rap in maniera non convenzionale. Esseforte non è esattamente il proseguimento di Barabba e ITDJ; direi piuttosto che quei due progetti sono stati un’anticamera e che dalla vicinanza artistica e logistica (sala prove condivisa) è nata l’idea di fare qualcosa insieme, ma sia Barabba che ITDJ sono progetti che potrebbero riprendere in qualsiasi momento, non si sono cancellati in una sorta di fusione negli Esseforte. Ciò che ci ha spinti a creare questa nuova entità è la comune voglia di sperimentare mescolando sonorità urban e influenze di estrazione rock underground e mettendo al centro una voce rap. In questo è stato decisivo l’arruolamento di Boso nel progetto ITDJ, che ce lo ha fatto conoscere e apprezzare, fino al punto di decidere, appunto, che sarebbe stato stimolante provare a unire le forze in un progetto a quattro che lo vedesse come voce principale.”

Prima della pubblicazione dell’esordio, vengono pubblicati altri pezzi, come Rivincita e Immortale. In quest’ultimo, con la collaborazione con Antiking e Dredd MC (invece il primo pezzo solo con Antiking), la componente elettronica si fa groovosa e vero scheletro del pezzo, in cui la parte rap appare come un monito contro la cultura di consumo. Vorrei conoscere le reali intenzioni con questo pezzo, se il target è ad esempio solo la scena trap, o il discorso assume toni anche più generali.

“In realtà quel singolo non intendeva affatto scagliarsi contro il consumismo in sé o contro la scena trap, della quale semplicemente ci disinteressiamo, ma piuttosto esaltare il potere della musica (e dell’arte in generale) di rendere immortale chi la fa ponendosi obiettivi di natura artistica e espressiva, in antitesi con chi invece punta al denaro o alla fama, decisamente più futili e fugaci. Forse è per questo che può essere passato il messaggio di avercela con qualcuno o qualcosa, ma in realtà il focus del brano è un altro: la fama, il successo, l’apparire, i soldi, sono tutte cose che passano. L’arte resta.”

Dopo l’uscita di Nicola Amici e il reclutamento di Matteo Bosi, viene pubblicato autoprodotto Crepa Nel Buco. Un disco dalle forme diversificate incentrate in parte, oltre al suono hip hop plastico, alle parti esotiche della chitarra di Jonathan Iencinella e Tommaso Sampaolesi. Parlateci di come si è svolta la genesi del suddetto lavoro.

“L’uscita di Nicola e il reclutamento di Boso in realtà non sono due avvenimenti collegati: Nicola è fuoriuscito dai Barabba per problemi logistici (vive in Francia), mentre Boso in quel momento era già stato reclutato in ITDJ; la decisione di dar vita agli Esseforte è venuta in seguito. Inizialmente ci sono stati dei mesi di “rodaggio”, per così dire, in cui abbiamo cercato di capire se la cosa poteva funzionare, a livello artistico, ma soprattutto come dinamiche tra di noi, sia dal punto di vista compositivo che esecutivo. Poi, una volta compreso che il progetto aveva in effetti le potenzialità che ci aspettavamo, abbiamo iniziato a lavorare a un’idea di sound che si è sviluppata man mano che componevamo, scartando parti o intere canzoni, finché non ci siamo sentiti pienamente convinti da quello che usciva dalle casse. Le direttive che ci siamo dati fin dall’inizio sono state poche: sapevamo che doveva esserci il rap, altre due voci ad alternarsi alla principale, l’elettronica e le chitarre e sapevamo di voler spingere più sul lato sperimentale che non su sonorità e soluzioni già note e ben riconoscibili, concedendo il meno possibile a una ricerca di gradimento esterno e concentrandoci esclusivamente su ciò che poteva rappresentare la nostra lingua, il linguaggio unico e peculiare della “creatura” Esseforte. I brani si sono sviluppati a partire da bozze in studio su cui poi abbiamo lavorato in sala prove, improvvisandoci sopra e lasciando che nel sound filtrassero le nostre personali e individuali influenze. Poi da lì, come fanno gli scultori, siamo andati a modellare I brani, togliendo tutto quello che ci suonava come orpello o che usciva non omogeneo con il resto.”

La titletrack, successivamente a una parte strumentale più lisergica, si sviluppa in un flusso di coscienza attraverso il canto rap, attraverso descrizioni orrorifiche e in parte terree. Il “retro-suono” mediorientale conferisce un’idea esotica della vostra poetica, nonché un legame più evidente con le origini di Barabba. Come avviene tale idea mefistofelica e speziata di suono?

“Crepa Nel Buco è un brano che parla di come certe anime inquiete passino la vita a scavare un metaforico “buco” alla ricerca di qualcosa che nemmeno loro sanno bene cosa sia; ciò nonostante continuano a cercare e a scavare sempre più in profondità, fino al punto che il buco che hanno scavato diventa la fossa in cui si auto-seppelliscono senza mai aver raggiunto ciò che speravano di trovare quando hanno iniziato a scavare. E’ una sorta di viaggio all’interno dell’animo umano e del suo lato più oscuro e abbiamo cercato di mettere in scena questo viaggio attraverso un crescendo di tensione sonora e suoni sinistri che restituissero questa idea di discesa dentro se stessi che è allo stesso tempo una discesa agli inferi.”

Una visione più pessimistica, probabilmente legata all’istanza dei social, è legata a Tic Toc, in cui l’ego di un utente o persona del quotidiano viene travolto dal rimorso e dalla frustrazione ricorrente. Il pezzo ha un’apertura melodica e sonora più orchestrale, con degli elementi rumoristi disposti armonicamente nel creare disturbo e contrasto. Parlateci in che modo siete legati alla tematica trattata.

“Rimarrai deluso forse, ma in realtà il brano non parla del noto social omonimo, piuttosto il titolo richiama onomatopeicamente il rumore di gocce che cadono, metafora dello scorrere impietoso del tempo che passa. E’ un testo che parla sostanzialmente di quanto sia facile rimanere incastrati nell’autocommiserazione in seguito a qualche insoddisfazione o frustrazione, mentre il tempo che continua a scorrere ci allontana sempre di più da un possibile riscatto. E’ una fotografia del momento in cui l’autocommiserazione prende il sopravvento.”

In Solitude, dal rap intimista, l’aspetto rumorista e sintetico diventano protagonisti, attraverso sonorità sghembe caratterizzate verso il finale da una chitarra centrifuga. Parlateci di questa creatività più intima e al tempo stesso magmatica.

“Solitude è il brano che forse meglio di altri rappresenta il nostro ideale compositivo, che è fatto di una continua osmosi tra idee abbozzate in studio e sviluppo in sala prove tramite improvvisazione. E’ un brano in cui quest’ultima ha avuto un ruolo preponderante, tanto che anche dal vivo è molto improvvisato, al punto che esce spesso notevolmente diverso dalla traccia incisa su disco. Siamo molto legati a questa idea di suono come flusso in movimento, soggetto a variabili che ne possono trasformare completamente la forma, e da qui proviene probabilmente quella magmaticità di cui parli. Potremmo definirla come una sorta di calderone di lava incandescente la cui superficie viene “turbata” dal ribollire casuale del fuoco allo stato liquido.”

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