IL CALORE DEI GUATEMALA: DAI PALCHI PUGLIESI AL RESET FESTIVAL
di Michele Ruggiero
La band nata fra Bari e Taranto racconta progetti e ambizioni, cercando di capire cosa manchi in Puglia perché si crei una vera "scena" musicale.
I Guatemala

I Guatemala. Da sinistra a destra: Claudio Ladisa (basso e synth), Cristiana Sorrenti (voce), Mirko Milazzo (chitarra) e Roberto Cozzi (batteria e percussioni). Foto Carolina Isella.

Continuano le interviste di Nikilzine alle band giovani ed emergenti del territorio tarantino, oggi tocca ai Guatemala, band nata sull’asse Taranto-Bari (quasi a voler smentire certe rivalità campanilistiche) che propone una mistura alternative-pop che sotto sotto pop non è, attingendo a grandi mani dal jazz, dal funk e dall’hip-hop più fumoso e sofisticato. Recentemente, dopo aver vinto un contest nazionale, sono stati protagonisti del Reset Festival di Torino, ci hanno raccontato la loro visione artistica e la loro esperienza in terra sabauda.

M: Ciao ragazzi! Se doveste presentarvi in pochissime parole-chiave a chi non vi conosce, cosa direste?

Mirko: Siamo una band che tenta di trasmettere energia e aggregazione, queste sono le parole-chiave: tra queste due cose ci sono diecimila sfumature, sia in senso positivo che negativo. Poi, sia personalmente che musicalmente siamo molto diversi fra di noi, e questo si riflette nelle nostre canzoni, idee, bozze…

Cristiana: Anche per me è aggregazione, noi puntiamo ad unire la gente, far divertire – forse è un’arma a doppio taglio perché da un lato nessuno ci darebbe una lira, dall’altro però il pubblico balla, si diverte con noi. È anche difficile descriverci in poche parole: essendo appunto molto diversi fra noi, quando ci chiedono che genere facciamo, noi non sappiamo rispondere!

Roberto: È anche un po’ il nostro punto di forza, perché all’inizio uno cerca di inserirsi in un determinato genere o scena… Invece abbiamo capito che il non saperci inquadrare è positivo, perché nel nostro piccolo stiamo cercando di fare qualcosa di nuovo, almeno per noi. Il nostro contesto comunque è quello dell’incertezza che vive un giovane studente medio: questa sensazione di essere inetti inadeguati e incapaci la portiamo nella musica, cercando anche noi stessi in essa un appoggio.

M: Alla fine il vostro è un pop che apre e si apre volentieri ad altri mondi. Magari tramite voi un giovane fan di, che so, Frah Quintale, può arrivare a scoprire a Pino Daniele e Tom Misch. Voi come cercate di bilanciare l’ispirazione a determinati artisti o sonorità e la ricerca di un suono “vostro”, originale?

Roberto: Non ci siamo messi mai a tavolino a cercare una via di mezzo, abbiamo sempre fatto quello che ci veniva spontaneamente. Ovviamente, maturando, abbiamo deciso di darci delle linee guida, ci siamo scambiati della musica, ascoltando per mesi ognuno la musica dell’altro. Abbiamo letteralmente cercato di entrare nelle sfere di interesse reciproche. Poi ci siamo chiusi per suonare nel box e nel momento in cui a qualcuno veniva un’idea sonora, l’altro sapeva già come “attaccarsi”: questo è il modo in cui gestiamo la creatività.

Mirko: A volte si parte da un’ipotesi di influenza (“facciamo un pezzo à la…?”, ad esempio). Poi però quello che esce è sempre una commistione che è tutt’altro.

Roberto: Sì, non mettiamo paletti in una canzone, piuttosto li mettiamo nel complesso, facendo in modo che tutti i pezzi vadano tutti nella stessa direzione. Diamo un filo conduttore al nostro suono e alle nostre tematiche.

Guatemala live

I Guatemala live al Campus dell’Università di Bari, Luglio 2019.

M: Come si sono evoluti i Guatemala?

Claudio: All’inizio eravamo solo io e Roberto e un altro chitarrista, facevamo roba senza pretese, ci vedevamo giusto per suonare. Abbiamo conosciuto Cristiana in un locale, e quasi per gioco abbiamo deciso di vederci perché cantasse con noi, per provare…

Cristiana: Non puntavamo a nulla, no tour, no concerti. Mirko era parallelamente mio amico e sapeva tutto, gli raccontavo delle prove, gli mandavo i pezzi. Gli chiesi: “che ne pensi, vorresti far parte del gruppo?” Lui era titubante, voleva giusto suonare nei locali…

Mirko: Anche perché io non suonavo più, a 19 anni avevo lasciato la musica. Avevo paura di “ricascarci”. Quando sono arrivato ho proposto di svoltarla sul “facciamo le serate da universitari, suonando Frah Quintale, e vediamo che succede”.

Claudio: Da Ottobre 2018 siamo cambiati totalmente sia individualmente che nel complesso, il nostro approccio alla contaminazione interna (fra noi) ed esterna. L’esperienza che più ci ha cambiato è stata suonare in giro per la Puglia, toccare con mano il mondo della musica e conoscere tanta gente.

Cristiana: Mirko ci ha un po’ stravolto quando è entrato. Lui decise: “Noi dobbiamo suonare nei locali, dobbiamo preparare una scaletta, decidiamo i pezzi!”. Noi non avevamo mai pensato a una scaletta se non per due/tre pezzi…

Guatemala live

I Guatemala con Margherita Vicario @ Reset Festival, Torino, Ottobre 2020.

M: Parlatemi invece della vostra esperienza a Torino, al Reset Festival.

Roberto: Be’, così come ci fu un cambio di approccio nel 2019 con le prime date date, il Reset è stato un altro punto di svolta, siamo tornati con un’altra mentalità, più “professionale”. Se prima la band era espressione di passione e basta, ora è davvero un progetto, c’è un impegno professionale da parte di tutti quanti.

Mirko: Noi abbiamo suonato molto l’anno scorso, suonare dal vivo è stupendo ma toglie molto tempo alla scrittura e alla produzione delle canzoni. C’è stata una fase di transizione che ci ha portato a rallentare coi live (complice la pandemia). E poi è arrivato il Reset.

Cristiana: Il Reset è stato una bomba atomica per noi, ci ha aperto un mondo. Ora siamo più consapevoli del progetto, non stiamo più giocando. Poi noi non eravamo mai stati insieme fuori dalla Puglia, ci siamo fatti conoscere ed è stato davvero emozionante. Mangiavamo con artisti, c’era Levante, Colasanti della 42Records, Andrea Laszlo De Simone… e noi lì, senza sentirci mai fuori luogo, era come fossimo parte di loro, parte integrante della situazione.

Roberto: Anche il confronto con altri artisti, da realtà diverse, è stato molto stimolante. Eravamo sempre alla pari, anche con chi vende molte copie come Margherita Vicario, cercando di capire come lavorare al meglio sulla musica, suonando insieme ecc… Il pomeriggio invece parlavamo col manager degli Eugenio In Via di Gioia che ci spiegava come avere un’attitudine seria, come gestire un progetto a livello non amatoriale. Ora sappiamo esattamente dove vogliamo andare, cosa vogliamo fare, come vogliamo farlo.

Mirko: È stata una svolta musicalmente lavorare con Ale Bavo, produttore dei Subsonica, un genio, e Margherita: eravamo lì e ci si confrontava sugli arrangiamenti, su come approcciarsi alla stesura di testo e canzone… Abbiamo fatto workshop con Roy Paci, con quelli di Vertigo, con la 42Records. Il fatto poi di fare amicizia con gli altri gruppi partecipanti, di pranzare con “i grandi” affianco, ci ha fatto capire cos’è davvero una scena musicale, una cosa che qui al Sud forse dobbiamo ancora imparare. La realtà dell’Off Topic e di chi organizza il festival è davvero seria. Non ha niente di più o di meno di quello che abbiamo noi oggi, eppure ha creato qualcosa, semplicemente credendo in un progetto. Oggi gestisce l’Off Topic, che è uno dei poli culturali più importanti d’Italia.

M: Secondo voi perché non si può parlare di scena quando guardiamo alla Puglia?

Roberto: Non si può parlare di scena in Puglia, anche perché a Bari, che pure è la città forse più “musicale” e più grande, ognuno fa musica ma da indipendente, completamente da solo, che sia ska, noise, punk, indie… Vediamo sempre gli stessi nomi ma non si riesce a creare un legame, forse anche perché manca un riferimento da chi sta più in alto (come all’Off Topic con Levante, Laszlo)

Claudio: Il problema non sta nelle persone, quanto proprio nei luoghi. L’Off Topic funziona perché la gente ci va e si crea così una sua “scena”. Non so a Taranto, a Bari c’è l’Ex Caserma Liberata, che però viaggia molto su certi stereotipi… A Bari non c’è un luogo in cui si possano fare laboratori, eventi. Poi magari d’estate a Locorotondo vengono anche artisti molto grossi, ma vengono comunque da fuori, qui non cresce niente.

Roberto: Manca un punto in cui l’interesse principale sia la musica. Alla Caserma l’interesse principale è un altro.

Mirko: Anch’io credo che molto facciano i locali. A Torino sentivo ragazzi piemontesi parlare di locali importantissimi per la scena rock italiana che erano a Cuneo. Noi in Puglia che abbiamo? Il Demodè? Che è una discoteca e ci va chiunque, è un contenitore. Quello che sta facendo ad esempio Mercato Nuovo è quello che serve, soprattutto a Taranto. La scena si crea nei luoghi: gli artisti ci sono, anche tanti, ma non c’è un punto in cui la gente va a farsi la birra e può confrontarsi musicalmente con gli altri. Uno dei nostri obiettivi, senza essere presuntuosi, è crearla una scena, o meglio, avere un palco e avere la premura e la voglia di condividerlo con qualcun’altro, come abbiamo fatto a gennaio a Mercato Nuovo assieme a Serge Monroe e Periodo Blu, ma anche al Fix It di Bari, col rapper tarantino Yra.

Cristiana: Qui ritorna il concetto di aggregazione. In realtà al Fix It l’idea originaria era quella di fare una jam session con tutti per aprire il concerto. Non è andata in porto per volere del locale.

M: Forse c’è poca voglia di condividere, gelosia di quello che si produce?

Roberto: Anche autoreferenzialità, si cerca di crescere guardando solo se stessi, pensando solo al proprio percorso…

Mirko: secondo me oggi, in generale, non solo da noi, il concetto di collaborazione fra artisti è fare una storia Instagram e taggarsi… È una cosa banale, però si scambia il pubblico coi followers. La scena però nasce nelle sale concerto, io non voglio che mi tagghi e che mi seguano 5 persone, voglio che suoni con me e che quelle 5 persone ci ascoltino. Si collabora online: ti taggo, ti metto nella playlist… ma la collaborazione si crea sui palchi, nei concerti.

Roberto: Bisogna cercare di essere meno influencer e più musicisti.

I Guatemala.

I Guatemala, foto di Carolina Isella.

M: Avete detto che dopo il Reset sapete perfettamente dove andare e cosa fare… ma quindi dove volete andare? Dove vi vedete come gruppo fra 5 anni?

Roberto: È una domanda che ci siamo posti anche noi. Post-Reset, riunendoci, abbiamo confrontato i nostri personali obiettivi. I punti in comune sono molto concreti: non fare tanti ascolti o seguaci, ma creare aggregazione e qualcosa di concreto, ottenere il massimo che possiamo in termini di seguito, ma di persone fisiche, di palchi, live e comunicazione. Più che vendere un milione di copie (che non sarebbe comunque male) sarebbe bello fare un live di milione di persone, questo è il senso. E varrebbe di più in senso economico e soprattutto umano!

Mirko: Sai cosa? L’ambizione è chiaro che sarebbe riuscire a spaccare, e per spaccare non intendo diventare famosi o andare a Sanremo. Intendo riuscire ad avere un ruolo nella musica odierna. Quello che però abbiamo capito è che per guadagnare 5 devi ambire a 5000, bisogna sempre lavorare come se l’anno prossimo dovessi andare a Sanremo, anche se a Sanremo poi non ci vai. Per andare avanti nella musica ci sono molti scalini: piano piano ci si trova in un contesto che ti permette di avere un’ulteriore crescita, se dai il massimo. Infatti adesso abbiamo molte idee in mente e speriamo di riuscire ad attuarle tutte.

Roberto: Bisogna avere come obiettivo il prossimo scalino, come ha detto Mirko. Noi non saremmo mai arrivati a Torino se non avessimo curato, l’anno scorso, le demo, i pezzi da registrare in studio, i social, le foto… Se curi questo è più probabile che l’etichetta ti prenda, e in quel momento cambieranno ancora gli obiettivi. Tu devi lavorare per quello che fa parte del tuo contesto attuale, devi trarre anche soddisfazione personale dalla tua crescita e dalla tua professione, facendo cose che mai avresti fatto da solo con le tue capacità… L’obiettivo principale rimane fare musica e, di nuovo, creare aggregazione.

I Guatemala sono:
Claudio Ladisa: Basso & Synth
Cristiana Sorrenti: Voce
Mirko Milazzo: Chitarre
Roberto Cozzi: Batteria & percussioni

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