CRAMPO EIGHTEEN, NUOVA PSICHEDELIA DAL SUD
di Giovanni Panetta
Intervista a Nino Colaianni.
Crampo Eihteen live

Crampo Eighteen live @ Circo Della Farfalla, Francavilla Fontana (BR). Da sinistra a destra: Luca Stero, Michele Danza, Vanni Sardiello, Nino Colaianni

Bari e Taranto condividono lo stesso grande entusiasmo per la musica, ma in modo differente. Se la seconda è stata influenzata dal noise rock internazionale, la prima è maggiormente ricordata per aver manifestato insanità sonora attraverso l’arte della psichedelia, sia negli anni ’90 con gruppi come i That’s All Folks, che a seguire, irradiata da una certa atonalità familiare all’underground degli anni ’00/’10, con l’etichetta Lepers Productions. Nino Colaianni è stato una testimonianza di quel primo periodo, prima come componente dei succitati TAF (prima come batterista dal ’91 al ’96, e poi per i tre anni successivi alle prese con la chitarra), e dopo con i Crampo Eighteen, un progetto inizialmente solista. Quel passato, localmente assordante, ritorna sempre e incoraggia a riprendere le proprie passioni, dove il moniker immortala i ricordi di quell’esperienza immortale: infatti, “Crampo” è il soprannome di Nino nella sua storica band, e “Eighteen” fa riferimento ai suoi diciotto anni di sospensione dell’attività concertistica (ripresa nel 2015 proprio con il suo progetto solista di cui stiamo scrivendo, dopo l’ultimo concerto con i That’s All Folks nel 1999; in realtà il periodo di tempo è più breve, ma è stato scelto “Eighteen” per ragioni estetiche, e quindi come larga approssimazione di quell’intervallo).
Nino Colaianni, a nome Crampo Eighteen ha pubblicato due EP, entrambi autoprodotti: The Man With One Ear (2016), più classicamente psichedelico e Monkey Garden (2018), dove emerge sì il proprio amore nel tessere trame caleidoscopiche, ma allo stesso tempo viene esplicata la capacità di rinnovarsi contaminandosi con altre sonorità più oscure. In quelle due release ha ricoperto quasi tutti i ruoli (voce, chitarra, basso, drum machine) tranne quello di batterista, affidato a diversi ospiti.

Nino Colaianni

Nino Colaianni con i Crampo Eighteen @ Circo Della Farfalla, Francavilla Fontana (BR).

Di seguito una conversazione con Nino, nella quale vengono approfonditi alcuni aspetti riguardo il suo percorso musicale a nome Crampo Eighteen, che negli ultimi mesi ha coinvolto nuovi membri ufficiali, i quali tutti insieme stanno lavorando al nuovo full length.

Allora Nino, presentaci il tuo progetto Crampo Eighteen; com’è nato e come si è sviluppato? Inoltre di recente hai reclutato nuovi elementi, ce ne vuoi parlare?

Nino Colaianni: “Crampo Eighteen nasce nella mia testa nel 2015 dopo diversi anni di stop dalle scene musicali e dalle frequentazioni del circuito underground barese. La musica è sempre stata presente nella mia vita per cui non appena le circostanze me lo hanno permesso sono tornato a farla. In quel periodo avevo tante idee e suoni che mi giravano in testa e una urgenza creativa imprescindibile, quindi è avvenuto tutto naturalmente e grazie anche alle nuove tecnologie di home recording ho potuto fare tutto da solo. Quei due dischi hanno iniziato a girare e sono piaciuti, tant’è che le proposte di affiancarmi sono venute direttamente dai miei attuali compagni di band e cioè Vanni Sardiello (Veronika Voss, Lillayell, Comfy Pigs, ndr) alla batteria, Michele Danza (Feltura, ndr) al basso e Luca Stero (That’s All Folks, Anuseye, ndr) alla chitarra, i quali si sono offerti di accompagnarmi in questo viaggio e tornare a suonare live. Ho accettato la proposta e devo ringraziarli per questo perché da subito è nata una alchimia musicale notevole e soprattutto una coesione e un rispetto reciproco raro da trovare, naturalmente sono anche ottimi musicisti con un bel po’ di esperienza. Il loro apporto alla composizione dei nuovi brani che stiamo registrando è stata fondamentale”.

The Man With One Ear

Cover di The Man With One Ear (2016).

Cominciamo a parlare delle tue pubblicazioni. In The Man With One Ear c’è un senso della melodia più aperto, legato comunque alla cultura psych rock. “That’s All Folks!” Is Dead rimanda, non a caso, alla tua passata esperienza musicale, mentre la chiusura Sunchild è un interessante esperimento con la sua cavalcata di otto minuti caleidoscopica e sognante. Inoltre gli elementi del passato ci sono, ma c’è anche un modo di suonare diverso e forse più meditato, più lento probabilmente per dare più spazio alle tue idee. Cosa ne pensi?

Nino Colaianni: “La melodia, soprattutto quella delle linee vocali, è ciò verso cui indirizzo maggiormente i miei sforzi durante la fase di composizione, non so se ci riesco, considerato che non sono propriamente un cantante, ma è una ricerca che mi appaga e che nel nuovo disco in uscita ha trovato maggiore spazio. The Man With One Ear è un disco rock ‘n’ roll anche perché nato e composto con l’apporto di un batterista, risente molto della mia precedente esperienza nei That’s all Folks, tranne in un paio di tracce nelle quali ha preso maggiormente piede il mio amore per un certo tipo di ballate acide o per il folk blues di matrice nord americana come nel brano For My Dandelion. Un album volutamente grezzo e ignorante, tra l’altro lì ero alla prima esperienza di mixaggio e si sente ahaha!!! È comunque un disco a cui sono molto legato perché è stata una scommessa vinta con me stesso da cui è ripartita la voglia di esprimermi in musica”.

Crampo Eighteen realizza un’idea insolita per un progetto psych rock, ovvero suoni lisergici comuni ad un collettivo musicale e elaborati dalla tua one man band con sporadici interventi esterni, tra cui il tuo ex-collega nei That’s All Folks, ovvero Claudio Colaianni, alle prese con la batteria in Monkey Garden. A riguardo, peculiarità del secondo EP è l’utilizzo prevalente di una drum machine, dove intorno a quei pattern ritmici, elaborati e dall’andamento costante, fluiscono riverberi lisergici di chitarre sovraincise; una pulsazione arabescata (in senso lato), ma elastica lungo una immaginaria dimensione per via del modo di comporre e suonare psichedelico. Come nasce quindi l’idea di creare in quel senso? Inoltre, forse sentivi la necessità di essere accompagnato da una band più estesa, però probabilmente la possibilità di suonare tutti gli overdub per conto proprio dava un tocco più personale ai pezzi. Qual è il tuo pensiero in merito?

Nino Colaianni: “È vero, il concetto che hai espresso è quello che sta alla base dell’approccio compositivo ma non è stato premeditato. Inizialmente usavo i pattern di drum machine come metronomo nella stesura dei demo poi visto che funzionavano li ho tenuti, davano un senso di modernità al resto dei suoni che erano volutamente più vintage. In altri pezzi ho chiesto una mano a Claudio e Damiano Ceglie all’epoca batterista degli Anuseye.
Quello che mi ispira è il confronto con altri musicisti la commistione di idee, in fondo il mio è anche un tentativo di creare un collettivo, come dici tu, un po’ quello che succede nelle Desert Session al Rancho De La Luna, è difficile da realizzare ma credo che qualcosa prossimamente faremo, ora però sono concentrato sulle takes dei nuovi brani con i miei compagneros.
La dimensione da one man band però rimane nella mia testa, è lì che nascono i brani già con i tasselli incastrati ed è difficile poi dare spazio ai colleghi. Insomma una dualità creativa che coesiste e si manifesta a fasi alterne”.

Monkey Garden

Cover di Monkey Garden (2018).

Molto interessante è il pezzo Keep Rollin’, presente in Monkey Garden, e anche nella compilation Autospurghi della Leper Without A Cause; un pezzo breve, della durata di un minuto, nel quale è evidente la commistione di psichedelia e atmosfere dub, esaltando una certa attitudine nel tessere trame lisergiche e oscure allo stesso tempo. Anche Bad Moon Rising lavora in quel senso, ed anzi viene fatto un lavoro efficace con la drum machine che implementa quel modo di creare prima descritto. Più generalmente in Monkey Garden prende piede un suono più post-punk, accompagnato dalla consueta vena psichedelica; ci vuoi raccontare di come nascono e si sviluppano quelle idee che ruotano intorno all’EP e che hanno qualcosa di diverso rispetto alla tua regressa esperienza musicale?

Nino Colaianni: “Si Keep Rollin’ è stato un esperimento interessante, condensare tutto in un minuto non era semplice, l’ho pensato come una specie di intro, funziona bene anche nei live. Ora che mi ci fai pensare è vero che è oscuro come brano ma lo è un po’ tutto il disco. Sarà stato per via degli ascolti di quel periodo, non saprei, in fondo in tutta la mia musica confluiscono inevitabilmente i miei ascolti e gusti musicali, il blues del Delta, la psichedelia, anche alcune sonorità grunge, compongo senza preclusioni di sorta, in fondo è solo rock ‘n’ roll, basta lasciarsi andare, canalizzare le emozioni che diversamente non riuscirei ad esprimere. Di nuovo, rispetto al passato, c’è di certo più esperienza, c’è il tentativo di una ricerca musicale pur restando nell’alveo di generi ben definiti ma soprattutto c’è la consapevolezza di vivere la musica in maniera più easy, al contrario degli anni coi That’s All Folks che sono stati anni di formazione, anni in cui vivevo il tutto con più pathos, in quel periodo per me suonare era una catarsi per non lasciarsi trasportare dalle storture dei ’90, naturalmente ci siamo molto divertiti, eccome se ci siamo divertiti, ahahah”.

Per concludere, sento che la prossima uscita dei Crampo Eighteen sarà un disco pieno di sorprese tutte psych rock. A riguardo, cosa ci dobbiamo aspettare? Inoltre cosa pensi degli altri gruppi underground del panorama musicale pugliese dell’immediato passato e del presente?

Nino Colaianni: “Sono curioso anch’io di vedere il risultato, i nuovi brani sono tutti arrangiati col contributo di Vanni, Michele e Luca, li abbiamo già suonati dal vivo e sono piaciuti, spero possano piacere anche a qualche etichetta di cui siamo in cerca per la distribuzione. I pezzi risentono molto dell’approccio live durante i quali i bpm aumentano inevitabilmente, in studio però spero di riportarli sui giusti binari, per questa ragione stiamo registrando le take uno strumento alla volta.
Sono soddisfatto dell’aspetto compositivo, non dovendomi occupare degli altri strumenti ho potuto concentrarmi sulle parti vocali e sul mood dei brani. A tal proposito giro la domanda ai miei soci”.

Vanni Sardiello: “Nei nuovi brani ognuno di noi ha contribuito con le proprie idee, dal punto di vista ritmico e armonico. Le canzoni sono più strutturate che in passato tranne in alcuni parti che rimangono più free dove la dimensione psichedelica la fa da padrona”.

Michele Danza: “Sarà un vortice di psycho goduria”!!

Nino Colaianni: “Per rispondere alla tua domanda sulle band pugliesi cito i Veronika Voss per quanto riguarda il passato, con i quali, quando militavo nei That’s All Folks, abbiamo condiviso il palco diverse volte e con loro è nata anche una amicizia che dura tuttora.
Per il presente non posso non citare gli Anuseye. Poi ci sono gli Elius Inferno & The Magic Octagram, che mi incuriosiscono”.

Di seguito, Crampo Eighteen in sala prove con la nuova formazione.

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