Zolle e l’easy listening in chiave post-metal
di Giovanni Panetta
Intervista agli Zolle (Stefano Contardi e Marcello Bellina) sul loro quinto album Rosa, tra estetica post-metal, easy listening e ironia.
Rosa

Rosa, artwork di Berlikete e Eeviac.

Il 3 Maggio 2024 è uscito il quinto album degli Zolle dal titolo Rosa (per la Subsound Records), caratteristico di una rinnovata poetica all’insegna dell’easy listening e dell’ironia. I due componenti Marcello Bellina (chitarra e voce) e Stefano Contardi (batteria e percussioni) si direzionano verso melodie semplici, strumentali e cantate (in forma praticamente strumentale), in combinazione con ritmi e riff alla chitarra accattivanti, ovvero la consueta artificiosità post-metal che il duo di origine lodigiana rivisita in chiave scherzosa e spesso non-sense. Rosa non disdegna pattern influenzati da patinature anni ’80 (Confetto) o sospensioni post-rock più ariose (Toffolette e Zuccherini), rivendicando in questo lavoro una nuova attitudine tesa all’espansione verso sonorità poco ortodosse per il contesto e nel far inter-comunicare linguaggi disparati, ma sempre con un’intenzione di divertimento e di non prendersi troppo sul serio.

Abbiamo parlato dell’album, dei suoi significati, con Marcello e Stefano nella seguente intervista che li vede direttamente coinvolti.

Rosa è il vostro nuovo album uscito per Subsound Records, dalle tinte più luminose e chiaramente, ironicamente easy listening. Il disco sembra richiamare certe scelte di stile inaspettate soprattutto in una visione heavy della musica che vi appartiene in particolar modo. Sebbene in un contesto ed intenzioni differenti, Rosa ricorda in senso lato certe politiche musicali simili a quella del Commercial Album dei Residents, sebbene qui probabilmente l’intento di dissacrazione sia più mite e spensierato. L’ironia è un vostro punto di forza il quale probabilmente assume una forma più parossistica ed accessibile, in cui sembra che la collaborazione di Marcello per Musicaperbambini di cui mi parlò in una sua intervista sul progetto Berlikete abbia avuto una certa influenza. Quindi parlateci delle intenzioni e degli effettivi riferimenti per quest’album.

Stefano Contardi: “La genesi di Rosa è stata la più lunga della nostra storia. Non solo in termini di tempo, anche di cura. Lo abbiamo suonato tanto, ascoltato e riascoltato tanto, in fase di composizione e preproduzione, lo abbiamo analizzato e discusso tanto. Tutto tanto insomma! Con decisioni talvolta assunte nel qui ed ora dell’esecuzione musicale, talvolta a bocce ferme, a tavola. I brani sono stati educati e rieducati. Con che criteri? Abbiamo cercato di soddisfare le nostre teste ed i nostri cuori. Come in passato. Questa volta, più di prima, abbiamo però aggiunto un “terzo Zolle”, ovvero un ipotetico ascoltatore della nostra musica. Lo abbiamo fatto interagire con le nostre percezioni, lo abbiamo considerato.”

Marcello Bellina: “Purtroppo, per una volta, sono d’accordo con Ste, nonostante Rosa sembri spensierato (sicuro?), la sua gestazione è stata più che altro spensieRosa. Tutti questi cuoricini, melodie da canzone dell’estate, estetica color rosa…chi non conosce la nostra storia musicale non è detto che possa cogliere questa “dissacrazione”.

“Riguardo alle intenzioni e riferimenti, ci è sembrato però di avere altre stelle polari questa volta, ma credo si possa intuire dai brani costantemente in maggiore e dalle voci apparentemente sbarazzine. Tra l’altro, è il nostro primo album interamente cantato dall’inizio alla fine, anche se non sembra!”

Stefano Contardi

Stefano Contardi, foto di @adrxft_.

Si può rintracciare in quasi ogni traccia di Rosa una certa associazione tra suoni e il titolo associato. Lana ha delle distorsioni che rimandano al fenomeno di attrito su massa capillare che rimanda al suddetto tessuto; il motivo centrale Pompon richiama cori del cheerleading; mentre in Pois la chitarra disegna pattern netti e rotondi i quali, in un opportuno ordine di grandezza, richiama cerchi disegnati a mano di dimensioni e posizioni elaborati randomicamente. Parlateci di questo legame tra verbale e musica.

Stefano Contardi: “Coglierei la tua interessante constatazione come spunto per articolare una risposta più ampia. Partiamo dalla fine: Rosa, almeno per noi, armonizza in sé una serie di elementi, tutti collegati: musiche; grafiche; significati; titolo dell’album e titoli dei brani. L’abbinamento dei diversi titoli ai diversi brani non è stato casuale, ricorrendo ad un criterio di corrispondenza tra titolo e sonorità del pezzo, come hai colto tu.”

“Ancor prima, tuttavia, devi sapere che i titoli stessi hanno un senso. Non sveliamo tutto. Mi limiterei a raccontare il fatto che Rosa sia simbolo di elementi differenti che nell’incontro possono trovare e riconoscere elementi di appartenenza. Fiocco e Pepe, ad esempio, potrebbero presentarsi come realtà assolutamente diverse, distanti fra loro. Invece… Eppure… Cosa potrebbe accomunarle?”

Marcello Bellina: “Ste, guarda che sei tu che devi rispondere alle domande, non devi mica farle! Adesso, compito a casa per tutti voi lettore, dovete dirci cosa accomuna tutti i titoli di Rosa! Su!”

A discapito di francesismi, il pezzo intitolato Merda si muove in una direzione differente dal contesto dell’album. Il titolo scabroso si vuole discostare da tutto il resto non solo da un punto di vista verbale, ma anche dalle sonorità più corrosive in senso quasi speed, eludendo da un immaginario white trash che permea il vostro ultimo disco. Parlateci delle intenzioni dietro questo outlier.

Stefano Contardi: “Direi poche intenzioni partorite “a tavolino” per Merda. Forse è una delle canzoni composte più di getto, lasciata più “allo stato brado”, eccezion fatta per la parte centrale, meno distorta, per la quale sono servite diverse sperimentazioni prima di trovare una soluzione che fosse soddisfacente per tutti e due. Anzi, tutti e tre! Ehehehe…”

Marcello Bellina: “il titolo sarà pure “scabroso” (sicuro?) però trova il suo abbinamento all’interno del significato dell’album.”

Marcello Bellina

Marcello Bellina, foto di @adrxft_.

Il pezzo finale Maialini e Maialine è permeato da tonalità più eteree da post-metal, in cui i pattern ondivaghi si sviluppano in un senso lisergico afferente alla vostra poetica precedente in forma più dilatata; un finale che ricollega e conferma la vostra firma di stile più ricorrente. Si può dire che tale pezzo abbia avuto un processo creativo separato da quello relativo agli altri brani? Inoltre parlateci delle reali intenzioni.

Stefano Contardi: “Direi di no. Processo assolutamente integrato con gli altri brani presenti sul disco. È forse curioso raccontare che, pur molto modificata nel corso dei mesi, in Maialini e Maialine sia presente l’essenza della prima improvvisazione in sala prove, dopo le registrazioni di Macello. Potremmo anche aggiungere che per un periodo di tempo abbiamo immaginato questa canzone come l’apertura del disco. Risultato finale? È la chiusura.”

Marcello Bellina: “Abbiamo cambiato le carte in tavola molto spesso nella composizione, ricordo ancora l’entusiasmo della prima prova in cui abbozzammo Maialini. È stata strapazzata e rivoltata, ma siamo contenti del risultato. Un’altra cosa divertente è che dal vivo in molti la cantano, senza sapere il testo e, spesso, senza averla mai ascoltata prima. Aaaah, se ci sentisse Cecchetto! Ahahah!

“Per quanto riguarda la gestazione, ci piace partire da improvvisazioni, difficilmente uno di noi porta delle idee da casa. Improvvisiamo molto, proviamo spesso soluzioni per noi inedite, si interagisce meglio, si combinano di più le idee di entrambi.”

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