UR Suoni: il primo album di Lampredonto e la raccolta Vergogna
di Giovanni Panetta
Intervista a Simone Vassallo e Federico Fragasso su "Workout | Worship" (UR Suoni) dei Lampredonto, il secondo album "Test#1" di Lampreda e la raccolta per UR Suoni intitolata "Vergogna".
Workout | Worship

Cover di “Workout | Worship” dei Lampredonto, ad opera di Simone Brillarelli.

Lampredonto è un progetto formato da due percussionisti/producer elettronici: Tonto, ovvero Francesco Zedde, più Lampreda, all’anagrafe Simone Vassallo. Come si evince dalle sonorità nonché dalla prima intervista inerente al duo in cui parteciparono Francesco Zedde e altri ospiti, il progetto esplora le potenzialità dello spettro del punk o del post-punk in chiave dancefloor e rumorista al tempo stesso, in cui è decisivo l’apporto nella prima uscita nonché maxi-singolo “!WASTED!” (replicato nell’esordio in full-length “Workout | Worship”) da parte di Mark Stewart (The Pop Group), la cui istanza sonora non a caso riflette la poetica lisergica e tribale del progetto più recente.

Parliamo nella seguente intervista rivolta a Simone Vassallo (Bestilla, Bajak, Sex Pizzul) e Federico Fragasso (UR Suoni, Caveiras) di “Workout | Worship”, disco per la fiorentina UR Suoni, in cui danno il loro contributo, oltre il già citato Mark Stewart, anche Serena Altavilla, Peter Harris, Zé Caveira, So Beast, Unnur Malín Sigurðardóttir, Rúna Vala Þorgrímsdóttir, Francesco D’Elia, Andrea Caprara e Jacopo Andreini. Inoltre tratteremo l’ultima uscita autoprodotta di Lampreda intitolata Test #1 con il medesimo Simone, e la raccolta per UR Suoni con Federico intitolata “Vergogna”, colonna sonora propedeutica alla lettura della raccolta di racconti “Fujire È Vergogna”, a firma dello scrittore siciliano Gianni Romano e pubblicata per Catartica Edizioni. Inoltre in Vergogna partecipano i seguenti artisti appartenenti al roster UR Suoni: Bestilla, So Beast, MonoAgainstCapitalism (in collaborazione con Bobby Cloutboy), Il Cloro, Zé Caveira, Lampreda, Bud Spencer Drunk Explosion e Biga.

Cominciamo dall’album per Lampreda Test #1. Ogni pezzo consiste in una sonorizzazione di pattern psichedelici e urbani che si muovono al ritmo del suono tribale in senso afro che caratterizza la tua ultima uscita di Dicembre 2024. Si passa da astrazioni occidentali in My First Piano Lesson, alle vibrazioni nette ed esotici di Gig Tiger In Da Jungle o alle idiosincrasie distopiche di Silicium Nihilism. Ogni album è diverso, e rispetta la tua propensione di essere deus ex-machina di mondi acustici, come si evince dal tuo districarti in progetti dalle peculiarità distinte tra loro. Parlaci di come hai sviluppato queste idee e come l’uscita ha visto la luce. È prevista anche una versione in fisico?

“In Test #1 ho raccolto alcune registrazione effettuate durante le prove per un live che mi era stato commissionato con strumenti elettronici di recupero. Così ho ripreso in mano un po’ di vecchi giochi (un quizettone, una pianola, alcuni giochi parlanti) e vecchi scarti elettrici (radioline, hard disk) che avevo già hackerato o che ho modificato per l’occasione. A questi ho aggiunto loop station e giri di batteria, e giocando con questi elementi sono venuti fuori i brani che ho inserito nell’EP. Sono strumenti logicamente relativamente controllabili, che rendono quindi l’improvvisazione molto stimolante, e al contempo consentono di creare atmosfere molto diverse (da un “troglonoise”, come mi piace definire la musica di Lampreda, più ritmico, ad ambienti più avvolgenti con armonie inevitabilmente atonali).

“Il titolo “test#1”, che fa il paio col precedente #0, sta ad indicare il fatto che siamo ancora in fase di sperimentazione, e al momento non credo che troverò qualche avventuroso disposto a stamparne una versione fisica. Purtroppo i miei progetti solisti sono sempre diversi (l’atro progetto, dalla poetica elettronica, è denominato Bestilla, nda): prima batteria preparata, poi computer, questa volta elettronica lo-fi autocostruita. Un giorno troverò un centro di gravità per tutto questo… Al momento ho però rispolverato la batteria preparata di Lampreda per il nuovo progetto Bajak, insieme a Nanang, un incredibile musicista/costruttore di strumenti javanese.”

Parliamo dell’album Workout Worship di Lampredonto, un duo formato da Simone, ovvero Lampreda, e l’altro percussionista e batterista Francesco Zedde, in arte Tonto. Come avviene l’idea di pubblicare in full-length i pezzi pubblicati sul singolo extra di Wasted?

“In realtà l’idea originale era quella di pubblicare il full lenght. L’idea di farlo precedere dall’uscita dell’EP in vinile è stata successiva, e vi abbiamo inserito – oltre a Wasted e relativi remix, anche Naked Safari e Taiho, le due tracce strumentali del disco.”

Micro Gandung è un viaggio onirico tra suoni ellittici, di metallo ma che sembrano leggeri, delineando colori e forme diverse ma ben delineate. La voce di Serena D’Altavilla accompagna l’ascolto attraverso un canto sussurrato, quasi aleatorio, e linee melodiche spesso tronche, accennate. Uno giusto preambolo che prepara o rassicura direzionandosi verso un ascolto più generale che sarà ben diverso. Parlateci di come nasce l’idea del pezzo.

“Il brano è nato da un’improvvisazione con percussioni acustiche l’ultima notte di registrazioni, giusto prima di chiudere la sessione. Ne veniva fuori questa sorta di ninna nanna sghemba che ci sembrava uscire da una foresta indonesiana. Così abbiamo pensato a Serena, che con la sua nenia ha colto a pieno quella che era la nostra idea. Ed ecco fatto!”

Campo De Guerra è il pezzo cantato da Zé Caveira, moniker di Federico Fragasso di UR Suoni. La voce di Federico, di lingua portoghese, è caratterizzata da un cantato quasi rap se non fosse per i numerosi saliscendi di accenti che lo rendono un gioco di contrasti che infondono un senso di profondità scultorea. Le percussioni e i pochi synth danno vita ad una musica bellicosa nell’ottica di un monito ad una battaglia ideale. Come nasce l’incrocio degli elementi citati?

“L’ispirazione originale delle batterie (anche se non si percepisce) sono i tamburi reali del Burundi, che hanno un andamento che potremmo assimilare a quello di una marcia, e una potenza quasi techno nel loro incedere allucinato. Federico, che è anche il produttore artistico ed esecutivo del progetto (e che mi passò una ventina di anni fa proprio il disco di Hugh Tracey con i Tamburi del Burundi), si è entusiasmato per questo brano, e ha riadattato per l’occasione il testo di “Campo De Guerra” (brano originariamente concepito per i Caveiras, che sarà presente anche nel loro prossimo disco in una versione differente). Ne è scaturito – a mio avviso – un brano di grande potenza, che dal vivo ha un forte impatto, con una pioggia di tamburi a 150 bpm.”

In collaborazione con i bolognesi So Beast, nasce la musica danzante come pistoni di un’automobile quale è Neolithic Group Dance. Il pezzo colpisce per l’utilizzo plastico degli effetti e del vocoder, senza che l’effetto dell’autotune risulti invadente, ed anzi appare funzionale al suono complessivo; caratteristico il finale in cui si delineano colori e paesaggi sempre diversi. Parlateci di come viene innescata questa alchimia di forme e tonalità eterogenee e dai colori vivaci.

“Il pezzo nasce dall’idea di fare un brano più semplice e lineare. Una batteria da “ballo di gruppo” molto primitiva, su cui Francesco ha giocato con i tamburi e i piatti, un po’ di suoni elettronici altrettanto primitivi, e dei simpatici urletti. Su questo primo magma di suoni sono intervenuti i So Beast con voci e chitarra. Il brano ha funzionato subito: cassa dritta e pedalare!”

Ultimate Weightlifting riprende il tema principale di Wasted, ma questa volta attraverso un suono quasi a cascata, e con una sospensione ritmica più incisiva, in cui si sfocia in magmi meditati ma psichedelici, quasi allucinogeni. Il testo è decisamente più pop ma con uno sfondo huxleyano, in cui l’edonismo e il narcisismo iconico nella nostra epoca sono oggetto delle invettive associate. Parlateci di questo artigianato più iconico e del legame a livello di scrittura con Wasted.

“Anche in questo, come in Wasted è l’ossessività ritmica a fare da padrone, con un barile a fare da basso, oltre a frese e trapani a sostituirsi ai sintetizzatori, ma la forma questa volta è più quella di una canzone.”

L’artwork di Workout Worship è un’opera di Simone Brillarelli basata su foto di Léa Massé. Il disegno rappresenta una scomposizione fisica dei componenti del duo, in cui il corpo è sottoposto ad inverosimili o baconiane deformazioni, o mostra uno sfilamento delle parti interne in maniera quasi grandguignolesca. Qual è stata l’idea dietro questo concetto apparentemente astratto reso in grafica?

“L’idea è di Simone Brillarelli, come quella delle copertine del vinile, tutte diverse, tutte fatte a mano. Ci piaceva questo suo modo di rendere un senso tanto di primitivismo, quanto di futurismo, un po’ come vuole essere la nostra musica.”

Una domanda per Federico. Riguardo il coinvolgimento di persone nel processo di scrittura e produttivo di Workout Worship, la selezione dei collaboratori differenti da quelli del maxi-singolo Wasted è avvenuta in un momento differente o è stata quasi immediata alla lavorazione della già citata release di Lampredonto precedente al loro album? In più, qual è stato il criterio per tali apporti creativi? Tutti i pezzi del duo si direzionano verso sonorità tribali e urbane, ma mentre Wasted, Naked Safari e Taiho (in particolare questi ultimi due) sono contrassegnati da un approccio più oscuro, una luce psichedelica irradia maggiormente i pezzi inediti di Workout Worship. Volevo sapere se c’era una motivazione specifica dietro questo passaggio stilistico.

“Le tracce di “! WASTED !” e di “Workout | Worship” nascono da un’unica sessione in studio. Di conseguenza, gli artisti ospiti che abbiamo contattato perché dessero un loro personale apporto ai brani strumentali (o perché remixassero / rielaborassero il singolo) sono stati tutti contattati nello stesso arco di tempo. La scelta di anticipare l’album pubblicando “! WASTED !” in forma di maxi singolo, con relativi remix e b-side, è dovuta esclusivamente a ragioni “promozionali” o “commerciali”, se così le vogliamo definire (anche se il termine fa un po’ ridere, applicato al giro di affari di UR Suoni). Mark Stewart era ovviamente il nome più celebre nella cerchia degli artisti coinvolti. Di conseguenza, volevamo dare rilevanza a questa collaborazione pubblicando un prodotto particolare, qualcosa di esclusivo anche rispetto all’album. Ma i brani sono stati ultimati tutti insieme.

“Circa il criterio per la selezione delle collaborazioni, la cosa è andata più o meno in questo modo. I So Beast erano stati coinvolti autonomamente da Francesco (Zedde) dei Lampredonto, e avevano dato il loro apporto vocale a un paio di brani. Visto che il risultato ci piaceva molto (l’album era in origine esclusivamente strumentale, ed eravamo tutti d’accordo sul fatto che qualche contributo vocale avrebbe arricchito la tavolozza sonora) ci siamo rivolti ad altri musicisti – artisti che già conoscevamo e stimavamo, e con cui, per un motivo o per un altro, eravamo in contatto – perché facessero lo stesso.

“Serena Altavilla la frequentiamo da una vita, abbiamo mosso i primi passi insieme, quando lei cantava nei Baby Blue (poi Blue Willa) e io e Simone suonavamo nei Tribuna Ludu. Jacopo Andreini e Andrea Caprara sono veterani della scena underground che, da Firenze, si apre al mondo. Anche con loro ci sono stati contatti fin dall’alba dei tempi, da quando con i Tribuna Ludu aprimmo al concerto di Squarcicatrici. Rúna Vala Þorgrímsdóttir e Unnur Malín Sigurðardóttir sono musiciste islandesi, che Francesco Zedde ha conosciuto in uno dei suoi estensivi tour in giro per il mondo. Francesco D’Elia è un’altra vecchia conoscenza, un multistrumentista da sempre addentro all’underground fiorentino, che ha suonato anche con i Tribuna Ludu. Con Mark Stewart dei Pop Group e Jonathan Uliel Saldanha degli HHY and The Macumbas / HHY and The Kampala Unit esisteva un contatto epistolare e un rapporto di reciproca stima che durava da qualche anno. HZHA e Micheal Byrne sono ottimi musicisti elettronici e DJ dell’area fiorentina, molto amici di Michele Alunni, il mio socio in UR Suoni.

“Le eccezioni in questo senso sono state Peter Harris e Patrick Dokter (aka Uncle Fester On Acid), coinvolti nel progetto da Mark. Li abbiamo quindi conosciuti proprio grazie a questa collaborazione, e da allora abbiamo instaurato anche con loro un bellissimo rapporto. Nemmeno Polonius faceva parte del nostro giro di conoscenze, in origine. Dal momento che a Michele piacevano molto i suoi dischi, abbiamo chiesto i suoi contatti ai ragazzi di Artetetra, ed eccoci qui.

“Ad ogni musicista abbiamo proposto un brano ad hoc, quello che ci sembrava più adatto al singolo caso. Devo dire che, perlopiù, gli artisti coinvolti si sono riconosciuti in queste scelte. Alcuni contributi hanno finito comunque per essere strumentali (quelli di Unnur Malín Sigurðardóttir, Andrea Caprara e Jacopo Andreini nelle sopracitate “Naked Safari” e “Taiho”, per esempio). Per quanto riguarda i remix/rework, l’idea era diametralmente opposta: dare a tutti lo stesso brano (ovvero “! WASTED !”), per vedere come artisti differenti sarebbero giunti a risultati differenti.

“Convengo con te che i brani selezionati per “! WASTED !” siano contraddistinti da una vena più oscura, e che gli inediti su “Workout | Worship” possano suonare più “colorati”. Non è del tutto un caso. Oltre ai remix, avevamo scelto di allegare al maxi singolo di “! WASTED !” un paio di brani come B-Side, brani che poi avremmo recuperato per l’album. “Naked Safari” e “Taiho” ci sembravano le tracce più adatte per due motivi: erano contraddistinte da sonorità più cupe, sulla scia di “! WASTED !”, ed erano interamente strumentali. In questo modo “! WASTED !” sarebbe rimasto l’unico brano contraddistinto da una performance vocale che, di conseguenza, avrebbe avuto maggior risalto. Inoltre, non avremmo dato anticipazioni in relazione ai vocalist che avrebbero preso parte a “Workout | Worship””

Parlaci di come nasce la compilation Vergogna, colonna sonora ispirata dalla raccolta di racconti “Fujire È Vergogna”, scritta dallo scrittore Gianni Romano, il quale immortala, con un linguaggio realista, scene della provincia siciliana ambientate a Gela. Come nasce l’idea di unire la creatività libera della musica con l’immanentismo verista dei racconti? Un’idea che a livello cinematografico/musicale mi ha ricordato lateralmente il cinema no wave di Richard Kern. Quali sono state le effettive ispirazioni in tal senso?

“L’idea è tutta di Gianni, a onor del vero. Era in procinto di pubblicare i suoi racconti per Catartica Edizioni e – di comune accordo con la casa editrice – voleva dare alla raccolta una veste particolare, accoppiando ogni racconto a un brano musicale. Tramite un QR code presente all’interno del libro, il lettore avrebbe avuto accesso alla compilation online, in modo da poter ascoltare in tempo reale – idealmente, proprio durante la lettura – i brani associati ai singoli racconti.

“La decisione di pubblicare “Vergogna” anche sul nostro bandcamp è stata successiva. Dal momento che il libro sarebbe stato stampato in poche centinaia di copie, ci sembrava di dare alla compilation una veste un po’ troppo esclusiva. Inoltre, proporre la compilation a un pubblico più ampio avrebbe fatto pubblicità al libro stesso, instaurando un circolo virtuoso: così come il pubblico di Gianni avrebbe avuto l’opportunità di avvicinarsi al catalogo UR Suoni, così il pubblico di UR Suoni avrebbe scoperto le opere di Gianni. Il rapporto esclusivo della compilation con la raccolta di racconti è stato comunque mantenuto, dal momento che la musica è gratuita per chi acquista il libro e accede alla compilation tramite il QR code, mentre sul nostro bandcamp i brani sono scaricabili a pagamento.

“Con Gianni siamo amici da sempre, perché ha vissuto per molti anni a Firenze. Solo di recente è tornato a vivere in Sicilia, questa volta però a Palermo. Ha partecipato spesso alle serate da noi organizzate, e conosce bene il catalogo di UR Suoni. Per questo mi ha chiesto di collaborare al progetto. Alla fine io mi sono occupato esclusivamente di contattare gli artisti del nostro roster, per proporre loro la cosa. Devo dire che tutti hanno aderito con entusiasmo, chi concedendo out-take o inediti che non avevano trovato collocazione in altra sede, chi componendo brani per l’occasione. L’unico paletto stilistico che abbiamo posto è che i brani dovessero essere strumentali, dal momento che un testo cantato avrebbe potuto distrarre dalla lettura. Abbiamo mandato a tutti i musicisti coinvolti i racconti, in modo che potessero subire le suggestioni del testo. Quasi sempre abbiamo anche suggerito al singolo musicista il racconto che ci sembrava più adatto per il suo particolare stile. Nel complesso direi che la cosa funziona molto bene, sono estremamente soddisfatto del risultato.”

Fujire è Vergogna

Copertina di “Fujire È Vergogna” di Gianni Romano (Catartica Edizioni), foto di Gianni Romano ed elaborazione grafica di Salvatore Palita.

 

Tenso evoca in maniera carpenteriana e plastica i paesaggi descritti nel racconto de Il Castelluccio, in cui il carattere bucolico si unisce a quello pulp. Questa tua versione in solo a nome si Zé Caveira appare più aleatoria rispetto quella come parte del trio Caveiras, tergiversando verso la cinematic in associazione ad una creatività freak. Parlaci del processo creativo che si cela dietro questo pezzo.

“Una versione molto embrionale del brano (un beat e una linea di basso, appena accennati) giaceva da qualche tempo nel mio hard disc. Era un demo originariamente destinato ai Caveiras, poi scartato e quindi mai sviluppato adeguatamente. Quando si è presentata la possibilità di partecipare con un mio contributo alla raccolta, ho immediatamente scelto di musicare “Il Castelluccio”, verso cui sentivo un’affinità particolare. E, altrettanto velocemente, ho capito che quell’abbozzo di demo poteva essere sviluppato in maniera consona alle atmosfere suggerite dal racconto. Il brano è una sorta di omaggio al Tom Zé più sperimentale, quello di “Todos Os Olhos” e “Estudando o Samba”. Composizioni come “Complexo de Epico” e “Toc” sono state grandi fonti di ispirazione, in questo senso. Volevo creare un groove dal sapore tropicale, primitivista, in linea con la natura bestiale dei protagonisti del racconto, e con alcune immagini suggerite dalle parole (il bestiame, i campanacci, la calura e via dicendo). Non dovendo seguire una struttura che prevedesse un cantato, come nel caso dei Caveiras, ho potuto sviluppare la musica in maniera più libera e “freak”, come dici tu. Mi piace questa tua associazione con il Carpenter compositore. Non l’ho preso in considerazione a livello conscio, per quel che riguarda questo brano, ma è certo che le sue colonne sonore sono da sempre, per me, una fonte di ispirazione.”

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