Tougsbozuka è un trio formato da Dario Putignano (chitarra, basso), Antonio “Frastuono” Fuggiano (basso, chitarra) e Paolo Notaristefano (batteria). Originari di Massafra, a quasi 20 km da Taranto, l’associato suono riflette le idiosincrasie di diversi gruppi locali, ispirazione per una musica molto fervida ma ad una risonanza più ridimensionata. Infatti, sebbene Tougsbozuka si ispiri inizialmente alla musica dei Morkobot, essa ha forti componenti più oscure e plastiche più che mai caratteristiche, che oltre ad affiliarsi alla poetica locale, ha evidenti elementi originali che sono un vero e proprio valore aggiunto artistico, da cui gli elementi del brutto e del political incorrectness, associati non solo ai loro suoni, ma anche alla componente visuale.
Legati tra l’altro a diversi progetti satelliti e spesso solisti, i protagonisti dietro Tougsbozuka hanno nel tempo percorso strade diverse (Paolo si è trasferito ad Amsterdam in cui sta intraprendendo un’interessante carriera da artista grafico nonché per l’appunto come musicista), ma sono in corso nuovi progetti (due di Paolo, Tuftupa e Endoscope Trio, e uno di Antonio e Dario chiamato Slow Playground) di cui è disponibile del materiale o usciranno presto interessanti novità, tra cui è compresa un’uscita di Tougsbozuka postuma di nome Affrizzlet.
Parleremo di questi temi nell’intervista monografica al trio che seguirà.
Progetti datati
Morbidolmen è un vostro progetto datato più di dieci anni caratterizzato da un post-rock più ritmato, in cui compaiono tracce di parti più libere, eteree ed oscure. Il tutto anticiperà l’estetica slabbrata e psichedelicamente malata di Tougsbozuka, ma con un piglio più free ed aleatorio. Come nasce il progetto e come convergerà al vostro trio più organico?
Dario Putignano: “Morbidolmen nasce semplicemente da un gruppo di amici che si ritrova a condividere i pomeriggi in un locale periferico, accende un multitraccia e improvvisa. Alle sessioni partecipa chiunque ne abbia voglia, ci si alterna agli strumenti molto liberamente, chi non suona resta comunque sempre presente durante le sessioni (considera che io Dario è così che ho cominciato a suonare il basso). Da un ascolto successivo del materiale registrato, nasce una selezione composta da una decina di pezzi. In questo “progetto”, dei Tougsbozuka ci sono solo Antonio e Dario. Difficile dire se sia quest’esperienza a convergere direttamente o indirettamente verso Tougsbozuka, di sicuro nasce qui una collaborazione continua fra Antonio e Dario.”
Melbem, un progetto di Dario, sembra ispirato ad incursioni del primo Daniel Johnston più sperimentale ed in parte agli Slint di Spiderland, con un’ironia di fondo tipica degli altri progetti protagonisti in quest’articolo. Vi è molta cupezza ma molta plasticità sghemba che rende abbastanza originale il tutto. Come nasce questo progetto e quali sono le intenzioni?
Dario Putignano: “Melbem è una raccolta di stralci del 2008-2009, registrati volutamente male con il microfono di un pc portatile. L’idea era quella di tradurre e imprimere gli avvenimenti personali di quel periodo (quasi fosse un diario sonoro) in una forma musicale ironica ma anche onirica e reminiscente.”
Domonor, un progetto di Antonio, si muove più su territori lisergici, propriamente post-rock con tracce di post-punk (వీనస్); mentre విశ్వం యొక్క సృష్టి è una interessante track di musica contemporanea al piano, che strizza l’occhio al romanticismo. Ancora una volta, come nasce questo progetto e quali sono gli intenti?
Antonio Fuggiano: “Domonor è una antologia di pezzi registrati durante questi anni sia da solo che con la collaborazione di amici (es. Andrea Silenzio al piano), una sorta di outtakes da poter utilizzare come b-sides o reinterpretare in seguito con altre formazioni.”
Tougsbozuka
Cominciamo da Tougsbozuka, come nasce il vostro progetto, quali sono le influenze per questa musica elastica, progressiva e al tempo stesso istintiva, e se il contesto di Massafra o della scena noise/math pugliese; qual è il vostro rapporto con altre realtà del periodo come La Confraternita Del Purgatorio, Bogong In Action, HysM?Duo, Cannibal Movie, Complessino Vazka, Capase, etc…?
Dario Putignano e Paolo Notaristefano: “Il progetto nasce quando Antonio (detto Frastuono) e Dario (detto Dario) vanno ad un concerto dei Morkobot (detti fatti) e pensano di creare una band con due bassi e batteria e il giovane Paolo (detto Sansa) viene assunto senza CV.
“D’istinto Paolo riesce a dare supporto alle idee e ai volumi di Dario e Antonio, all’impatto dei loro suoni cercando l’assurdo in combinazione con lo sfinimento. I tre, dalle prime prove, risultano spiazzati di fronte all’ inaspettata e rapida connessione degli strumenti e alla totale libertà creativa che riescono ad esprimere inconsciamente.
“Cominciano quindi a ricercare questo: l’improponibile scaturito dell’inevitabile, o l’improponibile che possa scaturire dall’inevitabile, qualcosa che esalti il concetto di arte prendendola in giro, un’arte spontanea, senza pretese culturali e senza alcuna riflessione, qualcosa di molto simile ad una risata. Ognuno cerca di portare qualcosa che possa tendere a un eccesso e al suo contrario: Chirurgica esaltazione ma anche beffa dalla potenza ritmica e melodica.
“John Stanier, Jimmy Chamberlin, Zach Hill, Dale Clover sono batteristi a cui Paolo strizza l’occhio durante il processo di creazione. L’ elasticità di cui parli è sicuramente frutto della malata ricerca della cacofonia plastica del suono di Antonio detto Frastuono; le sue influenze: Primus, Cop Shoot Cop, Nomeansno. La progressione invece è tutta pianificata da Dario ed il suo basso improponibile; le sue influenze: Chris Squire degli Yes e Bob Weston degli Shellac.
“Il contesto della scena noise/math pugliese è stata una magica scoperta che portò tanto divertimento, esperienze e ispirazioni, e così è stato e per un periodo in cui ci sentivamo parte di un qualcosa e non solo localmente. Va ricordato, oltre alle realtà da te citate (simboli unici di quel periodo fantastico), anche un posto a Taranto in Città Vecchia: la cosiddetta “Corte dei Miracoli” (attuale Palazzo Ulmo) in cui, (se non ricordo male) per un paio d’anni, si sono susseguiti una serie di concerti e situazioni che sono difficili da dimenticare, e probabilmente da ripetere. Il nostro primo live fu lì, aprivamo Lili Refrain, si suonava in una grotta. Inutile esprimere quanto ci manchi un posto del genere, anche da “ascoltatori”.”
Parliamo del nome, parlateci del significato di “Tougbozuka”, l’origine del nome e come mai l’avete adottato per il vostro progetto.
Antonio Fuggiano: “Tougsbozuka è un remix voluto per essere volutamente impronunciabili e introvabili, da “Le Lingue di Bozuka – Bozuka’s Tongues”, quello che Antonio voleva trasformare in un fumetto. Bazooka, in più, era un suo overdrive, usato agli inizi.”
Il vostro disco omonimo del 2013, uscito per Musica Per Organi Caldi e HysM?, è una cascata di suoni progressivi e magmatici, in cui tutto è permeato da una complessità viscerale ed orchestrale allo stesso tempo. C’è una certa ironia dissonante e plastica, in cui si comincia a sperimentare con dinamismo e qualche traccia vocale divertente (come nel finale di Bubblegum). Pezzi come Buao Zangt, BBORIGENOO e H-Apok durano quasi o più di otto minuti, delle suite urbane e scorrette le cui dilatazioni assomigliano all’immaginario trash con cui giocate a livello promozionale. Parlateci di questo esordio e come avvengono i citati elementi.
Dario Putignano: “Questo disco è nato ed è stato ultimato nella mansarda di Paolo, un posto con delle vetrate con sfondo ILVA e Golfo di Taranto. L’ispirazione quindi è questa, un mix di inquinamento, malessere e Vodka Redbull tradotto in due anni di ossessione per la creazione di parti sonore, melodie e ritmi che diventano appunto “Tougsbozuka”. L’idea era creare delle suite visive, qualcosa che fluisse di continuo e alcuni pezzi sono stati intesi quasi come fossero delle colonne sonore (il video di Bborigenoo, che YT ha censurato, presente invece sulla pagina FB).”
Citando ancora La Confraternita Del Purgatorio, avete inciso uno split con loro sottoforma di tape per HysM?. Nei vostri pezzi, De Marseille e NGU, il suono comincia ad essere meno magmatico, e come conseguenza il virtuosismo dall’impronta ironica comincia ad essere più libero a livello di tecnica e movimenti nel suonare. In più maggiore spazio ai sample di genere trash (che strizzano l’occhio al localismo meridionale), attraverso cui probabilmente si dà sfogo al vostro essere punk generando un linguaggio libero ed aperto, con una grande dose di sotteso sarcasmo. Parlateci di questi aspetti che influenzeranno l’evoluzione del vostro sound.
Antonio Fuggiano: “Qui, oltre ad un miglioramento nella fase di registrazione, editing e mix degli strumenti (il primo disco è stato davvero un primo approccio a tutto questo), si cambia qualcosina anche come strumentazione/settaggio cercando un suono più “morbido” e meno spigoloso. Hai ragione a parlare di “essere punk” in quanto sono pezzi poco pensati e più lasciati andare dove loro richiedono.”
Hdpizz (autoprodotto, del 2017) gioca ancora con un immaginario trash, psichedelico e noise allo stesso tempo, in cui il suono appare più pulito e meno riverberato. Avete affinato la tecnica, anche se la diversificazione all’interno degli stessi brani appare più netta, a livello di consistenza del suono e differenziazione di ritmo e melodia (più consonante in questo caso). Parlateci di come avvengono tali elementi e del passaggio netto rispetto il vostro disco omonimo del 2013.
Paolo Notaristefano: “Qui sospendiamo il magma a due bassi, o meglio cerchiamo di diluirlo abbracciando un suono che potesse darci più ampiezza e possibilità. Un po’ un nuovo inizio, ma anche un ritorno per Antonio detto Frastuono che, nascendo e vivendo da chitarrista, si ritrova più a suo agio (birra e sigaretta) e meno costretto ed esasperato (Vodka Redbull).
“Questo ci permette di aprire il tutto, dando più spazio di conseguenza agli incastri melodici e ritmici. Del primo album ci si porta dietro la parte tribale e progressiva, delle sfumature psichedelica fuse ad un approccio più sintetico e minimale. Insomma, forse meno violenza sonora, meno memori, ma più liberazione, ironia e composizione morbida.”
Prossimamente uscirà il vostro disco (dal titolo Affrizzlet), segnato da un ulteriore passaggio netto di poetica sonora. In Sbrodolato vi è un’ironia sarcastica nei confronti della canzone pop, che ad un certo punto esplode in una parte centrale rigorosamente math rock. Randa Solut da Frangesc è un pezzo scherzoso dalla consistenza plastica che rimanda tantissimo a Frank Zappa. Zip Sp è un post-rock matematico più etereo ma molto spigoloso, in bilico in maniera magmatica tra due polarità opposte. Un lavoro che si diversifica ulteriormente, e che vi avrebbe proiettato verso una creatività ancora più organica e ironicamente complessa. Parlateci di questi elementi. Quando è prevista la pubblicazione del lavoro e per quale etichetta uscirà?
Dario Putignano e Paolo Notaristefano: “Qui ci siamo trovati a dover trovare una soluzione ad una minore disponibilità di tempo da dedicare alle prove, in più era un po’ che ci chiedevamo come potesse la nostra musica evolversi con l’inserimento di una voce; tutto ciò ci porta ad una fase di creazione dei nuovi pezzi più sintetica e si arriva a concepire un album che per forza di cose risulta più “pop”, ovvero con dei pezzi meno lunghi e con l’inserimento delle voci (Antonio) in alcuni di essi. È un primo esperimento con questo tipo di composizioni, interessante sia per un certo lavoro di pulizia che non avevamo mai fatto né avevamo mai avuto idea che di fare sia per la ricerca di spazi da creare per inserire la voce (lì dove possibile). Insomma, un approccio totalmente differente rispetto al passato.”
In conclusione su Tougsbozuka, è probabile che pubblicherete o vi esibirete insieme, nonostante la distanza che vi separa?
Antonio Fuggiano, Dario Putignano e Paolo Notaristefano: “Questa è una di quelle cose di cui si discute sempre, ci possono essere più idee sulla questione, si è ipotizzata anche una composizione a distanza, ma la verità è che senza la presenza fisica di tutti e la possibilità di provare insieme e soprattutto di viverci, non avrebbe senso produrre alcunché; sarebbe oltretutto in palese contraddizione con la nostra idea di creazione, legata ad un’esperienza vera, che nasce da un processo di improvvisazione sul posto, che si evolve e che soprattutto non è mediato. Fortunatamente non siamo famosi e non abbiamo obblighi verso nessuno.
La nostra dimensione è sempre stata e sempre sarà il live, siamo sempre stati più convincenti (anche a noi stessi) dal vivo che su qualsiasi supporto, ci piace esprimere e non registrare.”
Progetti recenti
Paolo, Tuftupa è il tuo progetto elettronico dalle curvature e consistenze elastiche che strizza l’occhio a techno e ambient più sperimentale, ispirato all’Aphex Twin di …I Care Because You Do. I paesaggi sonori rimandano alla tua pittura astratta, surreale, o più precisamente espressionistica, in cui le tue impressioni sovrastano la percezione del reale. Parlaci del tuo corpus sono e pittorico; come avvengono tali elementi?
Paolo Notaristefano: “Tuftupa nasce dalla volontà appunto di unire la pittura e la musica in un unico gesto. Registrando samples con un microfono applicato sulla superficie pittorica (carta 300 grammi) di segni percussioni grafici con pastelli a olio di grande spessore, ottengo l’idea ritmica di fondo, il bpm e in un certo senso l’espressività che il pezzo finale conterrà. Il passaggio successivo è quello di introdurre synths e drum machine per la creazione del brano dove finiscono spesso per sovrastare l’input improvvisato iniziale diventando qualcos’altro che neanch’io posso prevedere a volte. L’opera pittorica invece viene terminata in una o più diverse sessioni in studio e anch’essa prende spesso altre forme diventando opera a sé stante distaccata dal processo iniziale. In poche parole c’è una prima fase che mi permette di avere la base per generare sia un brano musicale che un’opera pittorica… Ciò che mi interessa è l’intenzionalità dell’atto improvvisato che genera materiale per comporre nuove cose imprevedibili anche a me stesso.”
The Endoscope Trio, trio di Paolo in collaborazione con Marco Capellini (chitarra, voce) e Valerio Varese (basso), è caratterizzato da suoni spaziali e più meditati, di una complessità minimale, il tutto è più omogeneo e ha un suono familiare, anche se dietro c’è un lavoro di ricerca più austero, legato in un qualche modo al post-rock con tracce math. Parlateci di come nasce il progetto e quali sono le effettive intenzioni? È prevista nel prossimo periodo un’uscita più estesa rispetto i singoli disponibili su Youtube e Bandcamp?
Paolo Notaristefano: “The Endoscope Trio nasce un po’ per caso. Paolo e Marco vivono insieme nella stessa casa e durante il COVID hanno conosciuto Valerio. Siamo tre italiani (Lombardia, Campania, Puglia) che ad Amsterdam hanno trovato un nuovo paradigma. Abbiamo iniziato a creare il nostro sound e le nostre canzoni in un container dove abbiamo passato due anni creando il materiale per il nostro primo album. Come con i Tougsbozuka, the Endoscope è dedito all’autoproduzione e all’affermazione dell’indipendenza artistica. Al momento stiamo pubblicando singoli. Il prossimo sarà il quarto ed ultimo singolo prima dell’uscita dell’album previsto per il 2024. Le nostre intenzioni sono quelle di continuare a creare musica introspettiva, profonda, potente, con suoni eterei ma anche noise per arrivare alle viscere dove risiedono l’emozioni. Da qui nasce anche il nome del gruppo e le intenzioni artistiche.”
Antonio e Dario, so che siete a lavoro su un progetto shoegaze di nome Slow Playground, ispirato a Slowdive e Ride con una elasticità che rimanda ai vostri precedenti progetti. In ogni modo, il brano che ho ascoltato sembra essere un netto cambiamento sulla vostra poetica conclamata, nel segno della melodia ma con sprazzi del vostro passato. Come avviene tale passaggio? E quando sarà pronto il nuovo materiale discografico?
Antonio Fuggiano e Dario Putignano: “Questo progetto nasce dall’idea di fare delle “stupide canzoni”. La voglia è quella di mettersi in gioco in un contesto completamente diverso, l’idea stessa di voler/dover “cantare” entrambi rivoluziona il nostro modo di approcciarci agli strumenti. Lo shoegaze è solo una sfumatura, relativa alla scelta di avere concettualmente delle chitarre e delle voci lontane, ma ogni “stupida canzone” ha un suo stile, diverso dalle altre, anche se nel complesso risulta tutto abbastanza coerente.
“L’idea è sempre quella di pubblicare qualcosa solo se si ha la possibilità di portarlo dal vivo, attualmente è difficile esprimersi a riguardo, non sappiamo quando e se questo accadrà.”