L’arte di Luca Venitucci, tra Genera e il sodalizio con Maurizio Abate
di Giovanni Panetta
Intervista a Luca Venitucci, riguardo l'esordio di Active Observation (Aut Records) con i Genera, e la collaborazione con Maurizio Abate, la quale ha dato vita all'album Peace And Pleasure (Kohlhaas).
Active Observation

Cover di Active Observation, ad opera di Francesca Crisafulli Mook (layout di Davide Lorenzon).

Fin dagli anni ’80, il musicista romano Luca Venitucci, specializzato in fisarmonica e piano, si districa nel corso del tempo attraverso sonorità legate sia verso la musica popolare che l’avanguardia. I suoi progetti più recenti, successivamente ad alcuni lavori solisti, constatano la collaborazione con il chitarrista Maurizio Abate, di cui è uscito un album per Kohlhaas intitolato Peace And Pleasure, del 2025, oltre al sodalizio con altri due autori, il contrabassista Dario Miranda e il batterista Ermanno Baron, nel progetto Genera, il quale ha pubblicato nel 2023 l’esordio Active Observation (Aut Records). Se quest’ultimo è delineato da una forma rumoristica, espressivamente elastica, Peace And Pleasure ha un’impostazione dronizzata o dilatata, dalle sfumature oscure, in cui ad esempio è esplicativa la serafica Aether, quest’ultima caratterizzata anche da armonie esotiche.

Parliamo dei temi citati con l’autore Luca Venitucci nella seguente intervista.

Nel 2020 escono due release digitali sul tuo account Bandcamp, ovvero 18 > Miniature e Occorrenze. Se la prima è una collezione di intuizioni descritte concettualmente dai loro titoli, la seconda è un disco registrato dal vivo in cui si delineano suoni eterei di fisarmonica, piccole ance e una cetra da tavolo. Due aspetti che caratterizzano l’esordio di Genera, in cui si prospetterà una convergenza di terra e spirito. Tu vedi i primi due album citati come un germoglio che maturerà nel lavoro in trio?

“Si tratta di due lavori che hanno ispirazioni diverse ma complementari. In 18 > Miniature ho tentato di generare estemporaneamente dei semplici dispositivi strutturali che fornissero consistenza a brani spesso molto brevi e compatti, provando anche a emulare musicalmente alcune pratiche mutuate dalla scrittura di ricerca, in cui si gioca con la sintassi e con la morfologia delle parole per dare vita a strutture testuali non convenzionali. In Occorrenze, che è la registrazione di una performance dal vivo che ho tenuto al museo Macro di Roma nel corso di una due giorni organizzata da RAM / Zerynthia, ho invece cercato di dilatare il flusso dell’intenzione musicale, facendo sì che da un gesto sonoro molto essenziale emergessero lentamente delle stratificazioni più dense ed articolate alle quali ho dato consistenza nel corso dei circa 50 minuti della performance. In effetti, intenzioni molto vicine a queste si ritrovano insieme nel lavoro che abbiamo intrapreso con Genera.”

Il genere di Active Observation può essere classificato come musica libera di matrice jazzistica, in cui l’assenza di vincoli è emblematicamente centrale; è il suono free jazz che accompagna il disco barcamenandosi tra Cecil Taylor e Charles Mingus (i suoi dischi per la Impulse!). La libertà consiste anche nella sospensione, ovvero in attimi in cui l’esecuzione di voi tre esecutori e autori si interrompe, generando un passaggio di ruoli principali in tutto e per tutto stocastico. Parlaci di come avviene tale mood e il processo creativo dell’album.

“A dire la verità io non considero tanto la musica di Genera come una tipica espressione della ‘free music’ di matrice jazzistica, quanto piuttosto come una ricerca che, a partire da una riflessione su quel tipo di approccio, cerca di andare in direzioni per certi aspetti diverse. Certamente Taylor o Mingus sono riferimenti ineludibili, ma tutti noi tre componenti del gruppo abbiamo formato le nostre rispettive sensibilità musicali grazie ad ascolti decisamente trasversali e ad ampio raggio. Per quanto mi riguarda, gli influssi che hanno contribuito al mio modo di pormi nei contesto del trio sono davvero molti; di essi, alcuni sono forse, per così dire, più “sottotraccia” rispetto ad altri, ma non per questo sono meno determinanti. Riguardo alle sospensioni e ai passaggi di ruolo, a cui hai accennato, credo che siano entrambi aspetti del modo in cui attraverso la nostra pratica musicale di gruppo abbiamo imparato a modulare il flusso del processo improvvisativo, conducendolo estemporaneamente in direzioni inaspettate attraverso un ascolto condiviso che ci rende tutti il più possibile ricettivi alle intenzioni individuali di ognuno, così che qualunque variazione anche minima che ciascuno apporta nell’intenzione dei propri interventi può fornire istantaneamente lo spunto per altri sviluppi di insieme.”

La prima traccia, Trial And Error, è caratterizzata da un piano smaccatamente tayloriano, un contrabbasso che fa da contrappunto, e una batteria dinamica e protagonista. Il pezzo rappresenta la summa del vostro lavoro, un biglietto da visita per l’ascolto dell’album, in cui una New York eclettica assume delle sembianze europee, tra lirismo metropolitano e fascino alieno e arabescato; Come avviene questo presunto dualismo dalle due istanze citate?

“Trial and Error ruota intorno ad una un micro-motivo di sei note, che è poi la trascrizione di un passaggio di pochi secondi improvvisato da Dario con il contrabbasso nel corso di una delle nostre sedute di prova. Una delle cose che mi interessa esplorare nel gruppo è la presenza di micro-strutture ripetitive all’interno del libero flusso improvvisativo, e così dopo aver ascoltato la registrazione di quella seduta ho proposto di riprendere quel passaggio e di trasformarlo in un ostinato, seppur con l’idea che fosse eseguito senza mai ripeterlo in modo identico tra una volta e la successiva, ma giocando invece su una tensione continua tra riconoscibilità e variazione. Dunque il brano inizia in modo piuttosto informale e dopo un po’ comincia ad emergere il materiale ripetitivo, suonato dal contrabbasso e ripreso poi anche dal piano; da quel momento in poi il brano si avvia gradualmente ad aprirsi e sul perno della ripetizione affiorano progressivamente materiali sonori più distesi e dilatati.”

Segnata da una maggiore stasi, Tacitly è sviluppata da un suono più largo e lateralmente onirico. Il suono della melodica di Luca delinea un paesaggio sonoro permeato da una nota di malinconia nell’album, in cui le tonalità blu risiedono in un mare mosso da un vento tiepido, inteso come metafora dell’esecuzione. Parlaci di come avviene tale ondivaga irradiazione.

“La scelta di dare alla melodica un ruolo significativo nel suono del trio è scaturita dall’esigenza di poter lasciare emergere all’occorrenza un impulso melodico che, sebbene in modo non lineare, è sempre comunque potenzialmente molto presente nelle mie intenzioni espressive musicali, e che forse sarebbe rimasto più trattenuto con una formazione limitata al pianoforte, al contrabbasso e alla batteria, priva cioè di un effettivo strumento solista. In questo brano direi che la combinazione tra il timbro della melodica e quello del contrabbasso suonato con l’archetto ha contribuito a creare un suono fortemente cameristico, cosa che ci ha forse poi estemporaneamente condotto verso territori armonici e melodici che, come tu hai notato, non sono scevri da una certa melanconia.”

In No Instruction il suono viene esposto ad una luce metallica per via sia del piano in forma preparata che per l’utilizzo più intensivo di piatti nella batteria. Una luminosità più netta e granulare caratterizza il pezzo, un’idea di fisicità legata ad un’istanza di leggerezza e al tempo stesso di fragilità. Come nasce quest’idea di equilibrio ostacolato dall’eccesso di rigidità?

“Probabilmente, anche in questo caso, le direzioni espressive che abbiamo esplorato nel corso del brano sono state fortemente influenzate dalle caratteristiche timbriche dei nostri assetti strumentali, che in questo brano hanno assunto una caratteristica fortemente materica per via della scelta di preparare tutti i nostri strumenti mediante l’uso di superfici e oggetti poggiati sulle corde e sulle pelli dei tamburi. Ne è scaturito un andamento attraversato da una tensione tra esplosioni percussive e impulsi più sfibrati, disseminati, texturali.”

Dall’aspetto più arioso è la traccia More Evidence Is Needed. Un synth permea tutto il pezzo, in cui si delineano ancora una volta dettagli di piano preparato e una batteria e contrabbasso che generano pattern più netti nello sfondo dell’associato soundscape. Un suono che si fa concetto in maniera non semantica ma emotiva. Come avviene l’associata idea dietro questo pezzo.

“L’intenzione che ci eravamo prefissi in questo brano era soltanto quella di lasciare spazio, creando un contesto sonoro caratterizzato da movimenti di ampio respiro, in cui i vuoti fossero strutturalmente importanti quanto i pieni. Questo senso di apertura ha fatto sì che i toni dilatati del synth potessero avere molto risalto e fossero utilizzabili come una sorta di punteggiatura sonora che andasse a marcare determinati momenti, fino a quando invece nella parte finale non intervengono a creare un fondale sonoro continuo sul quale si stagliano l’intervento quasi solista del contrabbasso e la sottile trama percussiva della batteria.”

Iterate è caratterizzata da un’atmosfera notturna, insieme ad un contrabbasso lateralmente cameristico. I suoni di questa traccia appaiono sfuggenti, nel modo in cui cercano di cogliere un momento prezioso, dove i silenzi appaiono riflessivi dell’attimo precedente. Parlaci di questo momento di ambivalenza tra desiderio e contemplazione.

“Direi che questa descrizione coglie soprattutto il carattere della parte iniziale del brano, che per qualche minuto alterna delle sospensioni seguite da dei rilanci. Alla fine di quella prima zona il tessuto sonoro inizia a stratificarsi e ad addensarsi sulla traccia di un loop di synth dal suono vicino a quello di una marimba. Tutto ciò culmina nell’intensità parossistica dell’ultima parte del brano, alla quale a mio avviso ha particolarmente contribuito la destrezza e l’intensità degli interventi batteristici di Ermanno.”

Peace And Pleasure

Cover di Peace And Pleasure, in cui si riporta un’immagine di “La doline du Loze, Flaujac” (2020), ad opera di Tommaso Gallinaro (layout di Matteo Castro).

Parliamo ora della release in collaborazione con Maurizio Abate intitolata Peace And Pleasure (per l’etichetta trentina Kohlhaas), realizzata insieme a Roberto Laneri (sassofono soprano e ipertoni vocali) e Paolo Botti (viola). Raccontaci del processo creativo nel segno di una musica ieratica nel pensiero e al tempo stesso materica nell’esecuzione.

“Diversi anni fa Maurizio mi ha contattato dopo aver ascoltato e apprezzato un mio album solista, Interstizio, uscito nel 2012 per la Brigadisco Records, e mi ha proposto di tenere un set in solo all’interno di un mini-festival da lui organizzato in collaborazione con Volume Dischi e Libri a Milano. Abbiamo così scoperto che, sebbene i nostri percorsi musicali fossero stati per alcuni aspetti abbastanza diversi, avevamo in realtà diversi elementi di ispirazione e poetica in comune. Tuttavia siamo infine riusciti a suonare insieme solo qualche anno dopo, ossia nel 2019, quando ancora Maurizio è riuscito a organizzare per noi una residenza sempre a Milano presso Standards, e in quell’occasione abbiamo potuto avere qualche giorno per cercare ed elaborare delle idee e degli spunti che abbiamo poi inciso alla fine di quella stessa settimana e che, con il contributo in sovraincisione degli altri musicisti che hai menzionato e di qualche altro nostro intervento, hanno costituito i materiali dell’album uscito da poco per Kohlhaas.”

Pezzi come Compass/Antennas/Holiness e Mere Presence rappresentano una dualità ricorrente nel disco; se la prima immortala una perpetua pulsione oscillatoria, che si intensifica variabilmente, il secondo pezzo rappresenta l’attraversata ad un mezzo viscoso, il cui il movimento vincolato genera il suono, inteso come variazione elastica. Nella sintesi di tutto c’è variabilità ma anche stasi, scaturendo un suono che è gioco meditativo di plasmazioni diversificate. Raccontaci di come avviene questa dicotomia.

“Anche in questo caso, sebbene in modo molto diverso da Genera per quanto riguarda gli orientamenti estetici, credo che molto del carattere dei brani sia dovuto alle caratteristiche timbriche dei materiali strumentali di partenza, sebbene con Maurizio, diversamente che con Genera, ci siamo mossi da subito a partire da alcune idee compositive di base, sempre molto semplici, in un processo che se non ricordo male è sempre partito da suggerimenti iniziali proposti da Maurizio, elaborati e sviluppati poi da tutti e due. Dunque lo spunto di partenza di Compass/Antennas/Holiness è stato una particella sonora realizzata da Maurizio con la chitarra, trattata con degli effetti che hanno reso il suono particolarmente liquido pur con la presenza di una leggera e continua pulsazione. Con questo materiale ci sembrava si sposassero bene gli interventi in parte “dronici” e in parte melodici e ripetitivi della fisarmonica e il magistrale contributo di Roberto Laneri al sax e al canto armonico. Mere Presence è invece dominato dal timbro ruvido della ghironda, che abbiamo poi enfatizzato con le tessiture dissonanti della fisarmonica, a volte doppiata dalla mia voce, e con gli interventi della viola di Paolo Botti che per questo brano è riuscito a trarre dal proprio strumento delle sonorità decisamente abrasive.”

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