Empatia vocale e esotismo dall’Africa – intervista a Giulia Cianca e Marco Colonna
di Giovanni Panetta
Intervista agli autori e musicisti Giulia Cianca e Marco Colonna riguardo le produzioni Nuda Pelle, Blades Of Grass e le prossime novità.
Marco Colonna e Giulia Cianca

Marco Colonna e Giulia Cianca. Foto di Luca D’Agostino (phocusagency)

Giulia Cianca (alla voce) e Marco Colonna (prevalentemente al clarinetto basso) sono due artisti dalla forte valenza espressionistica, dalla sensibilità per ciò che gli circonda e che trasmettono al loro pubblico. Dopo le uscite per New Ethic Society (l’etichetta di cui Marco fa parte) di entrambi, ovvero Le Ceneri Del Mio Tempo e Post Colonial Blues, rispettivamente un omaggio all’intellettuale Pier Paolo Pasolini e al rivoluzionario del Burkina Faso Thomas Sankara, e del solo di Marco Colonna Terra (che abbiamo trattato qui), i due artisti tornano per la stessa etichetta con due lavori questa volta più lirici, ovvero Nuda Pelle e Blades Of Grass; il primo è un progetto solista di Giulia, supportata da Marco e dalle percussioni di Lorenzo D’Erasmo, mentre nel secondo i protagonisti sono l’ensemble formato da Giulia e Marco più la violinista Anais Drago.

Se nei primi lavori una sperimentazione più sghemba è centrale (inoltre, in Le Ceneri Del Mio Tempo Pasolini è il fulcro di tutto, comparendo nella musica, con il pezzo “Cosa Sono Le Nuvole?“, e in poesia, in cui compare Le Ceneri Di Gramsci (poesia del 1954)), Nuda Pelle e Blades Of Grass, usciti quest’anno (2023), a Febbraio il primo e a Marzo il secondo, vi è un’idea più melodica, in cui i pattern sono descrivono maggiormente forme rotonde, dalle curvature dalla lieve variazione. Suoni che riescono ad esprimere empatia umana, che si palesa anche nelle opere di beneficienza in concomitanza ai progetti della New Ethic Society.

Di seguito l’intervista a Giulia e Marco riguardo i progetti citati e le prossime novità.

Giulia, parlaci dei tuoi inizi nello sviluppo della tecnica del canto. So che sei passata dal pop alla sperimentazione, grazie forse anche al supporto di Marco. Ci volete parlare di questo passaggio?

Giulia Cianca: “Il mio percorso artistico è stato vario. Ho iniziato nel 2013 studiando il canto pop al Conservatorio ma in quel periodo non avevo ancora maturato il mio pensiero musicale; fortunatamente qualche anno dopo mi sono iscritta al biennio di Siena Jazz e questo è stato un momento decisivo per me. In questi due anni ho avuto la fortuna di incontrare molti artisti che mi hanno ispirata, per citare alcuni nomi: Ralph Alessi, Giancarlo Schiaffini, Mat Maneri e soprattutto ho conosciuto Marco Colonna. Lavorando insieme a lui mi sono avvicinata alla musica improvvisata, ma è riduttivo dirlo in questo modo, perché Marco mi ha aiutata a capire quale fosse l’importanza della voce, a comprenderne il ruolo e il suo potere nella musica ed è ovviamente un lavoro che non avrà mai fine.”

Marco Colonna: “Io sono cresciuto con una sorella cantante lirica. Il che è stata l’occasione di essere permeato del senso del canto. Cosa che forse solo negli ultimissimi anni è emerso in una visione sul suono che cerca sintesi fra numerose esperienze. Non solo la voce umana, ma anche il suono del mio strumento cerca di essere vocale. Incontrare Giulia è stata un momento molto importante per me. È ben più giovane di me e affamata di esperienza. Con lei ho potuto mettere insieme molte delle cose che hanno a che fare con il canto che ho incontrato nel tempo. La poesia, la melodia, il senso del gesto musicale. I lavori realizzati insieme (Post Colonial Blues dove è voce delle parole di Thomas Sankara, Le Ceneri Del mio Tempo dedicato a Pasolini fino ad arrivare al suo Nuda Pelle e Blades of Grass) sono una riflessione condivisa sul “canto” come essenza, come memoria, come ritualizzazione dell’umanità. Non credo sia questione di sperimentare. Ma sia più una presa di coscienza di cosa sia il “cantare” ed essere “voce”. Credo che Giulia abbia iniziato un lavoro unico nel panorama attuale. Starà a Lei nutrire questo lavoro di esperienza e visione. Ma sono sicuro che sono cose che non le mancheranno e le conferme cominciano ad arrivare.”

Parliamo di Nuda Pelle, a nome di Giulia, in collaborazione con Marco Colonna e Lorenzo D’Erasmo. Nel disco si dà spazio alla voce, rarefatta o parlata che sia, in ogni caso poco fluida, ma come se fosse suddivisa a gradini stocastici. Il beat complesso delle percussioni di Lorenzo e il sax polimorfo, dal suono non-convenzionale di Marco rendono il suono complessivamente estraneo da tutto, in ogni modo con un lontano retaggio nel free jazz, che viene totalmente complesso e riassemblato. Parlateci della genesi dell’album e dell’interpretazioni e riferimenti per i suoni e le parole.

Giulia Cianca: “Nuda Pelle, pubblicato con New Ethic Society e scritto a quattro mani con Marco, è nato per un motivo importante: il bisogno di raccontare una storia di cui potessi essere portavoce, così ho capito che doveva partire dal mio vissuto. Un racconto sincero in cui comunicare tutte le mie sensazioni e le fragilità con trasparenza. La scelta dei suoni è stata un’importante chiave di espressione, non a caso, infatti, un trio senza strumento armonico. Immaginavo un suono asciutto e primitivo, nudo e che mi permettesse di camminare e di procedere, creando relazione con le parole.”

Marco Colonna: “La fragilità ha ali di farfalla. Molte volte ho pensato questo nell’ultimo periodo. In un contesto dove la comunicazione è piatta, superficiale, costruita su un pensiero che difficilmente accoglie le diversità, in cui si spettacolarizza tutto ed in cui anche il male diventa un modo di essere “impositivi” di sé stessi, abbiamo pensato che un racconto che fosse “minimo”, essenziale, onesto e “puro” (passatemi il termine…) fosse una scelta perfetta per rispettare il senso del lavoro e per aprire le porte ad una serie di riflessioni estetico narrative che avevano bisogno di essere documentate. Trovo Nuda Pelle un lavoro essenziale, in cui la voce di Giulia è realmente racconto e lo fa attraverso strutture compositive che non limitano e definiscono, ma in qualche modo cercano di aggirare la coercizione formale di molta musica “funzionale” al sistema di pensiero in cui necessitiamo parcellizzare per essere visibili. Ecco credo che Nuda Pelle per essere compreso vada ascoltato per intero. Più volte. Ovviamente difficile in questi tempi di playlist. Ma a volte un racconto merita la cura estrema del rigore. Ed in questo caso il racconto che sottintende tutta l’operazione, lo pretendeva.”

Dalla struttura rarefatta, quasi aerostatica, Custodirsi ha un andamento costante, con un’armonia scarna, al cui centro vi è una parte recitata, un motto all’ordine, esprimendo così il concetto in suono (musica che vuole far “riflettere”) e parola. Quali sono i significati reali e i riferimenti a persone o cose?

Giulia Cianca: “Custodirsi è pensata come una preghiera, volutamente lasciata sospesa tra suono, silenzio e attesa. Caratterizzata da un suono minimalista ed essenziale, per creare un senso di spazio e dare rilievo agli elementi sonori presenti. È un brano che aiuta a riflettere sulla necessità di preservarsi, in cui la custodia di sé diventa un atto di autenticità, amore e crescita personale. Un invito ad amarsi.”

Giulia Cianca

Giulia Cianca. Foto di Luca D’Agostino (phocusagency)

Nina, la traccia successiva, ha un andamento più dinamico, e soprattutto più jazzistico con una forte componente di improvvisazione, giusto bilanciamento con Custodirsi. La parte vocalizzata risulta essere molto ritmata. Il pezzo può avere la forma di uno standard, ovvero di un classico catapultato in una dimensione aliena e più caleidoscopica, in cui la luce si rifrange seguendo curvature non razionalmente familiari. Parlateci del pezzo e del perché degli elementi caratteristici citati.

Giulia Cianca: “Nina è un brano di Marco che ho avuto il piacere di poter inserire in questo disco. Una danza ricca di vitalità, una spinta di energia con movimenti vigorosi dal sapore popolare. Un brano capace di sorprendere e di rompere le aspettative di chi ascolta. Mi piace pensare che Nina possa rappresentare anche il nome di tutti coloro che ascoltando questo lavoro riescono a trovare la loro storia. È uno stimolo per riflettere e abbracciare le proprie fragilità.”

Marco Colonna: “Nina è un brano di qualche anno fa, che insieme ad Ali, scritto invece per la session, rappresentano l’estremo opposto di questo racconto. La danza, l’appartenenza alla comunità, il lavoro insieme, il riconoscersi parte di una tradizione e quindi di un racconto più grande in cui noi facciamo una parte, la nostra, che seppure piccola ed insignificante è necessaria, fondamentale. E dovremmo imparare a riconoscere il valore assoluto di ogni strada, di ogni danza. In più il carattere spiccatamente mediterraneo di entrambe le melodie è un modo di segnare una scelta di campo. Sono anni che credo che guardare alla nostra appartenenza geografica non significhi solo dare valore al nostro passaporto ma stimoli delle riflessioni che non possono essere taciute. Questo mare, teatro di avventure, guerre, scambi e, negli ultimi anni, di una delle più orribili e devastanti storie di disperazione, criminalità istituzionale, disumanizzazione e violenza mai viste, è la nostra casa. Il nostro spazio, il nostro spirito. Ricordarlo e farne un grimaldello per il senso è da tempo oramai, un tratto distintivo dell’estetica dei miei lavori. E trovo che Giulia abbia una radice profonda in questo. E così possa averla anche questo suo racconto.”

Blades of Grass è un disco più lirico, dai tratti barocchi e slabbrati allo stesso tempo, nel segno dell’improvvisazione libera. Il suono dell’attrito tra arco e corde del violino di Anais Drago risulta essere espressionistico e liricamente obliquo, insieme ai vostri stili fervidi allo stesso modo. Parlateci della genesi del progetto e del suo sviluppo, dall’impostazione più melodica diverso rispetto Nuda Pelle.

Giulia Cianca: “Blades Of Grass è un progetto di Marco e arriva da una sua esperienza di vita, un viaggio in Africa. È un omaggio a quella terra e alle persone che la abitano. Le melodie di questo progetto sono animate da una grazia gentile, costruite in un equilibrio tra forza e calma e questo gioco tra energia e quiete crea una dolce tensione emotiva, in cui i nostri suoni danzano leggeri come fili d’erba. Anche Blades Of Grass, come Nuda Pelle, è parte di New Ethic Society, un gruppo di lavoro nato circa due anni fa e con il quale abbiamo costruito diverse progettualità. Proprio con Blades Of Grass abbiamo avviato un’operazione di solidarietà insieme alla Onlus Si Può Fare, che opera in Burkina Faso, avviando una campagna di microcredito femminile, in grado di dare un sostegno reale alle donne per aiutarle ad essere autonome. Sono davvero orgogliosa di far parte di tutto questo.”

Marco Colonna: “Sì, il progetto nasce proprio per essere pubblicato l’8 marzo e per attivare questa campagna di microcredito. L’esperienza degli asini di Post Colonial Blues (siamo riusciti attrraverso questo lavoro a comprarne quattro, con altrettanti carretti… più qualche centinaia di polli…). Insieme a Susanna Barsotti abbiamo parallelamente avviato una campagna di vendita di acquerelli dedicati ai brani dell’album con una pagina su Facebook dedicata (Blades of Grass). Il lavoro è una serie di brani che vengono dal passato riarrangiati per questa formazione atipica e molto stimolante, e vengono sì da storie vissute durante il mio primo viaggio in Africa, ma non solo. Voleva essere un omaggio alle donne, attraverso due voci strumentali come quelle di Anais e Giulia che rappresentano il meglio che io conosco nel panorama femminile e generazionale di questo Paese. La musica ha differenti prospettive compositive, e il suono diventa parte di quella riflessione sul canto di cui sopra. Abbiamo suonato a Pisa Jazz questa estate e spero di riuscire a portare in giro questo lavoro. Perché il racconto dal palco è fondamentale per creare una comunità. Negli spazi virtuali che viviamo sempre più spesso, non ci si rende mai conto che fare della nostra azione uno strumento per migliorare il Mondo, passo dopo passo e magari senza clamore, con umiltà e reale passione, è possibile. È solo una questione di scelta. E guardandosi negli occhi è più facile riflettere insieme. E non fraintendere tutto questo come l’ennesimo tentativo di piazzismo “umanitario”.”

Acquarelli

Un disegno ad acquarello di Susanna Barsotti per la campagna di microcredito a favore della popolazione del Burkina Faso e attuata dalla Onlus Si Può Fare.

Mzungo, brano che combina dinamismo free form e minimalismo a tratti riconducibile ad Arvo Pärt, esprime al meglio la sua bellezza nel suo climax centrale, in cui convogliano nell’ascoltatore emozioni in forma di catarsi che vengono trattenute nelle parti precedenti che risultano più sospese. Parlateci dei significati e l’emotività che hanno portato alla nascita questo peculiare pezzo.

Giulia Cianca: “Mzungo è un termine che viene comunemente usato in Africa per riferirsi a una persona di pelle bianca, intesa come “uomo nero”. E mi ha colpito il racconto di Marco sulla sua esperienza, quando si è sentito chiamare con questo nome dai bambini che lo circondavano. Questa melodia fluttua leggera e le voci, che si abbracciano e si scambiano, si intrecciano come fili di seta creando un tessuto sonoro che viene svelato poco a poco. Il ritmo non viene mai abbandonato e le melodie, leggere e vivaci come danzatrici sull’acqua, danzano senza sosta tra improvvisazione e composizione. È un brano capace di sorprendere senza pretese.”

Marco Colonna: “Storia vecchia…a Mbarara al confine fra Uganda e Congo i bambini hanno cominciato a chiamarmi così…Erano più attratti che spaventati… per fortuna. Mzungo significa “senza colore”. In quel viaggio per la prima volta mi sono sentito “bianco” in quanto diverso. Ed ho sentito addosso numerose cose. Il mio ruolo nella cultura di quel Paese, le aspettative, il rancore. Ma questo è un brano dedicato ai bambini che ho conosciuto…Un modo per dire che a volte “l’uomo nero” delle nostre fiabe (ed il “senza colore” delle loro) può essere uno spirito buono. A volte prova ad esserlo.”

Marco Colonna

Marco Colonna in primo piano. Foto di Luca D’Agostino (phocusagency)

Per concludere, parlateci dei prossimi progetti a nome di New Ethic Society, o di altri dischi in lavorazione legati al vostro nome.

Giulia Cianca: “Questo è un periodo ricco di novità. Sta per essere pubblicato un progetto di Marco, un racconto che rende onore alla memoria di un quartiere storico romano in cui affondano le radici delle storie di tante famiglie; uomini e donne lavoratori, madri, padri e le generazioni fino ai nostri giorni che rendono Valle Aurelia un luogo di appartenenza e una storia da ricordare, da preservare e da raccontare. Un’altra novità è aver vinto il Premio Gianni Lenoci con Nuda Pelle, perciò questo mi vedrà impegnata nella scrittura di un nuovo progetto nei prossimi mesi… e tante altre novità arriveranno…”

Marco Colonna: “In verità non so quando sarà pubblicato il lavoro di cui parla Giulia! Speriamo presto, l’ho registrato in duo con un pianista con cui sto pianificando un lavoro a lungo termine fra musica classica e improvvisazione. New Ethic Society al completo (Luca Corrado, Giorgio Tebaldi, Cristian Lombardi, Mario Cianca, Giulia e me) è pronta per cominciare a lavorare su una suite che ho scritto su 1984 di George Orwell. Il suono sarà molto differente dal precedente lavoro realizzato dal sestetto. E sono curioso di vedere che succederà. Esce il 16 Luglio Unshaped Words registrazione live di un quintetto con me, Giulia, Mario Cianca con Mat Maneri alla viola (grandissimo e unico musicista) e Gordon Grdna alla chitarra e all’oud. Uscirà per Folderol Records. È appena uscito per l’etichetta americana Relative Pitch il primo lavoro di RED PLANET, un quartetto con Edoardo Marraffa, Fabrizio Spera e Marco Zanotti. A settembre registrerò un lavoro live con il gruppo Eternal Love guidato da Roberto Ottaviano, e da ottobre spero di trovare ospitalità live per il duo con Alexander Hawkins. Sto lavorando al materiale nuovo per il mio trio storico Noise of Trouble con cui dopo quindici anni è ora di ricominciare a suonare intensivamente insieme. L’obiettivo è continuare a lavorare per sostenere il lavoro della Onlus Si Può Fare, ed il sogno è portare direttamente in Burkina il nostro sostegno con attività per i bambini dell’orfanotrofio di Ouagadougou. Cosa difficile in un Paese instabile e falcidiato da continui colpi di Stato e fratture interne. Ma, sono testardo. Per cui continuerò a provare a resistere. A fomentare indipendenza e critica, riflessione e bellezza. Che, per quanto mi riguarda, è il senso profondo del soffiare nel mio clarinetto basso. Senso a cui la mia vita è dedicata.”

 

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