Connubio calcistico tra dance e hip hop per Delphi
di Giovanni Panetta
Intervista al producer romano Delphi (Valerio Del Prete), sull'ultimo album Sport & Calcio, ovvero il terzo capitolo della collana Moderna Sonorizzazioni per Quattro Bambole Records.
Delphi.

Cover di Sport & Calcio, artwork di Michelangelo Greco.

Delphi, pseudonimo di Valerio Del Prete, già attivo nel duo Tiger & Woods formato insieme a Marco Passarini, è un artista che si muove tra musica dance, hip hop e sonorizzazioni. Sport & Calcio (Mondo Sonorizzazioni N°3) è il terzo album solista di Delphi, del 2025, uscito per Quattro Bambole Records. Il disco si accompagna da altre due uscite associate per la collana Moderna Sonorizzazioni e pubblicate per la succitata etichetta, ovvero Intervalli e Paesaggi di Biga e Classe Operaia a firma di JayBee Vibes. Sport & Calcio è il terzo capitolo in cui il tema è per l’appunto il contesto dell’antagonismo sportivo, contrassegnato da un’attitudine dancefloor sperimentale e spuria con sfumature patinate e luccicanti.

Parlando delle precedenti uscite in full-length, ovvero il primo album in solitaria intitolato Through The Window (Spalato Wyale, 2020) e il successivo Face The Music (Spalato Wyale, 2021), è la volta di Fenomeno, disco sempre per Spalato Wyale del 2023, in cui l’hip hop incontra una forma lisergica o acida in senso dance, influenzata dal duo più centrale Tiger & Woods; ci si affaccia al mondo sonoro meglio delineato in Sport & Calcio (Mondo Sonorizzazioni N°3), anche se in Fenomeno, e ancor di più nei altri due dischi più datati, un senso del beat più istintivo si fa maggiormente protagonista.

Parliamo dei citati temi con Delphi nella seguente intervista, incentrandoci per l’appunto su Sport & Calcio, un album che potrebbe rappresentare un cambio parziale di registro estetico per l’autore romano.

Uno dei precedenti lavori intitolato Don’t Assume (Neutralizer, 2022) è segnato da una dinamicità clubbing in senso techno, maggiormente marcata rispetto l’ultimo lavoro Sport & Calcio (Mondo Sonorizzazioni N°3), in cui i ritmi appaiono più serrati e i timbri più netti. Come nasce questo cambio di prospettiva con il disco più recente?

“Io mi divido sempre tra la mia parte più dance e quella più hip-hop. Le produzioni hip-hop le ho sempre fatte, ma solo abbastanza recentemente ho deciso di pubblicarle. Quella dance è stata per tanto tempo la parte più corposa della mia produzione. Per me è molto difficile fermarmi ad un genere solo. Ho l’esigenza di esprimermi in modi diversi e con generi diversi. Capisco che delle volte può essere fuorviante, ma per me la musica è prima di tutto una forma d’espressione e non potrei mai viverla con delle costrizioni di generi.”

Sport & Calcio (Mondo Sonorizzazioni N°3) unisce melodia caleidoscopica con ritmi urbani, tra house, hip hop e techno, in cui figurano sample di estrazione calcistica o sportiva. Parlaci delle tue intenzioni e di come è avvenuto il processo creativo dietro l’album.

““Sport & Calcio” è l’ultimo capitolo di un percorso che ho intrapreso sulla musica legata allo sport, in particolare al calcio. Tutto è iniziato con una serie di podcast realizzati per Red Bull Radio, basati sulla mia collezione di dischi calcistici. Erano quattro episodi: uno dedicato alle sigle delle trasmissioni sportive italiane, uno agli inni delle squadre, uno alle competizioni internazionali e l’ultimo alle colonne sonore dei film a tema calcistico. Da lì è nata la collaborazione con la testata L’Ultimo Uomo, per cui ho composto le sigle dei loro podcast sportivi. Questi brani sono poi confluiti nell’album Fenomeno, che prende il nome proprio dalla serie di podcast. Il progetto ha trovato una sua chiusura naturale con l’incontro con Francesco Fisotti di Quattro Bambole Records, che mi ha dato l’opportunità di realizzare una vera e propria sonorizzazione a tema sportivo, culminata appunto in Sport & Calcio. L’idea era quella di rievocare le vecchie sonorizzazioni: musica di repertorio pensata per accompagnare immagini. Ne è nata una raccolta di “fotografie sonore”, ideali per essere abbinate a contenuti visivi legati al mondo dello sport. Quello che distingue la serie Moderne Sonorizzazioni dalla classica library music è soprattutto la scelta del genere musicale. In questo caso, con Quattro Bambole, si tratta di hip-hop strumentale, un linguaggio musicale che può essere altrettanto descrittivo quanto una composizione orchestrale, ma che raggiunge lo stesso scopo in modo diverso, attraverso texture e ambientazioni. Ed è proprio questo che ho cercato di fare con questo disco.”

Giro D’Onore unisce sonorità house e soul che vengono messe in risalto dalla tecnica del chipmunk in modo alieno e patinato al tempo stesso; il tutto diverge in beat hip hop inconsciamente incalzanti, incastrati con vaghi momenti di irregolarità. Un’apertura melodica dancefloor che segna anche un altro pezzo simile in tal senso, Pesi Massimi, in cui si palesano atonalità grazie alla dilatazione di texture del sample originario. Parlaci di questo utilizzo della melodia multi-cromatico e in un certo senso candido. 

“Come dicevo nella prima risposta, mi muovo tra due “anime”: una più dance e una più hip-hop. Anche se, a dire il vero, per me questa distinzione non ha troppo senso. Approccio la produzione sempre allo stesso modo, con la stessa intenzione. La differenza tra un pezzo techno, house o hip-hop, alla fine, è minima: cambia il risultato, ma non l’energia con cui lo affronto. Nel caso specifico di “Giro D’Onore” e “Pesi Massimi”, le influenze house sono forse più evidenti. Così come lo è un’altra mia passione di lunga data: i campioni “pitchati”, alzati o abbassati di tonalità. Quando un campione viene manipolato a fondo e portato lontano dalla sua idea originaria, succedono sempre cose interessanti. Acquista una nuova vita, una funzione diversa da quella per cui era stato creato.

“È una delle cose che amo di più del campionamento: la possibilità di stravolgere il contesto e trasformare completamente un suono. Le “chipmunk voices” ne sono un esempio lampante, e ammetto che c’è qualcosa in quella tecnica che continua ad affascinarmi. La uso spesso. Un brano come “Through the Wire” di Kanye mi ha trapanato il cervello, è uno di quei pezzi che mi porto sempre dietro, sia quando faccio dance che quando faccio hip-hop.”

Dressage gioca con suoni freddi secondo un ibrido tra techno, ambient e downtempo, in cui l’incedere del beat, dallo schema obliquo, appare inanellato da suoni lisergici in procinto di apparire musicalmente esotici, speziati. Come avviene questa istanza di elasticità dilatata?

“Come spiegavo in precedenza, io non sono un compositore nel senso classico del termine. Tecnicamente, per comporre musica per immagini, sarebbe richiesta un’ottima conoscenza della materia proprio perché si tratta di riprodurre sentimenti e situazioni attraverso la composizione. Vuol dire padroneggiare la musica a tal punto di riuscire a rappresentare immagini attraverso le note. Io raggiungo quell’obiettivo attraverso altre strade, magari anche più contorte. Può essere un suono che richiama ad un immaginario, una texture, un elemento. “Dressage” è un pezzo dedicato all’equitazione nella sua forma più estetica. Volevo che nel pezzo si riuscisse a percepire il senso della “rigidità” delle regole dell’equitazione (sempre molto impostate) insieme alla fluidità e l’eleganza dei cavalli. Il modo per rappresentare questa cosa è stata una ritmica più incalzante e lineare insieme ad una parte aerea più sospesa e liquida.”

Attraverso un’immersione onirica e fluente, si delinea il paesaggio sonoro di Fantasista, in cui la componente ritmica eterogenea si accompagna da pattern melodici che constatano di scampanellii e tendaggi armonici di consistenza leggera, in cui ancora una volta l’editing sghembo dei sample ha un ruolo dominante; una stasi eterea all’interno del disco in cui dominano melodie dai colori acidi e linee ritmiche non-euclidee. Come nasce l’idea per questo pezzo?

“Il fantasista è il ruolo più effimero nel calcio. Volevo rendere nel pezzo quest’idea di leggerezza e anche un po’ di malinconia, proprio per la natura del ruolo che spesso regala momenti bellissimi fini a se stessi. Il risultato è una melodia intricata e semplice allo stesso tempo. In generale, nell’economia dell’intero disco, voleva essere un momento più sospeso legato alla magia che solo i numeri 10 possono portare nel calcio.”

In Telestar 70 la tecnica del sampling viene sfruttata in senso vorticoso, in cui le linee di texture dal fluire espanso e dinamico delineano un solenoide luminoso, con una struttura eterogenea, ovvero compaiono diversi momenti di pausa in modo da mettere in risalto il conseguente movimento. Parlaci di come nasce quest’idea di viscosità scostante.

““Telestar 70” nasce da un campione preso da un disco dedicato ai Mondiali di Messico ’70. L’idea era creare un brano dal tono celebrativo, proprio perché i Mondiali restano l’evento calcistico più importante a livello globale. La struttura del pezzo, con momenti di pausa alternati a esplosioni ritmiche più intense, riflette l’andamento emotivo di una competizione di questo tipo, fatta di alti e bassi, tensioni e slanci improvvisi. Dal punto di vista compositivo, trovo che il vuoto – la pausa – contenga in sé un’enorme carica potenziale. Proprio perché anticipa un momento di forte impatto, può renderlo ancora più efficace. Una ripartenza, o un climax, risultano amplificati se preceduti dal silenzio o da un calo improvviso. Nella musica dance questo principio è portato all’estremo con i drop, ma in generale, almeno per me, l’alternanza di pause, cambi ritmici o svuotamenti è una chiave fondamentale nella scrittura.”

La conclusione, Tifosi, può essere vista come un piano sequenza sonoro in cui brusii e urla della tifoseria ad una partita si alternano a suoni sferici e compatti che caratterizzano ritmi granulari techno/hip hop. Si percorre l’ultimo episodio dal finale sonoramente aperto, quasi a caratterizzare un eterno ritorno abitudinario del rito sportivo, per come viene vissuto dagli appassionati che seguono partite e gare. Come avviene tale concetto di epifania ricorrente resa in musica?

“L’ultimo pezzo del disco è dedicato a quella che considero l’anima dello sport: i suoi tifosi. Sono un tifoso e un frequentatore dello stadio. Amo tantissimo questo aspetto della mia vita e volevo celebrarlo. Inoltre volevo che il disco si chiudesse proprio con quella parte irrazionale legata allo sport, quella che ti riporta sempre lì nonostante tutto, anche contro ogni logica. Idealmente voleva essere una forma di continuità, perché i tifosi sono la costante dello sport. Come hai sottolineato, in qualche misura, è una sorta di invito a “tornare” sul disco proprio come fanno i tifosi che ciclicamente, ogni settimana, si ritrovano per il loro rito domenicale. Volevo lasciare un senso di apertura, volevo che il disco si chiudesse, ma non del tutto. Per quello che riguarda le epifanie in musica, credo che un concetto come quello di loop che si ripete continuamente, sia fondamentale. Diventa un massaggio che rende bene l’idea di ciclicità. Hai il tempo di notare ogni sfumatura di quel momento proprio perché si ripete. Questa è una forma di epifania “guidata”. Ti dà il tempo di cogliere i dettagli. Inoltre dà la possibilità, una volta usciti da quel loop ipnotico, di regalare un’epifania vera e propria con un momento diverso o con la risoluzione di quell’intricato loop.”

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