In occasione del Bandcamp Friday di Febbraio 2021 (per l’esattezza il 5 di quel mese), Thurston Moore (The Coachmen, Sonic Youth, Thurston Moore Band) pubblica in quel giorno un album che raccoglie dieci strumentali, ovvero screen time. Il suono di questa release digitale, rintracciabile per l’appunto nella stessa pagina Bandcamp del musicista statunitense, ma ormai trapiantato in UK, è caratterizzato da un suono scampanellante, e da sonorità che propendono in senso etereo e sospeso; un collage di ricordi del quotidiano, frammentati e riassemblati secondo una razionalità espressionista, I cui pezzi sono contraddistinti da atonalità e ordine secondo una logica inconscia. Sovraincisioni di chitarre, loop di effetti rendono molto spesso il tutto minimalisticamente magmatico, riproducendo una natura aleatoria, che si sviluppa nella notte sotto l’irradiazione lisergica prodotta dalle stelle; le dissonanze alludono a un percorso in un luogo ideale, rielaborato nella memoria dell’autore, originariamente frutto dell’esperienza e dei ricordi di entità fisiche (con the realization si raggiunge una situazione in bilico tra concreto e astratto), e che ripercorrono per l’appunto una strada che connette dubbio e epifania.
the station sospende l’attesa, e in the town sono presenti elementi autoconclusivi di una magia del quotidiano. the home e the walk tergiversano in maniera angolare e melodica (secondo linee parallele) e più tintinnante metallicamente; the view riproduce paesaggi illuminati da una luce crepuscolare, dove viene posato lo sguardo proiettandosi aldilà di quei confini. Sensazioni intermedie fanno parte di the neighbor, dove la chitarra scampanellante si scontra un riverbero elettrico oscuro. the upstairs è contraddistinto da un’atonalità più caustica; mentre un pezzo che rimanda alla consonanza degli ultimi Sonic Youth o dell’ultimo Moore (By The Fire, Rock ‘n’ Roll Consciousness) è sicuramente the dream, dalle atmosfere eteree e immaginifiche, sempre attraverso i consueti tintinnii della chitarra. the parkbench segue un schema di parallelismo tra consonanza e dissonanza, solo che quest’ultima componente è più rotonda, diversamente da the home e the walk. L’ultimo pezzo, the realization, è più grandiosa in quel gioco di alternanza appena citato, che è in un certo senso il leitmotiv dell’album, e che lo rende più sospeso e idiosincratico lisergicamente. Quello di screen time è una via di mezzo tra un passato remoto e uno più prossimo, tra pop e avanguardia ma dove quest’ultima componente è più presente; Moore è un artista fervido che offre sempre interessanti divertissement, prima di pubblicare i masterpiece ai quali siamo abituati.