Luminose vette e impenetrabili abissi per gli Hofame
di Michele Ruggiero
Intervista a Cristiano Alberici (già in X-Mary e Cristio); track-by-track su Vita Condivisa dei suoi Hofame. Sonorità pop permeate da una riscoperta della luce.
Vita Condivisa

Cover di VITA CONDIVISA, pubblicato il 7 Dicembre 2021 per Riff Records, Goodfellas, Tafuzzy
Records e La Barberia Records.

Vi ricordate Conte, i congiunti, la zona rossa, Codogno, #milanononsiferma? Sicuramente sì, ve ne ricordate, ma se questi ricordi iniziano ad essere un po’ sbiaditi, è normale, sono già passati due anni dall’inizio della pandemia. E se l’arte, la musica, la cultura non sono altro che riflesso della nostra vita, del nostro modo di pensare e di analizzare ciò che ci succede, allora due anni sono certamente un periodo adatto per iniziare a raccogliere, nella musica, i semi di ciò che sta cambiando il nostro modo di vivere.

È quello che accaduto con l’ultimo album degli HOFAME, il quarto della loro carriera: VITA CONDIVISA. È un disco figlio di due anni di pandemia, una reazione istintiva al bisogno fisico di stare vicini, di condividere storie, vite, momenti. Ma – e la finiamo di fare gli strappalacrime – la nostra analisi track-by-track non poteva fermarsi a collegare testi e pandemia, e abbiamo pensato di parlare direttamente con Cristiano Alberici, mente dietro la band, di come è stato composto l’album, chi vi ha collaborato, alle tecniche di composizione e al loro mix funzionante di dream pop, punk e ambient. Buona lettura!

Il disco si apre con NON CHIEDERE MAI, che è anche il singolo dell’album: effettivamente è un brano molto solare, scanzonato, quasi una filastrocca: è per questo che l’hai scelto? Rappresenta un po’ tutto l’album?

“Ho scelto NON CHIEDERE MAI perché è un brano che porta buon umore. Ha una particolarità: ha due ritornelli. La canzone è nata quasi alla fine del lockdown, quando avevo già in mente come avrei realizzato il disco. Insieme a SIAMO FIGLI LIBERI, penso possa descrivere la filosofia di questo album.”

Il brano sembra essere un invito a vivere serenamente grazie a un po’ di sana incoscienza – “se vuoi ridere, non chiedere mai” – e la libertà e leggerezza di vivere ritornano anche in SIAMO FIGLI LIBERI: una corsetta pop-punk in cui entra sullo sfondo la voce di Camilla, tramite un divertente botta e risposta. A cosa ti riferisci quando parlate de “la fine del piacere” come mezzo “per ritornare a ridere”?

“La fine del Piacere: rinunciare alla ricerca del felicità ad ogni costo. Il nostro periodo storico offre, spesso attraverso i social, uno standard di vita che deve essere per tutti omologato. Dobbiamo essere tutti sempre felici, mostrandolo al mondo intero. Ma la vita reale non è questo. Vi riporto un passo di un libro che sintetizza il mio pensiero, L’Angelo Azzurro di Heinrich Mann: “Una cosa è certa: chi è riuscito a raggiungere le più luminose vette, conosce pure impenetrabili abissi!“”

I FAVORITI DELLA LUNA è uno dei pezzi che mi piacciono di più del disco, un po’ disco-punk, un po’ Talking Heads 77, con quel break percussivo in stile Tom Tom Club: ne approfitto per chiederti i tuoi ascolti in fase di arrangiamento dell’album – mi sembra che VITA CONDIVISA abbia dei groove molto più sostenuti rispetto ai tuoi lavori precedenti.

“VITA CONDIVISA è un disco che ha maggiore ritmo. Arriva dopo UN ISTANTE, un lavoro malinconico e riflessivo. Ho deciso di cambiare direzione e dare ad HOFAME un nuovo volto. Ho abbandonato le tenebre e mi sono diretto verso la luce. E la musica testimonia questo passaggio. Ascolti vari ed eterogenei, come sempre.”

Hofame

Hofame, da sinistra a destra: Marco Giacomini, Michele Napoli, Camilla Chioda e Cristiano Alberici. Foto di Matteo Cavalleri.

PERCHÉ NON STAI CON ME è il lamento pop dell’album, sembra tenere uniti saldamente Beach Fossils e Prozac+, parla di assenza, di gelosia tenera, sentimenti, ma si rivolge a un tu maschile generico, e non lascia capire all’ascoltatore se si tratta di uno “stare” in senso fisico o “stare” in una relazione. Leggo che uno degli obiettivi dell’album era quello di “rendere le canzoni libere, persino dall’autore. Scollegarle dalla struttura iniziale, rendendole emancipate”. Come hai tradotto in musica tutto ciò? Sbaglio a pensare che questa canzone sia un po’ il simbolo di questo obiettivo di emancipazione della canzone?

“I brani nascono ed immediatamente non ti appartengono più. Sono del mondo, degli altri, non sono più tuoi. PERCHÉ NON STAI CON ME nasce dopo avere visto La Calda Amante di Truffaut. Mi sono immedesimato nella vicenda narrata, ed ho descritto le sofferenze di Nicole, la giovanissima hostess protagonista insieme a Pierre Lachenay. È un amore folle, che nasce all’improvviso e conduce inevitabilmente alla tragedia.”

Una chitarra elettrica si impone su un arrangiamento ricco di chitarre acustiche, batterie leggere, si apre il brano RAGGIO VERDE. Il testo è molto breve, quasi un’impressione, un’immagine fotografata: un po’ tutti i testi in realtà sono così, come hai lavorato alle parole, in particolare su questo album, più essenziale e impressionista, a mio parere rispetto ai precedenti?

“Sì, in questo disco i testi sono minimali. Le mie canzoni sono fotografie di un preciso istante. Volutamente non fornisco la chiave di lettura e lascio che siano interpretate liberamente dall’ascoltatore. Sono un mezzo per partecipare ad un evento.”

SI È PERSO è un altro punto alto dell’album, anche qui c’è un bell’intreccio nella sezione ritmica di Marco Giacomini (basso) e Michele Napoli (batteria). Il brano poi si presenta come la storia di un viaggio in mare, un’Odissea ma senza nessun eroe in particolare. Anzi, a perdersi in mare è “l’animo”. E insieme al tema del desiderio di possesso del superfluo e dell’invidia si affiancano figure misteriose, vaghe: qui è un “lui”, in RAGGIO VERDE era una “lei”. Cosa volevate raccontare qui?

“SI È PERSO racconta il viaggio. Offre una soluzione alla ricerca della felicità. Essere consci di ciò che si possiede potrebbe cambiare il nostro punto di vista.”

Secondo me in VITA CONDIVISA c’è un cambio di tono dell’album. Le sonorità iniziano a diventare più oscure, complesse, lunghe. Il testo è un invito, molto dolce ed efficace, a ritornare a fidarsi l’uno dell’altro, uscire dalle case dove siamo stati rinchiusi da due anni ormai, a ripartire e trasmette un messaggio di amore universale e per l’universo stesso. A chiudere e a dare un timbro dolce all’impianto garage, una inaspettata parte di clarinetto. Com’è nata la canzone? Perché dare all’album il suo titolo? Di chi è stata l’idea di introdurre uno strumento atipico come il clarinetto?

“VITA CONDIVISA, il titolo racchiude il messaggio dell’intero album. Ho trascorso questo lungo periodo intervallato da vari lockdown, con la mia famiglia. Con loro ho compreso come la condivisione sia per me fondamentale. La mia vita ha un senso se vissuta con altre persone.”

Hofame

Hofame, da sinistra a destra: Cristiano Alberici, Camilla Chioda, Michele Napoli, Giacomo Giunchedi e Marco Giacomini. Foto di Matteo Cavalleri.

Negli ultimi due brani si riconferma la tendenza a incupirsi dell’album. È un po’ come se la struttura dell’album, felice, spensierata e pop iniziasse a collassare su se stessa, dapprima con un pezzo interamente strumentale (LOLÒ), poi soprattutto in ABITI SCOMODI, un pezzo in cui chitarre liquidissime e dilatatissime inondano il pezzo e obbligano la voce ad affogare in secondo piano, sovrastata da una strumentale inquietante, dark. La voce stessa sembra arrendersi all’oscuro, è come se l’ottimismo e il sole dei pezzi precedenti si fossero rassegnati – “è normale” – e svegliati dal sogno: è voluta questa spirale decadente verso la fine dell’album?

“HOFAME mantiene comunque un animo malinconico, anche in un lavoro solare come questo. Il disco descrive vari stati d’animo e fotografa vari momenti della mia vita. ABITI SCOMODI è tra le mie preferite. Ho immaginato un bimbo che descrive il suo rapporto con un padre assente. Una riflessione a voce alta, quasi un lamento. Un dolore che nasce dalla solitudine. La musica a mio avviso rappresenta molto bene l’emotività del brano. La chitarre stesse imitano un canto di sofferenza.”

La coda finale spazza via le chitarre acustiche e i battiti dei primi brani per fare spazio ad echi ambient chitarrisitci à la Frippertronics, c’è molto respiro, dilatazione, ancora in netto contrasto con l’aprtura dell’album più pop, veloce, immediata. Com’è stata composta? È una jam, un lavoro corale o frutto del lavoro di un singolo? So che tra di voi siete in molti a maneggiare le chitarre…

“Il disco è stato scritto da me. Arrangiato e prodotto con Marco Giacomini. L’ingresso nella band di Giacomo Giunchedi/Sacrobosco ha portato nuove sonorità. Lui arriva dalla musica elettronica ambient e il suo contributo si sente, soprattutto in brani come ABITI SCOMODI. Le chitarre nel disco sono state suonate da quasi tutti noi. Gli strumenti spesso vengono interscambiati, danno personalità al singolo pezzo.”

Il disco è volutamente colorato e “leggero” nella sua impostazione, specie rispetto ai precedenti targati Hofame. Immagino sia dovuto a cosa è successo negli ultimi due anni, ma parlami meglio della sua genesi.

“Il disco nasce durante il primo lockdown. La chiusura forzata mi ha spinto a cercare attraverso la musica la libertà perduta, il contatto con le persone. Quando si perde qualcosa si comprende il suo reale valore.”

Mi sembra che tu abbia fatto un buon lavoro di sottrazione e semplificazione rispetto ai tuoi vecchi lavori, musicalmente e a livello di testi, specialmente ascoltando le tue esperienze con Cristio e X-Mary. Com’è cambiato il tuo approccio a scrittura e arrangiamento negli anni?

“X-MARY sono frutto di una continua improvvisazione di musica e parole. I Cristio hanno rappresentato il mio primo tentativo di cambiare direzione. HOFAME rappresenta un mio viaggio personale. Sono io che riparto da capo. Sono comunque tutti progetti che amo, e che ben rappresentano chi sono.”

Quali strumenti usi principalmente? Di quali ti occupi di persona? Parlami un po’ del tuo “arsenale”.

“Con HOFAME tutto parte dalla chitarra acustica, poi in casa ho un piccolo studio con diversi strumenti. Tutto si completa con gli altri della band: Marco Giacomini, Camilla Chioda, Michele Napoili, Giacomo Giunchedi. Loro sono fondamentali.”

Credi che il vostro genere d’appartenenza sia cresciuto negli anni in Italia? Come hai visto cambiare il riscontro nei tuoi confronti?

“X-MARY, CRISTIO, HOFAME. Tra questi gli X-MARY hanno maggior riscontro. HOFAME nasce in sordina, il primo disco è estremamente lo-fi. Con il tempo ho dedicato sempre più energie al progetto e devo dire che soprattutto dopo UN ISTANTE, con un centinaio di concerti tra Italia ed estero, l’attenzione è aumentata. Ora attendo di ripartire in primavera con il nuovo tour. Vi terrò aggiornati.”

Hanno partecipato alle registrazioni dell’album: Cristiano Alberici (voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, tastiere), Marco Giacomini (chitarra elettrica, basso, synth, voce), Camilla Chioda (voce), Giacomo Giunchedi (chitarra elettrica), Michele Napoli (batteria) e Michele Arancio (clarinetto).

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