Il percorso di Danilo Ligato, da tempo creatore di installazioni artistiche, doveva necessariamente confluire nella produzione di musica propriamente intesa. Il minimalismo a volte dissonante presente nella sua rinnovata poetica con la prima uscita Rizieri, un EP pubblicato il Primo Marzo del 2021 per l’etichetta svizzera EEEE, permea candidamente i tre brani presenti del lavoro – Nube, Dissipatio e Monte Analogo – con associati filmati, dando così libero sfogo rispetto la sua arte originaria; in questi video si manifesta una natura che vince il parametro tempo e si esplica nel suo candore maestoso. Per quanto riguarda la musica, essa consta di pattern periodici che si alterano naturalisticamente, come un essere vivente che appare idealmente regolare secondo un’angolazione prefissata e arcana. Un suono rumoristico e accogliente in un’unica istanza, concependo un idea di arte totale (nel suo contesto) da contemplare.
Ne parliamo meglio nell’intervista a Danilo Ligato, che riguarderà l’arte sonora di Rizieri.
Allora, come nasce l’idea dietro Rizieri, un disco che fonde il concetto di fuga in musica con quello di una struttura portante periodica; come avviene l’unione di questa dicotomia?
Rizieri è il distillato di un anno circa di improvvisazioni notturne e di una successiva operazione di ripulitura e ricerca dell’essenza. I tre pezzi ognuno a modo proprio sono dei sopravvissuti, in loro risiede il mio anno di ricerca sonoro e le mie esperienze emotive. La ripetizione o struttura portante periodica fa parte da un lato dei mie ascolti di formazione mentre successivamente è diventata il mio dispositivo espressivo; quando suono sono alla ricerca di un singolo suono, di un timbro o anche solo di un eco che mi sembrano necessari al mio sentire in quel momento e una volta trovato questo tesoro lo ripeto all’esasperazione nel tentativo di trovarne l’essenza. In un momento successivo dopo molti ascolti mi domando cosa potrebbe suonare assieme al piccolo nucleo trovato in modo da esaltarlo o da generare assonanze e dissonanze interessanti. Per me è essenziale tenermi sempre comunque aperto all’improvvisazione all’imprevisto, ad esempio un feedback involontario della chitarra o un accordo eseguito in modo errato sul sintetizzatore possono essere una nuova porta e una nuova via da seguire. Sono affascinato dalla semplicità o dall’apparente semplicità sia in musica che nelle altre arti, per il mio sentire lo sono ad esempio La Passeggiata di Robert Walser, L’Egitto Prima Delle Sabbie di Battiato e Il Pianeta Azzurro di Franco Piavoli.
Approfondendo lo stile del disco, si incontrano in Rizieri periodicità e suono metamorfico. Nube è contraddistinta da un suono di vibrafono, accogliente della sua giocosa percussività e continuo nella maggior parte della sua linea melodica, suoni eterei che si dilatano descrivendo le formule delle nuvole, e sentimenti oscuri di una chitarra graffiante e dissonante. C’è sicuramente un raffronto tra vicina quotidianità (associata ad un riff che si ripete), e l’ultraterreno che vigila sul cosmo e che altera la realtà macroscopicamente. Relazioni tra più figure che fanno riflettere in senso inverso: l’Essere che muta, contrariamente a quello parmenideo, la cui forma, la sua alterazione possono essere induttivamente comprese nel tempo. Ma qual è lo schema reale dietro Nube? Quanto essa riflette la realtà personale/generale?
La parte di vibrafono l’ho trovata mentre giocavo con i miei figli (Agata di 5 anni e Leone di 3), tra i loro giochi hanno anche molti strumenti e dato che quasi il cento per cento del mio tempo libero lo passo con loro è naturale ritrovarsi spesso a giocare con i suoni e proprio giocando è nata quella semplice frase mentre per i suoni disturbanti di synth fm e l’esplosione della chitarra sul finale c’è stato un grosso lavoro di ricerca timbrica; ho cercato qualcosa che portasse l’idillio giocoso dello xilofono verso una crescente inquietudine, e pian piano penso di esserci quasi riuscito.
In definitiva di personale in questo pezzo come gli altri due c’è moltissimo partendo dalle lunghe improvvisazioni alla ricerca di qualcosa che non so (a volte penso sia una mia forma di meditazione, dato che a volte in questa ripetitiva pratica mi capita di perdermi e ritrovarmi) per poi passare a tutti gli elementi sonori, visivi, letterari ed emotivi che confluiscono nel pezzo.
Il video stesso di Nube mostra l’assoluta ciclicità di costruzione e distruzione, come la struttura possa essere fragile ma possa anche rigenerare se stessa, come in fondo non possiamo essere altro che testimoni in minima parte partecipi del divenire.
Dissipatio è un esperimento che spezza nell’EP di più per la sua maggiore spinta verso la variabilità, per poi tornare nella traccia successiva per lo più allo schema effettivo dell’album; tale impostazione nel lavoro è fissata in quanto in Dissipatio vi sono comunque testimonianze di una presunta costanza nel suono. I riff della tua chitarra si ripetono a più riprese, anche se più disordinatamente, attraverso un post-rock sghembo, e ancora una volta si attorcigliano synth lisergici. La traccia ha un suono più caoticamente terreo e geometrico, in cui ancora una volta le coordinate si invertono; sonorità umane e astratte intrecciate attraverso più parametri in un unicum. Come mai in Rizieri questo modo di spezzare più obliquo?
“I due riff che compongono il pezzo li ho cercati e dunque creati appositamente per accompagnare la fase dell’addormentamento dei miei piccoli, proprio per questo immagino risultino più ‘caldi’ più emotivamente ancorati a quelle che possono essere le sensazioni date dal lento lasciarsi andare al viaggio notturno, e la più grande soddisfazione che io potessi avere è che il pezzo ha funzionato allo scopo che mi ero prefisso e i miei figli si sono addormentati per mesi al suono di questo pezzo mandato in loop.
“L’obliquità di Dissipatio non è casuale ma assolutamente cercata e risiede principalmente in due elementi, lo scoordinato alternarsi dei due arpeggi e il sintetizzatore che si muove sul fondo, che a tratti sembra andare per una sua strada ed ha anche un altra velocità; qui il tentativo era quello di creare un tappeto sonoro che fosse apparentemente pacificato e incantato e al contempo la sua struttura principale e il sottofondo fossero zoppicanti e imprevedibili come solo gli elementi naturali sanno essere, lo mostra bene il video dove in una assoluta perfezione celeste le stelle, le nubi e la luce stessa si mostrano nella loro imprevedibile perfezione.”
Al termine, Monte Analogo è questa volta nel segno di una maggiore atonalità nella colonna portante, dove la linea del piano, ovvero un pattern che si ripete in maniera ondivaga con qualche eccezione dissonante, è nella cornice di feedback rarefatti e arcate di chitarra. Sembra che venga ripreso lo stesso leitmotiv di Nube, ma c’è una maggiore libertà nello sperimentare, risultante delle attitudini presenti nei due pezzi precedenti, e con una maggiore versatilità nel creare sincopi (metaforicamente parlando). Come avviene questa coralità di più aspetti in Monte Analogo?
“Monte Analogo è il pezzo che giunge dalle più lunghe e articolate improvvisazioni, per tre minuti e trenta di pezzo sono partito da un paio d’ore di improvvisazione, penso che nella ripetizione stia a volte la chiave di interessanti cambiamenti; trovare un tema che mi piace e ripeterlo sino allo stremo delle forze mi permette a un certo punto di sganciarmi dal pensarlo e a volte proprio in quel momento escono delle cose interessanti, questo vale sicuramente per il tema del piano ma anche per gli archi che oltre ad avere una forte distorsione sono anche effettati con delay e riverbero, e la gestione di questi pochi paramenti all’interno dell’improvvisazione ha fatto sì che si potessero creare vicinanze ma anche “incidenti” molto interessanti e utile alla messa in musica del mio sentire il mondo e me stesso.”
Esperimenti, quelli di Rizieri più estemporanei, ma in essi viene realizzato il concetto di un suono fluido, in divenire, corso nel corso. C’è voglia di sperimentare e farlo in maniera intelligente, celando un’idea articolata. Quanto definisci la tua musica concettuale, anche in senso lato? Inoltre a volte questi tre pezzi sembrano essere astrattamente cinematografici. C’è la possibilità che la tua offerta sia interdisciplinare?
“Il mio percorso formativo e umano è stato fortemente interdisciplinare, ho studiato pianoforte da giovanissimo, poi liuteria e poi cinema; ritengo che nella mia musica ci sia tutto quello che ho visto, sentito, letto e vissuto in questi primi 40 anni della mia vita. Negli ultimi 15 anni ho fatto diverse installazioni sonore affascinato dal paesaggio sonoro ma anche dalla potenza narrativa ed evocativa del suono, spesso mi sono ritrovato a registrare luoghi e storie che stavano per sparire e dunque sono stato testimone emozionato delle storie che ho raccontato.
“I tre titoli delle canzoni sono presi da romanzi importanti per la mia formazione e dunque i tre pezzi di Rizieri sono anche frutto della loro lettura sedimentata nella mia memoria. Ogni pezzo è accompagnato/accompagna un video e dunque, sì, la mia creazione dato il mio essere interdisciplinare non può che esserlo a sua volta.”
Per concludere, stai lavorando ad un nuovo album? Dicci se vuoi cosa dobbiamo aspettarci dal tuo prossimo lavoro. Inoltre è previsto anche un tour nel prossimo futuro? Comunque sia in bocca al lupo per tutto e grazie.
“Sì, sto lavorando ad un album lungo che vorremmo uscisse entro l’anno, in questo ho un salvifico aiuto da Vasco Viviani ( proprietario di EEEE, nda) e mio fratello Alessandro Ligato che con il loro sentire e la loro conoscenza mi guidano in questo percorso assolutamente nuovo per me. Al momento ho 40 progetti aperti e sono ancora in una fase di assoluta sperimentazione dunque se dovessi dirti cosa ci si può aspettare non saprei proprio perché ancora neanche io ho dato una forma definitiva ai molti stimoli e alle moltissime idee, sicuramente sarà un disco che mi rappresenterà per come sono oggi e per come vedo il mondo attorno a me. Sono da sempre affascinato dal silenzio e vorrei che questo importantissimo elemento faccia sempre più parte della materia sonora che vado a creare.
“Il procedimento che sto utilizzando nelle ultime sessioni di improvvisazione è un po’ diverso da quello precedente e spesso parto calandomi in situazioni, luoghi o anche solo sensazioni del mio passato per poi con i suoni andare alla ricerca di quello che è stato o di quello che non è stato. Nel prossimo periodo non è previsto un tour ma come sempre mi tengo aperto ai cambiamenti e alle nuove sfide anche perché portare dal vivo il mio materiale che nasce e vive solo la notte quando tutti dormono sarà davvero una bella esperienza.”